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Come & dove (ri)conoscere e/o incontrare altr* ragazz* gay?


Sonnenblume91

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Come ha detto Coeranos, l'omosessualità è proprio ciò che non vorresti fosse.

 

Essere gay significa fare parte di una sottocultura, proprio come i punk:

con dei locali, un look, una musica, una filmografia e tutto il resto?

 

In realtà "quasi": il paragone con i punk non rende bene l'idea,

perché l'omosessualità non è uno stile di vita liberamente scelto

(che quindi può venire liberamente giudicato dagli altri).

 

Il paragone migliore è quello con l'essere Italiani a New York?

Già meglio: nessuno statunitense di origine irlandesi

ha il diritto di giudicare un Italiano in quanto tale.

 

L'omosessualità si colloca un po' a mezza via

tra uno stile di vita e un'appartenenza etnica?

Sì: è qualcosa di simile.

 

Già il fatto che tu stia confrontandoti con noi

significa che riconosci anche tu un significato alla Comunità Gay:

perché non c'è molta differenza tra un locale gay e un forum gay.

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Sì, oggi l'essere gay è appartenere ad una subcultura, con, come dici tu, tutto un corredo filmografico, bibliografico ecc. ecc.

Però, il fatto che le cose stiano così, non significa che sia così che dovrebbero essere. Lo dimostra il grado di comprensione che si ha nella società italiana, dove locali e luoghi specifici sono gli unici in cui si possa esprimere liberamente la propria sessualità. Ma credo, sempre basandomi sulla mia esperienza e le mie letture, che i paesi più tolleranti non siano solamente i luoghi dove si possono trovare più locali, ma dove è possibile riconoscere anche più alternative.

Come ho detto, finché l'essere gay sarà una subcultura, la strada per l'accettazione vera e l'uguaglianza sarà sempre più complessa, e molte persone, ignoranti, ma di certo non aiutate dalla resa dell'omosessualità in movimento, si diranno contrarie, come lo si può essere nei confronti di qualsiasi altra subcultura. Certo, io faccio questo discorso in questo forum, che tu dici non molto diverso da un locale (e di questo, personalmente, non sono sicuro), ma se è così, non è perché fomenti il movimento e la culturalizzazione dell'omosessualità, ma semplicemente perché un cambiamento non può che cominciare da qui, dall'interno, da noi.

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Parli del paragone con l'essere italiani a New York. Mi sorge spontanea una domanda: gli italiani a New York creano una setta o si integrano nella società newyorkese? Cosa sarebbe più giusto? E non è che avere pizzerie e ristoranti specificamente italiani, o librerie e cinema, escluda l'integrazione. Come ho sottolineato, io parlo di alternative. I locali, i ritoranti, i negozi, va tutto bene, finché però non sono l'unica realtà. Va bene avere e conoscere luoghi creati appositamente per sé, ma poi c'è il mondo reale, il mondo di tante culture/persone/personalità/ideali che si incontrano, ed è solo rispetto a questo mondo che si può parlare di uguaglianza ed accettazione.

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Concordo sul definire l'omosessualità, dal punto di vista sociologico, come un intermezzo tra stile di vita e etnicità.

 

Phyl, gli italiani a New York si sono ghettizzati: mai sentito parlare di Little Italy? Anche qui: qual è il motivo che soggiace alla loro "ghettizzazione"? Inizialmente era il razzismo: gli americani, quando i flussi migratori verso il nuovo continente erano appena iniziati, vedevano gli italiani come un popolo sporco «che puzza d'aglio». Ora che il razzismo nei confronti degli italiani fa parte del passato gli americani, e i newyorkesi in particolare, amano all'impazzata gli italiani, al punto tale che le opportunità di lavoro per un italiano che arriva a New York sono infinite.

 

E Little Italy? È rimasta Little Italy. Il motivo è semplice: il rapporto tra ghetto e luogo in cui esso compare è di accettazione e, in questo caso, di ammirazione, stupore, curiosità.

 

Per quel che riguarda l'università: mi sono espresso male, scusami. Quel che intendevo è che di gay ne ho incontrati diversi, ma con quelli della mia facoltà ho rapporti superficiali vuoi perché sono davvero poco interessanti vuoi perché sono sessualmente poco attraenti. Ammetto che da questo punto di vista io sono molto classista e aristocratico, e a volte mi vergogno di me stesso ma tant'è: è la stessa cosa che avrei fatto con chiunque altro perché io non divento automaticamente loro amico perché siamo omosessuali, né tantomeno loro diventano più interessanti solo perché lo siamo. Non ho grandi frequentazioni nemmeno coi maschi etero perché anche loro sono davvero vuoti. In altre parole, potresti incappare in tutti i gay del mondo, ma se nessuno di questi è interessante sei punto e a capo.

Essere gay non sradica dalla realtà il fatto che si è delle persone come chiunque altro; non abbiamo il privilegio di essere più socievoli gli uni con gli altri in grazia della fattualità della nostra sessualità. Socialità e sessualità sono due binari diversi dell'esistenza.

Credimi, anche io mi auguro ogni santo giorno in cui mi alzo dal letto di incontrare dei ragazzi con cui fare amicizia, ma fino ad ora sono riuscito a trovare "solo" (e lo metto tra virgolette perché le voglio benissimo e non so come farei senza di lei) quella che è diventata una mia carissima amica di 28 anni.

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Siamo una minoranza che oscilla tra il 3% ed il 5%

quindi ritengo aritmeticamente difficile il confronto

con il 95-97% di etero 

 

Se io lavoro in un ufficio di 30 dipendenti potrei avere

un collega gay come me ( magari fidanzato, magari bear,

magari 65nne...) o essere semplicemente il solo gay

 

Ne consegue che sarà sempre difficile conoscere qualcuno

al lavoro etc. a prescindere dal fatto che io sia outed con tutti

e tutti gli etero mi vogliano bene ed io sia totalmente integrato

 

D'altronde se fossimo totalmente irriconoscibili, pure a noi

stessi...a maggior ragione sarebbe vitale avere dei luoghi

in cui riunirsi e potersi conoscere, no?

 

Pena il paradosso di una società in cui gli etero

svolgano la funzione di "ruffiani" che fanno incontrare

fra di loro i gay ( avendo altrimenti il 97% di probabilità

di incontrare etero )

 

Un gay può non amare le feste e le discoteche gay

ma non può non apprezzarle....perchè sa che prima

di esse c'erano gli svincoli autostradali, i cessi nei

cinema etc.

 

Quando l'omosessualità atteneva solo alla sfera

sessuale i luoghi in cui i gay si incontravano erano

luoghi in cui fare sesso

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Mina Vagante

Non saprei risponderti.

 

Diciamo che me lo auguro: vive in bigotte realtà di provincia spesso non ti tarpa solamente le ali, ma ti prosciuga anche le speranze!

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Come ho già detto nelle mie altre risposte, non critico affatto l'utilità dei locali ecc. ecc., ma dico soltanto che finché tutto il "mondo gay" si limiterà a quello, appunto rimarrà un mondo a sé stante, e non ci sarà da meravigliarsi se il grande mondo del 95% degli etero (come dici tu) non ci accetterà. L'uguaglianza esiste solo in rapporto a quel mondo più grande, in cui, al di fuori delle discoteche il sabato sera, viviamo tutti, lavoriamo tutti, camminiamo tutti. Se in Italia la sola realtà gay saranno i locali, i pride (che molto spesso trovo che lascino trasparire un'immagine di sé non molto propedeutica alla ricerca di un'uguaglianza sociale), non ci sarà da sorprendersi se all'esterno questi non verranno riconosciuti, o se diritti come il matrimonio civile, l'adozione, leggi contro la discriminazione non verranno attuati. I paesi più tolleranti, come ho già sottolineato, non è che non abbiano più locali o quartieri gay, solo che anche - e soprattutto - all'esterno di questi, i gay vengono accettati, compresi e riconosciuti dalla società; per cui, di certo, sebbene non alte quanto quelle di un etero, le probabilità di conoscere un ragazzo in libreria o a teatro saranno superiori che qua.

Il fatto di essere una minoranza non deve portarci a chiuderci in noi stessi, isolarci, creare "isole" dove ogni abitante (solamente temporaneo) è gay; perché poi verrà il momento, al mattino, tutti i giorni della nostra vita, di andare per l'alto mare aperto, all'università o in piazza, ad un museo o all'ufficio in cui lavoriamo, e se non avremo fatto nulla per avere un'uguaglianza ed una tolleranza anche là, allora quelle isole saranno davvero soltanto temporanee illusioni.

 

Ma queste son cose che credo di aver già esposto nelle altre risposte, dilungandomi anche un po' di più. Il rendere l'essere gay un fatto sociale/culturale, come un movimento punk, in poche parole, farà sì che la gente, come rispetto al punk, potrà semplicemente dirsi "favorevole oppure no", come qualcosa che non li riguardi davvero, come un mondo distante, indipendente. Invece, non è così. E' quando io dico alle persone che mi vogliono bene e che sanno che sono una persona buona, "normale", gentile, che sono gay, che loro improvvisamente capiscono, mi accettano e accettano parimenti "l'essere gay". Questo perché sanno finalmente che non vuol dire essere diversi, ma esattamente come loro, con gli stessi sogni/desideri/ideali, come una famiglia, o l'amore, o la realizzazione personale, solo, come unica differenza, l'orientamento sessuale. Che poi questo -ripeto- abbia necessarie conseguenze sociali, è ovvio, ma d'altronde un impatto sociale lo ha ogni cosa, da come ci vestiamo al colore dei nostri capelli, ed è qualcosa di secondario, che nasce solamente dal contatto con le strutture sociali preesistenti.

Edited by Phyl
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Infatti l'omosessualità può essere esemplificata dal punto di vista sociologico nel modo esposto da Almadel, ma ciò non toglie che sia comunque qualcosa di diverso. Se vengo discriminato in quanto omosessuale, dovrò reagire in quanto omosessuale, non in quanto ebreo, non in quanto africano, non in quanto musulmano, non in quanto donna.

 

L'omosessualità condivide con l'etnicità il fatto che non ce la si può levare di dosso, e quando si tenta di farlo i risultati sono a dir poco mostruosi, come mostruoso appariva il corpo di Michael Jackson a causa dei suoi tentativi di "togliersi di dosso" la sua africanità. Dal punto di vista umano è qualcosa che appare estrinsecandosi nei rapporti con gli altri, e prima che la società possa imporre le sue repressioni appare non come un modo di rapportarsi agli altri, ma come il modo di rapportarsi agli altri. Quella specie di castrazione psichica che ci viene fatta da bambini dà il via a un ulteriore nascondimento di noi stessi, facendoci diventare impotenti ad apparire di nuovo come apparivamo prima. Gli unici posti in cui fino ad ora ci è concesso di apparire sono quindi i luoghi in cui tutti possono farlo, poiché è proprio quando tutti appaiono nello stesso modo che io posso apparire senza vedere la mia immagine deformata dagli altri e anzi vederla riflessa e amplificata.

 

I posti di incontro hanno tutti motivo d'esistere e su questo non hai dubbi nemmeno tu, ma ancora adesso il rapporto della società con questi luoghi è, almeno parzialmente, conflittuale. Ed è questo che mi frena ancora dall'andarci: il fatto che l'egoismo, il male e la banalità umana non hanno limiti. Il problema ancora una volta non è nostro, non è la nostra ghettizzazione -se questa ghettizzazione però opera come dovrebbe e non come una "ripicca" contro la società- quantomai il rapporto conflittuale cui la ghettizzazione è vincolata.

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@Phyl, tu hai la discutibilissima fortuna di vivere

in una delle maggiori città dell'Occidente prive di una vita gay.

Non riesco a immaginare una città così grande

con meno locali e meno associazionismo:

riesci persino a parlar male del Pride di qualche anno fa

che è stata la miglior cosa gay che Genova abbia mai visto.

 

Ho capito: a te piacerebbe un mondo in cui i gay in cerca di un ragazzo

ci provassero come macchine con tutti i maschi decenti che incontrano

(perché c'è un gay su trenta e pensa a quanti di questi gay non piaci,

sono già fidanzati o non amano essere importunati...).

 

Un etero molto viscido - che ci prova con una ragazza al giorno -

quanti numeri di telefono otterrà in un mese? Uno? Forse...

Quindi un gay molto viscido potrebbe ottenere un numero ogni due anni e mezzo...

 

Io sono felice che il mondo non sia come lo vorresti tu.

Perché se fosse come piacerebbe a te, io per fidanzarmi

avrei dovuto provarci con tutti i ragazzi etero che giudico carini e simpatici

e magari dopo 900 tentativi avrei conosciuto il mio ragazzo

ma ci sarebbero 899 ragazzi che mi giudicherebbero un tipo che ci prova

(e probabilmente non avrei neppure un amico...)

 

Quello che tu in realtà vorresti non è un mondo senza omofobia, ma un mondo senza etero

o perlomeno un mondo in cui siano gli etero a essere la minoranza:

questi mondi esistono ma si chiamano Soho, Schonenberg, Chueca...

cioè proprio i quartieri dove non dovresti essere costretto a entrare.

 

Ora: anche a me piacerebbe vivere in un Paese

dove gli etero, i brutti e quelli a cui non piaccio non esistono

e a uno schicco di dita in qualsiasi situazione

io venga venerato come l'unico Dio del Sesso...

ma se voglio coinvolgere altre persone in un dibattito

non proporrò uno spunto di riflessione tanto irrealistico... 

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In parte ti do ragione, Almadel. Ma di sicuro non vorrei mai un mondo dove i gay in cerca di ragazzo "ci provano come macchine" (anche perché non saprei precisamente che cosa significa questa espressione). Parli di etero molto viscidi, ma, intendo dire, c'è anche una via di mezzo: è come se io dicessi che nei locali gay ci sono solo ragazzi in cerca di una scop*ata da sabato sera. E' riduttivo, e so bene che non è vero Tutto quello che intendevo, lo ribadisco, è questione di "alternative", che non devono sostituire una o l'altra cosa, o diventare un mondo di tutti gay dove non si fa altro che provarci con gli altri, a caso. Il nostro mondo, che si dice così pieno di etero (come dite voi 95% circa), non funziona mica così: non è che tutti gli etero, solo perché possono provarci con abbastanza tranquillità anche in luoghi comuni, siano "macchine da rimorchio".

Per quanto riguarda la mia affermazione sul pride non è qualcosa su cui voglio cominciare una nuova discussione, anche perché i pride mi piacciono molto, tanto che l'anno scorso mi son svegliato alle 5, più 5 ore di treno solo per vedere quello di Roma e tornare indietro a notte fonda con altre 5 ore di viaggio. Ciò che intendevo è che anche in quel caso, nonostante io sostenga ed apprezza l'aria di festosità, la possibilità di divertirsi tutti insieme  e festeggiare "l'orgoglio gay", tuttavia se penso che mia madre, prima che le dicessi di me, credeva che tutti i gay vestissero di rosa o girassero in mutande sui carri del pride, mi viene da pensare che forse, considerando l'intervento dei mass media, dovremmo porre un po' più di attenzione sui diritti e le questioni sociali che diciamo starci tanto a cuore. Ma come ho detto, sono sicuro che ci sono già mille discussioni a riguardo di questo.

 

A me NON piacerebbe vivere in un Paese dove "gli etero, i brutti e quelli a cui non piaccio non esistono"; la trovo un'affermazione per niente diversa da quella che un etero potrebbe dire di noi, del tipo "mi piacerebbe vivere in un mondo senza gay". A me non dispiace la diversità e mi domando come potremmo aspettarci uguaglianza da un'affermazione del genere. E non mi sembra di aver mai detto di desiderare un mondo di tal fatta: quello che desideravo era, oltre ai locali alle disco, un'apertura un po' maggiore, che concedesse qualche probabilità in più di non doversi limitare semplicemente a quei luoghi. E se anche dovessero innanzitutto tradursi come eventi lgbt di natura un po' diversa dalle semplici feste, credo sarebbe già un buon inizio.

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Quindi se ho capito bene hai solo un problema riguardo le "feste"?

Perché ammetterai che è inumano non volere un "luogo gay" come dici nel titolo.

 

Le possibilità alternative rimangono due:

-  associazioni politico/culturali o universitarie

-  associazioni sportive gay-friendly

 
Qui però scatta un altro problema che per me non è secondario.
Lo scopo di queste associazioni non dovrebbe essere quello di farti trovare un fidanzato.
 
La cosa bella di rimorchiare alle feste
è che in questo modo i posti seri rimangono seri.
E spesso le associazioni hanno dei problemi
perché non ci vanno persone interessate a politica, cultura o sport;
ma perché si riempiono di ragazzi come te che cercano "lui".
 
Mi rendo conto che sia paradossale
ma quando si creano questi spazi alternativi
non si creano mai con l'intenzione che siano solo alternativi ai locali:
non possono essere solo "posti di rimorchio senza alcool e senza musica alta". 
 
Io vorrei dirti: se ti interessa che simili posti esistano perché non li crei tu?
Non te lo dico perché credo che se anche tu lo facessi
lasceresti morire l'alternativa che hai appena creato,
non appena trovi un fidanzato...
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Il titolo del topic chiede se è possibile conoscere qualcuno al di fuori delle discoteche ecc. ma non dice che queste non debbano esistere. Ripeto che quello che la mia domanda intendeva fare era capire se oltre a quei luoghi, ci fossero opportunità di altro tipo.

Io non vivo in funzione di trovare il ragazzo. Se dico che mi piacerebbe avere la possibilità di conoscerlo in una libreria, dove andrei per comprare o leggere un libro, non rimorchiare, non significa rendere questa libreria un luogo meno serio. Quello che non mi piace è tutta questa mentalità del rimorchio: da come hai risposto, ma puoi dirmi che interpreto male, è come se le feste fossero il luogo non serio dove si va il sabato sera per trovarsi uno, sia esso destinato a diventare fidanzato/scopamico/avventura di una notte. E' qualcosa che non riesco a fare. In più, per quanto mi riguarda, dopo una storia di un anno e mezzo, non vedo più (sebbene non lo facessi molto nemmeno prima) il sesso come uno scopo o il motore delle mie azioni, è diventato qualcosa di molto più normale, e meno urgente; e forse mi piace anche di più.

 

Non so, magari nei quartieri gay di città come New York gli eventi sono più interessanti e diversificati, ed è possibile trovare cose come caffè letterari, piano bar... Non ne ho idea: quando sono stato a New York avevo 15 anni, e il tempo non mi è bastato per capire come stanno le cose fino a questo punto.

Mah, alla fine, probabilmente, la mia domanda si riduce a "quanto è tollerante e aperta l'Italia?" o "quanto la tolleranza di un paese rende possibili incontri speciali al di fuori dei locali?"

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L'avventura di una notte ha bisogno di una unica condizione

per verificarsi: una notte

 

Io ho frequentato per fare un esempio, spiagge gay ( spiagge

libere dove i gay tendono ad andare ) e spiagge gay con locali

gay di intrattenimento

 

Non è che la stessa spiaggia fosse meno gay prima, o sia

diventata meno seria dopo

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L'avventura di una notte ha bisogno di una unica condizione

per verificarsi: una notte

 

Io ho frequentato per fare un esempio, spiagge gay ( spiagge

libere dove i gay tendono ad andare ) e spiagge gay con locali

gay di intrattenimento

 

Non è che la stessa spiaggia fosse meno gay prima, o sia

diventata meno seria dopo

 

Infatti era quello che intendevo. Non capisco il discorso sulla serietà dei luoghi fatto da Almadel. Se mi dovesse capitare di conoscere qualcuno di interessante mentre sono in spiaggia, o in un negozio di CD per scegliere un nuovo disco di musica, non credo che questo renderebbe il luogo meno serio di prima

Tutto ciò che chiedevo io era che tipo di luoghi alternativi ai locali ci fossero, e se questi luoghi fossero prettamente lgbt oppure qualcuno pensasse che anche all'esterno dei luoghi gay fosse possibile incontrare qualcuno di speciale

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(Non ho capito cosa c'entri il sesso in questo discorso.)

 

Tu dici che vuoi incontrare un possibile partner in una libreria,

ma perché questo sia possibile c'è bisogno che sia una libreria gay 

o che perlomeno si trovi in un quartiere a maggioranza gay.

 

Io però - di norma - in libreria non parlo con gli sconosciuti e non penso di essere l'unico.

Da quello che ne so nessuno dei miei amici etero ha mai conosciuto nessuna ragazza in libreria:

le ragazze sono per natura diffidenti verso gli approcci da parte di sconosciuti...

 

Il modo principale per trovare fuori dai "luoghi gay" sono gli amici in comune

ovvero il modo principale in cui si fidanzano anche gli eterosessuali.

(Non so come si siano conosciuti i tuoi genitori, ma mia madre era collega della sorella di mio padre)

e sicuramente in un Paese in cui tutti fanno coming out la cosa risulta molto più semplice.

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@Phyl insomma, in definitiva tu pretendi che uno sconosciuto (il quale, giustamente, deve anche corrispondere ai tuoi canoni estetici) ci provi con te mentre stai guardando uno scaffale in libreria.

 

Queste cose, NORMALMENTE, NON succedono a nessuno nella realtà, nemmeno agli etero.

 

E infatti nessuno, nemmeno gli etero, osa affidarsi ad un evento così estremamente improbabile per costruire la propria vita sentimentale e sessuale.

 

Giusto il signor McDonald's, con i suoi superpoteri, può farlo accadere tutte le volte che vuole nei suoi spot per vendere più panini, di modo che i romantici li associno a una calda idea di etereo e inebriante appagamento dei sensi.

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@Phyl insomma, in definitiva tu pretendi che uno sconosciuto (il quale, giustamente, deve anche corrispondere ai tuoi canoni estetici) ci provi con te mentre stai guardando uno scaffale in libreria.

 

Queste cose, NORMALMENTE, NON succedono a nessuno nella realtà, nemmeno agli etero.

 

E infatti nessuno, nemmeno gli etero, osa affidarsi ad un evento così estremamente improbabile per costruire la propria vita sentimentale e sessuale.

 

Giusto il signor McDonald's, con i suoi superpoteri, può farlo accadere tutte le volte che vuole nei suoi spot per vendere più panini, di modo che i romantici li associno a una calda idea di etereo e inebriante appagamento dei sensi.

 

Ahahahah peccato che il McDonald's non mi faccia impazzire

E' ovvio, espressa come hai fatto tu la cosa sembra "io cammino tranquillamente per le strade, arriva il principe azzurro, mi fa salire a forza sul suo cavallo (niente doppi sensi) e mi porta via", ma la mia domanda, espressa in un modo più generico, non mirava tanto a sapere se effettivamente il cavallo bianco sarebbe passato, quanto a comprendere quante possibilità ci fossero di fare anche solo amicizia al di fuori dei locali

Come dice Almadel, ad esempio, attraverso amicizie comuni con le quali si è fatto CO; e per rispondere alla sua domanda aggiungo che i miei genitori si sono conosciuti all'università

Ecco, voi che siete grandi e non siete ancora in quinta liceo come me, all'università/luogo di lavoro come è?

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Tutto è possibile. Due miei amici si sono conosciuti in classe, al liceo, e verso la fine si sono fidanzati. E ora lo sono ancora, felicemente.

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Fondamentalmente, ci vorrebbe quel famoso luogo di incontri senza musica alta di cui parlava Almadel. Che so... Cene per single, party "tranquilli" e simili. Vivrei volentieri in un quartiere gay io.

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Il mio primo amico gay, che poi è diventato il mio primo ragazzo, l'ho conosciuto proprio su questo forum :D

In realtà, col senno di poi, posso dire di averne conosciuti altri prima XD ma purtroppo all'epoca non lo sapevo.

Altri amici gay li ho conosciuti in università e (al 90%) al gruppo giovani del Gay Center di Roma, che frequento assiduamente tuttora. Lì ho conosciuto anche il mio attuale ragazzo. 

Le eccezioni a queste modalità d'incontro e conoscenza sono state pochissime, e posso dirmi soddisfattissimo della mia "vita sociale gay", ho avuto l'occasione di conoscere ragazzi che sono diventati miei amici stretti :)

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I miei amici gay l'ho conosciuti in genere nei club/pub, solo qualcuno tramite grindr...I ragazzi di solito li conosco nei club, pub, grindr e applicazioni simili...

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Sarà pur vero che nei paesi più tolleranti ci siano più locali/eventi/quartieri gay; ma il mio post non è indirizzato a decostruirne la validità o a criticarli, anche se in molti lo avete letto in questa chiave. Per quanto mi riguarda, non ho proprio niente contro luoghi specificatamente lgbt, ed il mio post non è sulla ghettizzazione o argomenti del genere. Il fatto che a New York, o in altre grandi città più tolleranti di qua (ma nessuna è perfetta), ci siano interi quartieri gay, con negozi librerie lavanderie e quello che vuoi gay, non esclude il fatto che proprio in queste città ci siano più probabilità che qua di conoscere ragazzi gay al di fuori di eventi prettamente indirizzati a questo scopo. Non esclude che ci sia un'alternativa, che due ragazzi si possano semplicemente conoscere a scuola, a un museo, a una serata, ad un concerto, ad una conferenza o in un caffè, senza che questo faccia parte del quartiere gay.

Ovviamente potete essere contrari, ci tengo a sottolineare che è il mio punto di vista, e che sono prontissimo a ritrattarlo; personalmente ritengo sia così, basandomi sulla mia esperienza delle estati in Scozia, Inghilterra e New York, ma non ho mai vissuto in nessuno di questi paesi per più di uno/due mesi l'uno, quindi se qualcuno ne ha una conoscenza più approfondita, sono tutto orecchie.

È vero che nelle grandi città ci possono essere molte più possibilità, puoi conoscere gay anche fuori dal quartiere gay/discoteca/pub anche se non è poi così scontato...Ma non è nemmeno semplice conoscere un gay al di fuori dei luoghi omo magari c'è uno scambio di sguardi, però per timidezza e paura di fare brutta figura finisce la'...Un luogo gay ti dà la sicurezza che la' ci siano gay...Io, nella mia esperienza, non ho mai conosciuto un ragazzo fuori dagli ambienti...Sempre chat, discoteche, applicazioni, pub e bar gay...Onestamente non mi sento a mio agio a provarci con uno in un supermercato, libreria o palestra ma poi quando vado in questi luoghi è perché sono focalizzato su altro, non mi passa nemmeno per la testa di conoscere altri gay in simili situazioni...Poi, se dovesse capitare, ben venga...
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Certo che si può incontrare la persona che ti travolge anche senza essere nei "soliti" posti di ritrovo gay.

Io il primo ragazzo di cui mi sono preso davvero un po' l'ho conosciuto al mare con Marco87, prima di un raduno bolognese del forum.

Sempre una cena forumina ha portato a incontrare chi mi ha davvero fatto battere il cuore (e piangere anche tanto).

E poi con l'allargarsi delle conoscenze sono arrivate altre persone, quasi tutte grazie alle attività di Arcigay a cui partecipo o che concorro ad organizzare.

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Certo che si può incontrare la persona che ti travolge anche senza essere nei "soliti" posti di ritrovo gay.

Io il primo ragazzo di cui mi sono preso davvero un po' l'ho conosciuto al mare con Marco87, prima di un raduno bolognese del forum.

Sempre una cena forumina ha portato a incontrare chi mi ha davvero fatto battere il cuore (e piangere anche tanto).

E poi con l'allargarsi delle conoscenze sono arrivate altre persone, quasi tutte grazie alle attività di Arcigay a cui partecipo o che concorro ad organizzare.

Però sempre in ambienti gay...Forse solo in occasione del mare non era propriamente un ambiente gayo...O era una spiaggia gay? :-P

 

Comunque anche un mio amico la pensa un po' come Phyl, mi critica molto dicendo che sono single proprio perché continuo a conoscere nelle discoteche, internet, applicazioni, ecc...Ma anche lui è single pur non frequentando...Quindi dov'è la verità? xD

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Ma secondo il tuo amico l'alternativa concreta quale sarebbe? Perché è facile dire no a tutto, meno facile è indicare un'alternativa concreta e applicabile nella vita reale.

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privateuniverse

Vivrei volentieri in un quartiere gay io.

 

Pure io, se è per questo.

 

Essere in minoranza comporta delle difficoltà, ed è per questo motivo che molte persone che appartengono a minoranze a causa di fattori che impattano su vari aspetti delle loro vite tendono ad aggregarsi negli stessi posti: perché vivere insieme a persone che sono nella loro stessa condizione semplifica la vita.

 

Questo è uno dei motivi per cui gli stranieri, per esempio, quando non si addensano in un quartiere, tendono comunque a organizzare attività comuni; e questo non vale solo, per esempio, per gli italiani, i greci, i russi o gli ebrei che a suo tempo sono emigrati negli Stati Uniti, che vivevano una condizione svantaggiosa e che a New York hanno i loro quartieri; anche gli inglesi, i tedeschi, i greci o i finlandesi che abitano in una stessa zona in Italia, per esempio, tendono a frequentarsi tra loro: eppure non sono poveri. Lo fanno per il gusto di stare insieme, di stringere dei legami, di parlare la loro lingue, di risolvere problemi comuni: in altre parole, per il gusto di stare fra loro, ogni tanto. Lo stesso fanno gli appartenenti a molte comunità religiose.

 

In questo modo si rinchiudono in un ghetto? Certo che no: interagiscono con i nativi tutto il tempo, per mille ragioni; ma mantengono uno spazio per coltivare i rapporti con quelli come loro, anche se, per altri aspetti, possono essere persone completamente differenti.

 

Non capisco per quale motivo si dovrebbe provare disagio se anche i gay facessero la stessa cosa. Ci sarà un motivo se, in tanti paesi, a cominciare dagli Stati Uniti, sono stati gli stessi gay a concentrarsi in certe città e in certi quartieri, non ti pare?

 

L'altra sera uno dei miei amici virtuali statunitensi mi raccontava di quanto gli piacesse giocare a flipper in un locale gay insieme a un suo amico gay, che era solo amico. Le opportunità di socializzazione e di cooscenza che vorresti tu, @Phyl, non ci sono proprio perché troppe persone pretendono di conoscere "solo a modo loro" e che gli altri si adeguino alle loro pretese, invece di cominciare ad approfittare delle opportunità che già ci sono, magari selezionandole in base ai loro gusti e alle loro inclinazioni, ma di certo non facendo di tutto pur di tenersene alla larga. Secondo me c'è anche una buona dose di italicissimo individualismo in questa pretesa di non fare mai "sistema" con altri.

 

Io sono uno che ha sempre avuto molti e svariati interessi; eppure, molto raramente mi è capitato di conoscere casualmente altri gay coltivando questi interessi. E' questione di calcolo delle probabilità. Peraltro, è anche giusto quel che fa notare @Almadel: certi interessi andrebbero coltivati anche indipendentemente dalle chance di trovare un partner, sennò ti avveleni la vita, aggiungo io, perché finisci per fare un sacco di cose che non ti piacciono veramente, consumando una gran quantità di energie, con in più la frustrazione di dire "mi è toccato fare questo e quello nella speranza di incontrare qualcuno e non ci sono riuscito".

 

Per gli etero, com'è già stato fatto notare, è diverso, perché loro hanno, a priori, molte più probabilità di conoscere potenziali partner nella vita quotidiana: a scuola, all'università, sul lavoro, tramite conoscenti comuni, nelle normali occasioni sociali. Per noi gay non è così: bisogna prenderne atto e rassegnarsi, tenendo conto che, per certi versi, far parte di una minoranza è anche un'opportunità, perché facendo "vita sociale" con altri gay hai la possibilità di conoscere persone che altrimenti non conosceresti mai.

 

Certo che, in linea teorica, è possibilissimo conoscere partner anche in luoghi non "a tema": è solo molto più difficile e complicato, e la vita di una minoranza come la nostra è già abbastanza difficile per complicarsela ulteriormente.

Edited by privateuniverse
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Non trascurerei comunque il discorso di Casper

 

- l'ho conosciuto mentre andavo ad un raduno gay 

  ed ero insieme ad un amico bisex

 

- l'ho conosciuto ad una cena gay

 

- li ho conosciuti grazie alle attività che concorro ad organizzare

  all'Arcigay

 

Se la socialità gay si estende, aumentano le possibilità di incontri

per questo è abbastanza insensato obiettare, però "sempre in un

ambiente gay" 

 

Io direi, per forza....ciò che escluderei è che possa accadere

"semplicemente" ( cioè per miracolo )

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per questo è abbastanza insensato obiettare, però "sempre in un ambiente gay" 

 

Infatti quello che a me suona male è vedere negativamente il contesto dell'ambiente gay. Mi sembra un'idea che si basa sul nulla e che ha la conseguenza di togliere delle opportunità in cambio di niente. Anche perché quando si chiedono delle alternative la risposta è sempre sul vago, mai qualcosa di concretamente applicabile.

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Il problema del concetto di "ambiente gay" è sempre lo stesso, ed è più o meno il medesimo di "ambiente ateo" (il problema che di solito incontro nell'UAAR ad esempio). Gente che ha in comune solo il fatto di essere gay/ateo e per il resto non sente altre comunanze. 

E l'essere gay/ateo è peraltro una cosa così generica che è come dire "ambiente caucasico": significa pochissimi, significa che ti trovi con persone che non v'è ragione abbiano con te nulla di interessante in comune, nessun interesse a che spartire, nemmeno una stessa ragione per essere lì insieme a te.

 

E dunque una qualche connotazione a questi gruppi "gay" bisognerà pur dargliela, no, visto che di per sé, alla lettera, un gruppo gay è un gruppo di persone che non hanno niente in comune fra di loro, praticamente una giuria in un processo negli USA. Ecco che nasce la sottocultura gay.

Che deve nascere, per forza; non raccontiamo la solita stronzata che le relazioni sono una cosa che capita ma si sta bene anche senza e blablà, sono una parte fondamentale della vita, e i gay non le trovano per strada; devono unirsi ad altri gay e fare cose insieme non foss'anche che per quello specifico implicito od esplicito scopo/prospettiva finale; e queste cose che si fanno insieme diventano "cose da gay".

E a molti queste "cose da gay", almeno nella connotazione che assumono qui in Italia (non conosco le altre) non piacciono, non ci si ritrovano. 

Edited by FreakyFred
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