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Credete in Dio?


sexfeet

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Perchè 450 post su dio e nessuno sui puffi o babbo natale?

Beh, la spiegazione a questo fatto per me è semplice.

 

Quali cambiamenti ci sarebbero nella tua vita se avessi questo pensiero che ti rode di tanto in tanto: "Da qualche parte in una foresta esistono degli ometti blu che abitano in casette fatte a fungo?". Suppongo la tua vita non cambierebbe di una virgola... (oddio, a meno che questo pensiero non diventi un'ossessione che ti spinga ad abbandonare tutto per partire e girovagar per boschi :eek:)

Questa stessa irrilevanza della domanda in realtà dovrebbe spingerti a "scartare" la questione stessa.

 

Se invece il pensiero fosse "Da qualche parte, al di fuori di questo universo, esiste un'identità dotata di volontà ed intelletto, creatrice dell'universo stesso e detentrice ultima della verità?" (parolone sparate più o meno a caso per dipingere un'immagine abbastanza neutra di Dio). Là dovresti renderti conto che il semplice fatto di porti la questione avrebbe eccome un'influenza almeno sul modo che hai di guardare la realtà e di porti nei confronti di essa.

Stavolta il fatto che la risposta o che la risposta sia no cambia tutto!

 

Non ci vedo nessun pregiudizio, al contrario. Il criterio di base è quantomai razionale e dettato dai fatti: non mi cambia nulla che i puffi esistano o meno. O che possa esistere una teiera cinese gigante in orbita attorno al sole ma costantemente dalla parte opposta della stella rispetto alla terra. Al contrario la questione "Dio esiste o no" ha senza dubbio una significativa influenza sulla mia vita.

Per questo motivo discutiamo da migliaia di anni su Dio e non sui puffi ^^

(a meno che non esista da qualche parte un culto degli ometti blu che porti le due questioni a sovrapporsi  :sbav:)

 

Riguardo a medicina e biologia. Ok, seguono le regole della fisica, ma non sarà mai possibile descrivere medicina e biologia in termini dei mattoni della fisica.

In realtà è possibile ma inutile perchè troppo complicato e quindi privo dei tanto desiderati sbocchi pratici.

Tipo: la medicina tratta di organi e cellule... ma non si può palare di cellule senza parlar di molecole e non si può trattar di molecole senza parlar di atomi... Eppure giustamente non verrà mai in mente a nessuno, se ad esempio volgiamo parlare del pancreas, di partire dagli atomi che lo compongono.

 

Se immaginiamo una struttura a livelli io metterei la medicina(moderna) e la biologia che poggiano sulla chimica che a sua volta poggia sulla fisica (che a sua volta attinge nella matematica). Ogni livello da come assodato ciò che è contenuto nel livello sottostante e ne opera una serie di semplificazioni al fine di cavarne qualcosa di utile-in-pratica: in questo senso si può "dimenticarsi" delle basi. Però non si può dimenticare che esistono e che sono loro a tenere in piedi la baracca.

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Concordo con quanto detto da Morning Star, ineccepibile signori... :sbav:

Volevo riprendere alcune affermazioni precedenti. Innanzitutto il fatto di essere pragmatici,

caratteristico delle persone che si occupano di scienza, mi auguro non precluda di porsi

domande sul chi siamo, da dove veniamo e dove finiremo (continuate pure ad attingere dal repertorio)

e se in tutto questo c'entra un Dio oppure no.

Anzi porsi la questione dovrebbe essere normale inerentemente alla natura indagatrice dell'uomo.

Quindi oltre a maciullarsi il cervello se la quarta cifra decimale è una cifra significativa in una data misura,

non è una cosa malvagia avere qualche dubbio meno pratico.

 

Lo scienziato individua il fenomeno, lo modellizza e poi fa le sue misure, è un concetto ben assodato ormai,

ma non osservare il "fenomeno Dio" non è una condizione sufficiente per escluderlo.

Se le possibilità sono l'esistenza e la non esistenza, da un punto di vista logico-matematico-probabilistico

si tratta di un caso di 50 e 50 (nel caso dell'elettrone, il fisico ha osservato il fenomeno elettrone,

ne ha già accertato l'esistenza, il problema nasce da limiti quantistici di misurazione).

Non prendetemi per pazzo, lo stesso discorso logico-matematico-probabilistico può essere applicato a rigore

anche ai puffi, ma come giustamente faceva notare morning star posso benissimo rimandare il problema

visto che non ha conseguenze di ordine pratico nella mia vita.

 

Quanto invece a medici, biologi e affini, potranno benissimo chiarire i meccanismi della vita ma...? Potranno mai dire

se i nostri inseparabili e fondamentali enzimi sono stati montati da un ente superiore o piuttosto sono nati da

scontri casuali in una brodaglia di amminoacidi?

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Quali domande abbiano un significato è una roba molto soggettiva, ma per come l'hai messa tu è ovvio che basta cambiare di poco l'esempio dei puffi traformando gli omini blu in silenziosi killer invisibili pronti ad ucciderti da un momento all'altro per, in teoria, ridestare nel genere umano interesse sulla loro possibile esistenza.

 

Sono tante le prove che spingono a pensare che dio sia un artefatto del nostro cervello, e questa è una spiegazione molto più semplice rispetto ad un'entità che risiederebbe fuori dal nostro universo. Eppure non ci arrendiamo (cosa che avvalora la prima ipotesi).

 

A Demian. L'idea che hai di scienza e scienziati (e purtroppo è quella di molti) è così deprimente. Le risposte alle domande che poni esistono in parte di già e sono di una bellezza infinita, accessibili a tutti per di più. Se uno preferisce non-risposte è una sua scelta.

Infine, se qualcuno un giorno troverà prove di un progetto intelligente all'interno, che ne so, di un ameba, questo qualcuno sarà proprio un biologo.

 

 

Richard Feynman che suona il bongo: http://it.youtube.com/watch?v=HKTSaezB4p8

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A Richard.

 

Puoi trasformare i puffi nella peggiore entità malvagia dell'universo, ma un'ipotesi deve avere un minimo di consistenza

e dei killer di cui parli fortunatamente non ce ne sono ancora in giro. L'esistenza di un Dio creatore può essere

in linea di principio ipotizzata perchè mi spiega il creato (consistenza creatore-creato).

 

Beh, pensavo di avere una visione limitata di scienza, ma non deprimente, ad ogni modo...dal momento in cui ho iniziato

a sfogliare le prime pagine di biochimica ho effettivamente ravvisato una bellezza infinita nella chimica della vita, tuttavia si tratta

di fatti, non di risposte alle domande che pongo o semmai dici bene, le risposte sono parziali. E anche col migliore ottimismo scientifico

continueranno a esserlo, per fortuna...almeno abbiamo qualcosa per ammazzare il tempo no? :sbav:

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Scusate, a me pare che bisogna parlare più chiaro.

 

L'importanza, verificabile storicamente (esistono da millenni), delle religioni, la questione se esista o no Dio, hanno poco a che vedere con cose come «la spiegazione del creato», l'attingimento della «verità ultima e assoluta», la «natura indagatrice dell'uomo», e in genere questioni di ordine eminentemente conoscitivo.

 

Lo stesso Kant, dopo essersi domandato «che cosa posso conoscere?» (filosofia teoretica), si domandava «che cosa posso sperare?» (religione), e aveva il pregio della sincerità.

 

Noi siamo abituati a una relazionalità in tutte le cose che pensiamo ed esperiamo, a una relazione a due termini. Al linguaggio, ai «nomi» corrispondono le «cose», agli stessi «significati» corrispondono entità extralinguistiche, al pensiero corrisponde la realtà, alla madre il figlio, al desiderio il corpo che si tocca o che ci piace vedere, all'impulso sessuale il suo soddisfacimento (per altri versi all'atto sessuale il concepimento di una nuova vita) - e potrei continuare negli esempi per ore.

 

L'unica cosa a cui non corrisponde niente è la vita. La vita è solo se stessa.

 

Questo pensiero a volte può essere insopportabile, proprio se uno esperisca la vita non come una mucca placida, ma con intensità, ricerca, perfezionamento di sé, e soprattutto attese: di amore, di conoscenza, di felicità, anche di amicizia. Dietro ogni esaltazione motivata da un godimento artistico, dietro ogni attimo di amore provato e vissuto, dietro ogni abbraccio e sguardo lanciato all'amico che salutiamo separandocene, c'è il fantasma di un Dio che c'è o non c'è, e che risolverebbe tutto se ci fosse. Fantasma di un...Senso, che dà (darebbe) senso a tutto.

O che comunque darebbe senso alla vita, ripristinandola come un termine relazionantesi ad altro. Come nello schema di più o meno tutte le cose. E cosa c'è di più importante della vita? Se alla vita corrisponde qualcosa, anzi, se qualcuno ne è garante, e io non ne sono il solo titolare, allora tutte queste cose che provo hanno veramente un senso. Altrimenti, tanto più intense sono, tanto più sconcerto possono provocare in noi, perché le vediamo nascere per inesorabilmente morire e scomparire, e uno si chiede............o non si chiede più (Gong!).

 

Scienza e Fede possono tranquillamente convivere perché rispondono ad attese molto diverse.

Credere in Dio può essere totalmente insensato e infondato dal punto di vista della Scienza, ma, se uno ci crede, la cosa non ha il minimo rilievo.

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Sapere se dio esiste o no non è una roba "eminentemente conoscitiva"?

 

L'unica cosa a cui non corrisponde niente è la vita. La vita è solo se stessa. Questo pensiero a volte può essere insopportabile,

 

Neppure ho capito quel che vuoi dire, figuriamoci se lo trovo insopportabile.

 

Inoltre, scienza e fede NON possono convivere tranquillamente. Dove c'è la scienza non c'è mai la fede, se non per sbaglio.

 

 

Scusate, a me pare che bisogna parlare più chiaro.

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Forse scienza e fede abitano solo luoghi diversi della mente...

 

A meno che ovviamente uno non pretenda di approcciare da fedele, in modo

integralista, la scienza: tipo teoria del disegno intelligente.

 

Chiaro che non c'è neanche bisogno di pensare a Kant per ritenere

questo approccio intellettualmente disonesto e culturalmente volgare,

siamo ad un livello bassamente propagandistico.

 

Si rientra cioè nel tema, da me più volte suscitato, della secolarizzazione

delle religioni, del loro tentativo di mutuare linguaggi del moderno

( il diritto naturale/ la famiglia ; il diritto alla vita  ; la bio-etica  ) per

combattere il "nemico" con le sue stesse armi.

 

Per certi versi una involontaria confessione di inutilità della fede, da parte

di chi in teoria dovrebbe credere...

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Sono un tipo più razionale che disposto a credere così alla leggera.

Perciò mi definirei non ateo, ma agnostico, proprio perché non rifiuto totalmente la possibilità che esista un Dio, ma ho bisogno di prove della sua esistenza per crederci. Non voglio credere in qualcosa che non esiste.

Ciao!

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Sapere se dio esiste o no non è una roba "eminentemente conoscitiva"?

 

 

Per nulla. Perché non si sa se dio esiste o no, si crede che dio esiste e no. Ed è una roba molto diversa.

 

 

Inoltre, scienza e fede NON possono convivere tranquillamente. Dove c'è la scienza non c'è mai la fede, se non per sbaglio.

 

 

Se abitano zone diverse della mente, come dice Hinzelmann, possono convivere tranquillamente. Ancora più tranquillamente se abitano zone diverse dell'uomo, che non è solo mente, ma una rete di impulsi, istinti, facoltà razionali, facoltà inventive e mitopoietiche e altro ancora.

 

Forse non hai capito bene il mio discorso perché esso non è una risposta diretta alla domanda diretta del topic. Chi non è illuminato dalla Fede, e chi non ha una fede inconcussa nella Scienza, non può che fare un discorso di secondo livello su dio, che è anche un discorso fatalmente più smagato: cioè parlare di che cosa significa o implica credere o non credere, fare un controcanto ai vari discorsi che si fanno o sono stati fatti sul credere e non credere, pensare il credere e non credere.

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Se abitano zone diverse della mente, come dice Hinzelmann, possono convivere tranquillamente. Ancora più tranquillamente se abitano zone diverse dell'uomo, che non è solo mente, ma una rete di impulsi, istinti, facoltà razionali, facoltà inventive e mitopoietiche e altro ancora.

 

Accetto questa distinzione dell'uomo in mente + (cose) se è puramente linguistica, e con mente si intende la razionalità contrapposta ad altre caratteristiche che nella mente comunque risiedono.

 

Seconda parte.

Per me dalla fede non si può essere illuminati, ma truffati e ottusi. Non è illuminazione qualcosa che ti fa vivere nella certezza della semplicità quando invece tutto è terribilmente complicato. Non accetto inoltre l'atteggiamento paternalistico di chi dice che la gente ha bisogno della fede, se ne può fare a meno.

 

L'errore di base che trovo nei discorsi che si fanno è il voler affiancare di continuo la scienza alla fede, dire, sbagliando, che come chi crede c'è chi ha fede nelle scienza. Nella scienza non si crede, le discipline scientifiche si studiano, non sono mai richiesti atti di fede. Se la vogliamo mettere nei termini di Hinzelmann le due aree del cervello, l'una riservata alla fede l'altra alla scienza (ci siamo capiti no?) non hanno la stessa dignità. Avere fede è facile, conoscere la realtà no. E chi dice "ah, purtroppo non ho fede" è il più delle volte un ipocrita visto che alla fine non cambierebbe un grammo delle sue conoscenze, del suo saper disquisire di scienza e fede, con qualche chilo di creduloneria.

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un sanfedista....scientista?

 

È fernuta l'uguaglianza

è fernuta la libertà

pe `vuie so' dulure e panza

signò iateve a cuccà

 

Ovviamente io non posso che avere un atteggiamento scettico,

non foss'altro che per tutte le insufficienze in matematica che ho

beccato...non che io non cercassi di studiarla, era lei che non si

faceva trovare.

 

Va detto che se un'Armata scientista partisse per Roma io terrei un

atteggiamento rigorosamente Ricasoliano: "meglio reprimere

che prevenire" ( a devastazione vaticana compiuta )

 

Purtroppo però voi quelle cose lì, vi limitate a studiarle...

insomma avete un cattivo rapporto cogli uomini "de panza"

come avrebbe detto il cardinale Ruffo ( che invece ci si trovava

come un pisello nel baccello )

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Ho scoperto questo topic interessante solo ora, e sinceramente al momento non ho voglia di leggere gli ultimi post per capire dove stia andando a parare il discorso (anche perché si preannunciano una vera smazzata  :bah:)... prometto che lo farò, ma per ora riporto qui il mio pensiero riguardo alla domanda principale del topic, utilizzando quel che scrissi tempo fa per un tema:

 

 

Un giorno, decine di migliaia di anni fa, diventammo consapevoli di noi stessi.

Smettemmo di essere semplicemente creature non coscienti del proprio ruolo intrinseco nel gioco della vita, e ci differenziammo dalle altre specie. Non eravamo più semplici protoscimmie saltellanti il cui obiettivo era riprodursi e perpetrare i propri geni attraverso le ere. Insomma, diventammo umani.

Lo testimonia l'archeologia, nei resti ossei dei primi uomini di Neanderthal: di colpo i cadaveri non venivano più lasciati nei luoghi dov'erano caduti, ma portati in determinati posti e seppelliti con dei riti, per quanto primitivi essi fossero. La trattazione della morte è illuminante: dimostrando preoccupazione per il cadavere e la sua sepoltura i Neanderthal dimostrano anche di aver concepito un sentimento primordiale di credenza religiosa. I vivi non stanno più solo dalla parte dei vivi, ma capiscono che ciò che succede ai compagni morendo presto capiterà anche a loro, in altri termini, riescono ad intendere il futuro e a fare una previsione su ciò che potrà accadergli.

Ed è qui che entra in gioco "Dio". L'istinto di sopravvivenza è uno dei più radicati nell'uomo, perché sopravvivendo mandiamo avanti la nostra specie, ma, una volta diventati coscienti della morte come termine della vita, esso si estende anche alla morte, a dopo la morte. È insopportabile l'idea che dopo la morte ci sia il nulla, il nostro istinto non ci permette di accettarla. Quindi ci serve qualcosa che garantisca per noi la sopravvivenza dopo la morte, qualcosa che conosca l'ignoto e di cui ci si possa fidare. Quel qualcosa è Dio.

Dio nasce dagli uomini affinché essi possano convincersi di non essere soli nell'universo, di non essere soli al momento della morte. Non fu Dio a creare l'umanità, ma il contrario.

È da questo bisogno istintivo che nascono anche tutti i culti e le religioni, tutti i riti e le cerimonie. E il cristianesimo è solo una di queste, con caratteri culturali specifici che ci hanno influenzato più degli altri.

Io non sto dicendo che Dio non è esiste. Invece esiste: non è altro che un nostro bisogno istintivo. Dio può essere Gesù. Dio può essere Allah. Dio può essere Yahweh. Dio può essere la Scienza. Dio può essere la Filosofia. Dio può essere il Nichilismo stesso. Dio è il bisogno di dire dopo la morte c'è il Paradiso, c'è lo Janna, c'è l'Ade, c'è la Reincarnazione, c'è il Nulla. Dio è un modo per esorcizzare l'ignoto, indipendentemente dal fatto di negarne o no l'esistenza.

Anche l'ateismo stesso è una forma di religione, il cui Dio è l'assenza di Dio. Anzi, credo che l’ateismo sia la forma di religione più furba e meschina, perché si fonda sul cinismo del dire “no, c’è il Nulla, il Nulla assoluto, quindi, perché dovrei preoccuparmi di seguire una scala di valori etici, visto che alla fine non ci sarà nessun Dio a giudicarmi?”.

Ma in fondo Dio è solo una stampella che ti aiuta a camminare durante i periodi di sofferenza, è un genitore affettuoso che sai che ti vuol bene. Rappresenta un aiuto, un modo di esorcizzare i tuoi demoni e le tue sofferenze, e non solo la tua paura dell’Ignoto, tramutata in paura della Morte.

Il grande difetto delle religioni, di tutte le religioni e di tutte le credenze, di tutti i culti e di tutti i riti è quello di imporre un Dio e di conseguenza una serie di dogmi spesso inflessibili, di principi assoluti e spesso assolutisti, travestiti da verità rivelate; tutti questi principi, dogmi, verità indiscutibili sono in realtà dei corollari di Dio, delle aggiunte giustapposte da una serie fenomeni e necessità storico-culturali. La religione non è il culto di un Dio, è il prodotto di una realtà antropologica cha ha il fine intrinseco di fissare una serie di precetti indispensabili alla sopravvivenza di quella stessa realtà. Quindi, per esempio, l’ebraismo nasce come una religione che rifiuta un qualunque culto politeista, e che quindi si mette contro tutte le religioni del tempo, perché questo serve a cementare la comunità ebraica al suo interno. La religione cretese ha un pantheon composto soltanto da dei marini, perché ovviamente si tratta di un’isola e la sua sopravvivenza dipende unicamente dal mare.

Secondo me ognuno è libero di scegliersi il proprio Dio, di esorcizzare l’Ignoto nella maniera che più gli garba, indipendentemente da dogmi e religioni, perché Dio e la religione a livello spirituale c’entrano poco o niente.

Io credo alla Vita. Si potrebbe dire che il mio Dio è la Vita, perché la Vita non finisce con la morte, la Vita va avanti, attraverso ogni creatura, attraverso ogni cellula che si scinde per gemmazione da un’altra, attraverso ogni uomo che pur morendo lascia una traccia di sé nelle generazioni future, la Vita è immortale.

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In_Bloom,

"meschino e cinico" sarà tua sorella :bah:

 

Essere atei non vuol dire affatto "non ho valori, tanto nessuno mi giudica".

Essere atei vuol dire "la mia Coscienza è sufficiente; non ho bisogno di Libri per sapere che uccidere e rubare è sbagliato; lo capiscono anche le scimmie!"

 

In un'isola deserta, senza leggi, io non sono peggiore di un Cristiano.

 

"Dio" non è l'Assoluto; non è l'Essere, non è la Vita e non è la Natura.

"Dio" è una Persona!

Dio parla, Dio giudica, Dio salva, Dio punisce, Dio prevede, Dio promette.

 

La Natura (o la Vita o il Caso o qualunque altro Assoluto dell'Ateismo) non fa nessuna di queste cose.

 

L'Ateismo non è il Nichilismo.

Un Ateo può credere nella Libertà, nel rispetto della Natura, nell'Altruismo, nell'Uomo e in mille altre cose.

Il Nichilista non ci crede, punto.

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Ed è qui che entra in gioco "Dio". L'istinto di sopravvivenza è uno dei più radicati nell'uomo, perché sopravvivendo mandiamo avanti la nostra specie, ma, una volta diventati coscienti della morte come termine della vita, esso si estende anche alla morte, a dopo la morte. È insopportabile l'idea che dopo la morte ci sia il nulla, il nostro istinto non ci permette di accettarla. Quindi ci serve qualcosa che garantisca per noi la sopravvivenza dopo la morte, qualcosa che conosca l'ignoto e di cui ci si possa fidare. Quel qualcosa è Dio.

Dio nasce dagli uomini affinché essi possano convincersi di non essere soli nell'universo, di non essere soli al momento della morte. Non fu Dio a creare l'umanità, ma il contrario.

 

 

Il tuo ragionamente è interessante, all'inizio, soprattutto dove ti appoggi alla proposizione:

 

«I vivi non stanno più solo dalla parte dei vivi, ma capiscono che ciò che succede ai compagni morendo presto capiterà anche a loro»

 

Ma ciò che consegue logicamente da quanto hai scritto è che la paura della morte nasce dall'abbandono dello stato di individualità precedente e dalla scoperta di costituire un Genere. E' il peso di questo Genere - il peso degli Antenati - a creare, per rinculo, debolezza e paura, e quindi bisogno di un Dio.

 

 

Anche l'ateismo stesso è una forma di religione, il cui Dio è l'assenza di Dio. Anzi, credo che l’ateismo sia la forma di religione più furba e meschina, perché si fonda sul cinismo del dire “no, c’è il Nulla, il Nulla assoluto, quindi, perché dovrei preoccuparmi di seguire una scala di valori etici, visto che alla fine non ci sarà nessun Dio a giudicarmi?”.

 

 

Quello che mi ha colpito è che questo passo non c'entra niente con quanto hai precedentemente scritto: è del tutto immotivato. Per il resto quoto Almadel.

 

la Vita è immortale

 

 

Dal punto di vista della Specie, forse, non certo dal punto di vista dell'individuo: quell'individuo che ciascuno di noi è.

 

Si, ci si può anche prendere per Specie, a volte e in certi momenti, ma solo a patto di cadere in stato di esaltazione mistica...

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A me non pare che l'istinto di sopravvivenza caratterizzi l'uomo, tantomeno il riconoscimento della morte : tutte le mamme dei mammiferi riconoscono la morte del proprio cucciolo e quanto questo tratto ci accomuni lo riscontriamo vedendo un film di Disney. Veramente, ciò che fa' il cucciolo (gli occhi grandi, il naso largo e schiacciato) mobilita il materno mammifero di ogni uomo...no ?  E se vogliamo il cucciolo non è per definizione colui che è inidoneo alla sopravvivenza? Che morirebbe se non curato o accudito dalla madre?

 

La differenza, è che l'uomo riconosce la morte del proprio simile, al di fuori della sfera meramente istintuale ( sopravvivenza--cucciolanza//maternità )

e razionalmente comprende che è un destino comune. In quel momento il branco diventa comunità e la comunità sente di dover ritualizzare la morte. Il culto degli antenati si sviluppa quando la società da comunitaria diventa clanistica o familistica, credo....

 

Certamente oggi, il metus è incardinato in una esperienza familiare millenaria, al di là di ciò che la/le religioni dicano sulla morte.

Per certi versi poi, ma questo sarebbe un altro discorso, tutto ciò che non è privato ci appare inautentico ( e se non erro questo problema Ratzinger lo ri-conosce, ovviamente in modo sviante, dicendo che il relativismo aggredisce la religione "privatizzandola" )

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Ok, riconosco di non essere stato particolarmente chiaro.

Il punto, secondo me, è vedere Dio sotto un'ottica diversa. Io Dio non lo considero una persona che parla, giudica, salva, punisce, prevede, promette; lo considero una risposta all'istinto di sopravvivenza dell'uomo, una risposta alla paura primordiale di ciò che verrà dopo la Morte, una risposta che cerca di dare una spiegazione all'Ignoto, indi per cui all'Ignoto per eccellenza ovvero la Morte.

E credo che anche sotto questo aspetto l'ateismo sia una forma di spiegazione, che, attraverso la negazione della presenza di un Dio, risponde ad alcuni dubbi riguardanti l'Ignoto.

Da qui scaturisce la mia osservazione (che riconosco essere un po' troppo aspra, provocatoria e immotivata), riguardo all'ateismo: certo, non ho la minima intenzione di dire che un ateo non creda in una serie di valori quali quelli citati da Almandel, volevo invece sottolineare che, come posizione concettuale, non fornisce di per se stesso una scala di valori precostituiti. Se una persona crede nel cristianesimo di conseguenza si atterrà ai principi della morale cristiana. Se una persona crede nell'ateismo questo non gli fornirà una scala di valori, in quanto esso non ha al suo interno un apparato etico ben strutturato. Con questo non avevo la minima intenzione di classificare gli atei come nichilisti. Se prima non sono stato abbastanza chiaro, chiedo venia, spero di essermi spiegato meglio ora.

 

Per quanto riguarda il processo psicologico di generazione del bisogno di avere un Dio, credo che esso scaturisca non dal peso del proprio Genere, ma dal cambiamento di prospettiva che si verifica nella mente dell'uomo primitivo: l'uomo diventa abbastanza intelligente da provare una sorta di empatia, che consiste nel riuscire a capire che la morte non è semplicemente uno sfortunato evento che capita ad un cucciolo, ma un destino comune.

A questo punto l'istinto di sopravvivenza (che non caratterizza solo l'uomo, ma qualsiasi essere appartenente al regno animale; e, essendo un istinto, non è razionalizzato) gioca un ruolo importante, in quanto l'uomo non riesce ad accettare di dover morire. A questo punto sorge la paura dell'Ignoto, che per la prima volta l'uomo riesce a provare, avendo intuito la Morte come destino comune.

Due sono le conseguenza di ciò, secondo me: uno, il bisogno di un Dio che spieghi cosa in effetti c’è dopo il trapasso; due, il definirsi della consapevolezza di appartenere a un Genere.

Non credo che la paura della Morte sia correlata agli Antenati: essi sono più come fantasmi, come delle entità che i primi uomini non sono in grado di avvertire direttamente. La paura della Morte penso invece che sia un'esperienza sensibile, spesso collegata ad un evento che comporta una percezione diretta e scioccante, come la morte di un compagno o di un amico.

 

E la Vita, sì, mi piace pensarla neanche come Specie, ma come Vita in senso ancora più generico, qualcosa che comprende anche le più piccole cellule procariote. Certo non a livello individuale.

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In Parte sono d'accordo con te In Bloom, anche io penso che Dio altro non sia che un frutto nato dalla paura della morte.

Ma proprio per questo, penso che una persona che sia consapevole di questa cosa, debba rendersi conto che tutte le qualità positive e negative che attribuiva a Dio in realtà sono sue qualità, e iniziare a coltivare le proprie qualità positive e cercare di combattere quelle Negative.

Questo è possibile se si seguono gli insegnamenti del Dharma

 

Io non credo in Dio, Credo in me stesso e nella mia natura latente di essere illuminato, Credo di essere io il Responsabile delle mie Azioni, Credo che la vera felicità si può raggiungere solo seguendo il sentiero del Dharma

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In_Bloom;

fammi capire alcune cose.

 

Tu non credi in un Dio Personale, giusto?

Bene: da dove proviene allora la tua etica se non c'è nessun Dio ad avertela imposta?

Dalla Vita? Bene.

E in cosa differiresti allora da un Ateo?

 

A questo punto è impossibile non dare ragione a Kropotkin che dice: "qualunque attributo posito abbia Dio, posso farlo mio senza bisogno della sua figura"

 

Il tema di Dio come "salvezza dalla morte" è interessante, ma ovviamente non è la causa vera della nascita del sentimento religioso. Infatti nè gli Ebrei, nè i Greci avevano una concezione simile della Religione: il sacerdote di Apollo o il Rabbino non ti promettono la Vita Eterna e non sono due eccezioni trascurabili, non credi?

 

La mia tesi sulla religione rimane quella del "masochismo ego-distonico": una serie di precetti etici atti a farci star male quando proviamo piacere e a farci provare piacere quando stiamo male; il "fornitore" di questi precetti è un Dio che desidera da noi solo devozione assoluta, una sorta di idealizzazione del "padrone" che si prende il merito quando le cose vanno bene e ci dà la colpa quando vanno male.

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Davanti ai quesiti etici, non vedo neanche io differenze sostanziali.

A meno di non intendere la trascendenza come una proiezione verso

l'altro-da me, ma appunto questo sarebbe porre in via ipotetica la

possibilità di una Religione dell'Etica,cosa che non è riscontrabile

in nessuna religione data, ma al più nell'approccio filosofico di alcuni

intellettuali laici alla religiosità.

 

La scala di valori precostituita costituisce una morale.

 

La morale sessuale della chiesa cattolica consente una etica sessuale?

Detto da un gay il discorso può apparire paradossale, visto ciò che la

chiesa dice di noi - per noi la morale sessuale cattolica è impossibilità

di porre un'etica del sesso gay  - ma pur prescindendo da questo aspetto,

ai nostri fini utile per la radicalità dell'incompatibile, io direi che sia evidente

che pure in generale e per gli etero la risposta sia : no...

 

La scala di valori precostituita implicita in sè, se ci riflettiamo due cose:

1) l'esistenza di un ordine, di una gerarchia

2) il fatto che essendo pre-costituito ci limitiamo ad aderirvi o a non aderirvi. 

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@Almadel: la tua tesi è molto interessante, ma si basa sul fatto che il dolore e il piacere non religiosi siano quelli normali, mentre quelli religiosi un mezzo per sfogare un nostro ipotetico istinto di sottomissione.

Concordo però con te sul discorso della figura di Dio, Egli è davvero un padrone idealizzato

 

@Hinselmann: Cosa intendi per religione dell'Etica?

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la paura della morte nasce dall'abbandono dello stato di individualità precedente e dalla scoperta di costituire un Genere. E' il peso di questo Genere - il peso degli Antenati - a creare, per rinculo, debolezza e paura, e quindi bisogno di un Dio.

 

 

Non credo che la paura della Morte sia correlata agli Antenati: essi sono più come fantasmi, come delle entità che i primi uomini non sono in grado di avvertire direttamente.

 

 

Il mio passaggio dagli Antenati alla Religione era, come vedi dalla mia autocitazione, piuttosto

articolato e mediato.

 

Ma si potrebbe sostenere la mia stessa tesi in forma ancora più forte:

 

1. gli Antenati sono già Religione

2. gli Antenati «pesano» e non sono affatto puri fantasmi

3. Enea, l'eroe «pius», cioè «religioso», per eccellenza, si porta sulle spalle Anchise, nel suo lungo viaggio, e simboleggia la presa in carico degli Antenati come atto costituivo della «pietas» (religiosa)

 

 

 

l'ateismo [...] come posizione concettuale, non fornisce di per se stesso una scala di valori precostituiti.

Se una persona crede nel cristianesimo di conseguenza si atterrà ai principi della morale cristiana.

Se una persona crede nell'ateismo questo non gli fornirà una scala di valori, in quanto esso non ha al suo interno un apparato etico ben strutturato.

 

 

Quel che hai detto è esattamente la ragione per cui quella del cristianesimo, come di qualunque altra religione, è una dogmatica e una precettistica ma non una morale: è cioè una morale «eteronoma», non una morale «autonoma». Che poi gli uomini, per lo più, sentano il bisogno di regole imposte da una auctoritas costituita, è cosa vera, ma per fortuna non riguarda tutti. 

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Probabilmente da un punto di vista canonico posso risultare Ateo.

Ma non mi importa: io non mi considero Ateo, in quanto non credo che la figura di Dio debba per forza essere identificata con un Dio Personale (sotto forma di persona, che parla, giudica, salva, punisce, prevede promette), e ho le mie esaltazioni mistiche nei confronti della Vita, sensazioni che sento come religiose.

 

Comunque io non ho mai parlato di “salvezza dalla morte”, ma di un “bisogno di risposte riguardo alla morte”: se un Rabbino o un sacerdote di Apollo non garantiscono la Vita Eterna, hanno comunque una concezione dell’aldilà e di cosa ci sarà dopo.

 

La tua tesi è estremamente interessante, ma non credo che possa essere legata alla nascita del sentimento religioso in generale, piuttosto mi sembra un attributo ulteriore di molte religioni, che hanno bisogno di questo tipo di “masochismo” come una coercizione atta a rinforzare una mentalità che vede la società in modo strettamente gerarchico o aristocratico; in altre parole non credo che tale tipo di religione si possa riscontrare anche in una società, per esempio, di tipo comunitario (come quelle dei cacciatori-raccoglitori preistorici, dove si è generato per la prima volta il sentimento religioso).

 

Per quanto riguarda il culto degli Antenati, penso che esso sia molto più un effetto che una causa della nascita del bisogno di Dio e di conseguenza delle religioni: penso che il processo mentale sia più o meno questo: un uomo vede un compagno morire e per la prima volta capisce che quella è una sorte che capiterà anche a lui; applicando lo stesso ragionamento capisce che gli uomini da cui discende hanno subito lo stesso destino; capisce di appartenere ad un Genere ben costituito, e di conseguenza organizza un culto degli Antenati più o meno strutturato. Potrebbe essere considerata una semplificazione, ma io credo che sia, molto stringatamente il processo mentale che sta alla base della nascita della religione e del culto degli Antenati, che assumono di conseguenza una valenza quasi divina.

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Che risposte diano i Rabbini riguardo alla morte, proprio non lo so.

Non è che la Torah si spenda molto su questo argomento...

La centralità del tema della morte nella religione arriva con i culti misterici e l'orfismo e da lì al Cristianesimo.

 

Quello che mi pare sia sempre chiaro in ogni religione è che il piacere del corpo nuoccia all'anima e che il dolore del corpo faccia invece all'anima un gran bene; a Dio piacciono i sacrifici e i martiri e non piacciono i banchetti e i libertini.

Se qualcosa va storto è sempre colpa tua e se qualcosa va in porto è sempre merito Suo.

 

Il culto degli Antenati è una religione solo nella misura in cui gli Antenati PRETENDONO dei SACRIFICI.

Portare semplicemente dei fiori o piangere i propri morti non è religione; la prima cosa posso farla anche se sono ateo e la seconda capita anche alle scimmie

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Per quanto riguarda il culto degli Antenati, penso che esso sia molto più un effetto che una causa della nascita del bisogno di Dio e di conseguenza delle religioni: penso che il processo mentale sia più o meno questo: un uomo vede un compagno morire e per la prima volta capisce che quella è una sorte che capiterà anche a lui; applicando lo stesso ragionamento capisce che gli uomini da cui discende hanno subito lo stesso destino; capisce di appartenere ad un Genere ben costituito, e di conseguenza organizza un culto degli Antenati più o meno strutturato. Potrebbe essere considerata una semplificazione, ma io credo che sia, molto stringatamente il processo mentale che sta alla base della nascita della religione e del culto degli Antenati, che assumono di conseguenza una valenza quasi divina.

 

 

La tua e la mia sono due spiegazioni possibili, ma, credo, opposte. La tua si basa su uno schema pseudorazionalistico che ritengo altamente improbabile, in quanto razionalizzazione a posteriori; e conferisce alla creazione della religione un significato positivo. La mia ha molte ragioni di cogliere di più nel segno. Si basa su un elemento che funge da apriori e spiega al contempo il senso di colpa implicito in tutte le religioni; d'altra parte prospetta culto e "sacrificio", nonché responsabilità e rinuncia (tutti elementi strutturali a una religione), come svolgimento senza soluzione di continuità di una situazione iniziale avvertita come «pesante», il peso di essere «discendenti», che limita ab initio la libertà dell'uomo (naturalmente in questo si può vedere tanto un atto «civilizzatore» come il suo contrario). Nel mio schema si ha re-ligio fin dall'inizio: anche nel senso più semplice e concreto del termine «legame».

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Quello che mi pare sia sempre chiaro in ogni religione è che il piacere del corpo nuoccia all'anima e che il dolore del corpo faccia invece all'anima un gran bene; a Dio piacciono i sacrifici e i martiri e non piacciono i banchetti e i libertini.

Se qualcosa va storto è sempre colpa tua e se qualcosa va in porto è sempre merito Suo.

 

 

Mi Permetto di escludere la mia religione da questa descrizione generale

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Il Buddismo non è proprio una religione...

Ne ha alcune caratteristiche, a dire il vero.

Infatti ai monaci buddisti sono preclusi una grande quantità di piaceri, in quanto il Samsara allontana dall'Illuminazione.

E' pur vero che il Budda era piuttosto contrario allo zelo degli asceti...

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Buon pomeriggio a tutto il forum,

 

il tempo non mi consente di leggere tutti i post di questo topic, ma l'argomento è decisamente interessante e, credo che questa domanda sulll'esistenza di Dio vada avanti da secoli come l'anedoto "dell'uovo o la gallina"!

Personalmente  non ho granchè di cultura Teologica, mi limito come tutti i comuni  mortali a servirmi del "pensiero" e, come tale credo solo che nulla di ciò che vediamo attorno a noi esista senza la manodopera di qualcuno!

Esiste una natura che regola e programma i suoi tre regni (animale-vegetale-minerale) di cui ogni cosa di queste esiste per un preciso scopo di esistere, ognuno ha una funzione specifica...guardiamo nel corpo animale ad esempio le funzioni del cuore, del fegato, dei denti, o degli arti, etc.

inoltre la vita animale è guidata da un istinto ben preciso nella procreazione, nell'alimentazione, nella difesa etc. insomma tutto fà credere ad un "architetto dell'universo", che poi questo sia il Dio della bibbia o meno, ma un creatore di tutto ciò, secondo me, ci sarà!

:salut:

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