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Gay italiani vs stranieri


unprodigalson

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Io talvolta ho avuto difficoltà ad uscire con ragazzi italiani perché avevo come l'impressione che si accettassero meno, e fossero in situazioni molto difficili per potersi sentire al sicuro e sereni; di rimando mi comunicavano una sensazione di "difficoltà", di preoccupazione che forse rendeva anche me poco sereno e meno simpatico, o magari molto preoccupato dal fare bella figura, dal fingere di non avere problemi.  Questa era però apparenza, o comunque solo una piccola parte di ciò che percepivo: mi sono anche sono reso conto che, in realtà, le mie difficoltà di comunicazione con persone che credevo insicure e preoccupate erano uno specchio che mostrava le mie insicurezze e preoccupazioni, che invece preferivo celare, sminuire, rimandare.

Uscendo con ragazzi stranieri in Italia ho invece avuto l'immagine spensierata, complice e festosa a cui tu alludi,  ed è stata una sensazione benefica e gradevole, ma in effetti alla fine mi sono accorto che era profondamente falsata dal fatto che si trattava di ragazzi in periodo di scambio, in Erasmus, in dottorato,  in viaggio di lavoro ecc quindi persone che stavano vivendo una "grossa parentesi extra-ordinaria" rispetto alla loro routine esistenziale.

Quando ho vissuto all'estero come "abitudine", nel momento in cui, dopo del tempo, mi sono calato nella routine quotidiana, mi sono accorto che i ragazzi "indigeni" che frequentavo mostravano lo stesso identico carico di preoccupazioni, di sfiducia, di "lungoperiodismo" dei ragazzi italiani. 

Quando invece ho vissuto l'estero come "parentesi", per esempio stando in vacanza, o girando grandi capitali europee, ho ritrovato la stessa allegria e spensieratezza del "breveperiodismo", la gioia di potersi interessare tantissimo a qualcosa che sarebbe ben presto sparito o cambiato.

Secondo me la differenza non sta nella nazionalità di chi frequenti, ma nel contesto temporale in cui lo frequenti.

Un contesto routinario, provinciale, fatto di lavoro, ricerca di lavoro, problemi familiari, sistemazione, burocrazie, commissioni, impegni ecc rende automaticamente le persone più timorose, più spente, ma anche più pragmatiche, più esigenti e più intensamente preoccupate alle questioni di lungo periodo.

Viceversa un contesto "eccezionale", metropolitano, in cui si vive in uno specifico progetto di breve periodo, magari si è in viaggio di lavoro, o in vacanza, o di passaggio, e si deve per forza di cose pensare alla giornata, tirare fuori abilità di adattamento alle novità, esplorare luoghi nuovi, avere a che fare con un rapido cambio e ricambio di conoscenze, bisogna cercare di riempirsi il tempo ogni volta da zero, rende invece le persone più vivaci, più disponibili e interessate ai dettagli dell'esterno, e più inclini a dedicare tempo ed energie nelle questioni di breve periodo.

Molte persone si sono accorte di questa differenza e per questo è nata la mania dei blogger che viaggiano permanentemente e fanno il racconto del loro spostamenti. Perché lo spostamento, il viaggio, il trasferimento di breve periodo "decontestualizza" e rende quindi tutto più esaltante, più intrigante, più "degno d'essere vissuto" rispetto alla routine. E' anche per questo che chi viaggia molto per lavoro ha estrema difficoltà a "mettere radici", o viceversa chi non vuol metterle sceglie un lavoro che imponga continui cambiamenti.

Quindi per farla breve io direi (fra l'altro, contraddicendo una mia vecchia convinzione) che la politica, l'economia, la nazionalità e la cultura c'entrano poco, o comunque sono un fattore marginale. C'entrano invece in maniera preponderante il carattere del singolo (40%) e il contesto in cui lo conosci (60%).

Insomma è un po' come se fosse tutta una questione di... residenza. Avere o non avere la residenza in un luogo altera in maniera pesantissima il modo in cui lo vivi e quindi anche il modo in cui percepisci il relazionarsi degli altri con te.

All'esaltazione calorosa del "breveperiodismo" fa da contraltare la cautela timorosa del "lungoperiodismo". La Novità è ideale, è attraente, è un mare di possibilità infinite, è tutta da conoscere. L'Abitudine invece è gretta, è già perfettamente conosciuta in tutti i suoi aspetti, e la sua negatività viene agli occhi con forza infinitamente maggiore rispetto agli aspetti piacevoli. Ma penso sia anche giusto così, è nell'attitudine umana cambiare atteggiamento a seconda della "velocità di vita" che si sta subendo.

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Oh, un intervento che valeva la pena leggere...

11 minutes ago, Sampei said:

Quindi per farla breve io direi (fra l'altro, contraddicendo una mia vecchia convinzione) che la politica, l'economia, la nazionalità e la cultura c'entrano poco, o comunque sono un fattore marginale.

Però il tema del viaggio è sempre stato intessuto con quello dell'omosessualità

Sia che fosse vissuto in materia marcatamente unilaterale - come in Italia - che originariamente era una meta di turismo sessuale quindi a stretto rigore i viaggiatori erano gli Europei, noi gay italiani eravamo le marchette stanziali

Sia che lo fosse in maniera meno unilaterale e mi riferisco all'omosessualità legata negli USA ai tramps, ai lavoratori occasionali della working-class ( braccianti operai generici girovaghi marinai ) che intessevano brevi relazioni omosessuali

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1 hour ago, Sampei said:

Io talvolta ho avuto difficoltà ad uscire con ragazzi italiani perché avevo come l'impressione che si accettassero meno, e fossero in situazioni molto difficili per potersi sentire al sicuro e sereni; di rimando mi comunicavano una sensazione di "difficoltà", di preoccupazione che forse rendeva anche me poco sereno e meno simpatico, o magari molto preoccupato dal fare bella figura, dal fingere di non avere problemi.  Questa era però apparenza, o comunque solo una piccola parte di ciò che percepivo: mi sono anche sono reso conto che, in realtà, le mie difficoltà di comunicazione con persone che credevo insicure e preoccupate erano uno specchio che mostrava le mie insicurezze e preoccupazioni, che invece preferivo celare, sminuire, rimandare.

Uscendo con ragazzi stranieri in Italia ho invece avuto l'immagine spensierata, complice e festosa a cui tu alludi,  ed è stata una sensazione benefica e gradevole, ma in effetti alla fine mi sono accorto che era profondamente falsata dal fatto che si trattava di ragazzi in periodo di scambio, in Erasmus, in dottorato,  in viaggio di lavoro ecc quindi persone che stavano vivendo una "grossa parentesi extra-ordinaria" rispetto alla loro routine esistenziale.

Quando ho vissuto all'estero come "abitudine", nel momento in cui, dopo del tempo, mi sono calato nella routine quotidiana, mi sono accorto che i ragazzi "indigeni" che frequentavo mostravano lo stesso identico carico di preoccupazioni, di sfiducia, di "lungoperiodismo" dei ragazzi italiani. 

Quando invece ho vissuto l'estero come "parentesi", per esempio stando in vacanza, o girando grandi capitali europee, ho ritrovato la stessa allegria e spensieratezza del "breveperiodismo", la gioia di potersi interessare tantissimo a qualcosa che sarebbe ben presto sparito o cambiato.

Secondo me la differenza non sta nella nazionalità di chi frequenti, ma nel contesto temporale in cui lo frequenti.

Un contesto routinario, provinciale, fatto di lavoro, ricerca di lavoro, problemi familiari, sistemazione, burocrazie, commissioni, impegni ecc rende automaticamente le persone più timorose, più spente, ma anche più pragmatiche, più esigenti e più intensamente preoccupate alle questioni di lungo periodo.

Viceversa un contesto "eccezionale", metropolitano, in cui si vive in uno specifico progetto di breve periodo, magari si è in viaggio di lavoro, o in vacanza, o di passaggio, e si deve per forza di cose pensare alla giornata, tirare fuori abilità di adattamento alle novità, esplorare luoghi nuovi, avere a che fare con un rapido cambio e ricambio di conoscenze, bisogna cercare di riempirsi il tempo ogni volta da zero, rende invece le persone più vivaci, più disponibili e interessate ai dettagli dell'esterno, e più inclini a dedicare tempo ed energie nelle questioni di breve periodo.

Molte persone si sono accorte di questa differenza e per questo è nata la mania dei blogger che viaggiano permanentemente e fanno il racconto del loro spostamenti. Perché lo spostamento, il viaggio, il trasferimento di breve periodo "decontestualizza" e rende quindi tutto più esaltante, più intrigante, più "degno d'essere vissuto" rispetto alla routine. E' anche per questo che chi viaggia molto per lavoro ha estrema difficoltà a "mettere radici", o viceversa chi non vuol metterle sceglie un lavoro che imponga continui cambiamenti.

Quindi per farla breve io direi (fra l'altro, contraddicendo una mia vecchia convinzione) che la politica, l'economia, la nazionalità e la cultura c'entrano poco, o comunque sono un fattore marginale. C'entrano invece in maniera preponderante il carattere del singolo (40%) e il contesto in cui lo conosci (60%).

Insomma è un po' come se fosse tutta una questione di... residenza. Avere o non avere la residenza in un luogo altera in maniera pesantissima il modo in cui lo vivi e quindi anche il modo in cui percepisci il relazionarsi degli altri con te.

All'esaltazione calorosa del "breveperiodismo" fa da contraltare la cautela timorosa del "lungoperiodismo". La Novità è ideale, è attraente, è un mare di possibilità infinite, è tutta da conoscere. L'Abitudine invece è gretta, è già perfettamente conosciuta in tutti i suoi aspetti, e la sua negatività viene agli occhi con forza infinitamente maggiore rispetto agli aspetti piacevoli. Ma penso sia anche giusto così, è nell'attitudine umana cambiare atteggiamento a seconda della "velocità di vita" che si sta subendo.

ecco, quando parlavo di contesto e di situazione logistica intendevo esatamente questo.

solo che tu l'hai detto MOLTO meglio!

Edited by freedog
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unprodigalson
23 hours ago, Sampei said:

Io talvolta ho avuto difficoltà ad uscire con ragazzi italiani perché avevo come l'impressione che si accettassero meno, e fossero in situazioni molto difficili per potersi sentire al sicuro e sereni; di rimando mi comunicavano una sensazione di "difficoltà", di preoccupazione che forse rendeva anche me poco sereno e meno simpatico, o magari molto preoccupato dal fare bella figura, dal fingere di non avere problemi.  Questa era però apparenza, o comunque solo una piccola parte di ciò che percepivo: mi sono anche sono reso conto che, in realtà, le mie difficoltà di comunicazione con persone che credevo insicure e preoccupate erano uno specchio che mostrava le mie insicurezze e preoccupazioni, che invece preferivo celare, sminuire, rimandare.

Uscendo con ragazzi stranieri in Italia ho invece avuto l'immagine spensierata, complice e festosa a cui tu alludi,  ed è stata una sensazione benefica e gradevole, ma in effetti alla fine mi sono accorto che era profondamente falsata dal fatto che si trattava di ragazzi in periodo di scambio, in Erasmus, in dottorato,  in viaggio di lavoro ecc quindi persone che stavano vivendo una "grossa parentesi extra-ordinaria" rispetto alla loro routine esistenziale.

Quando ho vissuto all'estero come "abitudine", nel momento in cui, dopo del tempo, mi sono calato nella routine quotidiana, mi sono accorto che i ragazzi "indigeni" che frequentavo mostravano lo stesso identico carico di preoccupazioni, di sfiducia, di "lungoperiodismo" dei ragazzi italiani. 

Quando invece ho vissuto l'estero come "parentesi", per esempio stando in vacanza, o girando grandi capitali europee, ho ritrovato la stessa allegria e spensieratezza del "breveperiodismo", la gioia di potersi interessare tantissimo a qualcosa che sarebbe ben presto sparito o cambiato.

Secondo me la differenza non sta nella nazionalità di chi frequenti, ma nel contesto temporale in cui lo frequenti.

Un contesto routinario, provinciale, fatto di lavoro, ricerca di lavoro, problemi familiari, sistemazione, burocrazie, commissioni, impegni ecc rende automaticamente le persone più timorose, più spente, ma anche più pragmatiche, più esigenti e più intensamente preoccupate alle questioni di lungo periodo.

Viceversa un contesto "eccezionale", metropolitano, in cui si vive in uno specifico progetto di breve periodo, magari si è in viaggio di lavoro, o in vacanza, o di passaggio, e si deve per forza di cose pensare alla giornata, tirare fuori abilità di adattamento alle novità, esplorare luoghi nuovi, avere a che fare con un rapido cambio e ricambio di conoscenze, bisogna cercare di riempirsi il tempo ogni volta da zero, rende invece le persone più vivaci, più disponibili e interessate ai dettagli dell'esterno, e più inclini a dedicare tempo ed energie nelle questioni di breve periodo.

Molte persone si sono accorte di questa differenza e per questo è nata la mania dei blogger che viaggiano permanentemente e fanno il racconto del loro spostamenti. Perché lo spostamento, il viaggio, il trasferimento di breve periodo "decontestualizza" e rende quindi tutto più esaltante, più intrigante, più "degno d'essere vissuto" rispetto alla routine. E' anche per questo che chi viaggia molto per lavoro ha estrema difficoltà a "mettere radici", o viceversa chi non vuol metterle sceglie un lavoro che imponga continui cambiamenti.

Quindi per farla breve io direi (fra l'altro, contraddicendo una mia vecchia convinzione) che la politica, l'economia, la nazionalità e la cultura c'entrano poco, o comunque sono un fattore marginale. C'entrano invece in maniera preponderante il carattere del singolo (40%) e il contesto in cui lo conosci (60%).

Insomma è un po' come se fosse tutta una questione di... residenza. Avere o non avere la residenza in un luogo altera in maniera pesantissima il modo in cui lo vivi e quindi anche il modo in cui percepisci il relazionarsi degli altri con te.

All'esaltazione calorosa del "breveperiodismo" fa da contraltare la cautela timorosa del "lungoperiodismo". La Novità è ideale, è attraente, è un mare di possibilità infinite, è tutta da conoscere. L'Abitudine invece è gretta, è già perfettamente conosciuta in tutti i suoi aspetti, e la sua negatività viene agli occhi con forza infinitamente maggiore rispetto agli aspetti piacevoli. Ma penso sia anche giusto così, è nell'attitudine umana cambiare atteggiamento a seconda della "velocità di vita" che si sta subendo.

Finalmente una risposta degna di essere letta e non le solite risposte acide per fare vedere quanto si è "intelligenti".

Sul discorso del viaggio, ti do ragione in parte. Anche quando mi sono trasferito in città tipo Milano in Italia, all'inizio ovviamente ero entusiasta per il cambiamento e mi sembrava tutto interessante e nuovo. 

Poi dopo un po' subentrava la routine, il lavoro, ecc e ovviamente le cose si smorzavano un po'.

Il mio voleva essere uno spunto per riflettere, perché io all'estero non ci ho vissuto in un contesto "eccezionale", ci sono stato per anni e vivevo la mia quotidianità. 

Come ho premesso, lungi da me dire che Londra sia piena di principi azzurri, volevo solo dire che notato una tendenza GENERALE ad essere, prima di tutto, più educati e meno egocentrici. Per esempio, come è stato già detto, anche se poi non si concludeva niente, almeno si riuscivano a fare due chiacchiere, ci vedeva per una birra in maniera rilassata, senza tutti questi problemi e giochetti un po' tipici dei gay.

Credo dipenda dal contesto sociale, è chiaro che se vivi in una società non omofoba, hai un bel lavoro, ti accetti e intorno a te vedi gente in genere soddisfatta tu sia più propenso a cercare qualcuno.

Se non sai come arrivare a fine mese, magari la ricerca del compagno passa in secondo piano 

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davydenkovic90
1 hour ago, unprodigalson said:

Credo dipenda dal contesto sociale, è chiaro che se vivi in una società non omofoba, hai un bel lavoro, ti accetti e intorno a te vedi gente in genere soddisfatta tu sia più propenso a cercare qualcuno.

Se non sai come arrivare a fine mese, magari la ricerca del compagno passa in secondo piano 

Questo può esser vero, ma c'entra poco con il fatto di essere gay, infatti riguarda sia gay che etero e non riguarda tutti i gay!

Quindi è proprio sbagliata l'impostazione del topic, era questo il problema.

Il tuo è un classico discorso da "chi non lavora non fa l'amore" e ci sta anche, ma si può anche dibattere oltre, se vogliamo parlare, ad esempio, di matrimoni stabili e relazioni stabili, è osservabile che in nazioni molto ricche e avanzate, come potevano essere gli Stati Uniti qualche decennio fa, i divorzi erano la norma

Tra la fine dell'Ottocento e inizi del Novecento era normale che nelle famiglie si sfornassero dai 6 ai 10 frugoletti, e non certo perché erano ricchi e a fine mese ci arrivavano benissimo, oltre alle carestie c'erano anche le guerre, ti ricordo, ma perché la società era strutturata diversamente e c'erano diverse priorità. 

Un altro cliché (piuttosto vero) è che in contesti e in paesi poveri solitamente c'è più solidarietà e più aggregazione sociale. Non so, a Cuba saranno poveri e avranno un sacco di problemi, ma prendono in mano una chitarra e ballano e cantano. 

Uno erroneamente potrebbe pensare che, dove non si riesce a sopperire ai bisogni primari, decada anche tutto il resto, e non è così: ad esempio ci sono paesi poverissimi dove hanno forme culturali o di spettacolo molto raffinate ed elevate.

Volendo si può discutere delle conseguenze della crisi sui rapporti umani e sentimentali ma, lo ripeto, è un argomento che esula molto dal discorso gay, che, a mio giudizio, deve tener conto di tutt'altri fenomeni sociali e culturali.

Per esempio, lo "zoccolo duro" con i "gay italiani" per me è più facile che sia dato dalla cultura omofoba e sessuofobica cattolica che comunque tutti noi ci portiamo dentro... con un Italiano può essere più difficile fare sesso perché si porta dietro il senso di colpa, il machismo, il peccato originale, ecc. ecc. e sicuramente molti, specie delle generazioni più agé, vivono con molto stress il rapporto con la comunità glbt, talvolta nemmeno lo vivono e sono interessati solo al mordi e fuggi anni settanta nell'area di sosta OPPURE al turismo sessuale (se non in Polinesia anche a Berlino, Londra, Madrid, San Francisco, dove finalmente fare liberamente quello che vogliono protetti dalle migliaia di km che li separano dal paesino della sicilia da cui provengono, accontentandosi solo di questo).

Ecco, nel 2019, con legge sulle unioni civili, pride in tutta italia partecipati, associazioni presenti in ogni città, internet, ecc. secondo me - al di là che uno lavori, non lavori, studi, sia ricchissimo, o poverissimo- è possibile mantenere o costruire dei rapporti ottimi con altri ragazzi gay, italiani, più o meno in qualunque contesto. 

Magari, vivendo a Londra, hai in mente cos'era l'Italia di 20 anni fa dove tutte queste cose mancavano, o forse non hai mai provato a prenderne parte. Non saprei.

Ti ho già detto che, da parte mia, le uscite che ho fatto in Italia con ragazzi gay italiani sono state tutte carine e cordiali, anche senza concludere, anche senza fidanzarsi. E per esempio ho citato le uscite coi ragazzi di questo forum, su cui davvero si può dire tutto ma non che siano poco cordiali e affabili durante le uscite. Quindi io non vedo niente di "generale" in ciò che dici riguardo ai gay italiani. Perdonami.

Poi, ti ripeto, se più che della comunità gay in sé e dei rapporti fra gay, ti interessa parlare di come la crisi economica può aver modificato i rapporti umani in modo, a tuo dire, peggiorativo, tanto da meravigliarti quando vai all'estero di quanto siano carini e cordiali, ok, aprici un topic. Ma non intitolarlo "gay italiani vs. stranieri" perché non c'entra un cazzo.

Adieu.

Edited by davydenkovic90
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Probabilmente, sono stato aggressivo nei tuoi confronti: di questo me ne dispiace, e ti chiedo scusa.
In tanti anni di interazioni su forum, ho purtroppo sviluppato una fortissima intolleranza/avversione/orticaria nei confronti di generalizzazioni che si prendono un po' troppo sul serio: la questione da te sollevata su una differente qualità dell'interazione tra parrocchiani dipendente dalla nazionalità (che probabilmente intendevi più come appartenenza culturale che regionale), ai miei occhi, rientrava in tale spiacevole categoria.
Benché temo non ti interessi il perché sia giunto a maturare una tale repulsione, è anche a favore degli altri utenti che preferisco riportarla comunque: quasi tutte le generalizzazioni in cui mi sono imbattuto sul comportamento etico, affettivo-relazionale e anche più prettamente sessuale di noi arcobalenosi erano intrise di una specie di tafazzismo che i più fondamentalisti non mancavano di ascrivere alla classica omofobia interiorizzata (ma loro sono fondamentalisti, per l'appunto).
Perché, ogni volta (e quando dico "ogni volta" intendo "ogni fottutissima volta"), l'opener generalizzava confrontando la realtà con cui era stato in contatto con una realtà più o meno idealizzata in cui tutto andava bene, ogni cosa girava perfettamente e tutte le sue aspettative erano ampiamente ripagate. E, quindi, ascriveva il problema alla sua categoria di appartenenza.
Su queste pagine virtuali è stato detto che noi non sappiamo essere fedeli, che siamo ultra-selettivi sui frocial, che mastichiamo le persone invece di considerarle tali - e, il termine di paragone (più o meno implicito) era sempre una qualche forma di alterità che si incarnava in miti assimilabili a quelli di Bengodi, dell'Età dell'Oro o del Paese di Cuccagna: più che un'analisi vera e propria, in quegli articoli si assisteva ad una geremiade marcatamente umorale che lasciava il tempo che trovava, poiché l'esperienza del topic starter non coincideva con (e quindi si chiudeva a) gli altri utenti.
Probabilmente la tua intenzione non era questa ed io ho travisato il tutto (stile toro e muleta rossa, per capirci): perdonami anche per l'inutile e pesante filippica ma, ti ripeto, volevo solo spiegarti cosa mi ha portato a valutare il tuo spunto di discussione così come ho fatto. Anche perché una frase del tuo ultimo intervento

19 minutes ago, unprodigalson said:

senza tutti questi problemi e giochetti un po' tipici dei gay

non fa che ricordarmi gli esempi tafazziani di cui ti parlavo.

Ti chiedo nuovamente scusa, e buona permanenza.

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unprodigalson
6 hours ago, LocoEmotivo said:

Probabilmente, sono stato aggressivo nei tuoi confronti: di questo me ne dispiace, e ti chiedo scusa.
In tanti anni di interazioni su forum, ho purtroppo sviluppato una fortissima intolleranza/avversione/orticaria nei confronti di generalizzazioni che si prendono un po' troppo sul serio: la questione da te sollevata su una differente qualità dell'interazione tra parrocchiani dipendente dalla nazionalità (che probabilmente intendevi più come appartenenza culturale che regionale), ai miei occhi, rientrava in tale spiacevole categoria.
Benché temo non ti interessi il perché sia giunto a maturare una tale repulsione, è anche a favore degli altri utenti che preferisco riportarla comunque: quasi tutte le generalizzazioni in cui mi sono imbattuto sul comportamento etico, affettivo-relazionale e anche più prettamente sessuale di noi arcobalenosi erano intrise di una specie di tafazzismo che i più fondamentalisti non mancavano di ascrivere alla classica omofobia interiorizzata (ma loro sono fondamentalisti, per l'appunto).
Perché, ogni volta (e quando dico "ogni volta" intendo "ogni fottutissima volta"), l'opener generalizzava confrontando la realtà con cui era stato in contatto con una realtà più o meno idealizzata in cui tutto andava bene, ogni cosa girava perfettamente e tutte le sue aspettative erano ampiamente ripagate. E, quindi, ascriveva il problema alla sua categoria di appartenenza.
Su queste pagine virtuali è stato detto che noi non sappiamo essere fedeli, che siamo ultra-selettivi sui frocial, che mastichiamo le persone invece di considerarle tali - e, il termine di paragone (più o meno implicito) era sempre una qualche forma di alterità che si incarnava in miti assimilabili a quelli di Bengodi, dell'Età dell'Oro o del Paese di Cuccagna: più che un'analisi vera e propria, in quegli articoli si assisteva ad una geremiade marcatamente umorale che lasciava il tempo che trovava, poiché l'esperienza del topic starter non coincideva con (e quindi si chiudeva a) gli altri utenti.
Probabilmente la tua intenzione non era questa ed io ho travisato il tutto (stile toro e muleta rossa, per capirci): perdonami anche per l'inutile e pesante filippica ma, ti ripeto, volevo solo spiegarti cosa mi ha portato a valutare il tuo spunto di discussione così come ho fatto. Anche perché una frase del tuo ultimo intervento

non fa che ricordarmi gli esempi tafazziani di cui ti parlavo.

Ti chiedo nuovamente scusa, e buona permanenza.

Accetto le scuse, ma anche questa risposta conferma la mia volontà di voler tornare all'estero. 

Dopo anni fuori mi sembra come se gli italiani siano sotto l'effetto di una maledizione, c'è una maleducazione e rabbia diffusa davvero preoccupante. Basta vedere l'inizio di questo post, ho solo chiesto educatamente un parere e sono stato aggredito con frasi da bambini e supposizioni sulla mia vita senza neanche provare a ragionare.

Nei periodi in cui sono tornato, ho provato a contattare qualcuno in chat e le impressioni rimanevano, a fronte di qualche eccezione la maggior parte erano casi umani senza neanche la facoltà di mettere insieme due parole. 

Per chi non lo avesse fatto, consiglio a tutti di vivere un periodo medio-lungo in un'altra nazione come l'inghilterra, la germania, l'olanda o anche la spagna, vedrete che vi renderete conto di tante cose e non vorrete tornare più. Si fottessero la carbonara, la cucina di mammà ecc, ormai a Londra è così pieno di italiani che dietro casa mia avevo dei tipi di Benevento che facevano pranzi fantastici a prezzi inferiori a Milano o Roma. 

Mi è stato detto molte volte da parenti o amici italiani che chi va all'estero come me è un codardo, perchè non rimane a cambiare le cose, mi sfugge cosa stia facendo però la maggior parte degli italiani? hanno votato questo governo? annamo bene :D

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8 hours ago, unprodigalson said:

almeno si riuscivano a fare due chiacchiere, ci vedeva per una birra in maniera rilassata, senza tutti questi problemi e giochetti un po' tipici dei gay.

 

Non so cosa voglia dire "giochetti tipici dei gay", puoi specificare?

Perchè il divario di cui parli penso che non abbia molto a che fare con l'orientamento sessuale, cioè ci si muove su un crinale molto scivoloso se continui a generalizzare così tanto con le tue conoscenze: insomma in questo momento sei un po' pessimista, ma ci sarà stato qualche incontro positivo dai! Siamo d'accordo, il contesto vince sempre, e se uno vive a Roccasecca Inferiore, lavora saltuariamente nell'autofficina dello zio e come hobby non trova altro se non guardare Le Iene, di certo sarà spontaneamente meno propenso a passeggiare con uno sconosciuto rispetto a uno che fa l'UX designer nel quartiere di Hampstead e come hobby va ad ascoltare gli amici che suonano ai vernissage di musica emergente.

Però appunto non capisco dove sia il "giochetto che fanno i gay": se faccio il segretario contabile per la Giannaccone Trasporti S.r.l. a Civitella di Melacotta e desidero scopare con te per una notte per poi tornare alla mia routine, quale sarebbe il giochetto rispetto a se faccio il giornalista sportivo freelance a Kensington Road per la Motor Trends Lt.d e desidero cenare con te al ristorante per riempirmi la sera prima di prender l'aereo per il seguire il GP di Abu Dhabi? In entrambi i casi io sono il frutto "medio" del mio contesto.

Si potrebbe indagare anche come noi ci rapportiamo a questo meccanismo. Anzi le nostre reazioni dicono molto di noi, spesso inconsapevolmente.

Per esempio se io sento così importante e benefico il bisogno di uscire con qualcuno che mi proponga di bere una birra con lui e fare una passeggiata, ciò, indipendentemente dal contesto (che aumenta o diminuisce la possibilità di trovare incontri del tipo 1 o del tipo 2) dice qualcosa sul mio carattere, cioè che mi piace essere corteggiato e/o corteggiare. E' una cosa che piace a molte persone, è il famoso "conoscenza e poi si vede"

Insomma al netto di quel 40% di carattere che ti dicevo, le persone sono quello che il contesto permette loro di essere.

Il fatto di vivere in un clima omofobo, povero di relazioni, ristretto in senso geografico impone una routine che ha tremendi svantaggi, ma ha anche un forte vantaggio, quello di essere ferrea e rassicurante, e uno stato d'animo del genere consente di ritenere sotto-significativa una nuova conoscenza.

Viceversa il fatto di vivere in un turbine di novità, possibilità, benessere, connessioni ha infiniti benefici, ma anche un ineliminabile inconveniente, quello di lasciare un latente senso di insicurezza e incertezza, cosa che consente di ritenere sovra-significativa una nuova conoscenza.

Questo è universale, non è solo gay, perché a sua volta si può far rientrare nel famoso eterno macro-conflitto fra Gli amici che sono rimasti al paesello VS quello che se n'è andato. Il punto è che gli amici restano al paese sia che questo sia Castelluccio di Migliavacca, Sant-Quintin sur-la-Chaine o Porcupineborough, e quello che se ne va lo fa sia che la sua destinazione sia Milano, Parigi o Londra.

Se quindi tu volessi consigliare agli altri di vivere "un periodo medio-lungo in un'altra nazione" per sentire l'euforia del cambiamento, cosa che di certo è qualcosa che fa molto bene alla mente delle persone e le rende migliori (lo credo per davvero), penso che sarebbe giusto specificare che deve trattarsi di un paese comparativamente più ricco dell'Italia e soprattutto che il tuo consiglio funzionerebbe solo se si scelgono città sopra i 500.000 abitanti o località di forte flusso stagionale. Inoltre il consiglio potrebbe essere anazionale, cioè dovrebbe esser dato anche a chi vive nei paeselli di altre nazioni.

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unprodigalson
9 minutes ago, Sampei said:

Non so cosa voglia dire "giochetti tipici dei gay", puoi specificare?

Perchè il divario di cui parli penso che non abbia molto a che fare con l'orientamento sessuale, cioè ci si muove su un crinale molto scivoloso se continui a generalizzare così tanto con le tue conoscenze: insomma in questo momento sei un po' pessimista, ma ci sarà stato qualche incontro positivo dai! Siamo d'accordo, il contesto vince sempre, e se uno vive a Roccasecca Inferiore, lavora saltuariamente nell'autofficina dello zio e come hobby non trova altro se non guardare Le Iene, di certo sarà spontaneamente meno propenso a passeggiare con uno sconosciuto rispetto a uno che fa l'UX designer nel quartiere di Hampstead e come hobby va ad ascoltare gli amici che suonano ai vernissage di musica emergente.

Però appunto non capisco dove sia il "giochetto che fanno i gay": se faccio il segretario contabile per la Giannaccone Trasporti S.r.l. a Civitella di Melacotta e desidero scopare con te per una notte per poi tornare alla mia routine, quale sarebbe il giochetto rispetto a se faccio il giornalista sportivo freelance a Kensington Road per la Motor Trends Lt.d e desidero cenare con te al ristorante per riempirmi la sera prima di prender l'aereo per il seguire il GP di Abu Dhabi? In entrambi i casi io sono il frutto "medio" del mio contesto.

Si potrebbe indagare anche come noi ci rapportiamo a questo meccanismo. Anzi le nostre reazioni dicono molto di noi, spesso inconsapevolmente.

Per esempio se io sento così importante e benefico il bisogno di uscire con qualcuno che mi proponga di bere una birra con lui e fare una passeggiata, ciò, indipendentemente dal contesto (che aumenta o diminuisce la possibilità di trovare incontri del tipo 1 o del tipo 2) dice qualcosa sul mio carattere, cioè che mi piace essere corteggiato e/o corteggiare. E' una cosa che piace a molte persone, è il famoso "conoscenza e poi si vede"

Insomma al netto di quel 40% di carattere che ti dicevo, le persone sono quello che il contesto permette loro di essere.

Il fatto di vivere in un clima omofobo, povero di relazioni, ristretto in senso geografico impone una routine che ha tremendi svantaggi, ma ha anche un forte vantaggio, quello di essere ferrea e rassicurante, e uno stato d'animo del genere consente di ritenere sotto-significativa una nuova conoscenza.

Viceversa il fatto di vivere in un turbine di novità, possibilità, benessere, connessioni ha infiniti benefici, ma anche un ineliminabile inconveniente, quello di lasciare un latente senso di insicurezza e incertezza, cosa che consente di ritenere sovra-significativa una nuova conoscenza.

Questo è universale, non è solo gay, perché a sua volta si può far rientrare nel famoso eterno macro-conflitto fra Gli amici che sono rimasti al paesello VS quello che se n'è andato. Il punto è che gli amici restano al paese sia che questo sia Castelluccio di Migliavacca, Sant-Quintin sur-la-Chaine o Porcupineborough, e quello che se ne va lo fa sia che la sua destinazione sia Milano, Parigi o Londra.

Se quindi tu volessi consigliare agli altri di vivere "un periodo medio-lungo in un'altra nazione" per sentire l'euforia del cambiamento, cosa che di certo è qualcosa che fa molto bene alla mente delle persone e le rende migliori (lo credo per davvero), penso che sarebbe giusto specificare che deve trattarsi di un paese comparativamente più ricco dell'Italia e soprattutto che il tuo consiglio funzionerebbe solo se si scelgono città sopra i 500.000 abitanti o località di forte flusso stagionale. Inoltre il consiglio potrebbe essere anazionale, cioè dovrebbe esser dato anche a chi vive nei paeselli di altre nazioni.

C'è stato qualche incontro positivo certamente, come ho scritto, e ho specificato anche le nazioni, continuo a temere che ormai non leggiate neanche più quello che uno scriva :D

Chiaramamente anche in UK se vai in paesini piccoli non è che trovi questa grande apertura mentale, ma ho viaggiato e vissuto qualche mese anche in paese meno avanzati dell'italia, tipo la Serbiam e comunque trovavo le conversazioni in chat più piacevoli e meno squallide. Poi chiaramente quasi tutti erano fidanzati o non dichiarati, ma i livelli di psicopatia o arroganza raggiunti in italia, mai trovati fuori. 

Sarò stato sfortunato io? Ci può stare che te devo di

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14 minutes ago, Sampei said:

è il famoso "conoscenza e poi si vede"

Ma dai! Sai che lo avevo sempre interpretato altrimenti, più alla stregua di un "non so neanch'io cosa voglio" che di uno "straziami ma di vezzi saziami".

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unprodigalson
5 minutes ago, LocoEmotivo said:

Ma dai! Sai che lo avevo sempre interpretato altrimenti, più alla stregua di un "non so neanch'io cosa voglio" che di uno "straziami ma di vezzi saziami".

però scusate conoscenza e poi si vede mi pare la cosa normale da fare, ho sempre creduto poco all'incontro da chat che sfocia nell'amore folle dopo 2 ore

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1 minute ago, unprodigalson said:

conoscenza e poi si vede mi pare la cosa normale da fare

Qui ci si riferiva ad una delle "formule di acchiappo" tipiche dei frocial, non al copione di un'uscita.

È come se avessimo menzionato, che so, gli "insosp mxm maskile" o altri approcci simili. 

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32 minutes ago, unprodigalson said:

ma i livelli di psicopatia o arroganza raggiunti in italia, mai trovati fuori. 

Ma adesso sono curioso, racconta, per esempio?

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unprodigalson
6 minutes ago, Sampei said:

Ma adesso sono curioso, racconta, per esempio?

Mah per esempio gente che risponde a monosillabi, che si fa problemi a spostarsi per 100 metri, 50enni che ancora vivono con la mamma e si comportano come teenager...

Badate bene non sto dicendo che all'estero tutti siano perfetti, anzi, tanti comportamenti ci sono anche la, ma reazioni verbali violente, discorsi omofobi da parte di gay stessi, li ho notati quasi sempre in italia e ho vissuto per anni sia a roma che a milano...

Edited by unprodigalson
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2 minutes ago, unprodigalson said:

Mah per esempio gente che risponde a monosillabi, che si fa problemi a spostarsi per 100 metri

Provo a ipotizzare. Non è che se magari cerchi online , che so, a Southampton trovi situazioni simili a queste?  Voglio dire, non è che il problema sia nel fatto che una metropoli funziona diversamente da un paese operaio? 

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unprodigalson
2 minutes ago, Ghost77 said:

Provo a ipotizzare. Non è che se magari cerchi online , che so, a Southampton trovi situazioni simili a queste?  Voglio dire, non è che il problema sia nel fatto che una metropoli funziona diversamente da un paese operaio? 

e come spieghi allora che in Italia ho notato questi comportamenti anche a Roma o Milano?

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Che non sono città multirazziali, multiculturali come Londra. Non trovo nessuna città italiana al pari di Londra, avrei bisogno di un confronto più simile. Bisognerebbe vedere che cosa succede a Liverpool, Brighton, o anche solo Edimburgo se vogliamo prendere un altro centro grosso ma meno cosmopolita. 

Ti è ma i capitato di approcciarti in questi centri in cui trovi perlopiù britannici stanziali? 

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unprodigalson
Just now, Ghost77 said:

Che non sono città multirazziali, multiculturali come Londra. Non trovo nessuna città italiana al pari di Londra, avrei bisogno di un confronto più simile. Bisofberbve vedere che vosa succede a Liverpool, Brighton, o anche solo Edimburgo se vogliamo prendere un altro centro grosso ma meno cosmopolita. 

Ti è ma i capitato di approcciarti in questi centri in cui trovi perlopiù britannici stanziali? 

si anche gente di manchester e birmingham, il comportamento mi pareva simile, non paragonabile a quello riscontrato in media in italia

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Ecco, questo è un dato importante. Io ho avuto esperienze londinesi e pur senza incontri ho avuto delle scoperte illuminanti, molto positive e differenti dai contatti italiani. Mi sono sentito paradossalmente a disagio a trovare un 23 enne che aveva già girato il mondo e lavorava nella city, mi sono realmente sentito microscopico a pensare che cosa facessi io a quell'età. 

Però appunto non ho considerato valido come paragone dato che mi trovavo in un centro nevralgico mondiale. 

Tu mi dici che l'inglese è più disponibile in generale a un contatto umano,e ovviamente lo prendo senza dubbio poiché si basa secondo le tue statistiche. Io ho l'esperienza dei miei amici, e non rientrano nel cliché da te presentato. Forse è questione di regione di appartenenza? Di società in cui si vive ? Non lo so, ma è innegabile che non possano essere buttati in un unico calderone al quale non appartengono, solo per la nazionalità. 

Qui non si sta difendendo l'essere italiani ma l'essere qualcosa di più di un numero statistico. 

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unprodigalson
1 minute ago, Ghost77 said:

Ecco, questo è un dato importante. Io ho avuto esperienze londinesi e pur senza incontri ho avuto delle scoperte illuminanti, molto positive e differenti dai contatti italiani. Mi sono sentito paradossalmente a disagio a trovare un 23 enne che aveva già girato il mondo e lavorava nella city, mi sono realmente sentito microscopico a pensare che cosa facessi io a quell'età. 

Però appunto non ho considerato valido come paragone dato che mi trovavo in un centro nevralgico mondiale. 

Tu mi dici che l'inglese è più disponibile in generale a un contatto umano,e ovviamente lo prendo senza dubbio poiché si basa secondo le tue statistiche. Io ho l'esperienza dei miei amici, e non rientrano nel cliché da te presentato. Forse è questione di regione di appartenenza? Di società in cui si vive ? Non lo so, ma è innegabile che non possano essere buttati in un unico calderone al quale nonostante appartengono, solo per la nazionalità. 

Qui non si sta difendendo l'essere italiani ma l'essere qualcosa di più di un numero statistico. 

ovviamente non tutti sono così, ripeto, secondo me dipende anche da una situazione economica in media più rilassata e da un'abitudine a viaggiare che forse a molti italiani manca. Però, per farti un esempio, se mi contatta qualche inglese interessato in chat, comunque un minimo di corteggiamento c'è, cioè si lancia in complimenti mi chiede cose di me. Il contatto italiano medio, mi scrive solo..ospiti? a o p? con le dovute eccezioni ma la realtà è questa. Non dipende dal fatto di essere gay, secondo me, dipende dall'ignoranza diffusa che purtroppo c'è in Italia.

Basta vedere altre statistiche, tipo la percentuale di analfabeti funzionali e il numero di persone che leggono libri.

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Beh dai la gente che risponde a monosillabi e quelli che non si vogliono spostare magari si sono comportati così perché non erano interessati, nulla di grave, capita. Comunque sei ti piace essere corteggiato potresti specificarlo sul tuo profilo, magari putrà essere utile

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9 minutes ago, unprodigalson said:

dall'ignoranza

È un atteggiamento diffuso anche tra acculturati. Parlerei di ignoranza relazionale, mancanza di educazione sentimentale con radici che possono arrivare sin dall'infanzia. 

Tu hai quasi 40 anni quindi avrai vissuto l'era pre social, qiando c'erano giusto le chat gay di irc. Io ricordo che ai tempi non c'erano monosillabi, ricordo che una sorta di corteggiamento (anche se fine allo scopo sessuale) c'era. Sarà che eravamo di meno e dovevamo darci di più da fare perché c'era poca scelta? Sarà che eravamo ancora ghettizzati e vivevamo una fratellanza oggi scomparsa? 

Noi in Italia arriviamo in ritardo rispetto agli altri Paesi evoluti. Noi stiamo vivendo solo ora la normalizzazione, l'uscita dalla nicchia. I pub gay chiudono perché c'è l'entusiasmo di andare nei locali "etero" senza nascondersi, e non c'è più bisogno di solidarietà. 

Gli altri Paesi avranno sicuramente vissuto questa fase e ora sono già oltre, tornando a godere di un pub gay non solo per trovare rifugio. Noi siamo nella negazione del passato, dobbiamo tornare a riabbracciare una nostra identità, cosa che altrove hanno già fatto . 

Potrebbe dipendere anche da tutto ciò? 

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unprodigalson
3 minutes ago, Sampei said:

Beh dai la gente che risponde a monosillabi e quelli che non si vogliono spostare magari si sono comportati così perché non erano interessati, nulla di grave, capita. Comunque sei ti piace essere corteggiato potresti specificarlo sul tuo profilo, magari putrà essere utile

ma scusa che devo specificare nel profilo che mi piace essere corteggiato? :D a chi non piace?

2 minutes ago, Ghost77 said:

È un atteggiamento diffuso anche tra acculturati. Parlerei di ignoranza relazionale, mancanza di educazione sentimentale con radici che possono arrivare sin dall'infanzia. 

Tu hai quasi 40 anni quindi avrai vissuto l'era pre social, qiando c'erano giusto le chat gay di irc. Io ricordo che ai tempi non c'erano monosillabi, ricordo che una sorta di corteggiamento (anche se fine allo scopo sessuale) c'era. Sarà che eravamo di meno e dovevamo darci di più da fare perché c'era poca scelta? Sarà che eravamo ancora ghettizzati e vivevamo una frstellanza oggi scomparsa? 

Noi in Italia arriviamo in ritardo rispetto agli altri Paesi evoluti. Noi stiamo vivendo solo ora la normalizzazione, l'uscita dalla nicchia. I pub gay chiudono perché c'è l'entusiasmo di andare nei locali "etero" srnza nascondersi, e non c'è più bisogno di solidarietà. 

Gli altri Paesi avranno sicuramente vissuto questa fase e ora sono già oltre, tornando a godere di un pub gay non solo per trovare rifugio. Noi siamo nella negazione del passato, dobbiamo tornare a riabbracciare una nostra identità, cosa che altrove hanno già fatto . 

Potrebbe dipendere anche da tutto ciò? 

infatti stiamo dicendo la stessa cosa, deriva da un aspetto sociale e dalla mancanza di empatia di molti italiani. Basti pensare che ancora ci si fa la guerra tra città come nel medioevo...

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16 minutes ago, unprodigalson said:

guerra tra città

Anche Oxford e Cambridge non scherzano. 

Ho avuto modo di conoscere diversi giovani eterosessuali della working class, e questi parlano ancora di impero britannico, di colonie passate, alcuni si mettevano a fare l'accento cockney pensando non li capissimo, altri (tra cui il ragazzo UK di un'amica) si lamentavano che gli "italians" non mangiavano alle 19 come loro e che sempre gli italiani devono per forza mangiare tutti in gruppo (solo perché voleva aggiungersi alla cena un'altra nostra amica italiana con fidanzato italiano che vivono in UK e che non vedevamo da un po'). 

In base alle mie esperienza dovrei dire che la gioventù eterosessuale UK è chiusa e solo dedita alle lamentele e alla birra, ma voglio credere non sia così. Forse è una questione di percezioni personali. 

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unprodigalson
Just now, Ghost77 said:

Anche Oxford e Cambridge non scherzano. 

Ho avuto modo di conoscere diversi giovani della working class, e questi parlano ancora di impero britannico, di colonie passate, alcuni si mettevano a fare l'accento cockney pensando non li capissimo, altri (tra cui il ragazzo UK di un'amica) si lamentavano che gli "italians" non mangiavano alle 19 come loro e che devono per forza mangiare tutti in gruppo (solo perché voleva aggiungersi alla cena un'altra nostra amica italiana con fidanzato italiano che vivono in UK e che non vedevamo da un po'). 

In base alle mie esperienza dovrei dire che la gioventù eterosessuale UK è chiusa e solo dedita alle lamentele e alla birra, ma voglio credere non sia così. Forse è una questione di percezioni personali. 

Ripeto, anche gli inglesi hanno i loro difetti, si parlava di media. Non si può negare che gli inglesi a volte sarebbero da appendere al muro, ma le opportunità, sia di vita che lavorative, che hai lì, in italia puoi solo sognarle

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unprodigalson
Just now, Saramandasama said:

Ma questa è una vecchia “storica” del defunto gayforum? che parlava di carlini e cazzate varie?

appunto, parlando di livello di gay italiani

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Non vorrei sembrare razzisata, ma se proprio dovessi parlare "male" di qualche gay per la sua nazionalità

credo che sceglierei i gay nigeriani, quelli cinesi e forse anche quelli maghrebini.

I Nigeriani peccano di un romanticismo esagerato, si vede che non hanno assorbito il fregacazzismo occidentale;

anche se sanno che non è vero prima di darti il culo devono sentirsi dire che li ami.

E inoltre sono ossessionati dal farsi scoprire e si nascondo non appena c'è un nero nel raggio di un chilometro;

per compensare quando si è tra bianchi si atteggiano da troie e ti twerkano addosso per segnare il territorio.

I gay cinesi invece peccano anche loro di una certa eccessiva "serietà", ma sono molto più rigidi.

Sono familisti come gli Italiani, ma senza essere mammoni. In pratica la loro famiglia verrà sempre prima di te

e l'idea della "ribellione" - quantomeno quella adolescenziale - non li sfiora nemmeno.

E sono molto severi; sia con loro stessi sia soprattutto con i loro possibili partner: altro che "casting".

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davydenkovic90

Possiamo anche dare seguito al topic starter in questo suo sfogo esterofilo poco e male argomentato (grazie Samp, grazie Alma che provate a dire qualcosa di interessante) e diciamo pure che all'estero siano meno mammoni, più ricchi, più lavoratori, più disinibiti, aperti e gay friendly,  interessati a conoscere altri gay e quello che vuole lui.

Però va detto che, a parte l'essere lavoratore, su cui non si discute (e neanche si cerca di fare strambe supposizioni, perché tutti i lavori hanno la stessa dignità, caro Ghost, quindi che faccia il cameriere o il broker, cambia poco) va detto che il topic starter non fa palesemente parte di questo scenario, perché sulle altre cose che non riguardano il lavoro, come mentalità e approccio a me pare piuttosto carente. 

Seconda cosa, mi viene da ridere al pensiero che all'estero le app gay siano popolate perlopiù da santarellini che aspirano a fare salotto, mentre in italia sono tutti porci rudi e monosillabici. Mi fa ridere anche perché io ho usato le app gay in Italia, e so esattamente cosa succede se inizi a chattare con qualcuno di interessante e se ci esci. E non succede quello che dice il topic starter. Magari succede a lui, perché se si pone come si è posto in questo topic, non è proprio uno spasso ed è molto chiuso, giudicante, molto probabilmente velato e, secondo la sua descrizione, italianissimo fino al midollo (Come ho sperimentato io contattandolo in MP).  E quindi, come dissi all'inizio del topic, per la regola del "raccogli quel che semini" capisco se ha avuto unicamente certe esperienze.

E' palese leggendolo: sembra di leggere uno che ha fatto un viaggio nel tempo direttamente dagli anni Settanta. Il classico gay velato agé lavoratore, pieno di soldi, talmente pieno di complessi e fobie che si sente libero di prendere cazzi solo quando varca la frontiera e non farebbe coming out neanche messo di fronte alla palese evidenza o sottoposto a torture medievali .

Stiamo parlando da 5 pagine di "Londra" vs.  "una mitica e fiabesca Italia senza tempo né luogo." Ha mai fatto accenno a luogo di provenienza? Coming out fatti? Fidanzamenti con italiani o stranieri? Esperienze maturate in associazioni? Situazione generale dei diritti lgbt in Italia e altrove? E' un consumatore di scatolette di tonno che ci sta facendo un resoconto di quanto sia più fruttuosa la pesca di tonni nell'Oceano Atlantico e di quanto poco lo sia nel Mediterraneo. 

Edited by davydenkovic90
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