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Credete in Dio?


sexfeet

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Guest burro.e.miele

Ho creduto in Dio, per educazione impostami dalla mia famiglia, tuttavia non appena ho raggiunto l'età della Ragione, mi sono affrancato da questa imposizione religiosa. Non riesco a definirmi ateo, perché non presumo di aver la certezza della non-esistenza di Dio, ma accettare fideisticamente qualcosa non colto dai miei limiti umani non è per me possibile e fattibile, sospendo il giudizio. Mia madre e i miei nonni materni mi hanno cresciuto seguendo la confessione luterana, di cui tuttavia, non posso negare di aver interiorizzato determinati valori, in particolare etici e culturali, valori cui tengo e non reprimo, anzi, ne vado orgoglioso. Insomma, rimane lo scheletro in me di un'educazione crisitana-protestante, ma non c'è Fede. Tuttavia, ho il massimo rispetto per chi crede in un Entità Ultraterrena, purché chi crede abbia rispetto in me che non credo, cosa che raramente accade, specie da parte romano-cattolica.

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premetto che la domanda "credi in Dio?" è una di quelle domande mal poste, che non hanno alcuna risposta se non in un ambito convenzionale specifico, che occorre comunque definire precedentemente alla domanda

mettiamoci prima d'accordo su "Dio" e poi domandiamoci se ci crediamo o meno

insomma la domanda presuppone un precedente accordo su una teologia

pensavo di descrivere una possibile teologia condivisa ma purtroppo non entra in questo post  :salut:

 

il punto chiave della domanda a mio avviso non è tanto "l'assicurazione sulla vita eterna" che il credere in Dio dovrebbe comportare, quanto l'argomento sollevato da questa osservazione:

 

Questa è una mia considerazione personale, chiaramente, la cosa buffa è che me l'ha messa in testa ulteriormente un'intervista di un po' di tempo fa ad Augias (noto ateo), che affermava che -bene o male- di un "Senso" alla fine era andato in cerca anche lui

 

la differenza tra un approccio religioso, spirituale, e un approccio materialistico è tutta qui: l'approccio religioso/spirituale crede all'esistenza di un ordine teleologico nel reale, a prescindere dal fatto che tale ordine sia riconoscibile, formulabile, o meno

insomma la persona religiosa postula l'esistenza di un "senso" e cerca di individuarlo ove questo sia alla sua portata, ma anche dove non riesca a scorgerlo si accontenta di sapere che c'è, esiste, e che le cose non avvengono per caso

l'approccio materialistico invece crede ciecamente alla totale casualità e impredicibilità degli eventi: le cose avvengono per moto browniano, collisioni caotiche in un universo indifferente, e la coscienza non ha in questo disordine alcun posto se non come residuale emanazione della materia casualmente organizzata

 

il perché quest'ultima posizione sia ritenuta logica e anzi l'unica razionale e "scientifica" è qualcosa che mi sfugge completamente: anche il materialismo è in fondo un approccio religioso, con l'aggravante che non porta la felicità

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Perché allora tutti coloro che credono

che le cose "non avvengano a caso"

hanno come comune conseguenza

la sopravvivenza della Coscienza alla morte?

 

Perché anche il materialismo dialettico

ha una concezione del "senso" molto forte

(la Dialettica, appunto, e non la Casualità),

ma - nonostante questo - differisce da una concezione religiosa

proprio sulla sopravvivenza dell'Anima.

 

Il "materialismo caotico" lo ha piuttosto Epicuro:

ma affermare che l'Epicureismo "non porti la felicità"

rispetto alla religiosità mi pare azzardato :salut:

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affermava che -bene o male- di un "Senso" alla fine era andato in cerca anche lui

 

La portata della questione posta si risolve tutta nell'asserzione di Wolf' date=' per quanto ammetterlo mi costi. :salut:

Se c'è una legge ricorsiva nei grandi sistemi, in tutti i grandi sistemi, è appunto la ricerca di [i']senso[/i], né questa è solo prerogativa religiosa; i materialisti cosa fanno di diverso? E' solo trasmutazione di valori (per chi riesce), trasferimento e trasformazione di aspettative, credenze, cosmologie. Ma tutto ciò non rileva nulla, rimane sempre la teleologia di chi cerca: ottenere un senso.

Le nostre grandi direttrici in questa materia sono state le tradizione greca e cristiana, e poi una variante ibrida di entrambe. Per i cristiani era facile appropriarsi di un senso, la loro teologia era intransigente, complessa, azzarderei persino un completa. L'universo, la Terra, l'uomo associato o individuo avevano tutti una funzione, la loro vita assolveva a scopi più alti, e la loro morte non sarebbe stata vana. Mentre il Greco, che mi annovera tra i suoi, vedeva il senso nel divenire: la ciclicità di tutte le cose, e dunque non mero materialismo, non così come oggi lo intendiamo noi (certo non parlo di Epicuro), piuttosto mutamento nella visione dell'esistente. La vita non ha senso e non ha scopo, ma va presa per quella che è: un rigoglio di vita incontenibile, una continua incessante bella festa, un divenire perpetuo di se stessa indifferente alle sue determinazioni, alle sue parti, anche a noi. Se il Cristianesimo ci aveva posti al centro dell'universo, i maestri greci ci avevano posti come animali tra animali, parti della natura, senz'alcun vanto di superiorità trasmessa dal divino. La vita va in cerchio, ed è necessario che si distrugga perché altra ne possa succedere, e come la vita, tutto va in cerchio, qualcuno direbbe: persino il tempo. Come si vede, il Greco non era religioso, quanto meno alla sua epoca del tragico (poi arrivò quel cialtrone di Platone), eppure non notava certo carenze di senso. E nemmeno io ne avverto, pur credendo ciecamente nel divenire.

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Quale sia il "Senso dell'Uomo"

mi suona come:

"Qual è il senso dell'opossum,

dell'alluminio o del caprifoglio?"

 

Sono le parole ad avere un "significato";

non le cose. Le cose non hanno senso.

 

E sono le azioni ad avere un "fine"

oppure gli strumenti

non certo le cose o gli esseri viventi.

Quale sarebbe il fine del pappagallo

o della gramigna? E tremo al pensiero

che anche l'HIV abbia uno "scopo"

o che ci sia un "fine" nelle alluvioni.

 

Sia che intendiate il "senso" come "significato"

sia che lo intendiate come "scopo",

io non riesco ad applicare questi concetti all'Uomo

(mi farebbe ridere anche applicarli a uno scimpanzè).

 

Perché quella che per voi è la questione principale

a me sembra una cosa assolutamente insensata?

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Comunque... la dimostrazione o no dell'esistenza dio..Dio ...DIO (a volte sembra di tornare nel medioevo), l'onere della prova spetta a chi sostiene l'esistenza non a chi razionalmente la nega, esaltandone così l'eterno quesito! 

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...

 

Sono le parole ad avere un "significato";

non le cose. Le cose non hanno senso.

 

...

 

Sia che intendiate il "senso" come "significato"

sia che lo intendiate come "scopo",

io non riesco ad applicare questi concetti all'Uomo

(mi farebbe ridere anche applicarli a uno scimpanzè).

 

Perché quella che per voi è la questione principale

a me sembra una cosa assolutamente insensata?

 

anzitutto: nel mio intervento parlavo di approccio religioso e approccio materialistico, ma mi sono reso conto leggendo i vostri interventi che contrapporre l'approccio materialistico a quello religioso non è corretto, non esprime il cuore della questione

ci sono ad esempio materialismi che sono sostanzialmente religiosi, per cui lascerei cadere questa contrapposizione

 

per rispondere ad Almadel, non intendevo il senso nè come sinonimo di "significato" nè come "scopo": questi a mio avviso sono concetti e sono in una certa misura svilenti se riferiti all'essere umano (che non è né un cacciavite né una pinza amperometrica  :muro: )

 

intendo "senso" in termini numinosi: il senso assoluto della mia unicità e del significato trascendentale della mia presenza qui e ora

e con "mia" mi riferisco proprio a me, non parlo in termini astratti

la certezza (ma meglio sarebbe dire la "fede" perchè questi sono fatti religiosi) che proprio questa mia esistenza è necessaria, imprescindibile, unica e insostituibile, al di là se abbia una durata temporale limitata o se possa proseguire come sopravvivenza della coscienza in altra forma che non sia quella corporea e psichica a noi nota

quindi tornando al discorso iniziale, la contrapposizione non è strettamente tra religione e materialismo ma forse tra "scientismo" (casualità in senso stretto, riduzionismo) e, non so come meglio definirlo, il senso complessivo del sé unico e insostituibile

non è l'essere umano come entità astratta ad avere un senso o uno scopo: è Almadel, è D., sei tu lettore quella specifica persona che ha il suo senso e scopo perché rappresenta un fatto irriducibile, trascendentale: dal tuo esserci o meno qui e adesso dipendono in modo misterioso i destini dell'intero universo in tutto il dispiegarsi del tempo

in questa accezione ogni cosa che accade nella vita di ognuno non è mai casuale e intercambiabile ma ha un valore capitale, definitivo, irriducibile, unico

questo non è esprimibile ma è l'espressione verbale a mio avviso più vicina a quello che ritengo sia il nocciolo del "credere in Dio", ovvero avere il senso religioso del sé

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Quindi il bisogno di Dio è quello di sentirsi "desiderato"?

 

Lo dico perché questa paura di essere nati per caso

somiglia a quella di essere figli di un condom bucato,

contrapposta al concepimento come gesto d'amore.

 

Esistiamo e siamo così perché un Dio Padre ci ha voluti

e ci ha riconosciuti come suoi

e non siamo solo figli di una Madre Materia,

nati per sbaglio da un padre ignoto.

Dico bene?

 

Conrad65, sarai consapevole che tutti gli eroi mitici

da Horus a Gilgamesh, da Eracle a Teseo, da Perseo a Gesù

sono figli di un padre ignoto

(o, come Horus, presto orfani di padre).

Se questo è il "senso"

non credo che te ne stupirai.

 

Penteo ne "Le Baccanti" lo dice in faccia a Dioniso

("Dioniso" significa proprio "figlio di Zeus"):

"Bella scusa quella del Dio, tua madre Semele era un po' zoccola"

E Dioniso fa uccidere il materialista Penteo proprio da sua madre Agave

che lo ammazza credendolo un animale (metafora della morte materialista?)

 

Scusami, mi sono fatto trascinare nel Mito Tebano :muro:

 

Qui controppongo la casualità dell'esistenza

(della mia, della tua, di chi legge)

rispetto a una sua pianificazione;

ma non ho risposto - se non in modo tangente -

al problema della insostituibilità.

 

Ti argomenterei meglio i passaggi tra l'uno e l'altro,

se tu avessi più chiaro quello che vuoi dire.

Ho come l'impressione che mancherei il bersaglio,

perché nel tuo "non sapere come definirlo"

corri il rischio di spostarmelo da davanti,

in una ricerca di un "senso ulteriore" oltre le mie parole.

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Quindi il bisogno di Dio è quello di sentirsi "desiderato"?

 

...

 

Ti argomenterei meglio i passaggi tra l'uno e l'altro,

se tu avessi più chiaro quello che vuoi dire.

 

...

 

non direi "desiderato": questo implica che il senso ci viene da altro che non da noi

al contrario il senso, nei termini in cui lo volevo esprimere, è interamente nel sé

e nell'archetipo dell'eroe, l'eroe stesso (che non è l'uomo vecchio ma è il sé individuato, quindi dotato di senso) emerge proprio nel momento di massima distanza da ogni apparente appagamento umano, emotivo o affettivo

ognuno di noi è "l'eroe", o è destinato a diventarlo per raggiungere la pienezza del sé

 

sicuramente potrei avere un'idea più chiara, ma altrettanto sicuramente sto tentando di esprimere concetti archetipici, che sono per definizione inesprimibili, appunto "religiosi"

quindi il bersaglio non può che essere mancato, almeno dalle parole: può essere suggerito, evocato, non colto  

 

in realtà io credo che il concetto stesso di Dio, spesso posto come apriori di certi discorsi

(come tu dici "Esistiamo e siamo così perché un Dio Padre ci ha voluti...")

è in realtà successivo: Dio è posto come il modo migliore di esprimere l'individuazione del sé, la pienezza, quello che in termini cattolici si chiama "conversione"

Dio non "esiste" se non dopo la conversione, e l'unica sua intuizione possibile e accessibile a noi umani è nell'atto di fede, nel fatto psichico

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Comunque... la dimostrazione o no dell'esistenza dio..Dio ...DIO (a volte sembra di tornare nel medioevo), l'onere della prova spetta a chi sostiene l'esistenza non a chi razionalmente la nega, esaltandone così l'eterno quesito! 

Non esiste un modo razionale per affermarne l'esistenza o la non esistenza che sia certo, per questo si discute. E poi come fai a dire che non esiste se non hai una prova? I bambini devono dimostrare a se stessi che i mostri Non Esistono nel buio non il contrario perché molti sono appunto tesi a credere nell'esistenza di Dio.

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Non credo nell'esistenza di un Dio ma studiando alcuni sistemi biologici delle cellule, alcune volte ti viene da chiederti se veramente non ci sia la mano di qualcuno più in alto di noi. :muro:

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non direi "desiderato": questo implica che il senso ci viene da altro che non da noi

al contrario il senso, nei termini in cui lo volevo esprimere, è interamente nel sé

e nell'archetipo dell'eroe, l'eroe stesso (che non è l'uomo vecchio ma è il sé individuato, quindi dotato di senso) emerge proprio nel momento di massima distanza da ogni apparente appagamento umano, emotivo o affettivo

ognuno di noi è "l'eroe", o è destinato a diventarlo per raggiungere la pienezza del sé

 

sicuramente potrei avere un'idea più chiara, ma altrettanto sicuramente sto tentando di esprimere concetti archetipici, che sono per definizione inesprimibili, appunto "religiosi"

quindi il bersaglio non può che essere mancato, almeno dalle parole: può essere suggerito, evocato, non colto  

 

in realtà io credo che il concetto stesso di Dio, spesso posto come apriori di certi discorsi

(come tu dici "Esistiamo e siamo così perché un Dio Padre ci ha voluti...")

è in realtà successivo: Dio è posto come il modo migliore di esprimere l'individuazione del sé, la pienezza, quello che in termini cattolici si chiama "conversione"

Dio non "esiste" se non dopo la conversione, e l'unica sua intuizione possibile e accessibile a noi umani è nell'atto di fede, nel fatto psichico

 

Il Dio di cui parli è simbolico.

Non è qualcosa, rappresenta qualcosa.

Dunque è parte dell'Immaginario e non del Reale:

anche il Mito rappresenta qualcosa,

ma per cogliere il suo valore simbolico

bisogna prima accertarsi di non credere

(Edipo non avrebbe valore se dosse un fatto di cronaca nera,

il Mito ha valore quando lo si riconosce come simbolico)

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Il Dio di cui parli è simbolico.

 

 

non è a mio avviso simbolico, il simbolo serve solo ad "additarlo", nell'impossibilità di descriverlo con le parole

il simbolo è il mediatore in questo caso, ma non è un attributo del fatto simboleggiato

Dio, il fatto simboleggiato, è cosa concretissima per chi crede: è "persona", fatto psichico, viva percezione, archetipo

 

per quanto riguarda poi gli aggettivi "immaginario" e "reale":

un fatto psichico non è mai immaginario, ma è sempre reale

la cosiddetta realtà a sua volta non è altro che la sua percezione, ovvero un fatto psichico

cosa in realtà ci sia "là fuori" non lo sa davvero nessuno, e questo è assodato perlomeno da Kant in poi

 

sul mito sono d'accordo: non è cronaca nera ma è vivo, simbolico, ed è simbolo dell'archetipo: e l'archetipo è cosa ben viva, operante

il mito ha valore perché addita l'archetipo retrostante, che è latore di significato (sto parlando in termini junghiani)

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Dio è un archetipo nella misura in cui lo sogna pure chi non ci crede

ed è proprio per questo simbolico, se poi tu Conrad credi in Dio, per

te sarà "persona", "viva percezione", "fatto psichico" e quindi NON

più solo archetipo. Se stiamo a Jung stiamo parlando di uno di svariati

"modelli funzionali innati" è chiaramente questo il punto debole

dell'intero sistema junghiano, non mi pare il caso di denunciarne i limiti

dandone una rappresentazione estremizzata, parareligiosa.

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andando OT, alla luce della mia conoscenza di Jung, per quanto superficiale possa essere,

non mi ritrovo affatto nella concezione di archetipo che gli attribuisci

e neanche nella concezione della religione come uno tra svariati modelli funzionali innati, che non mi sembra affatto un'idea di Jung

se ho ben capito quello che intendi

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L'archetipo è un "modello funzionale innato" ( parole sue ),

non la religione...comunque tu sei liberissimo di avere una

tua posizione religiosa, beninteso. Da Jung si può desumere

una teleologia dell'inconscio, ma questo in effetti è OT.

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permetti Hinzelmann, e mi scuso per l'OT, ma quello che riferisci a Jung sugli archetipi è limitativo

ti cito un passo illuminante di Jung sulla (sua) concezione di archetipo (ma te ne potrei citare anche altri, questo è uno dei più recenti che ho letto quindi mi è più facile "raggiungerlo" senza tirare giù tutta la libreria)

"E' un grave errore trattare l'archetipo come se fosse un semplice nome, concetto o una semplice parola, poiché è assai più di questo:  è un frammento di pura vita, un'immagine che l'emozione collega all'individuo vivente. Tuttavia, si tende erroneamente a considerare gli archetipi come concetti o parole, trascurando il fatto che l'archetipo è allo stesso tempo un'immagine e un affetto. La parola che lo designa è pura astrazione, una moneta di scambio nel commercio intellettuale, mentre l'archetipo è materia viva." (C. G. Jung, da "Simboli e interpretazione dei sogni", cap. 7)

 

fine OT

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Sì, ovviamente non è il caso di aprire qui un dibattito su Jung

e sul suo modo di scrivere, l'essenziale è capire che quello di

Jung non è un pensiero religioso, che la psicologia analitica va

tenuta ben distinta da alcune opere tarde, specificatamente

dedicate al rapporto fra psicologia e religione ( rapporto sempre

fra due cose distinte ) e che ognuno è libero di fondare sull'opera

junghiana un suo percorso religioso ( possibilmente stando attento

a non confondere i due piani del discorso e rinunciando all'autoanalisi )

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sono completamente in disaccordo sulla artificiosa separazione che proponi tra psicologica analitica e opere tarde di Jung

chissà perché questa cosa la fanno anche con Freud riguardo la sua tarda introduzione della "pulsione di morte"...

per il resto, leggo tra le righe una tua interpretazione dei miei interventi in cui non mi riconosco: ma pazienza, può capitare :muro:

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beh, parlare di Dio o di un altro dio penso sia abbastanza inutile.

Il fatto che non si mostri a noi come persona fisica è capibile. Se incontraste uno per la strada che vi dice "io sono Dio!" cosa rispondereste?

Forse cercate ancora un uomo che moltiplica pane e pesce.

Se c'è una cosa che so è che non esiste GIUSTO e SBAGLIATO. Tutto è soggettivo. se ci sono persone che ammazzano è perchè loro credono sia giusto farlo.

Ciò che è giusto per me potrebbe non esserlo per un altro.

Dio(se esiste o meno) non avrebbe il diritto di intromettersi. e se lo facesse andrebbe a favorire solo alcune persone.

è sempre stato professato da gesù(storicamente esistito) che tutti siamo uguali dinnanzi a lui, quindi perchè favorire i cosiddetti "buoni" a discapito dei "cattivi"?

La religione deve servire come appiglio morale, come spunto di vita. non esistono prove che Dio non esiste in quanto non siamo al corrente di tutte le variabili. possiamo solo dire che dio non si vede, o nel caso non vediamo operare...

Io più che altro SPERO che qualcosa esista, perchè vedere come le persone di questo mondo siano così materiali e distruttive mi fa detestare il fatto di essere come loro.

spesso diamo la colpa a Dio(quello cattolico ma non solo) per cose che ha detto e fatto l'uomo.

Dio non si è messo a trucidare intere popolazioni, l'uomo si...Dio non distrugge intere foreste per i soldi, l'uomo si...

Alla fine siamo limitati. chiamiamo Dio quello che magari altre persone chiamano buddah, Kernunno, Satana, o chicchessia. l'argomento è troppo vasto per essere discusso in un forum. Bisognerebbe leggere veramente testi di filosofia...soprattutto Nietsche(nice)...smonta ogni teoria.

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@Eddy_R

A dire il vero Gesù favoriva i "cattivi".

I ladri e le prostitute passeranno davanti ai Giusti per il Regno dei Cieli

ed è molto meglio essere un assassino pentito che un bravo ragazzo

(leggi la parabola del figliol prodigo).

 

Inoltre penso che Dio sia molto peggio dell'Uomo.

Le guerre fanno molti meno morti dei terremoti e delle malattie

e la medicina salva molte più vite dei miracoli.

Se c'è un Dio, noi siamo migliori di lui.

 

@Conrad65

Non ho ancora capito se credi a Dio come si crede in un Archetipo

o se credi a Dio come si crede in una Persona.

Io "credo" in Dio come "credo" alla Sfinge;

mia nonna crede all'esistenza di Dio come crede in quella di Garibaldi.

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DoctorNievski

@Eddy_R

Inoltre penso che Dio sia molto peggio dell'Uomo.

Le guerre fanno molti meno morti dei terremoti e delle malattie

e la medicina salva molte più vite dei miracoli.

Se c'è un Dio, noi siamo migliori di lui

 

IO AMO QUEST'UOMO ..

[scusate l'ot ed il monoriga.. :sisi:]

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Inoltre penso che Dio sia molto peggio dell'Uomo.

Le guerre fanno molti meno morti dei terremoti e delle malattie

e la medicina salva molte più vite dei miracoli.

Se c'è un Dio, noi siamo migliori di lui.

 

Bè vabbè, ma così è troppo facile e banale ("è come picchiare uno che caga"  :sisi: , cit.)

 

Fai esattamente come quei sacerdoti/uomini di chiesa che ti raccontano che se qualcosa va bene è "grazie a Dio" e se qualcosa va male "è per colpa tua"

 

In maniera analoga (se supponiamo, in questo ragionamento, che Dio effettivamente esista) non si possono attribuire a Dio solo le sfighe (terremoti o malattie) e pensare che tutto il resto derivi dall'uomo (se supponi che Dio esista devi pensare che quello che di buono c'è al mondo -a partire dall'intelligenza umana e, conseguentemente, da ciò che ne è derivato, come le scienze o la medicina- gli sia in qualche modo dovuto)

 

E lo dico senza "parteggiare" per l'esistenza di un eventuale Dio "buono" o "malvagio"

(personalmente mi viene solo da accodarmi -in maniera banale- a quanto diceva Montanelli, "morendo, non siamo noi a dover dare spiegazioni a Dio, ma se c'è, Lui a noi" )

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@Conrad65

Non ho ancora capito se credi a Dio come si crede in un Archetipo

o se credi a Dio come si crede in una Persona.

Io "credo" in Dio come "credo" alla Sfinge;

mia nonna crede all'esistenza di Dio come crede in quella di Garibaldi.

 

a dire il vero non ho espresso nei miei interventi una posizione personale sulla questione

volevo solo dire che, per chi crede, Dio esiste certissimamente, almeno come fatto psichico

e non valgono tutte le logiche di questo mondo a convincerlo del contrario

come si fa a contrastare razionalmente un fatto psichico che di razionale non ha nulla?

equivale a dire che tutto ciò che esiste è razionale, e mi sembra un'affermazione perlomeno incauta

c'è anche il sentimento, la sensazione, l'intuizione e... l'inconscio (per attenersi ai soli fatti psichici, gli unici di cui possiamo parlare)

 

aggiungo, visto che questo argomento pare sollevare le avverse tifoserie: state attenti

l'idea di Dio permea la storia dell'uomo da sempre

non bastano due ragionamenti, o un atteggiamento volontaristico, nietzschiano, per potersene sbarazzare

esiste il concreto rischio che quello che pensate di buttare fuori dalla porta principale in realtà rientri dalla finestra, diventando inconscio e per ciò stesso temibile

attenzione soprattutto a certe frasi che esprimono un'inflazione dell'ego, come questa

 

Se c'è un Dio, noi siamo migliori di lui.

 

se Dio non c'è, perché questa ansia di sostituirsi a lui proclamandosi "migliore"?  :sisi:

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Scusami Conrad65, ma allora alla domanda: "Credete in Dio?"

un ateo come me non dovrebbe neppure rispondere

perché tanto la religione è un fatto irrazionale

e non valgono tutte le logiche di questo mondo a convincerlo del contrario
?

 

Beh, allora rinuncerò anche a contrastare razionalmente l'omofobia

limitandomi a rubricarla come fatto psichico irrazionale

che

permea la storia dell'uomo da sempre
;

tanto più che è presente nelle concezioni stoiche sul Logos

e in quelle ebraiche di un Dio Personale e Creatore...

 

Se il Caso non esiste, gli eventi casuali sono voluti da Dio;

nella bilancia tra "eventi casuali" ed "eventi volontari"

il senso comune - quello di Eddy_R - preferisce i primi;

mentre io evidentemente preferisco i secondi

(paragone tra terremoti e pestilenze rispetto alle guerre).

Leopardi parlava di "natura matrigna" ma non credo

che qualcuno lo abbia mai accusato per questo

di avere un "io inflazionato"...

 

Wolf crede di risolvere il gioco negando il libero arbitrio,

ma in certi casi per chiudere uno spiffero si spalanca un portone.

Se Dio è anche responsabile delle guerre (e a detta di Bush è così)

e della medicina, comunque i conti non tornano:

il bilancio rimane complessivamente negativo

e - per il buon nome di Dio-  sarebbe meglio per lui non esistere.

In fondo sapere che tuo figlio muore di leucemia per caso

è molto meno inquietante di credere che un Dio lo abbia voluto.

 

Perché il punto non è che io nego Dio razionalmente,

io lo nego innazitutto emotivamente.

Provo un profondo orrore a credere che abbia senso

una cosa come l'HIV, tanto per dirne una.

Poi - su richiesta - posso razionalizzare la mia vertigine di disgusto

e rispondere alla domanda che dà inizio a questa discussione.

 

Non è stato Nietzsche a farmi diventare ateo

(le formule razionali non bastano alla conversione),

è stata la Pietà di Michelangelo.

Maria sapeva che non Gesù non era "in un mondo migliore",

sapeva che quella morte non aveva avuto alcun senso

e sapeva che non era "alla destra del Padre".

Per questo soffriva, per questo soffrono tutte le madri come lei:

perché quel dolore squarcia il velo della religione;

quel "fatto psichico irrazionale" che vuole che "il mondo sia razionale"

esplode contro la razionalità sofferente

di chi capisce che sono Vita e Morte a essere irrazionali.

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Scusami Conrad65, ma allora alla domanda: "Credete in Dio?"

un ateo come me non dovrebbe neppure rispondere

perché tanto la religione è un fatto irrazionale?

 

non vedo l'impedimento o la contraddizione:

puoi tranquillamente rispondere ed insieme ritenere la religione come un fatto irrazionale (come del resto mi sembra tu stesso faccia nel tuo post, parlando di una tua negazione di Dio anzitutto emotiva, cosa che rispetto assolutamente)

 

per quanto riguarda il tuo paragone con l'omofobia:

non mi sembra di aver detto che un contenuto irrazionale sia di per sé giustificato, o accettabile, o che non vada mai contrastato

ho detto semplicemente che non può essere contrastato con un ragionamento logico, o con una pura negazione razionale

e tu mi dai in un certo senso ragione perché dici infatti che il tuo contrastare la divinità è anzitutto emotivo

se qualcosa ha un posto nel nostro universo psichico, vuol dire che esiste come fatto psichico e come tale negarlo equivale a trasporlo nell'inconscio, non ad annullarlo

il vero contrasto, ma preferirei parlare di "integrazione", in questo caso non può che passare dall'accettazione della sua esistenza come pulsione e dalla sua intera emersione alla coscienza

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