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Roma sprofonda, Milano splende


Rotwang

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On 5/11/2020 at 7:16 PM, Iron84 said:

enorme centro antico

più o meno, per fare un esempio Amsterdam a fine '700 aveva 1/3 degli abitanti di Napoli ma ha un centro storico più vasto (e pure Venezia), perchè Napoli fino a inizio '700 ha scontato le servitù militari spagnole che ne limitavano l'espansione, col risultato che la gente viveva con un tasso di densità abitativa spaventosa per i mezzi dell'epoca.

Infatti giustamente osservi che buona parte del centro storico è composto da edilizia di scarsa qualità...ma è un discorso che si poteva fare nel 1890 o 1900, quando c'è stata la legge sul risanamento di Napoli.

Se l'Italia avesse avuto più soldi altro che corso umberto i, si sarebbe dovuto abbattere 3/4 della città e fare esattamente la stessa cosa che fu fatta a Parigi, come suggeriva Matilde Serao

On 5/11/2020 at 6:30 PM, Bloodstar said:

si continui ad andare a Venezia, ecco che dovremmo fare

il problema di Venezia è che è soltanto centro storico, mancano i quartieri residenziali anni 50 e 60, la gente è semplicemente andata a vivere a mestre, che è un'altra città a 6 km di distanza, dall'altra parte della laguna. E' chiaro che per rilanciare la città ci vorrebbe un forte intervento pubblico. Tipo, per conto mio dovrebbero puntare sulla popolazione studentesca realizzando residenze universitarie (edifici pubblici riconvertiti, vecchie strutture industriali etc) e garantire una serie di servizi pubblici collegati sempre all'università (cinema, palestre, strutture sportive). Tutto questo a Venezia, non a mestre o altrove.

On 5/11/2020 at 2:39 PM, ldvrsp said:

La stessa meravigliosa presenza di un centro storico non so quale grande beneficio, al di là degli introiti da turismo, possa arrecare alla vita di tutti i giorni delle persone, laddove la stragrande maggioranza delle abitazioni non di lusso, è roba rimediata e quasi incompatibile con le esigenze della vita moderna.

dipende da città a città. Nelle città medio piccole (fino a 600.000 abitanti) serve tenere il centro storico come effettivo centro della città, con gli uffici pubblici e i negozi. Altrimenti muore e diventa un posto degradato. Il che significa anche limitare i centri commerciali, nonostante i deliziosi oneri di urbanizzazione pagati ai comuni che ne risanano i bilanci.

Nelle metropoli tipo Roma e Milano è utile seguire il modello delle centralità (di veltroniana memoria, anche se le hanno fatte per davvero solo a Milano).

Ossia, il centro storico comunque vive perchè è famoso e importante, quindi si spostano uffici pubblici e privati in centri direzionali localizzati in selezionate aree periferiche, in modo da riqualificarle attorno ad un "centro". E' il modello porta nuova e citylife o, per il futuro, scalo farini, area expo etc. Andrebbe fatta la stessa cosa a Roma.

Ovviamente con qualche limitazione. Senza parlamento, quirinale e palazzo chigi in centro storico, questa parte di Roma sarebbe una una disneyland come Venezia. E' sempre utile tenere un po' di pubblico in qualsiasi centro storico.

On 5/11/2020 at 2:39 PM, ldvrsp said:

possibilità di realizzazione di una serie di quartieri moderni, funzionali ed eleganti

questo è più difficile, l'espansione urbana l'abbiamo avuta dopo la ii guerra mondiale, i quartieri ormai sono stati realizzati, molto male e molto brutti. Unica strada riqualificare e continuare la politica dei bonus (facciate, ottimizzazione termica etc) per evitare che si degradino

 

 

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Naaaaaa

La colpa è tutta dei magistrati,

che per puro protagonismo,

fanno inchieste e processi,

arrestano perfino!

i politici (e sottobosco) ,

alterando la dinamica democratica del Paese.

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  • 3 weeks later...

Io sapevo che il PD voleva candidare Claudio Cirinnà, il fratello. 

Sembra che sia più in linea moralmente con la dirigenza locale del partito.

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Sì infatti i candidati a sindaco di Roma sono tutti masochisti o martiri della causa.

Però magari qualcuno che pensa a mettere le mani sugli affari del sottobosco clienterale ci sta pure.

Presenti esclusi ovvio.

 

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faranno una nuova linea tram a Roma, forse, ma i lavori partiranno solo tra quattro anni, forse, da Termini a Via Nazionale, poi Vaticano e Via della Pineta Sacchetti fino alla Cattolica. I lavori partiranno nel 2024 se non ruba nessuno. Ma non è sicuro. Quindi se tutto va bene per il 2030 sarà tutto pronto, credo. Sono così eccitato. 

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Un monopattino elettrico, uno dei tanti ora disponibili in sharing a Roma, sfreccia lungo via Nazionale nonostante il selciato accidentato fatto di sanpietrini. A fargli compagnia sotto al sole di luglio altri mezzi a due ruote, dalle bici ai motorini, qualche macchina e sparuti bus dell'Atac.

Perché il centro storico di Roma, la parte monumentale che prima della pandemia di Covid-19 richiamava ogni anno quasi 13 milioni di turisti l'anno, è semi deserto. E passeggiando per le vie e le piazze divenute celebri come immagini da cartolina iniziano a proliferare sulle vetrine dei negozi le serrande abbassate ed i cartelli "affittasi".

Ottanta giorni dopo la fine del lockdown le associazioni imprenditoriali cittadine non hanno ancora dati certi, alcuni report verranno completati nei prossimi giorni, ma le prime stime a Roma parlano di circa 3.000 attività commerciali che non hanno più riaperto, su tutti negozi di abbigliamento, hotel, gelaterie ed esercizi di ristorazione pensati soprattutto come 'mense' nelle zone ad altra concentrazione di uffici.

 Sulla base di alcune proiezioni, si calcola che a fine anno c'è la possibilità che un'attività commerciale ogni tre a Roma avrà chiuso, soprattutto in centro. Venissero confermate, si tratterebbe di migliaia di posti di lavoro andati in fumo come effetto della riduzione del mercato legato alla pandemia di coronavirus. Si unirebbero agli oltre 20 mila contratti a tempo determinato che le sigle sindacali stimano non sarebbero stati rinnovati in città dopo il lockdown.

Un colpo all'economia cittadina già provata dalle inefficienze di una città che sconta un gap di modernità sui servizi, a partire da quelli di mobilità e pulizia, rispetto alle altre capitali europee.

In centro pesa l'assenza dei turisti: nelle ultime settimane sono tornati gli italiani e quelli da alcuni paesi europei, in particolare francesi e tedeschi, ma mancano ancora all'appello gli statunitensi e la maggior parte di giapponesi, cinesi e mediorientali. Fasce di viaggiatori che riempivano gli hotel stellati e le boutique dell'alta moda del centro, ora spesso deserte. 

Gli alberghi aperti sono poco più di 200 sui 1.200 totali mentre nelle case vacanza prenotabili  online, si registra una contrazione delle prenotazioni del 60%. Anche perché i mesi 'forti' per il turismo a Roma sono soprattutto marzo, aprile e maggio, che quest'anno sono stati letteralmente strappati al settore dall'emergenza sanitario.

È il modello imprenditoriale stesso che è proliferato negli ultimi decenni nel centro di Roma, basato sulla rendita immobiliare di negozi e case vacanze e la ristorazione di bassa qualità, ad essere messo in discussione. I rioni centrali da anni hanno perso residenti, fino a 10mila l'anno, per accogliere turisti ed uffici: venuti meno entrambi resta un salotto a cielo aperto destinato a pochi fortunati utenti.

 Molte attività commerciali faticano a tenere il passo con gli affitti, che per i negozi in centro variano tra i 10mila ai 50 mila euro al mese. Con pochi clienti è difficile rientrare delle spese, molti negozi di abbigliamento calcolano una riduzione del volume di affari del 50%, diversi cercano di reagire proponendo sconti e ribassi. Soffrono quei locali di ristorazione che, complice lo smart-working, si sono trovati senza la loro clientela quotidiana a pranzo. In una città piena di ministeri, uffici della pubblica amministrazione ed università, si tratta di migliaia di pasti in meno ogni giorno. A farne le spese sono soprattutto i ristoratori delle zone con maggiore concentrazione di uffici: dal centro, all'Eur fino ad Ostiense e Prati.

Forze dell'ordine e istituzioni guardano con preoccupazione a questo quadro desolante, perché c'è il rischio che alcune attività commerciali possano finire nelle mani dell'imprenditoria legata alla criminalità organizzata, sempre fornita di liquidità. 

https://www.agi.it/cronaca/news/2020-07-21/roma-uffici-vuoti-negozi-mercato-immobili-9207648/

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  • 2 weeks later...

Roma è capitale tra le altre cose anche della rappresentazione plastica del regime: con le sue vie inaugurate da Benito Mussolini, la città capovolta e sventrata dall’idea di ricreare la Capitale dell’Impero mostra aperte tutte le sue cicatrici.

Quello che i turisti ammirano e i romani distratti ignorano è la carne viva di tutto ciò che non abbiamo risolto del ventennio e le azioni dimostrative disturbanti del movimento Black Lives Matter a tinte rosa, lavabili, hanno fatto emergere tutto lo scandalo per quello che rimane vivo, immune, intoccabile nelle nostre città. Un corpo sacro e venerato del senso comune, un liquido amniotico dove il fascismo prospera e si alimenta di tutto quello che non abbiamo risolto - dove ad esempio «l’immagine fascista della romanità diventa tout court l’immagine di Roma» come scrivono Andrea Giardina e Andrè Vauchez nel saggio “Il mito di Roma” (Laterza) - tanto da far emergere nel 2020 l’urgenza di destrutturare la narrazione tossica della capitale d’Italia che, avviluppata dal senso di impunità e regalità mussoliniana, non solo non fa i conti col suo passato ma vive il suo presente amplificando le sue contraddizioni. Roma è intoccabile come lo era al tempo del Duce che, nonostante il suo iniziale odio che lo portò a scrivere come un leghista della prima ora: «Roma, città parassitaria di affittacamere, di lustrascarpe, di preti e di burocrati non è il centro della vita nazionale, ma il centro della vita infetta della nazione», gli ha donato uno strato di protezione della forma urbis e della forma culturale.

Sarà per questo motivo che quando i ragazzi del Black Lives Matter Roma hanno chiesto con uno striscione di cancellare via dell’Amba Aradam, arteria cittadina che collega Porta Metronia con Piazza San Giovanni in Laterano, inaugurata da Mussolini in persona il 21 aprile del 1936 per celebrare la vittoria «italiana» nella battaglia etiope avvenuta sul monte Amba Aradam, in cui «i nostri bravi ragazzi» guidati dal generale Pietro Badoglio per l’imperitura gloria dell’Impero usarono armi chimiche, lanciafiamme, bombe al veleno sugli etiopi, ho immaginato che la fermata della Metropolitana C che sorge a pochi metri dalla via contestata, potesse essere intitolata a Giorgio Marincola, il partigiano nero, nato in Somalia, cresciuto a Pizzo Calabro, trasferitosi a Roma, arruolatosi nella resistenza col Partito d’Azione e morto in Val di Fiemme durante l’ultimo eccidio nazista compiuto nel nostro Paese, la cui figura è raccontata nel libro “Razza partigiana” (Iacobelli) di Lorenzo Teodonio e Carlo Costa.

La storia di Giorgio che sceglie con amore da che parte stare, pur non essendo un cittadino italiano come gli altri, perché figlio di una relazione impura tra un italiano e una somala, non pienamente cittadino perché nero, ci regala una lezione di universalità di quei valori che la morte di Floyd ci ha costretto a riconsiderare e che ci obbliga a revisionare.

La proposta è stata affidata ad uno status di Facebook, che sa essere uno strumento meraviglioso di moltiplicazione di idee ed in pochi minuti è stata condivisa da centinaia di persone. Quell’idea istintiva dopo poco è divenuta una petizione lanciata su change.org e ha fatto si che si creasse una piccola Armata Brancaleone composta da Antar Marincola, nipote di Giorgio, Paolo Masini, Amin Nour di Nibi, Paolo Barros e i ragazzi del Black Lives Matter Roma, una piccola armata che ha creato le condizioni affinché il Movimento Cinque Stelle e il Partito Democratico nell’Aula Giulio Cesare votassero una mozione che intitolerà la fermata Ipponio della Metro C a Giorgio Marincola e risemantizzerà via dell’Amba Aradam che non cambierà nome ma sarà indicata come «luogo dove l’esercito italiano compì un grave eccidio coloniale delle popolazioni etiopi». Queste due azioni non rappresentano un simbolo ma sono l’inizio di un percorso. Giorgio Marincola sarà il primo partigiano, medaglia d’oro al valor civile, a vedere intitolata un’opera infrastrutturale di nuova fabbricazione, tra i palazzi del quartiere Appio Latino che ospitavano i dipendenti del Ministero delle Colonie e una via che per Mussolini rappresentava «l’alta significazione del percorso coloniale». Un partigiano nero che con la sua esile figura è riuscito decenni dopo a collegare Roma, Minneapolis e Addis Abeba, la guerra di Liberazione al Black Lives Matter, la destrutturazione del passato coloniale al futuro della città.

Questa vittoria nata per caso dimostra quanto le discussioni sulla «cancel culture» e sul «politicamente corretto» siano qui da noi la cartina tornasole di chi veda nel sovvertimento di una quotidianità ingiusta, di una storica sottomissione delle donne, dei neri, delle minoranze religiose, dei movimenti GLBTQ+, un pericolo per la fine del proprio privilegio bianco e mascheri l’inversione di un canone con l’asserita privazione di libertà individuali. Come se in questi decenni la cultura patriarcale, il fascismo normativo della nostra società e le disparità pianificate nei confronti delle donne non siano state il vero pensiero unico, la vera cultura dell’annientamento e del merito.

Giorgio ha combattuto fucile in spalla per una patria che non lo riconosceva come figlio legittimo, ha perso la vita per una Costituzione che doveva ancora essere immaginata, dimostrando che non è il luogo di nascita a farci cittadini, non è il colore della pelle a determinare un’identità. 

A Roma si è strappata una pagina di un libro antichissimo. E si è scritto un finale diverso che ha chiuso un primo capitolo dell’appropriazione culturale di chi l’ha stravolta durante il Ventennio rendendola il salotto marmoreo di un impero di cartone fatto di marce e fasci littori. Strappando la sua vera identità meticcia, proletaria, popolare che anche nelle sue vestigia dell’età romana non era tronfia ma carica di colori, odori, lingue, stravanganze che come ricostruiva Jerome Carcopino “ricordava per la sua intensità un suk arabo”.

https://espresso.repubblica.it/attualita/2020/08/04/news/prossima-fermata-giorgio-marincola-e-roma-torna-meticcia-1.351722

Voglio l'opinione dei romani del forum: @nowhere, @Bloodstar, @castello, @freedog, @Isher

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Sono commosso e felice che la fermata della metro sia intitolata a questo dolce ragazzo, Giorgio Marincola, che mi è tanto più caro in quanto proveniva dalle fila del Partito d’Azione. D’accordo anche nel non cancellare il nome dell’Ambaradam (a Roma la si pronuncia e molti credono che si scriva così) e nel "risemantizzarla" con quella scritta esplicativa.

Per quanto riguarda l’articolo che hai diligentemente ricopiato, il secondo capoverso è retorico, confusivista ed eccessivo: Roma non è né è vista come la descrive l’articolista, ma questo è un altro discorso.

Edited by Isher
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Faccio presente che ormai è da parecchio tempo che vago di luogo in luogo e che quindi non vivo più propriamente a Roma, seppur la frequenti ancora di tanti in tanto. 

A parte ciò, sinceramente preferisco che la storia venga ri-narrata mostrando gli altri punti di vista piuttosto che semplicemente cancellata perché "cattiva".

Quindi benvenga il nome scelto per la fermata C e benvenga che il nome di via amba aradam rimanga tale. 

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  • 1 month later...
  • 2 weeks later...

@marco7

Se ti può interessare, da una decina di giorni siamo entrati di nuovo in emergenza rifiuti. Cumuli di spazzatura ovunque. 

E, come nuovo regalino per l'autunno, un'impennata nel numero di auto rubate o pezzi di auto rubati: raggiunto anche qui un livello record. 

Edited by ldvrsp
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  • 2 weeks later...

L’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno è stato condannato in appello a 6 anni di carcere per corruzione e finanziamento illecito, nell’ambito di uno dei processi legati all’inchiesta chiamata “Mafia Capitale”. Per Alemanno è stata confermata la stessa condanna ricevuta in primo grado, nonostante il procuratore generale Pietro Catalani avesse chiesto ai giudici che all’ex sindaco fosse contestato solo il reato di corruzione e non quello di finanziamento illecito.

Alemanno era accusato di aver ricevuto 298.500 euro da Salvatore Buzzi – uno dei principali imputati nel processo su Mafia Capitale – in cambio di indicazioni su alcune nomine di Ama (la società che gestisce i rifiuti a Roma), di alcuni grossi appalti e dell’intermediazione per ottenere crediti che Buzzi aveva con la pubblica amministrazione di Roma. Buzzi e Massimo Carminati, l’altro principale imputato del processo, erano stati condannati in appello per associazione mafiosa, ma nell’ottobre del 2019 la Corte di Cassazione aveva riqualificato questo reato in associazione per delinquere semplice, facendo cadere molte delle accuse che erano state contestate ai due.

Alemanno ha commentato la nuova condanna dicendosi «sconcertato perché questa sentenza di appello pur di condannarmi smentisce una decisione della Cassazione secondo cui i miei coimputati sono stati riconosciuti colpevoli di traffico di influenze. A questo punto io sono “un corrotto senza corruttore”. Evidentemente mi sono corrotto da solo. Proclamo la mia innocenza come ho fatto dal primo giorno. Faremo ricorso in Cassazione. Sono sconcertato».

https://www.ilpost.it/2020/10/23/gianni-alemanno-condannato-appello-corruzione-mafia-capitale/?fbclid=IwAR0ToIiFQIyflKER9lPYeio8tASXR_CZPcfyeGyCCYdnx7gBo2_un2LhmoQ

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  • 1 month later...
  • 2 weeks later...

Io dormivo e sto vicino a rapperswil e non credo che da me si sia sentita per la troppa lontananza.

che hai sentito @nayoz ? Mobili che hanno ballato ?

A che distanza stai dall'epicentro ?

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in ticino si e' sentito.

Era a 55 km di profondita' e non credo sia stato per questo molto forte.

Forse per la profondita' elevata si e' percepito in una vasta zona

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