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Serve ancora la religione?


_Andrea_

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A Yrian piace il Sacro solo per come questo è stato culturalmente espresso attravesso l'Arte.Sono però convinto che se la Cappella Sistina avesse raffigurato l'Evoluzione della Specie non si sarebbe immaginato un mondo senza il Darwinismo.Dove ci sono i soldi, spesso c'è l'Arte (anche gli artisti, soprattutto loro, hanno fame).Tolta l'Arte al Sacro rimane ben poco di cui vantarsi.

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Perché, che altro è la religione, se non un modo di dare forma al senso del sacro?
Premessa: non credo esista «la religione», neutro astratto, come entità a sé, completa e definibile. Il Sacro, o il Culto, hanno questa connotazione, «la religione» non mi sembra che ce l'abbia, se non altro perché è qualcosa di talmente più multiplo, complesso, embricato con altro, che non può essere ridotta a concetto se non astrattizzandola pericolosamente.Il politeismo greco si fondava su una stretta e immediata risoluzione del sentimento del sacro in convincimento dell'esistenza degli dei - infatto era molto poco una religione: non aveva Testi Sacri.I tre monoteismi hanno un'altra genesi: fortemente culturale e soprattutto politica; possono essere più o meno ricchi di sacro, ma non si può dire, credo, che nascano per dare espressione al sacro, soprattutto il cristianesimo e l'islamismo - naturalmente bisognerebbe fare dei distinguo, che ometto. Lo shintoismo è il trionfo del Culto e del cultuale, del formalismo religioso, di un modo di percepire il sacro a partire dall'oggetto, dal simbolo, in breve dal godimento culturale. Per esprimere una tesi forte, con tutti i rischi che ciò comporta: io credo che per noi popoli mediterranei percepire il sacro significa quasi sempre uscire dal quadro della religione. Anche perché i simboli sacri del, ad es., cristianesimo, si sono da tempo atrofizzati.
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Ma fra gli antichi Greci non si suole dire che i filosofi "cacciano" i poeti dalla città per preservare la divinità degli Dei nello spirito degli uomini?[ credo lo si dica con riferimento al Dio Platonico o Aristotelico rispetto agli uomini-Dei dei poemi pagani ]Tuttavia quella divinità così salvata manca di ogni condiscendenza verso gli uomini, quanto le prime eccedevano in condivisione venendo quasi a coincidere con personaggi romanzeschi.Il sacrilegio sia fra i greci che fra i romani aveva a che fare con la città. Era un modo per evitare che la colpa di uno ricadesse su tutti. Mentre la colpa lieve poteva essere espiata con un rito di purificazione, quella grave non poteva essere emendata se non dalla espiazione dell'intera collettività o dalla eliminazione del colpevole. Da qui il sacrilegium e l'equivalente greco.Per certi versi il sacro in quanto intoccabile e formale era molto più "arcigno" della religione. E la religione era una mitopoiesi, una fonte di ispirazione artistica.

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A Yrian piace il Sacro solo per come questo è stato culturalmente espresso attravesso l'Arte.Sono però convinto che se la Cappella Sistina avesse raffigurato l'Evoluzione della Specie non si sarebbe immaginato un mondo senza il Darwinismo.Dove ci sono i soldi, spesso c'è l'Arte (anche gli artisti, soprattutto loro, hanno fame).Tolta l'Arte al Sacro rimane ben poco di cui vantarsi.
Tutt'altro. Amo proprio le dottrine religiose. Trovo che la religione organizzata non sia altro che un modo (il più frequente ma non l'unico) per mettere ordine nel senso del sacro (NON nel "sacro" tout court!).Il fatto che la religione abbia generato sublimi opere d'arte è per me un valore aggiunto inestimabile ma non indispensabile a giustificare la rleigione.Se rileggi, noterai che ho parlato anche di riflessione dottrinale, ritualità codificata e identità culturale.:sisi:
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1. Ma fra gli antichi Greci non si suole dire che i filosofi "cacciano" i poeti dalla città per preservare la divinità degli Dei nello spirito degli uomini?2. Tuttavia quella divinità così salvata manca di ogni condiscendenza verso gli uomini, quanto le prime eccedevano in condivisione venendo quasi a coincidere con personaggi romanzeschi.3. Per certi versi il sacro in quanto intoccabile e formale era molto più "arcigno" della religione. E la religione era una mitopoiesi, una fonte di ispirazione artistica.
1. No, non è così. E' Platone che nella Repubblica sottopone a critica (da un punto di vista unicamente razionalistico-morale, mai estetico) la poesia omerica, e poi la poesia e l'arte in generale, e le condanna, perché offrono una visione "troppo umana", o sconveniente, o anche empia (dal punto di vista della ragione filosofica), del divino, come anche degli uomini. Platone qui è un filosofo autoritario e non va seguito; la sua è una critica della filosofia al mito, alla letteratura, alla musica, alla rappresentazione dell'uomo nella poesia e del "divino" o degli dei stessi visti dall'ottica di un filosofo.2. Questa è la critica cristiana al politeismo che ci hanno insegnato a scuola fin dalle Medie. Puoi immaginare cosa io ne pensi. Pura propaganza pro-cristianesimo!3. No, se è vera la [1]. Il sacro era oggetto di un'esperienza personale, nell'uomo, soprattutto nella fase arcaica; in seguito, a livello culturale, i filosofi ne hanno offerto le più svariate trasposizioni, in piena libertà, spesso, anzi direi quasi sempre, corrodendolo. Esistevano però i misteri, i culti eleusini, una religiosità più sotterranea, irrazionale, che riparava, anche, alla progressiva distruzione, operata principalmente dal razionalismo filosofico, della religione olimpica. Ed esisteva infine una religione cittadina, esprimentesi in culti pubblici, non particolarmente impegnativi religiosamente, una specie di abitudine ed educazione civico-religiosa che assomiglia, mutatis mutandis, al tipo di aggregazione civile realizzata mercè la chiesa, le funzioni, certe feste e cerimonie, dal protestantesimo.
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Quindi secondo te è sbagliato dire, per quanto possano mai essere vere queste frasette ad effetto,( che ovviamente io conosco tutte perchè fanno parte del citazionismo salottiero ) che : "come nei poeti il mondo ha assorbito gli Dei, nei filosofi il mondo si è sublimato nell'assoluto."oppureche :" l'infinito si manifesta nel finito ma non si manifesta al finito "In secondo luogo, questa religiosità molto articolata fra culti privati ( familiari soprattutto nella Roma Repubblicana ) culti notturni o sotterranei e culti pubblici o civili, si relazionerebbe ad un unico sentimento del sacro?

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In secondo luogo, questa religiosità molto articolata fra culti privati ( familiari soprattutto nella Roma Repubblicana ) culti notturni o sotterranei e culti pubblici o civili, si relazionerebbe ad un unico sentimento del sacro?
Per rispondere a domande stile citazionismo salottiero bisogna stare in un salotto, con un buon bicchiere di qualcosa in mano, un amico vicino, un certo ragazzo da guardare, e tutta un'atmosfera che qui non possiamo ricreare, Hinz...Quindi passo senz'altro alla domanda 'seria':Non ci ho mai pensato, ma credo che al massimo ci sia una stessa radice del sacro, non dimenticata, che si prolunga sino alla manifestazione civico-pubblica. Ma starei attento anche alle diversità perché le manifestazioni sottendono luoghi (anche i luoghi sono importanti per il sacro) e dimensioni diversi: natura/città; solitudine/aggregazione civica; primigenio/civilizzato; spontaneo, inatteso/rituale. Inoltre ci sono gli dèi olimpici e gli dèi dei misteri. devo anche dire che quando penso al politeismo greco io penso soprattutto alla lunga fase arcaica e classica: già a partire da quest'ultima, pian pianino, la filosofia - la dialettica, la razionalità - ha svuotato di significato e corroso il mito, e la tragedia, e Nietzsche nella Nascita della tragedia aveva ragione.
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Noto, nei vari topic in argomento, che per "salvare" una utilità della religione o unsentimento del sacro o della fede, più o meno tutti ripiegano sul privato.Mi rendo conto che invece io, che sono ateo, insisto in varie forme sulla pubblicitàdella religione. Come se diffidassi in realtà del fatto che possa parlarsi di vera epropria religione o esperienza religiosa senza pubblicità, sia essa intesa come culto pubblico,o identità collettiva, o sistema di idee in grado di orientare nel mondo.Chiaramente se i più ritengono di obliterare questo aspetto è perchè la religione scontauna crisi, c'è un pregiudizio di falsità che si proietta sulla non intimità della religione.Pregiudizio che da ateo non mi premuro certo di smentire.Tuttavia ho sempre pensato che, mentre l'amore è vero solo nell'intimitàla religione per poter essere autenticamente tale dovrebbe proiettarsi fuori.In questo dovrebbe stare il suo servizio, il suo servire l'uomo.In caso contrario la verità di quella esperienza personale non sarebbeautenticamente religiosa, ma sarebbe altro.

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.Ti è mai venuto in mente che l'idea che la religione sia pubblica e che abbia significato solo in un contesto sociale è tipicamente monoteistica? Ti viene in mente che la verità di quella esperienza personale non sarebbeautenticamente religiosa, ma sarebbe altro è un concetto legato alle tre religioni abramitiche, che lascia esterrefatti i praticanti di altre religioni? Dal mio punto di vista, che monoteista non sono, la religione deve prima parlare al singolo,come fanno, per esempio, le religioni orientali assieme a molti altri sistemi religiosi. Solo quando ho sviluppato un certo tipo di etica( onoestà,integrità, rispetto verso ogni forma di vita, rispetto verso me stesso), posso portare i miei frutti spirituali all'esterno. Solo quando ho smesso di vedere il mondo con il mio solito egocentrismo posso far fruttificare nel mondo i frutti della mia crescita spirituale. Solo quando ho imparato a rispettare me stesso e gli altri(checché ne dicano gli ex-monoteisti, molte religioni invitano ad un equo amore per sé e per gli altri) posso servire l'uomo. La religione, nel monoteismo, non invita ad un rapporto personale con il Sacro e ad una ricerca, quanto piuttosto ad un'obbedienza incondizionata e all'accettazione acritica di dogmi e regole. Essa si rivolge così ad una società(la comunità di fedeli) e assumono una dimensione sociale. Al di fuori del monoteismo, le cose sono diverse. Non si parla di comunità, ma di ndividui che assieme cercano(non credono acriticamente) la dimensione più alta dell'esistenza. Parlara di comunità di fedeli è un modo per inibire la ricerca critica e personale in ambito spirituale, masssificando, più che liberando, da inutili dogmi ed idee preconcette.

Mi rendo conto che invece io, che sono ateo, insisto in varie forme sulla pubblicitàdella religione. Come se diffidassi in realtà del fatto che possa parlarsi di vera epropria religione o esperienza religiosa senza pubblicità, sia essa intesa come culto pubblico,o identità collettiva, o sistema di idee in grado di orientare nel mondo.
Si ricollega benissimo a quanto ho scritto. La pubblicità della religione, al di fuori del monoteismo, non è molto apprezzata. Anche nelle religioni naturali, accanto a un aspetto di coesione sociale, ci sono sempre percorsi iniziatici, più mistici, che esulano dal discorso sociale per invitare all'intima ricerca dello spirito.
Come se diffidassi in realtà del fatto che possa parlarsi di vera epropria religione o esperienza religiosa senza pubblicità
Un diffidare che nasce da scarse nozioni su religioni a cui non si è abituati. Non è un insulto, ma un invito a capire che il mondo non è sempre come ce lo descrivono. Ecco, questo è un presupposto di molte religioni non fideistiche: molte delle nostre idee sul mondo sono (pre)concetti che ci impediscono di vederne interamente l'essenza. Bisogna interrogare se stessi e il mondo per rendersi conto dello scarto che c'è tra la nostra visione limitata e il modo in cui le cose effettivamente sono, al di là dei nostri pregiudizi basati sul nulla.
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Dal mio punto di vista, che monoteista non sono, la religione deve prima parlare al singolo,come fanno, per esempio, le religioni orientali assieme a molti altri sistemi religiosi. Solo quando ho sviluppato un certo tipo di etica( onoestà,integrità, rispetto verso ogni forma di vita, rispetto verso me stesso), posso portare i miei frutti spirituali all'esterno. Solo quando ho smesso di vedere il mondo con il mio solito egocentrismo posso far fruttificare nel mondo i frutti della mia crescita spirituale. Solo quando ho imparato a rispettare me stesso e gli altri(checché ne dicano gli ex-monoteisti, molte religioni invitano ad un equo amore per sé e per gli altri) posso servire l'uomo. La religione, nel monoteismo, non invita ad un rapporto personale con il Sacro e ad una ricerca, quanto piuttosto ad un'obbedienza incondizionata e all'accettazione acritica di dogmi e regole.
Mah... io non so molto di religione... però quello che so è che l'obbedienza incondizionata è una "deformazione" dell'idea che sta alla base... ed esiste in religioni mono o politeiste per il semplice fatto che si tratta di esseri umani.Non credo sia il numero di dei che conti insomma, ma la struttura gerarchica che si viene a creare (che sia ufficiale o ufficiosa).La religiosità nasce e dovrebbe nascere da un'esigenza interna alla persona.Se poi ci sono persone che sfruttano la cosa per acquisire potere personale sugli altri, o al contrario, ci sono persone che si affidano completamente ai capi religiosi è un'altra cosa.Proprio per questo solitamente la religione si basa proprio sulla crescita personale prima di tutto (più o meno guidata, questo fa ok, fa parte del gioco).Tu a che religione politeista fai riferimento perchè il tuo ragionamento sembra coerente, però magari applicabile a "classi" di religioni più specifiche piuttosto che ai "superinsiemi" monoteisti-politeisti  :)E invece che cosa intendi per religione non fideistica?
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Jessy, pensavo a te quando Hinzelmann ha scritto quelle parole sulla pubblicità della religione. Volevo scrivere qualcosa al riguardo, ma poi ho pensato: «interverrà Jessy».Anch'io penso che quel concetto sia costitutivo dei tre monoteismi e incamero le tue precisazioni su altre religioni orientali. Però un nucleo di verità c'è anche nell'affermazione di Hinz, e un elemento di torto anche in ciò che tu dici: Culto e Sacro sono termini autoimplicantesi; ora, il Culto è la dimensione pubblica della religione. Tanto più insisti sul Sacro, tanto più devi ammettere il Culto o la possibilità del Culto.Quanto alla domanda finale che Hinz lasciava in sospeso - essere un'esperienza personale non propriamente religiosa, ma «altro» -, ricollocatola nella prospettiva che Hinz fa sua o a cui pensa, la risposta è, credo, a seconda delle soluzioni e inclinazioni personali: decisamente «mistica», oppure «spirituale».

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Mica è del tutto vero quello che dite...Le religioni tribali sono tutte comunitarie, siano esse totemiche che animistiche chesciamaniche. Le religioni orientali a parte il taoismo che però è veramente border lineperchè manca dell'elemento trascendente, siano esse l'induismo o il buddismo,trasudano di elementi cultuali pubblici. Non facciamo l'errore di dimenticareche il Nepal sarebbe uno stato teocratico se non vi fosse l'occupazione cinese e pure ilbuddismo indiano non manca affatto di ritualizzazioni collettive, basta pensare alla liberazionerituale degli uccelli o cose del genere.Credo che le cose cambino in maniera decisiva per lo scintoismo ( spogliato ovviamente delculto imperiale dopo il 1945...) ed il buddismo di scuola giapponese o coreana.

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Mica è del tutto vero quello che dite...Le religioni tribali sono tutte comunitarie, siano esse totemiche che animistiche chesciamaniche. Le religioni orientali a parte il taoismo che però è veramente border lineperchè manca dell'elemento trascendente, siano esse l'induismo o il buddismo,trasudano di elementi cultuali pubblici.
Mi dai ragione, allora? E' il culto che costituisce l'elemento pubblico proprio di una religione, come a me pare? Ma il culto può essere anche privato al limite, come implicitamente dice Jessy. Segno che il primum è l'esperienza religiosa personale dell'individuo. Sia pur desideroso di condividerla con altri.
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Non lo so...E' innegabile che un nesso simile si può riscontrare pure nellesocietà prestatali più arcaiche, forse il legame tende ad assottigliarsinelle religioni pre-sciamaniche, o nelle società pre-agricole, ma non èdetto perchè alcune tribù dell'amazzonia ritualizzano la morte ( pensoai riti di consumazione delle ceneri del defunto ) pur non essendoci lostregone o lo sciamano. Forse però lì l'ambiente a dir poco sfavorevolecostringe a stringere legami comunitari-solidaristici più forti ed è questoche in origine crea il presupposto del culto pubblico.Ed in effetti se la prima ritualizzazione fosse la morte o questa e la iniziazionesessuale, potremmo arrivare ad un concetto genuino di questo bisogno di condivisione.Genuino nel senso che in questi casi non esiste neanche una società in senso proprio.Forse i problemi cominciano col passaggio dalla comunità alla società?Quando il bisogno di condivisione si misura con la sua concettualizzazione ediventa cultura, cioè effettivamente pubblico e non plurale?Forse potremmo accettare la distinzione fra ritualizzazione come condivisione( necessaria ) e culto come pubblicizzazione ( eventuale )

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Culto e Sacro sono termini autoimplicantesi
non lo nego, ma prima viene la ricerca del Sacro, poi il Culto, che è un mezzo con cui l'uomo si relaziona al Sacro. Ci sono poi religioni che, non credendo in un Dio persona, quanto piuttosto nel concetto di Tutto(per cui tutte le cose sono una manifestazione dell'energia sacra) negano un culto vero e proprio. Vedasi il Buddhismo, dove in genere il Buddha non è adorato.
Le religioni orientali a parte il taoismo che però è veramente border lineperchè manca dell'elemento trascendente, siano esse l'induismo o il buddismo,trasudano di elementi cultuali pubblici.
Sì, ma insistono sull'importanza della ricerca spirituale, quindi non sempre danno peso al rito pubblico. Le religioni orientali non negano la società, invitano solo ad abbandonare il dogmatismo( non è sempre vero nell'Induismo) per spingere alla ricerca della Verità Suprema, che può essere raggiunta solo con l'esperienza intima di corpo e mente. Il rito pubblico può aiutare nel cammino spirituale, ma non è il fine della religiosità orientale, che ha sempre favorito individui che sanno andare oltre le convezioni per trovare il senso della propria esistenza, superando la superficialità dell'uomo che,anziché cercare di vivere un rito consapevolmente, spesso lo fa in modo meccanico, senza alcuna consapevolezza. Forse avete capito male la mia risposta: non c'è negazione totale del valore sociale. Semplicemente, prima si rivolgono all'interiorità di ciascun uomo, poi alla società. Molti riti buddhisti sono nati quando il Buddhismo si è diffuso in Asia. Il Buddhismo non ha mai soppiantato le culture prebuddhiste, ma si è impiantato al loro interno, sviluppando riti che sono legati solo al contesto specifico di un paese asiatico, non di un altro. IL Buddhismo prima si è rivolto a ciascun uomo con la sua profondità filosofica, poi ha sviluppato tutta una ritualità nel rispetto delle tradizioni locali. In Giappone, per esempio, i preti buddhisti pregano le divinità shintoiste, offrendo loro tutti i frutti di un'etica onesta, che secondo lo Shintoismo rende benevolenti gli dèi e prospera la nazione. Il Buddha non ha mai dato particolari riti. Come ogfni maestro orientale, ha invitato alla riflessione. IL rito è nato dopo.
Le religioni tribali sono tutte comunitarie, siano esse totemiche che animistiche chesciamaniche.
Ovvio, ma accanto alla dimensione sociale, vi è la dimensione iniziatica, che risponde ai bisogni spirituali profondi dell'uomo. Società e individualità . Lo sciamano è un'iniziato. Solo dopo aver appreso da solo può lavorare per la comunità. E' vero in tutte le religioni naturali. Comunità e iniziazione ai "misteri" molto più individualistica.
taoismo che però è veramente border lineperchè manca dell'elemento trascendente
Il Tao è trascendente e immanente allo stesso tempo. Come è possibile? Per i taoisti, gli opposti si bilanciano. C'è la trascendenza, che è pure immanenza. Questo fa arrovellare gli studiosi occidentali che, come nel caso del Buddhismo, non capiscono come definire il Taoismo.
Ed in effetti se la prima ritualizzazione fosse la morte o questa e la iniziazionesessuale, potremmo arrivare ad un concetto genuino di questo bisogno di condivisione
Giusto. Però non c'è solo l'aspetto sociale. Lo sciamano, lontano dai rapporti con gli altri uomini, deve prima morire e rinascere simbolicamente per perdere tutti quegli attaccamenti, quelle paure, queille limitazioni del suo vecchio io, e trasformarsi in un essere che ha relizzatto l'armonia con sé e con il cosmo. Solo allora celebrerà rituali pubblici. Quello che io nego della tesi è l'aspetto puramente sociale della religione, che invece va di pari passo con quello individuale. L'individuo eleva spiritualmente se stesso, con la propria ricerca del SAcro, e gli altri, praticando assieme a loro.Riguardo al concetto di religioni non fideistiche: religioni che invitano alla ricerca del Divino, permettendo all'uomo di accedere alla realtà divina tramite la propria esperienza religiosa(solitaria o comunitaria), senza dargli dogmi su cui non può porsi delle domande, senza sottometterlo in modo schiacciante all'autorità sacerdotale, come avviene in alcuni gruppi religiosi, dove  i saceredoti pretendono di mediare in toto il rapporto del fedele col Divino, senza portarlo ad una comunicazione personale, in cui il sacerdote sia un amico spirituale, non l'unico ed esclusivo possessore della Verità. Ecco, relgioni che innalzano l'uomo, incentivandone il senso critico: chiamo queste religioni non fideistiche.
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Riguardo al concetto di religioni non fideistiche: religioni che invitano alla ricerca del Divino, permettendo all'uomo di accedere alla realtà divina tramite la propria esperienza religiosa(solitaria o comunitaria), senza dargli dogmi su cui non può porsi delle domande, senza sottometterlo in modo schiacciante all'autorità sacerdotale, come avviene in alcuni gruppi religiosi, dove  i saceredoti pretendono di mediare in toto il rapporto del fedele col Divino, senza portarlo ad una comunicazione personale, in cui il sacerdote sia un amico spirituale, non l'unico ed esclusivo possessore della Verità. Ecco, relgioni che innalzano l'uomo, incentivandone il senso critico: chiamo queste religioni non fideistiche.
Capito cosa intendi, ma tutto ciò che implica qualcosa di non quantificabile è oggetto di fede, per questo non esiste una qualsiasi teoria della spiritualità (o comunque la si voglia chiamare) che non sia fideistica...Se una religione innalza l'uomo, allora "crede" che l'uomo possa essere innalzato, magari in realtà siamo semplicemente un ammasso di cellule nato fortuitamente (e le presunte illuminazioni/armonie etc allora potrebbero solo essere il frutto di autosuggestione etc... e non corrispondono ad un effettivo innalzamento del proprio stato di coscienza), quindi di fede si tratta... no?Anche l'illuminazione, l'armonia etc... sono cose piuttosto soggettive (per quanto siano potenzialmente visibili nel comportamento di una persona...).Uno ci può credere oppure no, da qui la fede o meno.Comunque secondo me, la religione serve, così come serve la politica, le istituzioni e i gruppi naturali o artificiali in generale.E' occasione di trovare persone che credono alle stesse cose a cui crediamo noi stessi.Sono elementi regolatori della società e ne permettono una differenziazione, quindi fino a quando la religione non dice "uccidete tutti quelli che non la pensano come voi" hanno tutte pari valore per me. Anche nel passato è stato così e tutte comunque riguardano il problema "Chi siamo? Che facciamo?" etc... in qualunque modo le si voglia coniugare con i numerosi esempi che portate.Poi le manipolazioni degli altri ci sono sempre, qualunque sia la fede, la religione, il credo... se non è la struttura gerarchica/ecclesiastica è il singolo individuo o il piccolo gruppetto, però... la sostanza cambia poco secondo me...
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Per servire... sì, serve. Perché la religione ha due facce, una politica "di governo delle masse" (ovvero quella che impone una "legge morale", sostituibile in paesi avanzati con l ostato di diritto, le cui basi hanno comunque provenienza religiosa, è inutile negarlo) e una psicologica "di massa", cui la psicologia non può far molto poiché laddove la religione è appunto un fenomeno di "massa" con un suo rituale (vedasi l'energia spirituale di gruppo che nel cristianesimo coincide con l'eucarestia in chiesa) la psicologia è una terapia "personale", pertanto adatta a casi particolari.Inoltre la religione è l'unico appiglio delle regioni povere del mondo, quindi c'è da fare la distinzione tra necessità religiosa in aree ricche del mondo e aree povere.

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Direi che come "risposta al mistero dell'esistenza" non è molto utile.Semplicemente sostituisce il "mistero dell'esistenza" con "il mistero di Dio".L'Agnostico: Chi ha creato l'Universo? Mistero!L'Ateo: Chi ha creato l'Universo? Nessuno, è sempre esistito.Il Credente:Chi ha creato l'Universo? DioE chi ha creato Dio? Nessuno, è sempre esistito.Francamente non vedo tutto questo fascino, nè tutte queste risposte...

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O Almadel, sei molto divertente ma un tantino sgangherato, stavolta.Intanto Agnostico e Ateo NON sono religiosi, quindi è inutile citarli in questa argomentazione. Poi il Credente: crede in un Dio; e - a parte il fatto che il monoteismo NON è l'unica religione - questo Dio è la risposta che offre un senso all'esistenza, indipendendentemente dal problema dell'esistenza del Dio medesimo. Le Fede in dio è semplicemente la fiducia in un disegno intelligente - possibilmente buono.E comunque, non ho parlato di "fascino": ho solo risposto a Devil Boy che mi sembrava aver ridotto la religione a un fatto politico, ricordandogli che essa consiste in ben altro che in quelle sovrastrutture e degenerazioni che commenta.

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Errore, io ho distinto la religione come politica e psicologia di massa. Se guardi dal punto di vista sociologico la nascita di qualunque religione "antica" noti che si è formata in un contesto a-legislativo, in cui era l'unica forma di governo possibile. Allo stesso tempo aveva un'altra funzione fondamentale: alleviare i "dolori" delle masse. La psicologia è una "scienza" recente, tuttavia il bisogno di comunità e cooperazione (comuni a TUTTE le religioni, mono/politeiste che siano) era necessario e fornibile solo attraverso una istituzione politicamente attiva.Io ovviamente ti parlo con target la massa, è evidente che poi esistono i casi particolari sia a livello personale, così come le così dette "religioni moderne", frutto di fenomeni sociologici, urbanistici e culturali.Il punto, comunque, è che le religioni servono, perché in assenza di istruzione e comunicazione perfetta a tutti i livelli in tutte le parti del mondo sono l'unico "strumento" per la stabilizzazione politica e sociale di certe aree. Il fatto che nella storia della terra la religione appaia in qualsiasi contesto rende ciò evidente.Ho capito dove vuoi arrivare comunque, mi stai dicendo che "manco" della visione personalistica della religione. Giusto, ma è un fenomeno recente, non di massa. Le religioni solitamente sono indotte, radicate nel sistema. E' imprescindibile.

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Proprio perchè l'ateo e l'agnostico NON sono religiosi, li ho inseriti in questa argomentazione...Intendevo solo dire che "esistere per caso" non mi sembra molto diverso da "esistere per un piano inconoscibile".Concordo pienamente con DevilBoy, riguardo al personalismo.Adesso vanno di modo i sincretismi, il "cattolicesimo riadattato" e le religioni orientali: una volta non era così.

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Devilboy, non ti sembra di dimenticare la vera ESSENZA, nonché causa, della religione? La quale, non è né un fatto personale né recente: è un fatto collettivo e antico come l'uomo stesso."Chi siamo?", "Donde veniamo?" e blabla vari, ricordi?Almadel, il fatto che né tu né io consideriamo soddisfacenti le risposte religiose, non significa che esse non possano esserlo per altri, no? Sono pur sempre risposte.Il Cristianesimo fornisce risposte a tutte le domande possibili e immaginabili, persino le pause-caffè del Padre Eterno. Non ti sembra abbastanza?

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Yrian, il punto è che io non credo che la religione sia nata da quello. La religione nasce per i motivi che ho scritto prima, a mio avviso (e molti sociologi sono dello steso parere).Credi veramente che alle popolazioni antiche importasse chi li ha creati? Importava creare un sistema di regole comuni e condivise. Solo quello.Tu, uomo post-illuminista, vedi la religione come metodo per spiegare ciò che non conosci in maniera irrazionale. Gli antichi? Era un sistema loro imposto di cui avevano paura, poiché non avevano potere/conoscenza per poter contraddirlo.Nulla a che vedere con domande filosofiche.

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Come colui, il quale dubita che i numi siano o, se pur siano, che si diano pena dei mortali, non vorrò confutare le annotazioni di molti commentatori contro la religione, benché io abbia per certo che, in ogni disputazione, possiamo reperire copia d’argomenti sia a favore sia contro la questione proposta.Non di meno, mi pare conveniente distinguere tra la religione d’un dio e l’opinione che un dio sia:la religione d’un dio, se al meno conserviamo la definizione corrente del vocabolo, porta seco di necessità non solo l’opinione che un dio sia, ma anche la fiducia ch’egli conosca i mortali, che loro provveda, che li ascolti, che li esaudisca e che, quindi, le preci, le cerimonie, i culti abbiano efficacia sia per il dio che li riceva sia per il mortale che li offra. E veramente, se i profitti della nostra conoscenza della natura delle cose fanno sì che possiamo sorridere di statue lacrimanti o sanguinanti, in virtù delle supplicazioni umane, e che possiamo stupire che alcuno confidi che un dio, pur congetturato creatore dell’immensità di tempo e di luogo dell’universo, abbia tuttavia amato e protetto, in una frazione infima di quel tempo e di quel luogo, un solo popolo oppresso e miserabile fra tutti quelli fiorenti sull’orbe terracqueo, eleggendolo quale ricetto esemplare per la sua eterna bontà e quale gleba fertile per la sua divina fecondità; non di meno, la scienza nostra non mi pare possa rispondere, né affermando né negando, alla domanda se un dio, quale causa intelligente di tutto, sia o non sia.Ed essa forse neppure mai potrà, se concediamo, secondo una distinzione antica, che le cause prime ed i fini ultimi del tutto non siano investigati dalla scienza della natura, ma dalla filosofia; non perché la scienza non voglia indagarle, ma perché, come quella che procede dalla nostra esperienza e dalle nostre deduzioni ordinate e necessarie di questa, è difficile supporre possa tenere per certo e conoscere senza dubbio cose che, per definizione, sono fuori dell’esperienza mortale.In somma, domandarsi se sia un dio e rispondere, affermando, alla domanda, non mi pare affatto cosa irrazionale, anzi, benché non necessariamente io consenta colla risposta che affermi, mi pare esercizio propriamente razionale.Altra cosa è confidare che turiboli ed infule e cantilene siano cose grate ai numi, i quali, per compensarci, esaudiscano i nostri voti.Ma, come opportunamente osserva il nostro Alma, se volessimo vietare e reprimere tutto ciò, che ci appaia irrazionale o falso, sarebbero innumere le cose degne d’essere vietate e represse, tanto che forse una città, dove fosse esercitata rigorosamente l’arte del vietare il falso e l’irrazionale, sarebbe piuttosto simile ad un carcere oscuro, che al regno fulgente della verità e della ragione.Perché non poteremmo non convenire che alcuni dovrebbero pure stabilire che fosse vero e che falso, che razionale e che irrazionale:e questi chi sarebbero ?;i magistrati ?;i giudici ?;i dotti ?;i filosofi ?;e perché non affidarsi, dunque, alle tradizioni avite ?.Alcuno m’opporrà:ma il mago, il quale profitta della credulità dell’ignorante, lucrando denaro a compenso di polveri inerti o d’amuleti inefficaci, può essere punito a norma di legge;perché non dovrebb’essere impedito e punito il sacerdote che chieda oboli per elevare preci al nume, promettendone il favore, se né l’uno né l’altro può dimostrare, senza dubbio alcuno, che le sue arti siano efficaci ?. Veramente è difficile discernere nitidamente tra le due cose, definendo rigorosamente in che il sacerdote si distingua dal mago, il pio dal fraudolento, il credulo dal ladro. Non possiamo far altro, a ben considerare, che ripetere le tradizioni dei nostri maggiori, le opinioni prevalenti in un secolo, il culto umano e civile d’una nazione, pur conscii che quel dio, oggi venerato quale nume vero, quel sacerdote, oggi riverito quale vate veridico, domani potrebbero essere disprezzati e conculcati quali numi falsi e ministri mendaci:accadde agli dei Olimpii e Capitolini, nella vittoria di Cristo; accadrà a Cristo od a Maometto, nella vittoria d’altri dei.D’altronde, se ancora tanto radicata è, nel cuore di gran parte dei viventi, la speranza che un padre celeste ed eterno, benevolmente provvido, ascoltandone le preci, porga ausilio ai suoi figli mortali;la domanda, se la religione dei numi sia ancora utile, mi pare affatto inutile, perché non possiamo eleggere se ritenerla o gettarla.Al più, alcuno potrebbe domandarsi se non fosse opportuno escogitare quella d'un dio nuovo ed inaudito:ma a me pare che le nature divine, elucubrate nei secoli dalle menti umane e dotte ed indotte, ormai siano, se non tutte inutili, certo troppe. Anakreon.

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secondo me sotto certi punti di vista le religioni servono ancora anche perchè la gente ha ancora bisogno di credere a qualcosae di qualcosa a cui potersi aggrappare se la vita va a scatafascio

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Cara Figlia di Ally, più che la religione per sé stessa, gli uomini vogliono un dio che assista, protegga, esaudisca, premii e punisca:la pietà verso un tale dio, conscio e provvido del genere umano, appelliamo religione.Non so, dunque, quanto sia razionale porre la questione se la religione sia utile, finché innumeri uomini confideranno in un dio conscio e provvido:l'agricoltore non cesserà seminare ed irrigare il campo, finché spererà che la gleba dia messi.Che se poi ad altri parrà ch'egli s'affatichi sulla sterile sabbia d'un deserto, ciò dimostrerà piuttosto la diversa opinione circa la fertilità del campo, che l'inutilità della fatica per sé stessa.Anakreon.

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Questo post assomiglia ad un altro a cui ho risposto precedentemente. Si chiede: perché la religione non lascia il posto alla scienza? Sarebbe come chiedere alle ferrovie di lasciare il posto ai negozi di profumeria.... sinceramente, penso che la domanda dimostri un concetto errato sia della religiosità che della scienza.La scienza non può e non deve occuparsi di temi etici o spirituali, in quanto travalicano dall'ambito scientifico, innanzi tutto. Se non fosse così, la scienza non sarebbe più tale, diverrebbe filosofia o, peggio, una forma di ideologia. Cioè scientismo, e non scienza vera.La scienza può dirti come fecondare artificialmente le donne o farle abortire, ma non ti dice come e perché sia giusto farlo o meno, e in che situazioni. Non sono gli scienziati a decidere cosa è giusto fare, è la coscienza umana a farlo.Se pretendessimo che fossero gli scienziati a stabilire cosa è giusto fare con le loro ricerche, finiremmo con istituire una casta sacerdotale-scientista che compirebbe non meno orrori di quella religiosa.Comunque, sarebbe sempre una forma di "monopolio della verità", dannoso e liberticida.Inoltre, è falso pensare che la scienza si occupi della "verità", dato che la "verità" non è un concetto scientifico, contrariamente a quello che si pensa.E per "verità" intendo dire quella tradizionalmente intesa, cioè come Verità Assoluta che non deve essere discussa.L'integralismo religioso crede che i suoi dogmi siano indiscutibili. La scienza non ha dogmi, non deve averli, deve avere solo risultati e ipotesi attendibili, e i risultati a cui giunge sono sempre rivedibili e superabili da altri.Di fatto, vediamo che la visione scientifica dell'universo muta di anno in anno e quello che viene dichiarato "scientificamente vero" in un determinato momento storico, viene dichiarato poi "falso" pochi anni dopo.Penso al fatto che quando ero bambino gli scienziati dicevano tutta una serie di cose sull'universo, sull'uomo, sulla vita, sulla storia, che adesso sono state smentite o poste in dubbio, e che in seguito potrebbero essere ulteriormente smentite....La scienza non si salva dal relativismo, come non si salva quasi nient'altro sembra. A cosa "serve" la religione? Certo, il fanatismo serve solo a seminare discordia, odio, disprezzo e violenza. La spiritualità in genere, che non è da identificare con la religiosità istituzionalizzata, serve a quelle stesse cose a cui serve, per esempio, l'arte, lo sport, le passeggiate in montagna, la compagnia degli amici.... a dare un senso alla vita, intendendo un senso di pienezza, di valore, che la scienza non può dare perché non è questo il suo compito.

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NorwegianWood

Rispondendo brevemente al quesito di Almadel. Chi pensa di "esistere per caso" non cerca una risposta al proprio esistere, chi pensa di "esistere per un piano inconoscibile" continuerà a cercarla come fosse un santo Graal. C'è una sottile differenza tra il dire "non esiste un motivo" e il dire "un motivo esiste ma non è dato saperlo". L'uomo non sa frenare la sua curiosità, la sua sete di conoscenza; l'uomo ha bisogno di sapere. Se ha anche solo il sospetto che esista una risposta da qualche parte, per quanto irraggiungibile, non si rassegnerà mai a non sfiorarla, anche solo per un istante. La religione e il senso del sacro, l'esistenza di un Dio o di un intelligent design sono alcune possibili risposte.

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