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Gay ripiegati su se stessi


VolereVolare

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Dream_River

Ma se quelli a cui ti rivolgi sono per l'appunto 'gay insospettabili'cosa dovrebbero fare, sforzarsi di essere più sospettabili?

 

Molti omosessuali sono semplicemente discreti di carattere, mentre altri sono completamente al di fuori degli stereotipi che permettono a un etero di rendersi conto che ha un omosessuale davanti (pensa soltanto a tutta la categoria Bears & Chasers).

 

Secondo me confondi un problema di coscienza politica con un problema d'immagine.

 

Inviato dal mio GT-I9300 con Tapatalk 2

 

 

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@Hinzelmann ti seguo su quanto scrivi a proposito della pop-art. 

Concordo nel riconoscere la "tragicità" di Warhol anche se non sapevo provenisse dal Camp...

so che prima di dedicarsi alla pittura e alla serigrafia lavorava come pubblicitario, illustrava scarpe mi pare...

so che le prime serigrafie erano dedicate a temi molto drammatici -omicidio Kennedy, Marilyn (morta da poco), sedia elettrica, Elizabeth Taylor (molto malata al momento in cui fu realizzato il ritratto), etc...- Ma non son mai riuscito a leggere in filigrana la cultura gay di cui tu dici. O meglio, c'è in alcuni suoi film forse, in qualche serigrafia di nudo maschile...ma non nelle opere più note ecco.

 

Io ho letto, ad esempio, "Gita al faro" della Woolf, i "Buddenbrook" di Mann...ma non vi ho trovato elementi che in termini di stile o contenuto mi aiutino a capire che quella è letteratura "gay", eppure entrambi gli autori erano omosessuali. Ho visto molti film con Marlene Dietrich e non vi ritrovo elementi gay...es., vi ritrovo un gusto per il travestismo che so che in seguito sarà sfruttato da altra cinematografia "gay", come quando Helmut Berger mima Marlene nell'Angelo Azzurro nella "Caduta degli Dei" di Visconti.

 

Se penso ai film di Pasolini o Visconti, se pure in quella cinematografia posso riconoscere degli elementi gay, vedo altresì delle vistosissime differenze...Pasolini che racconta la sofferenza delle periferie o del terzo mondo, Visconti che illustra la decadenza di famiglie aristocratiche o altoborghesi.

 

@Almadel non è che mi devi portar delle prove.

Non comprendo nemmeno quali siano i confini del discorso a dire il vero...probabilmente se fossi stato educato ad identificare elementi di cultura gay, es., nella storia dell'arte o della letteratura, ora li saprei riconoscere.

 

In questa conversazione mi sento come quando parlo di letteratura o filosofia con femministe convinte....ché a volte pare che solo il genere degli autori -nel caso, autrici- legittimi la sussistenza di un filo che lega tutte insieme le loro opere.

Edited by schopy
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In questa conversazione mi sento come quando parlo di letteratura o filosofia con femministe convinte....ché a volte pare che solo il genere degli autori -nel caso, autrici- legittimi la sussistenza di un filo che lega tutte insieme le loro opere.

 

Quest'ultima affermazione mi fa mettere un po' in dubbio la tua buona fede, eh!

Non mi sembra che qualcuno mai scritto una cosa simile.

Per quanto a volte le affinità tematiche siano nettamente superiori

rispetto a quelle di qualsivoglia altra categoria, non è ovviamente una certezza. 

 

La maggior parte delle volte questi "elementi di cultura gay"

non devono neppure essere postulati dai critici,

giacché i rimandi sono ovvi tanto da essere dei veri e propri omaggi.

 

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Io ho letto, ad esempio, "Gita al faro" della Woolf, i "Buddenbrook" di Mann...ma non vi ho trovato elementi che in termini di stile o contenuto mi aiutino a capire che quella è letteratura "gay", eppure entrambi gli autori erano omosessuali. Ho visto molti film con Marlene Dietrich e non vi ritrovo elementi gay...es., vi ritrovo un gusto per il travestismo che so che in seguito sarà sfruttato da altra cinematografia "gay", come quando Helmut Berger mima Marlene nell'Angelo Azzurro nella "Caduta degli Dei" di Visconti.

 

Io credo che ciò dipenda dal fatto che nel momento in cui un autore decidesse di fare intenzionalmente della "letteratura gay", per quanto siano buone le sue intenzioni, non riuscirà mai a produrre qualcosa di letterario. Mann e la Woolf non si sono mai proposti di fare letteratura gay. Hanno creato semplicemente delle opere artistiche seguendo l'ispirazione del loro genio. Dato che sono due omosessuali, in base ad un paralogismo vengono iscritti naturalmente al registro della letteratura gay. Ma è chiaro che sono solo i gay a considerare la loro produzione letteraria come "cultura gay", a trovare degli omaggi, a intravvedere "fili rossi".

Sono delle proiezioni, umanamente comprensibili, ma prive di ogni valore critico.

Edited by akinori
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 Ma è chiaro che sono solo i gay a considerare la loro produzione letteraria come "cultura gay", a trovare degli omaggi, a intravvedere "fili rossi".

 

Veramente, fino a prova contraria, io sono etero. E il filo rosso era bello chiaro perfino per me, che nemmeno lo cercavo.

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Veramente, fino a prova contraria, io sono etero. E il filo rosso era bello chiaro perfino per me, che nemmeno lo cercavo.

 

Figurati se devo mettermi a cercare prove contrarie sul tuo orientamento sessuale :-)

Però una cosa devo confessartela: un/a etero che trascorre molto del suo tempo in un forum lgbtq, mi rende abbastanza sospettoso...Ad ogni modo, può essere, che essendo un'etero, inconsciamente cerchi di adeguarti al pensiero omonormativo per non essere esclusa dal gruppo in quanto "soggetto estraneo"...

Edited by akinori
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Però una cosa devo confessartela: un/a etero che trascorre molto del suo tempo in un forum lgbtq, mi rende abbastanza sospettoso...Ad ogni modo, può essere, che essendo un'etero, inconsciamente cerchi di adeguarti al pensiero omonormativo per non essere esclusa dal gruppo in quanto "soggetto estraneo"...

Considerando che la maggioranza degli utenti di questo forum preferisce i ragazzi direi che non sono poi tanto estranea, se ci pensi bene ^_^

Poi il mio filo rosso l'ho trovato ben prima di finire qui, quando non avevo nessun pensiero omonormativo a cui uniformarmi.

Poi io sono una che preferisce stare dalla parte dei pochi che da quella del branco, così per indole, quindi al massimo avrei dato ragione a te :D

 

@wasabi, come diceva Oscar Wilde, quando certa gente ti dà ragione si prova l'antipatica sensazione di avere torto ;)

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O meglio, c'è in alcuni suoi film forse, in qualche serigrafia di nudo maschile...ma non nelle opere più note ecco.

 

Cioè praticamente tu la vedi, dove Giovanardi vedrebbe la pornografia

 

Beh è ovvio che non sia possibile negarlo nei film come flesh  trash o calore

in cui protagonisti sono bisessuali o marchettari o travestiti, per citare la trilogia

narrativa prodotta da warhol con morrissey

 

Però se tu non la vedessi neanche lì....saresti da ricovero XD

 

Il punto è se tu hai bisogno di vedere un pene per ritenere che

esista traccia di omosessualità...XD

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Poi io sono una che preferisce stare dalla parte dei pochi che da quella del branco, così per indole, quindi al massimo avrei dato ragione a te [ :D]

 

 

 

@wasabi, come diceva Oscar Wilde, quando certa gente ti dà ragione si prova l'antipatica sensazione di avere torto [;)]

 

 

Ok, Viola. Io applico lo stesso ragionamento tuo, solo che il mio "branco" lgbtq è a sua volta una minoranza nel branco eteronormativo. In effetti siamo speculari :-)  Purtroppo i gay meno avvertiti e più superficiali, che non hanno gli strumenti culturali per seguire un discorso dalla prospettiva della "teoria queer", pensano di essere immuni alle critiche e di sbarazzarsi di ogni contestazione alla loro banale omonormatività definendomi un "troll omofobo" :-)

 

Resto dell'idea che lo stesso tentativo di iscrivere una serie di artisti, patrimonio culturale dell'umanità, in una fantomatica "cultura gay", è una pratica tipicamente omonormativa. Altri la pensano come me ed arrivano alle mie conclusioni facendo altri ragionamenti. Bisogna pur farsene una ragione!

Edited by akinori
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(S)ragiono in modo troppo contorto, temo...

@Hinzelmann

No, non ho bisogno di un pene per intravedere traccia di omosessualità e riferendomi ai film di Warhol pensavo appunto a quelli da te citati... @Almadel, forse sono un po' incompetente, e quindi non sempre riconosco i "fili rossi" che per te e Hinzelmann son più che evidenti  :yes:

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@Hinzelmann

No, non ho bisogno di un pene per intravedere traccia di omosessualità e riferendomi ai film di Warhol pensavo appunto a quelli da te citati...

 

E pensare che molti qui credono che il concetto di fallocentrismo lo adoperassi soltanto io e per fini esclusivamente polemici (dato che sono un troll omofobo, si sa -  che guardacaso, però, partecipa ai gay pride, frequenta le associazioni omosessuali del suo territorio e persino i cosiddetti "ambienti gay"  :bye: 

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sono riuscito ad intercettare l'interesse di akinori ed il mio cauto scetticismo sta diventando la sua bandiera...non volevo finisse così.

@akinori, mi scuso per questa pubblica dissociazione...

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privateuniverse

Senti @korio, visto che per te e' un problema essere contraddetto, facciamo che ti do ragione. Va bene cosi'?

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sono riuscito ad intercettare l'interesse di akinori ed il mio cauto scetticismo sta diventando la sua bandiera...non volevo finisse così.

@akinori, mi scuso per questa pubblica dissociazione...

 

Non ho bisogno di te per far garrire la mia bandiera, tesò! Buona vita!

E non avere paura di dire quello che senti, più che escluderti, cosa possono fare?

Edited by akinori
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Bullfighter4

 

 


Secondo me l'avversione verso l'idea di cultura gay, deriva proprio da questa necessità di eliminare le differenze, più che accedere a determinati aspetti della vita, perché le differenze non sono motivo sufficiente per non farlo. Sono due aspetti che osservo continuamente, perché non vedo una reale comunità gay unita, e soprattutto non vedo delle associazioni nazionali far emergere il concetto sopradetto, ma danno l'impressione di voler eliminare le differenze sostanziali, più che formali. Per esempio, io lotto perché sono convinto che il modello eterosessuale sia valido anche per l'omosessuale, questo non implica necessariamente che il gay debba voler perseguire quel modello. Invece, alcune persone lottano per far sì che l'omosessuale sia assimilato all'interno del modello etero, senza lasciare possibilità di scelta libera, infatti si osserva anche qui nel forum che chi desidera fortemente che l'unico modello di coppia sia quello canonico eterosessuale, siano degli avversari convinti di qualsiasi forma che si distacchi dall'idea dell'omosessuale borghese, sobrio e con famiglia.

 

Ciao Greed. Ho trovato molto interessante quello che hai detto. Onestamente vedo un fronte omosessuale molto piu' unito qui in usa che in Italia, e non riesco a capire come mai tutto venga sempre ricondotto ad una presunta voglia di scimmiottare gli eterosessuali, quando e' puramente un problema di diritti civili.

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AndrejMolov89

Secondo me la chiave è il concetto di omonormatività espresso da Akinori. Gli omosessuali non vogliono avere un identità omosessuale che implicherebbe una sorta di influenza sui singoli individui. Akinori al di là dei deliri, ha contribuito a farmi cercare qualcosa sui vari autori, soltanto che io ne faccio un uso diverso. Io ritengo necessario che vi sia una certa unità d'intenti all'interno della minoranza che non si deve esprimere attraverso un fascismo interno, ma attraverso la codifica di una produzione culturale e di desideri comuni. In italia si tende a non voler essere considerati diversi e si rifiuta qualsivoglia cosa che implichi una norma omosessuale e si tende a non costruirsi una vera identità di gruppo con tutti i rischi annessi e connessi, ovvero l'incapacità di diventare un soggetto politico, culturale e sociale. C'è il rifiuto stesso di voler essere diversi, una negazione di questa cosa: i gay che stanno nei circoli, si ghettizzano, i gay che fanno attività di promozione sociale sono degli esaltati eccetera, si tende a cercare di eliminare le differenze ovvero si tende a dissolversi nel magma sociale attuale. L'omonormatività decantata da Akinori è propedeutica a dare unità, a dare una definizione di un soggetto sociale e pur con i pericoli annessi e connessi è necessaria. Secondo me, un omosessuale deve tener a mente questo la sua peculiarità e quello che si sta pretende che venga riconosciuto, ovvero che il modello usato dagli eterosessuali è "assessuale" nel senso che non ci sono condizioni sufficienti e necessarie per non applicarlo anche per gli omosessuali. Questo si codifica nella richiesta di diritti, che non si configurerebbe come un dovere categorico per tutti gli omosessuali di aderire ad un determinato modello, bensì permettere di scegliere il modello che più confà agli individui. Sostanzialmente si lotta per la libertà di scelta e credo che questo sia fondamentalmente l'unico vaccino per evitare l'imposizione di determinati schemi su tutti. Credo che tutti siano d'accordo sulla volontà di dare la libertà di scelta a tutti quanti. Ritengo però che per riconoscere la propria peculiarità deve esserci una cultura di riferimento delimitata e che dia forza a tutti: si può anche rifiutarla, ma dubitare della sua esistenza in quanto tale, implica non essere altro che un elemento mobile all'interno di una falda acquifera. 

Io ritengo che la conversazione sia degenerata, perché non ci si pone le seguenti domande:
-L'influenza degli autori che trattano tematiche omosessuali, le citazioni e riferimenti, costituiscono l'humus per definire tutte le opere a tematica omosessuale una cultura che attraversa trasversalmente tutti i tempi e stili?
-A prescindere o meno di questo filo rosso, questa produzione culturale bruta, è una buona base su cui fondare le basi per una cultura gay in senso stretto?

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S)ragiono in modo troppo contorto, temo...
@Hinzelmann
No, non ho bisogno di un pene per intravedere traccia di omosessualità e riferendomi ai film di Warhol pensavo appunto a quelli da te citati... @Almadel, forse sono un po' incompetente, e quindi non sempre riconosco i "fili rossi" che per te e Hinzelmann son più che evidenti 

 

Il discorso a me pare molto semplice confondi omosessuale con omoerotico

 

E' del tutto evidente che esiste nell'alveo della cultura omosessuale - soprattutto

se pensiamo all'arte figurativa - una componente omoerotica ( da Von Gloeden a

Mapplethorpe etc etc )

 

Negare l'esistenza dell'omoerotismo è praticamente impossibile...al più si può negare

a tali opere la patente di arte considerandole mera pornografia ( che è in effetti ciò che

accade ed è accaduto....attualmente siamo nella fase delle "mostre vietate ai minori di

anni 18 no? Quindi è arte....ma per adulti, fra le proteste di leghisti e cattolici etc )

 

Stabilito che l'arte omoerotica esiste, affermazione su cui pure un reazionario non bigotto

come Vittorio Sgarbi concorderebbe....si tratta di stabilire se ci si ferma qui e la pensate come

Vittorio Sgarbi o se possa esistere una cultura gay

 

Il secondo passaggio sarebbe capire il rapporto fra "icona gay" e "icona pop" oppure

prendere atto del fatto che il Frankenstein di Andy Warhol è un qualcosa che è talmente

camp da essere -in questo specifico caso- forse soltanto camp...il chè implicherebbe la

capacità di individuare qualcosa di camp

 

( ho l'impressione che per molti di voi camp=parrucca stop )

 

Se però si nega che in warhol esista il camp o che il camp avrebbe trasmesso a Warhol 

una "tragicità" ( laddove io ho scritto cose completamente diverse : la tragicità deriva a

Warhol dalla sua infelicità di omosessuale, dalla sua personale incapacità di vivere....non

dal camp in sè ) mi rendo conto che non ci possiamo proprio capire...

 

Figuriamoci allora parlare dell'omosessualità in Thomas Mann....e soprattutto nei Buddenbrook

che è certamente qualcosa di molto più sottile ( sostanzialmente l'amicizia fra Hanno e Kai )

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Akinori al di là dei deliri, ha contribuito a farmi cercare qualcosa sui vari autori, soltanto che io ne faccio un uso diverso

Evidentemente più che un delirio mio erano paranoie di chi vi proiettava il suo, di delirio :yes:

 

 

 


L'omonormatività decantata da Akinori è propedeutica a dare unità, a dare una definizione di un soggetto sociale e pur con i pericoli annessi e connessi è necessaria. Secondo me, un omosessuale deve tener a mente questo la sua peculiarità e quello che si sta pretende che venga riconosciuto,

 

Guarda che io non decanto l’omonormatività, la condanno. Per me semplicemente non deve esistere. Non puoi fondare l’identità di gruppo del movimento lgbtq sull’omonormatività, per un motivo basilare: al suo interno vi sono varie componenti, come suggerisce l’acrostico, ognuna con le sue peculiarità. Ogni normatività, omo od etero che sia, è assiomatica dei flussi di desiderio.

 

 

 


-L'influenza degli autori che trattano tematiche omosessuali, le citazioni e riferimenti, costituiscono l'humus per definire tutte le opere a tematica omosessuale una cultura che attraversa trasversalmente tutti i tempi e stili?
-A prescindere o meno di questo filo rosso, questa produzione culturale bruta, è una buona base su cui fondare le basi per una cultura gay in senso stretto?

Direi di no: non esiste una cultura omosessuale che attraversa tutti i tempi e gli stili, altrimenti dovremmo pensare che Mirone, con il suo Discobolo, sia stato consapevolmente uno degli iniziatori della cultura gay. O che Michelangelo, quando scolpì il David, volesse fare un omaggio a un futuro Mapplethorpe o a Tom of Finland.

Ci sono semplicemente una serie di opere create da artisti omosessuali, in cui questa omosessualità viene “estetizzata”.  Il valore dell’opera è proporzionale alla sublimazione di questo fattore omosessuale. Più l’omosessualità è sublimata, più l’opera è artisticamente valida. Meno l’omosessualità è sublimata, più è difficile distinguere l’arte dalla pornografia.

Per questo non possiamo mettere sullo stesso piano i nerboruti protagonisti dei fumetti di Touko

Laaksonen e l’Apollo di Belvedere, anche se trattano entrambi il nudo maschile – quindi una tematica omosessuale.

 

Riguardo al camp, il libro della Sontag è antiquato. Oggi, sulla scorta dello studio della Hutcheon, il camp è inteso fondamentalmente come queer parody (che ha meno a che vedere con la teoria queer che con le pratiche delle drag queen): questa, che io definirei più correttamente queen parody, veicola, attraverso l’apparente trasgressione degli uomini in trucco e parrucco, un messaggio sostanzialmente funzionale all’ordine costituito. L’esempio di Platinette è eclatante: l’identità di genere diventa trastullo innocuo per la famiglia italiota, con la De Filippi ad officiare sapientemente il rito di appiattimento delle coscienze.

 

Il camp, dunque, è meno che uno stile artistico, un programma politico reazionario.

Il pop non lo ha inventato Warhol – non sono stati i gay ad inventare la cultura pop, ma alcune tematiche omosessuali sono emerse grazie al camp, nel pop.

 

D’altra parte, è difficile esteticamente dare al pop uno statuto artistico pieno: il pop non è stato arte, nel vero senso della parola, ma un gioco con l’arte per propinare al consumatore subdolamente una campagna di marketing occulto. Più chiaramente il pop è stata la più grossa marchetta che pseudo artisti hanno fatto allo scopo di venderci un sistema che già ci aveva comprato e cosificato.

Il pop è la glorificazione del sistema delle merci e dell’ideologia americana, con il suo capitalismo imperialista e la sua democrazia da esportare con le armi nucleari per saccheggiare le risorse energetiche del pianeta, grazie al quale decine di milioni di persone, per decenni, hanno potuto vivere al di sopra delle loro possibilità sulla miseria di una buona parte dell’umanità (ma ora la festa è finita). La sua influenza è stata deleteria nell’arte contemporanea, e molto di quello che nell’arte contemporanea è fuffa proviene dal pop.

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@Hinzelmann

A proposito di Warhol, volevo intendere solo che non avevo mai pensato a Warhol in termini di "camp"...ma non ho letto il saggio della Sontag che tu citi. Posso pure concordare su quanto scrivi a proposito dei Buddenbrook...anche se, appunto, è qualcosa di sottile.

 

Probabilmente mi è poco congeniale l'etichetta di "cultura gay" in ambito artistico/figurativo/letterario proprio a causa della sua "trasversalità". A tuo avviso, quali parametri vanno tenuti in considerazione? L'omosessualità dell'autore è essenziale o accessoria? La narrazione di relazioni omosessuali -seppur in modo implicito, alla Mann- è condizione necessaria e/o sufficiente? E ancora, la rappresentazione di corpi maschili da parte di uomini -o femminili da parte di donne- fa del quadro, della scultura o della fotografia in oggetto un prodotto di cultura gay?

Lo chiedo senza sarcasmo, solo perché vorrei capire quali sono i termini del discorso.

 

Le "icone gay" che tu tiri in ballo -penso a personaggi della musica o dello spettacolo- spesso non sono affatto omosessuali...i loro prodotti artistici sono anch'essi "cultura gay"? E se sì, lo sono perché fruiti maggiormente da un pubblico gay...?

Edited by schopy
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...anche se, appunto, è qualcosa di sottile.

 

Ho capito, ma non è colpa mia se di Thomas Mann hai letto solo

il suo romanzo di esordio e non Tonio Kroger o Morte A Venezia

o La montagna incantata

 

Ed a proposito di essenzialità o meno dell'omosessualità dell'autore

va pur considerato che l'omosessualità di Thomas Mann fu di fatto

platonica, il ché influisce inevitabilmente su forma e contenuti

 

Sull'omoerotismo ho già risposto è una parte dell'arte omosessuale

 

Sulle icone gay neanche ti rispondo...temo sia inutile

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Wei wei, mi sento trattato un po' da deficiente...volevo solo capire il tuo punto di vista sulla faccenda.

Io mi son riferito ai Buddenbrook, tu hai risposto citando i Buddenbrook e sì, ho letto La Montagna Incantata e Morte a Venezia...dal che desumo, dovrei cogliere da me che quella è letteratura gay...

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"Morte a Venezia" l'abbiamo letto tutti, ma è un po' arduo definirla letteratura gay...si tratta di un rapporto platonico, sì, ma di tipo pedofilo. Tadzio infatti è un bambino, non so se ricordate.

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Già in sè mi pare abbastanza "deficiente" nel senso etimologico del termine

chiedermi di indicarti qualcosa sui Buddenbrook, quando hai letto altre opere

di Thomas Mann; ovviamente un autore lo si valuta dal complesso della sua opera

e tale impostazione si giustifica solo se si è letto un'unico romanzo o un unico testo.

 

Altrimenti al prossimo post mi chiederai cosa vi sia di gay in Considerazioni di un impolitico

 

Se poi mi dici che desumi -da ciò che scrivo io - che si via qualcosa  di gay in Morte

a Venezia che dovresti cogliere da te...beh io presumo che tu mi stia effettivamente

prendendo in giro:

 

La moglie di Thomas Mann, Katia, ricorda che l’idea della storia nacque durante una vacanza che fece nella primavera del 1911 con Thomas a Venezia:

« Tutti i dettagli della storia, a partire dall’improvvisa apparizione del pittoresco straniero nel cimitero, sono frutto dell’esperienza... Il primissimo giorno nella sala da pranzo, vedemmo la famiglia polacca, che appariva esattamente nel modo in cui la descrisse mio marito: le ragazze erano vestite in modo abbastanza convenzionale ed austero, e il bellissimo e affascinante ragazzino di tredici anni indossava un vestito alla marinara con colletto aperto e merletti molto graziosi. Attirò immediatamente l’attenzione di mio marito. Quel ragazzo era straordinariamente attraente, e mio marito lo osservava in continuazione con i suoi compagni sulla spiaggia. Non lo inseguì per tutta Venezia - questo non lo fece - ma il ragazzo lo affascinò, e pensava spesso a lui... Ricordo ancora che mio zio, il consigliere privato Friedberg, un famoso professore di diritto canonico a Lipsia, era indignato: "Che scandalo! E perdippiù un uomo sposato e con famiglia!"[1]»

 

Lo stesso Mann menzionò questa storia in una lettera scritta all’amico Phillipp Witkop il 18 luglio 1911, mentre ci stava ancora lavorando:

« Sono nel mezzo di un’opera: una cosa veramente molto strana che ho portato con me da Venezia, una novella seria e pura nei toni, che riguarda un caso di pederastia in un artista attempato. Dirai, "Hum hum!" ma è abbastanza decorosa[2]»
 

Fonte: wikipedia

 

Da Morte a Venezia poi Luchino Visconti ha tratto un film e Benjamin Britten un melodramma.

 

Ovviamente c'è una bella differenza fra ciò che Mann scriveva all'amico ed il modo in cui

il tema viene trattato nell'opera...si potrebbero fare un sacco di riflessioni, più o meno interessanti

ma che tu debba cogliere da me un riferimento all'omosessualità in Morte a Venezia, non esiste proprio

al limite meglio Akinori....che quantomeno si prende la briga di escludere l'omosessualità in base alla

considerazione che - secondo lui - si tratta di pedofilia.

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Vabbè Hinzelmann, non proprio "pedofilia", però nemmeno "pederastia" in senso classico, dato che non esisteva una "pederastia platonica"... Però, è evidente che c'è stata una grande sublimazione, che ha prodotto poi il capolavoro artistico. Come facciamo a definirla "letteratura gay"?

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Mi zittisco qui, ché ogni volta che cerco di mettermi sul piano dell'interlocutore se non fingo già di comprendere con precisione di cosa si sta parlando ne esco malconcio...credevo di poter sostenere questa conversazione...invece pare che no.

 

Francamente non ho capito cosa sia la "cultura gay", cosa faccia di un'opera letteraria "letteratura gay", chi siano i "grandi autori gay" simpaticamente proposti da Almadel eccetera.

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Direi proprio che non sei in grado, non certo per colpa mia però

 

Pure Akinori per escludere l'omosessualità da morte a Venezia deve

ricorrere ad argomenti interpretativi....il chè significa che qualcosa lo

vede, no?

 

Ma se tu non vedi mai niente, di che si discute?

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Hinzelmann scrive:

"Pure Akinori per escludere l'omosessualità da morte a Venezia deve

 

ricorrere ad argomenti interpretativi....il chè significa che qualcosa lo

 

vede, no?"

 

Sicuramente nella "pederastia platonica" di "Morte a Venezia" c'è una tematica che è tecnicamente omosessuale, trattandosi di un'affezione che è rivolta da un adulto verso una persona del suo stesso sesso di minore età. Ma non so quanto convenga puntualizzarlo, perché un argomento omofobico tipico è proprio la confusione "pederatia/pedofilia/omosessualità".

 

Ora, affermare che quest'opera esprima addirittura una cultura gay, non mi sembra molto convincente. Proprio in "Morte a Venezia", di gay non ci vedo proprio niente.

 

Forse dovremmo specificare in che senso adoperiamo il termine cultura. Se intendiamo il termine in senso antropologico, la "subcultura gay" è appunto una subcultura di tipo metropolitano, che possiamo rapportare al camp, alla queen parody di cui parlavo sopra, alle parade etc.

Se parliamo di cultura in senso più ampio, mi è difficile pensare che ci sia qualcosa che si possa definire autenticamente lgbtq, dal punto di vista culturale, al di fuori della queer theory. La cultura lgbtq è una questione filosofica, più che letteraria. In ambito letterario, possiamo riscontrare un filo rosso che lega vari autori a tematiche omosessuali, ma non mi sembra appropriato parlare di cultura gay. In ambito artistico esiste certamente un'estetica gay, ma ho dei dubbi sul fatto che questa estetica abbia prodotto qualcosa di artistico, anche perché non seguo molti diktat dell'arte contemporanea tipo: "tutto è arte", "non è possibile dare giudizi di valore, perché il concetto conta più della rappresentazione", "la pornografia è una forma artistica come la pubblicità", "il brutto ha una sua bellezza" ecc.

 

 

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Ho capito ma se Schopy non vede neanche la "tematica tecnicamente

omosessuale" io con Schopy di cosa posso discutere...di niente appunto.

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Ma se Almadel si sbatte per proporre il bisessuale Rimbaud come alfiere della cultura gay e sostenere che sia maggiore l'influenza che ha avuto nella cultura gay piuttosto che nella cultura internazionale...

E' chiaro che Schopy ha difficoltà a comprendere, la sua reticenza mi sembra in linea con la sua modestia.

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