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Gay ripiegati su se stessi


VolereVolare

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Trovo triste il fatto che un giovane

gay nonostante ne abbia tutti i mezzi

abbi un cosi bassa considerazione della

omosessualità

 

Quindi non solo i locali, anche le iniziative

culturali sono fette di mercato?

 

Ad essere sincero non ho mai partecipato a delle vere e proprie iniziative "culturali" connotate in senso gay...ho partecipato una volta a delle giornate di studi queer, e qualche anno fa ero fisso ad un seminario su tematiche di genere.

Ma mi pareva non se ne cavasse mai un granché, e che la confusione talvolta regnasse sovrana :)

 

D'altro canto, forse mi do la martellata sui piedi più di quanto sia necessario.

Ad oggi non son riuscito a costruirmi una gran considerazione dell'omosessualità in effetti. 

Forse perché non ho mai provato l'esaltante scoperta di cui parla @privateuniverse

 

che avviene quando, magari dopo un lungo periodo di isolamento negli anni dell'adolescenza e della giovinezza, conoscendo altri omosessuali ci si rende conto che certi stati d'animo, certe sensazioni, persino certi gusti erano comuni anche ad altri. Quel dirsi "ma allora non ero l'unico a pensare questo, a provare questo!" 

e, se pure l'ho provata, non ho trovato alcuna solidarietà coi primissimi ragazzi gay conosciuti.

 

E' pur vero che a decidere cosa sia cultura e cosa no spesso son gli "operatori del settore"...io mi diverto un mondo a sbeffeggiare i miei amici che son passati "dall'altra parte", e cioè dal lato dei "produttori" di cultura, e non più dei fruitori.

 

Se mi si chiedesse però se mi sento parte di "qualcosa di più grande" per il fatto d'essere gay probabilmente risponderei di no. A me spiace, ma tolta qualche eccezione le persone con cui mi trovo a mio agio nella vita di tutti i giorni non sono gay...può darsi che io sbagli qualcosa, non lo nego, anche perché non sono troppo soddisfatto della mia esistenza al momento.

Edited by schopy
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  • Hinzelmann

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Certo che non c'è una ingegneria gay e una fisica gay, ma sicuramente c'è una letteratura, una filmografia, una saggistica gay etc ...

 

 


Mi rifiuto anche di dare una qualità differente, ne migliore ne peggiore, a un prodotto culturale perchè prodotto da un gay.

 

Questo non l'ha mai detto nessuno ...

Io dico che sono interessato in modo particolare a temi che in qualche modo mi riguardano, che sento vicini, che mi rappresentano, che rispecchiano la mia sensibilità-

 

Se anche vivessimo in una società ideale, senza discriminazioni, una cultura gay avrebbe sempre ragione di essere, perchè una identità culturale esiste sempre, non va mai forzatamente messa da parte.
Esiste una cultura afroamericana, una ebrea, esiste una letteratura di fantascienza, una per gli appassionati di viaggi ... 

Anche questo non va detto, va negato, cancellato?

 

Freddy Mercury ... va beh, tutto di lui urlava la sua omosessualità, che veniva messa in campo continuamente in modo ultra evidente.

Poi è ovvio che la grandezza musicale dei Queen li rende trasversali e apprezzabili da chiunque.

 

Vogliamo cambiare ambito? Vogliamo parlare di Proust?

Come facciamo a parlare di Proust senza parlare di omosessualità?

Edited by wasabi
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@korio

La tua idea nella sostanza è che una minoranza esiste solo nella misura

in cui esista la paura di una maggioranza nei confronti della minoranza

l'idea astratta da cui muovi, nella sostanza è questa

 

Certo che sbagli...intanto "se fosse" significa che in passato ed oggi così 

non è, potrebbe essere come dici tu in futuro perchè ad oggi la paura c'è

stata e c'è. Anche ammesso in ipotesi che sia solo la paura a costituire la

identità gay, ciò non toglie che esista una sensibilità ed una cultura gay

 

Freddy Mercury non è gay soltanto quando MTV USA vieta la trasmissione

televisiva di I Want to Break Free ( col chè i Queen mai più faranno un concerto

negli USA ) era gay anche quando coi soli baffi, ma senza parrucca...un altro suo

video invece passava e piaceva a tutti.

 

Altrimenti è ovvio che la cultura gay si riduce solo a quella parrucca, solo alla

mera provocazione...ma questo accade non soltanto per il fatto che secondo te

l'identità, la cultura e la sensibilità nascono solo dalla paura, ma anche perchè

tu decontestualizzi il singolo atto di censura dal resto del vissuto di quell'artista

 

Al contrario dovresti ritenere che Freddy Mercury per i tempi in cui è vissuto era

gay ed anche ammesso in ipotesi che in futuro non esistano più gay come lui, 

esisterebbero sempre dei gay che conservano la memoria di ciò che l'omosessualità

è stata.

 

@Schopy Chiediti cosa penseresti di un nero che si trova a disagio coi neri o di

un ebreo che si trova a disagio con altri ebrei....

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Se mi si chiedesse però se mi sento parte di "qualcosa di più grande" per il fatto d'essere gay probabilmente risponderei di no. A me spiace, ma tolta qualche eccezione le persone con cui mi trovo a mio agio nella vita di tutti i giorni non sono gay...può darsi che io sbagli qualcosa, non lo nego, anche perché non sono troppo soddisfatto della mia esistenza al momento.

 

Io capisco che nel quotidiano, purtroppo, possa accadere di non sentirsi parte di una "comunità gay".

Tuttavia io trovo comunque importante sapere che una certa sensibilità omosessuale, che si è sviluppata anche in contesti di comunità, c'è stata e ha prodotto molto (e c'è ancora).

Questo vale a prescindere dalle situazioni contingenti dei singoli gay di oggi. Ed è una cosa che a me piace molto e a cui tengo.

Edited by wasabi
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@Schopy Chiediti cosa penseresti di un nero che si trova a disagio coi neri o di

un ebreo che si trova a disagio con altri ebrei....

Probabilmente mi farebbe un po' pena, perché penserei che è un po' disadattato.

Anche se non è la stessa cosa; un nero nasce da genitori neri, così un ebreo...

io sono nato in una famiglia piuttosto tradizionale, e fino ai 19 anni mi son vergognato delle mie preferenze sessuali.

Ora non è più così.

Se però non son riuscito a trovare nelle frequentazioni/amicizie gay maggior sostegno di quanto ne abbia trovato in alcuni rapporti d'amicizia con ragazzi/ragazze etero, che ci devo fare?

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@Hinzelmann

 

Il discorso secondo me è più basilare. Io non sto dicendo che una minoranza in generale esprime qualcosa in termini di paura.

Sto dicendo invece che la tematica gay è relativa esplicitamente nel dibattito/scontro con la maggioranza etero sulla base di una discriminazione che trova le sue origini nelle religioni monoteistiche. Questa discriminazione esiste dai tempi della cristianità. Tra i Greci non si parla certo di autori "di cultura gay", anche se la tematica gay è espressa molto liberamente in molti autori.

 

Freddy Mercury o Proust sono gay e hanno raccontato nelle loro opere in qualche modo della propria omosessualità. E fin qui non ci piove.

L'omosessualità è dunque una tematica. Una tematica forte. Una tematica attuale. Ma una tematica. Ma non una cultura. 

 

Una cultura significherebbe che esiste un contesto culturale separato e riconoscibile da una forma o da una attinenza non solo nelle tematiche ma anche nello stile, ai gay. In altre parole, io devo vedere una fotografia e dire "questa è arte gay". Non lo posso fare, anche se la foto sono due uomini che si baciano è una rappresentazione della tematica. Che l'artista poi sia gay, è un fattore che comporta una caratteristica personale che in qualche modo traspare dall'opera, ma che non è disgiunta dall'autore stesso. Non saprei come spiegarmi meglio.

 

Voi fate l'esempio di Freddy Mercury, e del suo apparire, che è indubbiamente (voi dite) gay. Questo però vuol significare che esiste una forma espressiva, orientata a un travestitismo o a una serie di atteggiamenti o comportamenti, che devono essere parte di una generalità del contesto gay. Ma sapete benissimo che non è così. Di "Freddy Mercury" ce ne sono in abbondanza fra i gay e gli etero.

E' la sua vita e la sua lotta, con il fatto di avere l'aids, di essere dichiarato pubblicamente in un momento facile, a rendere FORTE il suo personaggio, ma questo, ancora una volta, non rende il suo prodotto culturalmente gay, rende lui invece un personaggio molto forte della cultura anni '80.

 

Facciamo un esempio, e sostituiamo "gay" con "cieco" o con "bipolare". Ci sono opere importantissime fatte da persone con disabilità evidenti. Racconti bellissimi e musiche fantastiche, per dire Bach in tarda età ha composto pezzi  da non vedente, o il caso più emblematico di un Beethoven che ha composto le sue ultime sinfonie da sordo. 

Nel caso della bipolarità, o della depressione, poi si apre un capitolo enorme e trasversale nelle opere. Citare Van Gogh, Tiziano, Stravinskyj, Hemingway solo per dire quelli che mi vengono in mente subito senza andare a cercare su libri, ed è incredibile e non trascurabile l'impatto della propria forma mentale (non la chiamerei disabilità in questo caso) nelle loro opere.

Eppure non parliamo di "cultura cieca" o di "cultura bipolare", nonostante di fatto siano tematiche forti, ci sia una comunità dietro, e ci siano veramente delle caratteristiche forti, esteriori, oggettive, che influenzano direttamente e pesantemente i processi artistici.

 

Perchè allora parliamo di "cultura gay"?

Parentesi sull'argomento "fantascienza". Non c'è una cultura fantascientifica, ci sono tematiche fantascientifiche o letteratura sci-fi, il che significa che si vanno a utilizzare dei temi e delle regole letterarie specifiche per quel settore. Non per questo si può parlare di una cultura "sci-fi".

Differente è il caso di una "cultura new-age". In quel caso possiamo parlare di una cultura. Ci sono degli elementi specifici culturali, legati ad una storia, ad un processo interiore ed esteriore culturale e sociale e religioso, dei tratti artistici caratteristici, con una iconografia più orientaleggiante, musica rilassante e dai toni ripetitivi, l'uso di specifici incensi e un uso molto libero di droghe anche a fini religiosi, etc. Il raffronto fra "new age" e "sci-fi" rende chiaro cosa sto cercando, con i miei limiti elevatissimi espressivi, di dire.

 

Chiudo con una parentesi: i miei interventi non vogliono essere offensivi per nessuno. Sto cercando di spiegare un punto, ma non ho probabilmente gli strumenti dialettici per farlo al meglio. Chiedo scusa quindi per la verbosità.

Edited by korio
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Vogliamo cambiare ambito? Vogliamo parlare di Proust?

Come facciamo a parlare di Proust senza parlare di omosessualità?

 

Come facciamo a parlare di Van Gogh senza parlare di depressione? o di Boudelaire senza parlare di Alcool ? di Leopardi senza parlare di disagio sociale? Sono tematiche queste, sono caratteristiche dell'autore, che traspaiono nelle loro opere. Ma non c'è rispettivamente una "cultura della depressione" una "cultura della sbronza" una cultura del "disagio sociale". Allora perchè di Proust parliamo di "cultura gay"?

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già. @korio propone una chiave di lettura in cui credo di riconoscermi di più.

Questo non comporta che si taccia l'omosessualità di un autore o si disconoscano gli elementi omosessuali in un'opera.

Ma mi sa che per alcuni questo rimarrà il parere di una persona gay "parzialmente" repressa, o che ha introiettato elementi omofobi di cui non riesce a liberarsi del tutto...

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Parlando proprio di censura ... ecco ottimi esempi: tutti sanno che Van Gogh era depresso, che si è suicidato, che la sua opera riflette questa sua depressione: e i colori che usa e il tratto che usa e bla bla, a scuola mi hanno sfracellato i marroni con queste cose (adoro Van Gogh, eh :-)). Su Leopardi ... vogliamo sottolineare quanto chiunque passi per la strada sappia che certe cose scritte da Leopardi sono frutto della sua situazione personale? Io credo di saperlo dalla scuola elementare ...

 

Invece che certe opere sono impregnate di omosessualità (La Recherche di Proust, gli affreschi della  Cappella Sistina di Michelangelo, De Profundis di WIlde, il Simposio di Platone etc... etc  ... potrei fare un miliardo e mezzo di esempi, c'è anche chi avanza dubbi su Saffo...) difficilmente viene detto e uno cresce pensando che non ci sia una produzione culturale fiorente in tal senso.

 

 

Parentesi sull'argomento "fantascienza".

 

Infatti in questo caso ho scritto letteratura e non cultura ... :-)

Edited by wasabi
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Si, ma wasabi, questa cosa cosa c'entra con la cultura gay? Che molti autori fossero o no gay, e che nelle loro opere si parli di omosessualità, cosa cambia con il fatto che si possa identificare o meno una cultura gay? e in che modo ad esempio gli affreschi sulla Cappella Sistina sono omosessuali?

 

Ripeto la domanda di cui sopra:

sei (siete) d'accordo con me che non basta che una persona abbia un tratto distintivo X e/o che parli di X per fare una cultura X? ad esempio se X è "avere un cane", esiste una cultura "avere un cane" se un autore ha un cane e parla di cani?

Edited by korio
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Ti giuro che sono stupito più o meno come se tu mi avessi detto che non capisci la differenza tra cultura ebraica e cultura "avere un cane" ...

 

Si tratta di negare una produzione sterminata in ogni campo artistico,

di negare una specificità storica e culturale di grande rilievo.

 

E perchè poi? Cioè, per dire che non siamo tutti come Freddy Mercury o Oscar Wilde?

Questo lo sappiamo ...

Ma non possiamo prescindere dal fatto che tutta questa produzione culturale c'è stata e c'è,

anche solo per verità storica, se non abbiamo sviluppato un senso di appartenenza.

 

L'ultimo tuo post lo trovo perfino offensivo ...

 

Però io non voglio litigare con te, quindi spero che ti risponda qualcun altro, io ora la smetto ed esco  :P: 

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privateuniverse

Voi fate l'esempio di Freddy Mercury, e del suo apparire, che è indubbiamente (voi dite) gay. Questo però vuol significare che esiste una forma espressiva, orientata a un travestitismo o a una serie di atteggiamenti o comportamenti, che devono essere parte di una generalità del contesto gay. Ma sapete benissimo che non è così. Di "Freddy Mercury" ce ne sono in abbondanza fra i gay e gli etero.

 

"Di Freddy Mercury ce ne sono in abbondanza tra i gay e gli etero"?

 

Ma guarda, io non direi proprio.

 

Comunque, ieri, curiosando su internet (non mi ricordavo se Bruce Dickinson fosse il cantante degli Iron Maiden o dei Judas Priest), ho trovato questo.

 

In addition to the sound, Judas Priest are also known for being revolutionaries in heavy metal fashion. During the band's first few years in the 70s, they sported the typical fashions of the period such as floral-print shirts, leather fringes, and bell-bottom pants (for example, in one of their very early performances on the British TV show The Old Grey Whistle Test in 1975). Starting in 1978, Halford introduced the leather-and-studs biker/S&M look that would become the band's hallmark. He claimed on Behind the Music this was an attempt to find an outlet for the angst caused by his hidden sexuality and gave him a professional reason to frequent S&M shops.

 

Per la cronaca, Halford, il cantante dei Judas Priest, è gay.

 

Ah già, ma tanto è solo heavy metal, non c'è niente di specificamente gay in queste scelte artistiche, un etero avrebbe potuto fare le stesse cose etc. etc. etc.

Edited by privateuniverse
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Forse il rifiuto verso una cultura gay data dalle nuove ed "ex-nuove"generazioni potrebbe esser dato dal fatto che sia tutto un bagaglio proveniente dal passato.

 

Si parla di Wahrol, di Freddie Mercury, ma che cosa offre OGGI una corrente culturale gay? Tolte le cose di nicchia,ovviamente: parliamo dei giovani, di cose quindi che possano essere accessibili a tutti. Forse il cambiamento della società ha in parte fatto si' che la forza data dalla discriminazione mollasse un po' la presa e di conseguenza anche la produzione simbolo di un gruppo che forse all'epoca era piu' "unito" nel combattere?

 

Oggi tutti vogliono essere normali, non è sentita piu' l'appartenenza ad un gruppo, i giovani vogliono sentirsi persone in mezzo a persone e così facendo tutto ciò che è passato sa di stantio, compresi i baffi di Mercury.

 

Quindi, che tutto cio' sia solamente il segno dei tempi che cambiano ? La cultura gay è quindi solo un fantoccio frutto di una discriminazione passata e tendente a disintegrarsi nel tempo quando tutti saremo uniformati a tutti ?

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A me pare che alle domande che ho fatto continuate a non rispondere, ma mi arrendo. Discorso chiuso per me.

Mi metterò a cercare e quando troverò qualche studioso che mi spiega come Andy Warhol sia cultura gay verrò a riaprire l'argomento. 

 

Grazie per i vostri punti di vista, peccato che non abbiate neanche voluto leggere e pensare sui punti che vi ho portato alla luce.

 

Continuate ciecamente a fare esempi di autori omosessuali molto appariscenti senza indicare le caratteristiche per cui si possa effettivamente distinguere una opera "di cultura gay" da un opera "di cultura pop" o dal "rinascimento", e i link dove sta cosa è spiegata e riconosciuta.

 

Invece mi sembra che ogni volta si tocchi il totem della "diversità" ad ogni costo, scattano gli allarmi. Come ho scritto nel profilo, evidentemente io non sono geneticamente gay e mi ritiro.

 

Edit: @GhostHunter77

 

ho tirato fuori io il nome di Andy Warhol.  Non c'è da nessuna parte del discorso artistico mondiale complessivo una associazione fra Warhol e "cultura gay" se non nel ridotto degli attivisti gay.

Nessuno in campo artistico nega e può negare che Warhol sia stato gay o bisessuale, e che nella sua opera ci siano richiami ed aspetti forti a queste tematiche.

 

Ma la sua è POP ART. E' espressione di un mometno storico e culturale dei paesi anglosassoni a ridosso degli anni '50 e '60. E' una evoluzione di immagine e di stile, si rompono i vincoli verso certi stili, l'arte diventa contemporanea, diventa design, diventa multi-mediale. E certamente, il contesto culturale diventa più aperto, c'è la libertà sessuale, la libertà nell'uso delle droghe, la ribellione alle regole che poi porteranno agli anni '60 e alla protesta vero un certo tipo di conformismo.  Si parla di influsso sinistroide in un contesto americano. 

Sono tante le cose. Ognuno apre una tematica, ognuno colora un pezzo del complesso. L'omosessualità ne colora un pezzo. Ma non si può ridurre l'opera di un artista al semplice "essere gay".

 

Ma, ripeto per l'ultima volta, l'appartenere al mondo gay non determina una "cultura". Questo perchè non c'è una identità culturale gay. Non ci sono delle ereditarietà sociali, storiche definite. Non ci sono tratti comuni, se non, ripeto, le discriminazioni. Non c'è un filo socioculturale che lega Alessandro Magno a Proust. 

 

Una persona domani non legge un libro e si identifica con una cultura gay. Può identificarsi con la tematica, la può sostenere. Ma è un'altra cosa, la cultura. 

Se mi volete bannare dal sito per questo fate pure.

Edited by korio
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Ma ti do' pienamente ragione, Korio; proprio per quello mi viene da chiedermi se la cultura gay non fosse soltanto qualcosa di tenuto assieme per forza di necessità, e che si stia sgretolando lì dove queste necessità di lotta ed affermazione inizino a non sussistere più.

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@GhostHunter77, non saprei neanche dirti con precisione

cosa io riconosca di "culturale" oggi: quindi difficilmente 

potrei parlare di "cultura gay contemporanea".

E' sempre meglio parlare del passato: almeno su quello sia d'accordo tutti.

 

Fra cinquecento anni - quando saremo tutti pansessuali -

nelle scuole si studierà la "Cultura Gay" come oggi

noi parliamo di Romanticismo, di Decadentismo o di Neorealismo.

 

Non tutti i Cattolici fanno "arte sacra": alcuni la fanno, altri no, altri alcune volte.

Non possiamo prescindere dal Cattolicesimo di Manzoni quando ne trattiamo:

non tutte le sue opere sono "arte sacra", ma si inserisce in un filone

in cui possiamo studiarlo insieme a Jacopone da Todi e ai Gen Rosso...

Lo studieremo anche parlando di Romanticismo, mi sembra chiaro.

 

Possiamo anche agevolmente parlare di "cultura ebraica":

trattando la valorizzazione della proprie radici semitiche

in persone come Spinoza, Woody Allen e Allen Ginsberg

e notare come la cosa abbia influenzato Freud o Marx

o sia entrata in modo dirompente nella biografia di Einstein

(nonostante sia evidente che non vi sia nulla di "ebreo" nella teoria della relatività...)

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@Almadel

 

E' giusto: non si può prescindere dal cattolicesimo quando si parla di Manzoni. Ma non parliamo di "cultura cattolica" o di "cultura sacra" quando parliamo dell'opera di Manzoni: sarebbe improprio.

Così non possiamo prescindere dall'omosessualità quando si parla di Oscar Wilde. Ma non parliamo di "cultura gay" quando parliamo dell'opera di Oscar Wilde: sarebbe improprio.

 

Tra 500 anni quando saremo tutti pansessuali si parlerà a lungo delle grandi lotte per le discriminazioni dei secoli a cavallo del 2000, ma non si parlerà di cultura gay, così come oggi quando parliamo della storia delle Crociate non parliamo della sacralità e giustezza della lotta fra credenti e infedelie della "cultura della fede", come sicuramente era "propagandata" a molti all'epoca, ma ne guardiamo gli aspetti politici, storici e sociali.

Edited by korio
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i giovani vogliono sentirsi persone in mezzo a persone e così facendo tutto ciò che è passato sa di stantio, compresi i baffi di Mercury.

 

Ma guarda che io mi sento persona in mezzo alle persone anche se parlo di "cultura gay", eh :-)

 

Un grosso ostacolo che noi giovani gay abbiamo rispetto alla conoscenza della cultura gay è che non la assorbiamo in famiglia, non ce la insegnano a scuola e dobbiamo interessarci noi attivamente per scoprirla. Tanto vale dire: " Ma a me che me ne frega ...?".

Per me è un argomento appassionante, per altri una cosa inutile in cui non si riconoscono ...

Anche un afroamericano perfettamente integrato può dire che si sente americano come tutti gli altri e che non si riconosce più nella cultura dei suoi familiari, la differenza è che non negherà l'esistenza di tale cultura. E' la famosa "invisibilità" che  è sempre gravata sul mondo gay a tanti livelli.

 

 

 

ma non si parlerà di cultura gay

 

Si parlerà eccome di cultura gay, come si parlerà di cultura cristiana etc ...

Edited by wasabi
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Ma non direi sia un fatto generazionale o anagrafico...

lo dimostra il fatto che posizioni simili sono condivise da

Korio e Schopy che appartengono a diverse generazioni

ed hanno diverse età.

 

Ovviamente due persone non fanno statistica...lo so pure io

ma non penso che si possa parlare di un rifiuto delle giovani generazioni

quando gli argomenti sono sempre gli stessi....di sempre ( sono cose

che io ho sempre sentito dire dai gay...)

 

D'altronde ci saranno senz'altro giovani gay americani che 

se ne fregano...ma se se ne fregano, neanche gli interessa

affermare o negare l'esistenza della cultura gay.

 

Chi interviene e scrive qualcosa, in realtà si interessa all'argomento

anche se quell'argomento gli suscita delle argomentazioni opposte alle mie.

Altrimenti non perderebbe tempo a sostenere la sua tesi...no?

 

La differenza magari può essere il paese...nel senso che il giovanissimo

americano può anche fregarsene ma resta il corso di studi o il seminario

di cultura Lgbt presso l'università della propria città, con tanto di esami e

voti. L'americano dubita possa continuare ad esistere una cultura gay perchè

la vede riconosciuta e ufficializzata nei corsi di studi dagli etero

 

Il problema è l'Italia...in Italia siamo inchiodati agli stessi argomenti di 30 anni fa

 

D'altronde va pure detto che è anche il paese di Calderoli...

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@korio, probabilmente ciò è dovuto al fatto 

che la "cultura cattolica" è considerata maggioritaria.

Perché a dire il vero io sento parlare sia di "arte sacra"

(l'insieme della letteratura e specialmente della pittura a carattere religioso)

sia di "cultura afroamericana" o di "cultura ebraica".

 

Ci sono vari modi per dividere la letteratura:

uno solamente cronologico (l'Arte del Novecento)

uno di tipo stilistico (il Barocco o le Avanguardie)

uno basato sui contenuti (la letteratura fantastica, l'arte sacra, le nature morte)

uno centrato sulla provenienza geografica (la poesia finlandese, la filosofia tedesca, la pittura fiamminga)

e - perché no? - anche uno sulla classe di età, il genere o l'orientamento sessuale 

(Ci sono festival di filosofia al femminile, di cinema gay e via di seguito).

 

Di preciso perché sia sbagliato dare alle stampe una collana de "I Grandi Autori Gay"

e non lo sia pubblicare "I Capovalori del Fantasy" o "Narrativa Italiana"

piuttosto che "I Poeti del Trecento" è una cosa che non mi è del tutto chiara:

ma può darsi che non abbia letto con attenzione tutti i vostri interventi.

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Invece che certe opere sono impregnate di omosessualità (La Recherche di Proust, gli affreschi della  Cappella Sistina di Michelangelo, De Profundis di WIlde, il Simposio di Platone etc... etc  ... potrei fare un miliardo e mezzo di esempi, c'è anche chi avanza dubbi su Saffo...) difficilmente viene detto e uno cresce pensando che non ci sia una produzione culturale fiorente in tal senso.

m...sarà che ho avuto insegnanti progressisti, ma nessuno m'ha mai negato che nel Simposio si parlasse anche di amore omosessuale :) I gay di oggi scriveranno i libri di testo del domani, perciò niente paura, si correggeranno anche queste mancanze. E tuttavia spero non si faccia davvero di tutta l'erba un fascio...

 

D'altro canto, la collana "I grandi autori gay" sarebbe forse più onesta di certe operazioni commerciali con cui si finge di stampare un'opera di un grande autore del passato collezionando in realtà citazioni a casaccio e facendone un'edizione con un bel titolo accattivante -per i filosofi succede spesso-.

Edited by schopy
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@Almadel

 

io credo che sia legittimo pubblicare e credo siano state pubblicate antologie con il titolo: "I grandi autori gay" come è legittimo pubbilcare  "i poeti del Trecento" e "I capolavori del fantasy".

Ma il fantasy è uno stile letterario, il Trecento è un periodo storico preciso, e l'omosessualità è un orientamento sessuale soggetto a discriminazione.

Nessuno dei tre è una cultura. 

 

Il periodo Pop Art è tale da aver contaminato molti aspetti socio-artistici dell'epoca, quindi è possibile chiamare cultura la Pop Art in senso generale, intendendo non solo le opere ma anche la musica, gli stili di vita, la produzione letteraria.

 

Quando si parla di "arte sacra" o in generale di "cultura sacra" lo si fa senza specificare la religione sottostante proprio per eliminare una caratteristica peculiare dell'opera, la sacralità a cui è ispirata, dalla caratteristica culturale, l'ispirazione ad aspetti religiosi-spirituali-sacri tipici delle religioni a maggior diffusione.

Così arte sacra è sia tutta l'arte iconica ortodossa russa, che le rappresentazioni del Buddha o di Ganesh. L'elemento culturale che li unisce è l'ispirazione all'iconografia spirituale dell'epoca. C'è quindi un aspetto chiaro, visibile, riconoscibile, che ne determina, aldilà del particolare, il filo conduttore generale che li unisce. Si può parlare di cultura sacra, e far riferimento alla cultura sacra cristiana, nel momento in cui si sottolineano le opere del contesto occidentale. Così come si può parlare di cultura sacra indiana, e comprende sia le produzioni artistiche ma anche il contesto sociale, i vincoli religiosi, una storia.

 

A me pare di essere stato chiaro, ma lo ribadisco: non contesto il fatto che ci siano artisti gay importanti, anzi ne ho citati a bizzeffe. Non contesto che nella loro opera l'omosessualità non traspaia. Contesto il fatto che si possa tracciare un filo comune socioculturale fra le opere di autori gay, mettendoli sotto lo stesso cappello di "cultura gay". Questo filo riconoscibile non c'è.

Edited by korio
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Ma il fantasy è uno stile letterario, il Trecento è un periodo storico preciso, e l'omosessualità è un orientamento sessuale soggetto a discriminazione.
Nessuno dei tre è una cultura. 

 

Eh? Giuro che non ho capito :(

"Gay", "fantasy" e "trecentesco" sono tre aggettivi...

Quindi ci sarà una "cultura trecentesca", una "cultura fantasy" e una "cultura gay".

La prima riguarderà tutte le produzioni intellettuali di quell'epoca,

la seconda tutte le produzioni intellettuali su quel tema

e la terza tutte le produzioni intellettuali sulle tematiche omosessuali

o di autori gay o che hanno i gay come target (consapevolmente o meno).

A me pare che fili liscia come definizione.

 

 

A me pare di essere stato chiaro, ma lo ribadisco: non contesto il fatto che ci siano artisti gay importanti, anzi ne ho citati a bizzeffe. Non contesto che nella loro opera l'omosessualità non traspaia. Contesto il fatto che si possa tracciare un filo comune socioculturale fra le opere di autori gay, mettendoli sotto lo stesso cappello di "cultura gay". Questo filo riconoscibile non c'è.

 

Se la tua questione è invece "Cosa hanno in comune le opere di autori gay?"

Mi pare di capire che tu sostenga "Non hanno in comune nulla: è come parlare di cultura bionda"

Nessuno parla di cultura bionda o di cultura mancina e si può dire che a tutti gli effetti non esistano.

 

Questo mi pare un tema molto fruttuoso per una riflessione.

Temo però di non riuscire a trattare il vasto argomento della "cultura gay"

in poco spazio e senza saltare dei passaggi importanti...

 

Il primo momento in cui la "cultura gay" emerge è nel Rinascimento:

quando le opere degli autori greci arrivano finalmente in Europa

dopo le censurate traduzioni e i pochi documenti del Medioevo.

Capitale gay dell'epoca fu la Firenze dei Medici che attirò una corte di omosessuali

a partire proprio da quel Marsilio Ficino che diffuse il Platonismo, traducendo dal greco.

Per questo tanti illustri intellettuali dell'epoca - come Leonardo e Michelangelo -

trovarono l'ambiente culturale adatto alle loro opere.

 

E non sarà la prima volta che una comunità gay avrà i mezzi

per creare arte, permettendo contaminazioni intellettuali fra autori,

sostenendo i reciproci sforzi e condividendo temi e stili.

 

Bisogna ricordare la Parigi a cavallo tra l'Ottocento e il Novecento:

dai poeti maledetti fino a Proust, la sua amicizia con Wilde,

l'influsso su Gide: sù fino a Genet che tenta di rubarne un manoscritto

ma viene salvato dalla galera da Jean Cocteau...

Stili che si intrecciano, ma anche biografie.

Il tema della dannazione ("Una stagione all'inferno" di Rimbaud,

"Sodoma e Gomorra" di Proust, il "De profundis" di Wilde, "L'Immoralista di Gide")

che diventa il tema della galera - peraltro già ricorrente - in Genet.

 

O che dire della San Francisco della Beat Generation, di Burroughs e Ginsberg?

L'omosessualità come tossicodipendenza e la droga come visionarietà?

Come contaminazione e come "santità" della carne?

Così gay da riconoscersi nel primo cantore gay dell'America: Whitman e definirsi "whitmaniani"?

 

O il solare e tragico neorealismo della Roma del dopoguerra:

Pasolini e Saba e Penna e Bassani...

che non solo leggevano gli uni le opere degli altri, 

ma si frequentavano, si difendevano, si pubblicavano.

 

E una comunità e l'altra intessevano reti di conoscenza reciproca:

a volte leggendo di nascosto "libri scandalosi" proprio perché "libri gay"

a volte trasferendosi a vivere nelle città dove c'era una scena gay,

altre volte facendo film da romanzi gay: condividendo icone, amanti e ideologie.

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Mirrimaazduur

Forse Korio preferirebbe parlare di cultura omosessuale più che di cultura gay.

Il punto è mettersi d'accordo su cosa si intenda per "cultura gay", altrimenti si finisce per

ricadere nei soliti discorsi relativistici.

A proposito, Ferrara non era contro il Relativismo. Da quest'articolo non sembrerebbe :girlwacko:

http://www.ilfoglio.it/soloqui/17995

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Possiamo anche distinguere fra cultura omosessuale

e cultura gay contemporanea, con tutti i problemi e le

approssimazioni che si danno nel caso di ogni periodizzazione

o catalogazione umanistica. Wilde e Proust sono sicuramente

già gay

 

E' un falso problema...l'inesattezza potrebbe essere sollevata

come contro-argomento contro qualunque altra classificazione

 

L'essenziale è che non si cada nella trappola di ritenere che "gay"

possa essere solo una espressione riferibile ad un sottoprodotto

destinato esclusivamente ad un pubblico omosessuale

 

E che invece il grande scrittore, sia Proust o Wilde, proprio perchè

letto anche da mia madre ed anche da mio padre, che sono eterosessuali

allora deve essere "universale" e quindi non-omosessuale contro ogni

evidenza di fatto.

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Quel che scriveva @Hinzelmann qualche post fa a proposito della "istituzionalizzazione" di un corso, es., di cultura LGBT ha molto a che vedere con ciò su cui dibattiamo. Perché appunto spesso è l'istituzionalizzazione ciò che conferisce valore ad un certo tipo di studi o di ricerche, e che ne dà pubblicità.

 

In ambito umanistico le regole non sono ferree... @korio ha certe idee, poco scalfibili, a proposito della fantomaticità della cultura gay, io non ci credo perché ad oggi non ho letto studi ben fatti sul tema. Credo poi che siam d'accordo con korio circa l'inesistenza di una fisica gay, un'ingegneria gay...

 

Credo che la ricostruzione, peraltro piacevole, di @Almadel di un filone letterario "gay" necessiterebbe di un vasto apparato di documentazione per essere suffragata; altresì, spesso studi meno documentati son più piacevoli e trovano maggior diffusione.

Temo comunque che non ne verremo a capo fintantoché non denotiamo un significato del termine "cultura" su cui accordarci.

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,Concordo con chi sostiene la non esistenza di alcuna "cultura gay", ma soltanto l'esistenza di autori gay, come del resto non esistono altre sottoculture, tipo la fantomatica "cultura ursina" e cagate simili... non è che avere un gusto in comune genera culture a se' stanti.

Comunque siamo paurosamente ot...ma forse è un bene, vista la non sussistenza di un argomento iniziale...iniziata con uno sterile flame almeno la discussione si è spostata si un oggetto interessante.

Edited by ben81
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I criteri che io utilizzo per la definizione di una "cultura gay"

non sono meno forti di quelli che vengono utilizzati a Lettere

per parlare di "scuola siculo-toscana" o di "letteratura fantasy".

 

Poi è chiaro che il dibattito esisterà sempre.

Rendiamoci però conto che alcuni dibattiti non esistono.

Nessuno mette in dubbio l'esistenza di una "letteratura fantasy"

anche se la definizione di cosa sia "fantasy" è piuttosto vaga,

anche se lo Pseudo-Luciano o Lord Dunsany non userebbero mai un termine simile

e anche se Tolkien, Martin o la Zimmer Bradley nehanno delle concezioni molto diverse.

Noi oggi sappiamo che fare della "letteratura fantastica"

in un "mondo alternativo che ricalchi il Medioevo o l'Età Classica" è fantasy.

 

Se cerchiamo dei "caratteri imprescindibili" rischiamo di mancare il bersaglio.

Alcuni mondi sono davvero alternativi, altri sono collocati in un futuro o in un passato lontani.

A volte l'antagonista è davvero un Malvagio Irriducibile, altre volte è assente o i contorni sono più sfumati.

La magia può essere presente in modo pervasivo, altre volte in modo marginale: a volte è persino assente.

E così via...

 

Paradossalmente la tematica omosessuale è una delle questioni più facilmente definibili.

E' molto più facile parlare di "letteratura gay" che di "letteratura italiana" o di "letteratura barocca".

Perché è più complicato definire "Italiano" un Basile o un Goldoni

o definire "barocco" un Cervantes o un Caravaggio

rispetto a quanto non sia facile definire "gay" un Marziale, uno Shakespeare, un Wilde o un Pasolini.

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E' facile smontare la disordinata e imprecisa omagogia del volenteroso Almadel:
Saba, Penna, Gide, Burroughs, Proust, Leonardo, Michelangelo (ci vogliamo mettere anche Achille, che qualcuno dei presenti qui ebbe l'ardire di definire "la più femmina di tutta l'Iliade", in balìa di chi sa che tipo di proiezione fantasmatica?) NON AVREBBERO MAI PARTECIPATO AD UN GAY PRIDE!
Di conseguenza, non possono essere considerati "autori gay", è lapalissiano!
Nessun gay oggi riuscirebbe a identificarsi con Burroughs (posto che conosca la differenza tra l'autore di "Queer", tradotto erroneamente con "Checca", e quello di "Tarzan").
La "cultura gay" è un'invenzione consolatoria della comunità omosessuale in un determinato periodo storico: quello della rivendicazione dei diritti. Si è così deciso di definire "culturalmente gay" tutto ciò che avesse avuto a che fare con l'omosessualità in ogni epoca storica. Prendendo dei grossi granchi, perché la concettualizzazione e la pratica dell'omosessualità varia a seconda delle culture e dei popoli storici, ed ogni cultura esprime l'omosessualità in modo differente. L'omosessualità dipende dalla cultura, non viceversa.
Achille e Patroclo non sono Dolce & Gabbana (e meno male :P:

 

Esiste invece una sottocultura gay (in senso antropologico - ed è sottocultura in senso classificatorio, non denigratorio, perchè rientra nelle varie espressioni della cultura urbana), la quale non si esprime attraverso il tema dell'omosessualità nelle arti e nelle scienze, ma attraverso la parade, gli spettacoli delle drag queen, il mobbing metropolitano... eventi sociali che dipanano le loro sintesi connettive (gay e lesbo e queer e trans e...) fra il Ghetto e la Giudecca, che spesso mettono in discussione le stesse pratiche omonormative e la loro mimesi eteronormativa, creando delle schize nel dispositivo edipico.

 

La "sottocultura gay" è una questione politica. E politicamente, purtroppo, ha prodotto il "gay edipizzato", perché Edipo è alla base di tutta l'assiomatica del tardo capitalismo (vi rimando al thread apposito).
Credo sia sempre utile ribadire la differenza tra tematiche omosessuali in ambito culturale, storicizzandole, e la sottocultura gay come fenomenologia antropologica.
Altrimenti i meno avvertiti tenderebbero a pensare che Socrate, Platinette, Turing, Mishima, Ermafrodito, Marilyn Manson e Nommo, mitico antenato dei Dogon, facciano parte tutti di un grande e uniforme movimento culturale nato a San Francisco qualche decennio fa, che rivendica la famiglia mulino arcobaleno come ultima territorializzazione eteronormativizzante di quell'Edipo che continua a mortificarla - insieme con ogni espressione della decodificazione capitalistica.

Dalla profilassi alla normofilassi, sarcastica vittoria del biopotere su un corpo ormai definitvamente senza organi - ma non quello dello schizo o del queer -

 

:bye:

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