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Nord vs. Sud


Sweet

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Ad oggi non esiste alcun "progetto federalista"

sul quale io possa pronunciarmi contro o a favore.

E' solo una figura retorica del razzismo,

sostituibile facilmente con "Secessione"

o - dalla seconda metà dei Novanta -

con l'anti-islamismo o la xenofobia tout court

(come si è accorto anche Mike_in the_Breeze;

a proposito, grazie di aver apprezzato la mia indifferenza :sisi:)

 

Per noi "Veneti cittadini" la Lega è il Partito delle Campagne

e come tale viene giudicato nei centri urbani

- spesso non senza una certa spocchia -

ma anche noi vorremmo i vantaggi delle altre due Venezie

(infatti sia il Friuli-Venezia Giulia, sia il Trentino-Alto Adige

hanno uno statuto autonomo già da quarant'anni).

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Mike sicuro che non sia la tua città ad avere qualche problema? Io vivo in Campania e non ho mai visto una persona per quanto maleducata uscire con abiti macchiati e pantofole.

E poi dico ciò che voglio se prima di me si dicono cavolate. :sisi:

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Preferirei che chi non è d'accordo con me

si prendesse la briga di motivare il dissenso,

invece di limitarsi a frecciatine personali

con lo scopo di far nascere un flame nei dibattiti

in cui evidentemente non si sa cosa dire.

 

E' inutile negare che esista una "questione meridionale"

ed è bene dire che la Lega non vuole certo esserne una soluzione.

 

Sarei felice di sapere da te per quale motivo

Dell'Utri e Bossi siedano insieme nel Centro-Destra

e perché Saviano e Rita Borsellino siano a Sinistra

insieme a coloro che - al Nord - espongono il Tricolore.

 

Se hai una risposta, dimmela.

Se non ce l'hai, continua a insultarmi.

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Strano che in questo topic si definiscano "razzisti" alcuni, e non altri, visto che il tono mi sembra uguale, se non peggiore, da parte di quelli che si sentono "accusati".

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Mi sembra che il tono della discussione sia sempre un tantino "acceso"... vediamo di continuare con il dovuto rispetto degli altri e delle loro idee, contestabili ma lecite  :sisi:

 

Appena ho MOLTO tempo leggo i post indietro e vedo se posso mettere giù qualche mio pensiero al riguardo!  :D

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Se io o qualcun altro ha scritto dei commenti razzisti

sarebbe il caso che il Moderatore facesse qualche ban.

 

...ban temporaneo però!  :sisi:

 

...io così come sono contro la pena di morte sono contraria al BAN a vita.

 

Il ban a vita mi sembra una punizione troppo grande... e poi stimola i furbi a ripresentarsi con un nuovo nick (magari mascherando ID in modo da non poter essere identificati) fuggendo così alla resposabilità della punizione invece di affrontarla.

Perchè infondo il ban come le altre pene dovrebbe essere un qualcosa che punta alla rieducazione e non solo a fini punitivi.

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  • 2 weeks later...

Quante cose interessanti in questo topic...

Per me la questione non si pone minimamente, siamo tutti diversi e c'è chi è simpatico e chi no. E lo penso veramente, tra 10 post non dirò che tutti i lillipuziani sono antipatici. Amen.

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Guest burro.e.miele

Premetto che ho letto solamente le domande-guida di chi ha aperto il topic, non ho avuto tempo e voglia di leggere l'intera discussione e quindi il suo sviluppo.

Io penso che sia ridicolo e poco obiettivo negare le differenze tra Nord e Sud Italia. Si tratta di differenze palesi ed effettive, tangibili e spesso oggettivamente incontestabili. 

Ho sempre pensato che l'origine della questione Nord-Sud nasca dall'atteggiamento sbagliato con cui storicamente si sono affrontate le nette differenze tra queste parti del territorio italiano.

Un Paese con tante differenze locali, quale l'Italia, non si doveva assolutamente permettere di intraprendere politiche accentratrici, come quelle che furono prese fin dalle prime espansioni del Regno Sabaudo. L'impostazione centralista, data fin dall'inizio, se da una parte si riteneva potesse essere utile per limitare le tendenze centrifughe di alcune aree del territorio (ad esempio Brigantaggio meridionale), dall'altra non ha fatto che reprimere, soffocare o, come preferisco dire io, anestetizzare le culture locali. Dico 'anestetizzare' perché dopo l'Unificazione, dopo l'agonia dello Stato Liberale, dopo il Periodo Fascista, queste culture locali da uno stato di quiescenza sono lentamente tornate sullo scenario, specie quando queste culture, alcune molto distanti tra loro, per esigenza, sono venute a contatto tra di loro (nella fattispecie questo fenomeno si ravvisa con le massicce ondate di immigrazione interna sulla direttrice Sud-Nord del Paese).

Questa necessità di uniformare, omogeneizzare a tutti i costi la cultura nazionale, il cui apice si ha nel Periodo Fascista, è stata una scelta non opportuna per il Paese. Quando il marchese D'Azeglio disse, parafrasando, che "l'Italia è fatta, bisogna fare gli Italiani", era forse il caso di chiedersi se era davvero necessario cancellare con la forza tutte le caratteristiche pre-unitarie, oppure saperle opportunamente reinserire nel nuovo contesto. Ecco perché il Federalismo*, in Italia, sarebbe stata, fin dalla nascita della Nazione, una scelta probabilmente più azzeccata.

Un Federalismo* che poggia le proprie fondamenta proprio nella forte differenziazione del territorio italiano, sia a livello culturale che a livello socio-economico, il giusto epilogo del travaglio risorgimentale. E forse, ma qui sono tutte ipotesi, tutta accademia, non si sarebbe arrivati a derive prima autoritarie e successivamente totalitarie (come il Fascismo), mancando quella cultura sintetica creata tra fine Ottocento e la fine della WWI, tutta basata sul mito della Nazione, sul rapporto di continuità storica con i fasti del passato, e via dicendo. Ma avanti, chi si sente in continuità con l'Impero Romano? Eppure, fino al giorno d'oggi, molti continuano a tirare in ballo questa favoletta (mi viene in mente il discorso di Alemanno fatto all'approvazione della legge "Roma Capitale"), assurda e irreale, una sorta di storiella preconfezionata, per metterci l'animo in pace, per farci vivere nel passato, allontanandoci dalla mediocrità del presente e dal buio del futuro. Insomma, spero che questi 150 anni di Unità si possano festeggiare non tanto richiamando la Storia passata, menandola sempre con le solite tirate, dal Risorgimento all'Irredentismo, ma avendo il coraggio e la lungimiranza di comprendere quante boiate siano state combinate con questo chiodo fisso dell'accentramento e di aprire una nuova pagina della Storia Italiana, in cui il territorio ritrovi dignità, tutela e considerazione.

 

Detto questo, per quanto riguarda i luoghi comuni, bisogna fare bene attenzione: dove quelli positivi, secondo me, nascono da un atteggiamento culturale e della mentalità tipico di una determinata popolazione locale, probabilmente conseguenza di impostazioni passate, i pregiudizi e i luoghi comuni negativi nascono da semplici torti subiti da una parte e dall'altra. Si sa che siamo un po' tutti come i bambini: invece di fermarci al torto subito, criticarlo, chiedere giustizia e risolvere il problema, creiamo delle etichette da appiccicare senza troppe remore e complimenti a qualunque individuo che vagamente possa ricordarci il torto subito.

 

(*) l'asterisco affianco alla parola 'Federalismo' sostituisce la seguente frase: "che non è quello che propina la Lega, ossia un blando e inefficiente decentramento"

 

--------------

 

 

A me in generale sentir parlare qualcuno con un accento milanese o comunque lombardo fa venire l'orticaria. E' come se quel particolare accento portasse sempre con sé un tono di spocchia.

 

 

 

Sì... da milanese in un certo senso posso anche capire: spesso quel tono di spocchia è accompagnato da un insieme di atteggiamenti detti "da bauscia". È un luogo comune piuttosto diffuso, tanto da poter essere, secondo me, ritenuto vero. Devi tuttavia capire che se molti lo rinnegano, non è per far dispetto o per vergogna, quanto per il semplice fatto che l'occhio non vede sé stesso e nello stesso gregge tutte le pecore sembrano uguali.

Mio nonno diceva sempre che noi milanesi ci comportiamo così, perché un tempo avevamo a che fare molto con chi proveniva dalla campagna (svizzeri, valligiani, brianzoli, 'quelli della Bassa'), i cui costumi e abitudini erano davvero diversi, rispetto quelli del borgo, al limite del ridicolo e del civile. Tuttavia non è da confondere con la ''spacconeria'', atteggiamento che compete, anche qui per luogo comune, a genti di un'altra Urbe  :cool: , quanto con l'alterigia.

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Ma avanti, chi si sente in continuità con l'Impero Romano?

 

Io. Ma presumo sia un altro ben differente discorso.

 

Chiedi se sia stata una politica oculata quella di anestetizzare le differenze locali, istituendo una forzata uniformità nazionale, trascurando colpevolmente le culture autoctone. Chi giudica la Storia, ha il dovere di dimostrare una direttrice alternativa, diceva sempre Mussolini, e, per quanto non mi piaccia, qui non mi sento di negare ragione e avvedutezza. All'alba del Risorgimento era urgente la formazione di una cultura nazionale, occorreva un riadeguamento delle risorse, tale da compensare gli incolmati squilibri tra Nord e Sud; la questione, del resto, non è mai mutata nell'essenza: un Settentrione fiorente, operoso, trainante, e di contro un Meridione rattrappito, sterile sul versante economico, trainato. Era vitale, in una parola, formare un nuovo assetto politico-economico per tutt'Italia, col fine mai celato di riparare alle scempiaggini borboniche. Presi dalla foga patriottistica i Padri non s'avvidero del loro sostanziale fallimento, dacché i sistemi di valori mutevoli furono solo quelli borghesi, mentre il frangente della popolazione più misera (e dunque la maggio parte al Sud), rimase intatto per molto tempo a venire. Avrebbe tentato ancora il Fascismo al perseguimento di frontiere abbattute, ed ancora una volta i sistemi valoriali legati alla terra non si sarebbero sentiti minacciati. Questo per una semplice ragione: contadini e artigiani, classe povera, non sentirono mai, sotto Mazzini né sotto Mussolini, la responsabilità di unificarsi in una nazione. Ben ragionava, a questo proposito, chi ha scritto dell'Unità una missione per pochi; ebbene, l'Italia fu costruita da un manipolo di sognatori, romantici ardimentosi assaliti dall'ideale patriottico, attraverso l'ausilio di una borghesia ghiotta e vorace. I beni dei Borboni furono alienati secondo prezzi irrisori, le costruzioni di opere pubbliche gravarono sulle regioni liberate, ed intanto l'erario torinese acquisiva rinnovato vigore, fino all'abolizione delle tariffe protezionistiche del '62. Agli umili delle classi povere assai poco dovette calere della formazione del nuovo Stato, il loro assenso fu ottenuto solo tramite la promessa di possedimenti terrieri una volta conclusasi l'unificazione; promessa, ovviamente, impossibile da mantenere. La stragrande maggioranza della popolazione, ancora frammentata non avvertiva affatto l'esigenza reale di una Italia unita, ed ancora trasciniamo con l'eredita del disinteresse dei nostri bisnonni. Diversamente avvenne per la guerra d'Indipendenza americana, teatro di furiose battaglie, con messi di contadini abbacinati dall'ideale della unità nazionale. Loro credevano nell'ideale, noi no. Per quanto disastroso, l'accentramento non presentava alternative migliori.

 

Ma se ci sta a cuore il carattere atomistico delle culture, non possiamo omettere la sua ormai perduta realtà. Laddove i moti risorgimentali fallirono, dove Mussolini e compagnia dovettero arrendersi, riuscì lo strumento più mostruoso del Novecento: la televisione. Se da una parte si è fatto vessillo e portatore delle lingua italiana, dall'altra è meglio riuscita, dall'alto della sua aura mistica, a rendere uniformi i costumi, elidendo le spigolature caratteristiche, parificando tutti in una accozzaglia di cittadini senza identità. Ma è questione marginale qui.

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