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Referendum sulla Riforma Costituzionale 2016


Sbuffo

  

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  1. 1. Come voterai al referendum sulla riforma costituzionale?

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    • Scheda bianca/nulla
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    • Non andrò a votare
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Forse no, anzi, probabilmente no, perché il "problema italiano" risiede più negli usi e costumi d'una classe politico-amministrativa che nelle leggi e nei regolamenti scritti.

D'altronde, se non si cambia mai, il problema italiano, cioè la debolezza dei governi e delle maggioranze e la dilatazione dei tempi per approvare le leggi, con conseguente moltiplicazione dei patteggiamenti che regolarmente le complicano e spesso le snaturano, non  sarà mai risolto.

Almeno vediamo se questa riforma offrirà un miglioramento, se non una soluzione piena:

perché non provare?  non mi pare che abbiamo molto da perdere e forse avremo qualcosa da guadagnare.

Per male che vada, avremo lo stesso problema con norme diverse.....

Mi intrometto anch'io: mi trovo generalmente d'accordo con quanto detto da Mario1944, nonostante il fatto che in caso di un palese peggioramento credo che sarebbe molto più difficile intervenire una seconda volta, quindi il ragionamento "perché non provare" io lo applico esclusivamente a QUESTA proposta di riforma.

 

Parlo da iscritta al PD a cui Renzi non è mai andato giù, ma voterò senz'altro sì.

 

Non vedo rosea l'eventualità di una vittoria del no, non solo per la caduta del governo, ma anche perché non voglio vedere come ci uscirebbe la sinistra.

Tra l'altro ho il brutto vizio di seguire la politica anche sui social e leggere di gente anche di sinistra che sostiene che la priorità in questo momento è "mandare a casa Renzi" e che si dichiara prontissima a votare no al referendum solo per questo scopo mi viene il mal di pancia.

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leggere di gente anche di sinistra che sostiene che la priorità in questo momento è "mandare a casa Renzi" e che si dichiara prontissima a votare no al referendum solo per questo scopo mi viene il mal di pancia.

 

Ineffetti la questione tende a spostarsi non sul merito della riforma, ma sul suo promotore in quanto capo del governo:

non per nulla le opposizioni sono in disaccordo su tutto, fuorché sul rifiuto della riforma dicendo esplicitamente che l'intento è far cadere Renzi ed i suoi.

 

Solo per questo sarebbe da votare a favore della riforma:

per far prendere una dolorosa capocciata a tutti questi imbecilli che s'oppongono perché s'oppongono.

 

PS:

Non sono del PD e neppure sono di sinistra (per quanto valga ormai questo concetto e quello opposto di destra.....) e per di più Renzi, indipendentemente dalle ideologie, m'è personalmente maledettamente antipatico  per il suo modo di porsi, di parlare, d'argomentare, perfino di vestire, ma non posso non sperare che abbia buon esito nei suoi propostiti riformatori e rinnovatori non solo della Costituzione;  così a suo tempo guardai con speranza il tentativo rinnovatore (che poi rimase in verbis tantum) di Berlusconi, benché anch'egli come Renzi mi fosse personalmente antipatico, se non altro perché personificava il tipico "bauscia" come lo chiamiamo qui, cioè quello che "so fare meravigliosamente tutto io, guardate e stupite".

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Ma quello che dicono i partiti importa relativamente, i voti non sono dei partiti ma degli elettori (senza contare che una buona fetta degli italiani non si riconosce più in nessun partito).

 

I sondaggi cmq fino ad oggi indicano quasi tutti un vantaggio dei sì, poi c'è una larga parte che è ancora indecisa e sui cui si giocherà la vittoria o la sconfitta.

 

Io penso che un no al referendum sarebbe una grande occasione sprecata, anche perchè le possibilità di cambiare una costituzione non ci sono tutti i giorni e una vittoria del no vorrebbe dire non parlare più di riforme costituzionali probabilmente per i prossimi 10 anni (visto che la scorsa riforma costituzionale fu approvata dal parlamento nel 2005 e ora siamo nel 2016).

 

Senza contare la fase di caos e incertezza che si aprirebbe nel caso di una vittoria del no.

Edited by Sbuffo
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Ma quello che dicono i partiti importa relativamente, i voti non sono dei partiti ma degli elettori (senza contare che una buona fetta degli italiani non si riconosce più in nessun partito).

 

I sondaggi cmq fino ad oggi indicano quasi tutti un vantaggio dei sì, poi c'è una larga parte che è ancora indecisa e sui cui si giocherà la vittoria o la sconfitta.

 

Io penso che un no al referendum sarebbe una grande occasione sprecata, anche perchè le possibilità di cambiare una costituzione non ci sono tutti i giorni e una vittoria del no vorrebbe dire non parlare più di riforme costituzionali probabilmente per i prossimi 10 anni (visto che la scorsa riforma costituzionale fu approvata dal parlamento nel 2005 e ora siamo nel 2016).

 

Senza contare la fase di caos e incertezza che si aprirebbe nel caso di una vittoria del no.

I commenti su Facebook sono quasi tutti per il no.

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Vabbè i commenti su facebook non mi sembrano rappresentativi della popolazione italiana.

 

Poi anche su facebook dipende dalle pagine che si frequentano.

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Vabbè i commenti su facebook non mi sembrano rappresentativi della popolazione italiana.

 

Poi anche su facebook dipende delle due pagine che si frequentano.

Lo spero.

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Ma quello che dicono i partiti importa relativamente, i voti non sono dei partiti ma degli elettori (senza contare che una buona fetta degli italiani non si riconosce più in nessun partito).

 

Sì, ma ci sono molte persone che seguono comunque le indicazioni dei partiti, come s'è visto nei ballottaggi per i sindaci:

io, se fossi stato un elettore della Lega, manco morto avrei votato per un sindaco dei Grilli, eppure....

Edited by Mario1944
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Questo referendum sembra perso in partenza

nì..

dipenderà molto da quanto i "fautori del no" riusciranno a convincere le proprie truppe a non astenersi

-per esempio, pare che adesso ai grullini italicum & riforme non dispiacciano poi troppo, chè stando ai sondaggi del momento rischiano seriamente di vincere-

e non dimenticarti che, essendo un referendum confermativo, non ci sarà bisogno del quorum

Edited by freedog
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  • 2 weeks later...

La Stampa

Nell’ultimo tormentone della politica nazionale - quale data per il referendum costituzionale? - la palla sta per tornare definitivamente al governo e l’enigma potrebbe sciogliersi nell’arco di 72 ore. Quasi certamente lunedì arriverà il via libera della Corte di Cassazione sulla validità delle firme raccolte per indire la consultazione e a quel punto il presidente del Consiglio sarebbe libero di annunciare la data del referendum, la cui determinazione per legge spetta al governo. E la normativa lascia ampi margini al governo, che può liberamente scegliere una domenica tra il 2 ottobre e l’11 dicembre. Renzi potrebbe annunciare la sua decisione in occasione del Consiglio dei ministri del 10 agosto, ma per ora l’unica certezza è un’altra: il presidente del Consiglio continua a coltivare intimamente una forte preferenza per l’ultima domenica di novembre, il 27. Una data che consentirebbe di mettere in sicurezza la legge di Bilancio: in quel periodo potrebbe essere stata approvata da un ramo del Parlamento. 


Si tratta di una preoccupazione che il Capo dello Stato Sergio Mattarella ha fatto presente al presidente del Consiglio: se al referendum vincesse il No alla riforma e dunque Renzi sarebbe costretto a dimettersi, l’Italia si ritroverebbe senza governo, ma almeno avrebbe la “Finanziaria” quasi approvata. Naturalmente la preferenza del presidente del Consiglio per il 27 novembre è mossa, scaramanticamente soprattutto da un interesse politico: quella data consentirebbe a Renzi di disporre di quasi tre mesi, a partire dal primo settembre, per dispiegare la propria campagna elettorale. E a dispetto delle prese di posizioni pubbliche (peraltro molto blande) le due opposizioni più consistenti, Cinque Stelle e Forza Italia, non hanno nulla in contrario ad una campagna “lunga”. 

Certo, Alessandro Di Battista, uno dei leader parlamentari del M5S, ha annunciato una iniziativa originale a sostegno del No: «Sarò in piazza dal 7 agosto al 7 settembre, in motorino per le strade d’Italia. Seguitemi anche su Instagram. Venite con me. Cittadini tra cittadini. Sarà una meraviglia! Girerò tutta l’Italia (isole escluse, purtroppo non faccio in tempo) per spiegare le ragioni del no al referendum sulle riforme costituzionali made in Renzi-Boschi-Verdini. Viaggerò in motorino e percorrerò circa 4000 km». Iniziativa agostana in attesa della campagna d’autunno dei Cinque stelle, ma nelle settimane scorse la raccolta di firme per promuovere il referendum, si è conclusa con un flop dei Comitati per il No, all’interno dei quali i “grillini” avrebbero dovuto garantire l’apporto più consistente. 

E quanto a Berlusconi, nessun contatto con Renzi e il suo entourage, ma un messaggio chiaro da Arcore: il Cavaliere ha bisogno di tempo per tornare in pista e per far insediare Stefano Parisi. Dunque, bene il 27 novembre o giù di lì. Ma di tempo ha bisogno Renzi, anche perché si sta complicando la prospettiva della campagna referendaria: i capofila delle due correnti della minoranza Pd, Gianni Cuperlo e Roberto Speranza, fanno sapere che se non si cambia l’Italicum, l’intera minoranza potrebbe schierarsi per il No al referendum. 

Dice Speranza: «Se stasera entrassi in una macchina del tempo, e ne uscissi nel giorno in cui si vota il referendum, e tutto fosse ancora come oggi, non sarei in condizione di votare Sì».

A loro e in controluce a Massimo D’Alema risponde la ministra Maria Elena Boschi: «Lasciatemi dire senza polemica che chi ci dice: `Se va male questa riforma perché votiamo no in sei mesi ce ne è un’altra pronta´, ha alle spalle trent’anni di insuccessi, che ci dimostrano che non è vero che bastano sei mesi per fare un’altra riforma costituzionale».

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Basta un Sì

 

Vittorio Ferla

 

Esiste un legame tra il referendum che si svolse il 2 giugno di 70 anni fa con il quale gli italiani scelsero per la Repubblica e il referendum che si terrà in autunno per confermare o meno la riforma della Costituzione approvata dal Parlamento? La risposta è sì.

 

Nel 1946 il Sì degli italiani alla Repubblica ebbe, tra le altre, queste conseguenze:

  • l’istituzione di un regime democratico per garantire l’esercizio libero della sovranità popolare e l’efficacia dell’azione legislativa e di governo;
  • il ritorno della partecipazione dei cittadini alla vita pubblica, grazie all’esercizio universale del diritto di voto, alla libertà di associarsi in organizzazioni civiche e sociali e di militare nei partiti politici e nei sindacati, ai referendum abrogativi che, da un certo momento in poi, modificarono radicalmente la struttura sociale e civile del nostro Paese;
  • l’ingresso dell’Italia nella famiglia delle democrazie occidentali, scelta che ha permesso al nostro Paese di essere protagonista della costruzione dell’Europa unita e pacificata, ha assicurato anni di sostanziale sviluppo e prosperità. Possiamo dire, oggi, che gli obiettivi di democrazia, pace e prosperità insiti nella scelta per la Repubblica siano stati raggiunti? Certamente sì.
Perché, dunque, saremo chiamati nuovamente a votare in autunno per un referendum che ha l’obiettivo di riformare quella Costituzione che è stata ed è così importante per la nostra storia? Perché dopo il periodo ‘aureo’ del dopoguerra, durato trent’anni, negli ultimi decenni ci siamo sempre più allontanati da quegli obiettivi per i quali votammo già nel ’46? In primo luogo sappiamo che, almeno dalla fine degli anni ’70, i poteri costituzionali vivono una condizione di ‘democrazia bloccata’, mentre i partiti politici hanno perso il monopolio della rappresentanza, omnipervasivi nelle amministrazioni ma impotenti sulle grandi scelte strategiche. In particolare, l’architettura istituzionale disegnata nella Costituzione non è più in grado di garantire l’efficacia dell’azione legislativa. Ciò mortifica la sovranità popolare rendendo il potere pubblico ‘vuoto’: la sommatoria dei poteri di veto ha peggiorato la qualità delle leggi e compromesso l’azione di governo. E una democrazia in cui i processi decisionali sono lenti e confusi, le decisioni paralizzate e nessuno è responsabile di nulla è più debole ed esposta a rischi autoritari.

 

Servono pertanto istituzioni rinnovate, capaci di rispondere in modo più rapido ed efficace alle domande del nostro tempo e, di conseguenza, capaci di rendere effettivo l’esercizio della sovranità popolare. Le riforme appena varate dal Parlamento vanno proprio in questa direzione: una democrazia capace di governare, in cui i soggetti pubblici decidono e rendono conto delle decisioni adottate.

 

In secondo luogo, queste modifiche hanno una ricaduta positiva sulla partecipazione popolare. Una democrazia che semplifica i processi decisionali e rafforza l’azione dell’esecutivo è una democrazia che garantisce l’effettività del diritto di voto dei cittadini. Inoltre, la riforma appena varata contiene strumenti di partecipazione più ampi: il ricalcolo del quorum per la validità dei referendum abrogativi, l’introduzione del referendum propositivo, l’obbligo per il Parlamento di discutere le proposte di legge di iniziativa popolare. Altro che rischio per la democrazia!

 

In terzo luogo, bisogna ricordare che per contare davvero in Europa serve adeguare rapidamente la propria legislazione interna alle direttive europee e garantire una stabilità politica agli esecutivi che vanno a negoziare a Bruxelles. Su questi due punti l’Italia è tradizionalmente fragile e il motivo è sempre lo stesso: la debolezza del sistema politico-istituzionale. Un Paese instabile non è un buon partner negli accordi, non può nemmeno lontanamente aspirare a difendere con la necessaria determinazione gli interessi nazionali né può avere quel profilo autorevole indispensabile per promuovere il cambiamento nelle politiche europee.

 

La riforma costituzionale che voteremo in autunno, viceversa, crea le condizioni per invertire questa tendenza. Insomma, il legame tra il referendum del 1946 e quello del 2016 è più stretto di quanto si pensi. Adesso è arrivato il momento di completare l’opera, approvando la riforma a lungo attesa.

Edited by Rotwang
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Qualche utente mi saprebbe indicare qualche sito, blog o articolo non fazioso che documenti in modo quanto più oggettivo, imparziale e esaustivo possibile i pro e i contro della riforma costituzionale?

Sono frustrato perché sto cercando di informarmi ma non trovo altro che fonti che cercano di tirare acqua al proprio mulino o opinioni di parte di gente che difende a spada tratta il proprio adorato schieramento politico preferito, al punto che non riesco a capire quanto siano affidabili le informazioni che ottengo.

Edited by wwspr
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Qualche utente mi saprebbe indicare qualche sito, blog o articolo non fazioso che documenti in modo quanto più oggettivo, imparziale e esaustivo possibile i pro e i contro della riforma costituzionale?

Sono frustrato perché sto cercando di informarmi ma non trovo altro che fonti che cercano di tirare acqua al proprio mulino o opinioni di parte di gente che difende a spada tratta il proprio adorato schieramento politico preferito, al punto che non riesco a capire quanto siano affidabili le informazioni che ottengo.

 

Difficile trovare qualcosa di totalmente imparziale, nel senso che ogni persona ha la sua opinione sulla riforma.

 

Questo ad esempio è un sito che cerca di fare una disamina piuttosto dettagliata della riforma.

http://www.lastessamedaglia.it/2016/04/il-referendum-di-ottobre-spiegato-facile-facile/

 

Qui il Corriere ha cercato di elencare 

i 10 motivi per il sì:

http://www.corriere.it/politica/cards/dieci-buoni-motivi-votare-si-governi-saranno-piu-forti/bicameralismo-addio_principale.shtml

i 10 motivi per il no:

http://www.corriere.it/politica/cards/dieci-buoni-motivi-votare-no-il-senato-resta-porra-veti/ancora-due-camere-campo_principale.shtml?refresh_ce-cp

 

Qui c'è l'appello dei costituzionalisti per il sì:

http://www.federalismi.it/ApplOpenFilePDF.cfm?artid=31888&dpath=document&dfile=25052016120117.pdf&content=Primo+piano+-+Le+ragioni+del+s%C3%AC+-+Appello+dei+costituzionalisti+favorevoli+alla+riforma+costituzionale+-+stato+-+documentazione+-+

Qui l'appello dei costituzionalisti per il no:

http://www.federalismi.it/ApplOpenFilePDF.cfm?artid=31890&dpath=document&dfile=25052016121018.pdf&content=Primo+piano+-+Le+ragioni+del+no+-+Appello+dei+costituzionalisti+contrari+alla+riforma+costituzionale+-+stato+-+documentazione+-+

 

Qui c'è il sito del comitato per il sì:

https://www.bastaunsi.it/

Qui il sito del comitato per il no:

http://www.referendumcostituzionale.online/

 

Qui c'è il testo della riforma costituzionale nel caso volessi leggertela:

http://www.camera.it/_dati/leg17/lavori/stampati/pdf/17PDL0038060.pdf

Edited by Sbuffo
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Che casino sta diventando sta vicenda. La nuova linea non credo faciliti il lavoro al fronte del sì. Beh, speriamoci.

 

Inviato dal mio HUAWEI VNS-L31 utilizzando Tapatalk

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Sono molto combattuto su cosa votare. Da una parte voterei sì, perché in qualche modo la vedo una marcia in più: d'altra parte ci siam sempre lamentati degli eccessivi costi della politica..dall'altra però, c'è qualcosa che non mi torna. Preferisco informarmi meglio prima di decidere definitivamente. Ora come ora voterei probabilmente sì, comunque.
Quello che non mi convince è l'iter di approvazione delle leggi, più semplificato...cioè, boh? Questa cosa un po' mi spaventa...

Edited by Olorin
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non è che è una domandina un po' troppo difficile per la maggior parte degli italiani quella su cui si vota, visto che non riuscite a districare veramente le conseguenze di un si e di un no ?

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L'Huffington Post

 

Luciano Violante

 

Il referendum non è il giudizio universale, ma non è una scelta banale

 

Il referendum non è il giudizio universale e sono sbagliate le previsioni catastrofiche dei sostenitori dell'una o dell'altra alternativa in caso di vittoria degli avversari. Tuttavia non si tratta di un banale adempimento. Il voto deciderà il futuro del nostro sistema politico: se confermare l'assetto del 1948, che peraltro era stato criticato anche da autorevoli costituenti, come Calamandrei e Dossetti, o scegliere per il cambiamento. 

Poiché non ogni cambiamento è di per sé migliorativo, occorre guardare i contenuti della riforma, se essi, al di là delle imperfezioni tecniche, segnano davvero un miglioramento. È in discussione il futuro del Parlamento, del Governo, delle Regioni e di alcuni moderni diritti di partecipazione dei cittadini. L'instabilità, dodici governi negli ultimi venti anni, verrà finalmente superata? Cesserà il dominio del Governo sul Parlamento con la sequenza decreti legge-maxiemendamenti-fiducia? Le grandi infrastrutture strategiche saranno finalmente decise a livello centrale? Si potranno riattivare forme di partecipazione dei cittadini alle decisioni politiche?

 

La riforma risponde positivamente a questi interrogativi. Poiché una delle grandi difficoltà delle democrazie occidentali è costituita dalla estraneità dei cittadini alla politica, dovrebbe essere particolarmente sottolineata quella parte della riforma che riconosce il diritto dei cittadini al referendum propositivo e a vedere prese in esame entro un determinato termine le proposte di legge di iniziativa popolare, che oggi finiscono in un cestino. Si tratta di novità che, insieme ad una nuova legge elettorale che non sacrifichi la rappresentanza dei cittadini, potrebbe riattivare il circuito virtuoso tra società e politica.

 

Due importanti personalità, l'ex presidente del Consiglio Massimo D'Alema e l'ex presidente della Corte Costituzionale Ugo De Siervo, entrambi contrari alla riforma, hanno minimizzato gli effetti di una eventuale vittoria del No, sostenendo che non sarebbe successo nulla, come non è successo nulla dopo la vittoria del No nel referendum del 2006 che respinse la riforma del centrodestra.

 

Quella riforma aveva aspetti preoccupanti: il presidente del Consiglio avrebbe potuto addirittura sciogliere direttamente la Camera dei deputati, tenendola quindi sotto costante ricatto. È stato un bene bocciarla. Ma proprio quella vicenda ci dice quanto è difficile riprendere il filo delle riforme dopo una bocciatura popolare. Dopo la bocciatura, come dicono le due illustri personalità, non è successo nulla. Appunto! Dal 2006 al 2016 abbiamo continuato con l'instabilità: sei governi in dieci anni, contro i tre della Germania e della Gran Bretagna, scelte di breve respiro, mutevolezza delle regole dovuta all'avvicendarsi delle maggioranze politiche. Nel 2018 dovrebbero tenersi le prossime elezioni politiche ed è evidente anche al più sconsiderato ottimista che l'attuale situazione di instabilità istituzionale, abusi regolamentari, lentezze decisionali si trascinerebbe ancora sia in questa che nella prossima legislatura.

 

Tacciare di conservatorismo chi sostiene il No è sbagliato. Come è sbagliato accusare di propensione all'autoritarismo i sostenitori del Sì. Il confronto può e deve essere civile. Il Sì e il No hanno pari dignità e meritano uguale rispetto. Ma hanno effetti del tutto diversi e di questi effetti occorre discutere.

 

Il contenuto della Riforma

 

La riforma non riguarda la Prima Parte della Costituzione (Diritti e Doveri dei Cittadini), ma solo la Seconda Parte (Ordinamento della Repubblica)

 

1. Questi i punti essenziali della Riforma:

 

a) La fiducia è data e può essere tolta dalla sola Camera dei Deputati, come avviene in tutte le democrazie parlamentari. Oggi per la fiducia occorre il consenso di entrambe le Camere, ma per sfiduciare un governo e farlo cadere basta il voto di una sola delle due Camere (è una eccezione in tutto il panorama delle democrazie parlamentari).

 

b ) I componenti del Senato sono 95 elettivi (invece degli attuali 315) e 5 nominati dal Presidente della Repubblica, più gli ex presidenti della Repubblica.

 

c) Sono previsti due distinti procedimenti legislativi; uno bicamerale, come oggi, che riguarda solo poche leggi di particolare importanza (ad esempio le leggi costituzionali) ed uno monocamerale che riguarda tutte le altre leggi: il Senato può proporre entro tempi assai brevi ( da 10 a 40 giorni, a seconda dei casi) modifiche ai testi approvati dalla Camera sulle quali quest'ultima decide in via definitiva. Ci sarà maggiore rapidità e soprattutto più chiarezza.

 

d) Il Senato svolge una intensa attività di controllo: sulle politiche pubbliche, sull'attuazione delle leggi, sull'attività delle pubbliche amministrazioni, sull'impatto nei territori delle politiche della Unione Europea.

 

e) La riforma prevede che i decreti legge debbano contenere misure immediatamente applicabili, e di contenuto specifico, omogeneo e corrispondente al titolo. Cesserà quindi l'abuso dei decreti legge che oggi possono riguardare qualunque materia e possono dettare regole anche per materie tra loro eterogenee.

 

f) Oggi il Capo dello Stato non riesce, di fatto, a rinviare alle Camere una legge di conversione di un decreto legge perché altrimenti farebbe scadere il termine dei 60 giorni entro il quale il decreto dev'essere convertito. La riforma prevede che quando il Capo dello Stato chiede alle Camere il riesame della legge di conversione del decreto legge, il termine per l'efficacia del decreto slitta da 60 a 90 giorni. Quindi c'è maggiore possibilità di controllo sulla maggioranza parlamentare e sul governo.

 

g) Il governo perde così uno strumento per poter ottenere leggi in poco tempo. In compenso, con la riforma, può chiedere alla Camera di deliberare sui progetti di legge di particolare importanza per il governo entro un termine scelto dalla stessa Camera tra 70 e 85 giorni.

h) Sono sottratti alle Regioni poteri di legiferare in materie che riguardano l'interesse nazionale . Apparterranno allo Stato le competenze sulle grandi infrastrutture strategiche, sul coordinamento della finanza e del sistema tributario, sulla tutela e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici, porti e aeroporti civili di interesse nazionale e internazionale.

 

i) Lo Stato può intervenire al posto di una Regione quando bisogna tutelare l'interesse nazionale oppure l'unità giuridica o economica della Repubblica (come nella Costituzione tedesca).

 

j) A compensazione della riduzione dei poteri, le Regioni attraverso i loro rappresentanti in Senato parteciperanno alla legislazione nazionale e alle attività di controllo sul governo nazionale.

 

k) Sono potenziati i diritti dei cittadini: 

- è previsto, per la prima volta, il referendum propositivo;
- le proposte di iniziativa popolare devono essere necessariamente prese in esame dalle Camere nei tempi previsti dai Regolamenti parlamentari mentre oggi restano in genere nei cassetti del Parlamento; a questa disciplina più garantista è collegato un maggiore impegno dei cittadini perché oggi sono necessarie 150.000 firme e non più 50.000; oggi i cittadini italiani sono un po' più di 60 milioni mentre nel 1948 erano un po' più di 41 milioni; oggi inoltre tramite la rete è più facile raccogliere le firme.
- Quando i proponenti del referendum abrogativo raccolgono almeno ottocentomila firme (invece di 500.000 che è il numero minimo perché il referendum sia ammesso), la proposta è approvata se ha partecipato alla votazione non la maggioranza degli elettori, ma la maggioranza dei votanti alle ultime elezioni per la Camera dei deputati e, naturalmente, se è raggiunta la maggioranza dei voti validi.

 

l) È prevista una nuova forma di controllo sulle leggi elettorali; prima della loro entrata in vigore una minoranza di parlamentari ( un quarto dei deputati o un terzo dei senatori) può chiedere alla Corte Costituzionale di verificare la costituzionalità di una qualsiasi legge elettorale; questa possibilità è prevista anche nei confronti dell'Italicum. Chi è contro l'Italicum quindi, dovrebbe votare Sì per poter dare alla minoranza della Camera o del Senato la possibilità di chiedere una deliberazione preventiva di costituzionalità su questa legge elettorale.

 

Obiezioni e repliche

 

1. Obiezione È una svolta autoritaria.
Replica Non è esatto. Il presidente del Consiglio, comunque si chiami, non potrà porre la fiducia al Senato; non potrà abusare come oggi dei decreti legge. Il governo sarà sottoposto al controllo del Senato per tutto quanto riguarda le politiche pubbliche, l'attuazione delle leggi, il funzionamento delle pubbliche amministrazioni. I 56 ex presidenti della Corte costituzionale e costituzionalisti che sono per il No hanno scritto nel loro documento: "Non siamo tra coloro che indicano questa riforma come l'anticamera di uno stravolgimento totale dei principi della nostra Costituzione e di una sorta di nuovo autoritarismo".

 

2. O. L'Italicum dà troppi poteri al Presidente del Consiglio.
R. L'obiezione ha qualche fondamento, ma non si vota sull'Italicum; la Corte costituzionale prenderà in esame nei primi giorni di ottobre le eccezioni di costituzionalità sollevate dai tribunali di Messina e di Torino. Se prevalesse il Sì, la minoranza parlamentare potrebbe inoltre chiedere un giudizio di costituzionalità sulla intera legge (v., sopra, lettera l). È evidente inoltre che sta prendendo piede anche all'interno della maggioranza l'idea che quella legge elettorale vada cambiata.

 

3. O. L'elezione dei senatori da parte dei consigli regionali sottrae il potere di scelta ai cittadini e non è chiaro come verranno eletti.
R. Non è esatto. Il Senato non può tornare ad essere un doppione della Camera e perciò, come in Germania e in Francia, non è scelto direttamente dai cittadini. Tuttavia, la riforma rinvia ad una legge successiva (che potrà essere discussa e approvata solo dopo la vittoria del Sì, necessaria perché la riforma sia efficace) in base alla quale i senatori saranno eletti dai consigli regionali, ma "in conformità alle scelte espresse dagli elettori". Questo significa che la rosa dei candidati sarà determinata dal voto degli elettori e, all'interno di questa rosa scelta dagli elettori, i consigli regionali eleggeranno i loro senatori.

 

4. O. Il bicameralismo paritario non è mai stato un fattore di instabilità.
R. Non è esatto. Nel 1994 il centrodestra guidato da Berlusconi vinse bene alla Camera, ma non al Senato, dove la maggioranza si costituì grazie ad alcuni senatori che passarono al centrodestra, pur essendo stati eletti in altre liste. Nel 1996 Prodi fu autosufficiente al Senato, ma non alla Camera. Nel 2006, ancora, Prodi, vinse alla Camera ma non al Senato e ne 2013 è accaduta la stessa cosa a Bersani. Oggi il governo Renzi, si basa al Senato sui voti del gruppo del senatore Verdini, uscito da Forza Italia.

 

5. O. La stabilità è data dalla forza dei partiti, non dalle regole.
R. È vero. Ma se i partiti non hanno né forza né credibilità, dovremmo forse attendere che essi riacquistino queste doti? Evidentemente no. Perciò oggi servono quelle regole per la stabilità e la rapidità che la Costituzione non prevede perché il funzionamento delle grandi istituzioni politiche fu delegato ai partiti, senza fissare regole istituzionali. D'altra parte tutte le grandi democrazie hanno in Costituzione regole per la stabilità.

 

6. O. Le grandi riforme devono unire. Questa, invece, divide ed è stata approvata non da una grande maggioranza del Parlamento, ma solo dalla maggioranza di governo.
RLe cose stanno diversamente. All'inizio per ben tre volte la riforma è stata votata anche da Forza Italia (che ha votato anche l'Italicum). M5S ha votato contro sin dall'inizio per ragioni pregiudiziali, indipendentemente dai contenuti. Poi, dopo l'elezione del Capo dello Stato, per ragioni che non riguardavano la persona del Presidente Mattarella, Forza Italia ha cominciato a votare contro. Se il centrosinistra avesse sospeso l'esame della riforma a quel punto avrebbe ceduto ad un cambiamento di posizione di un partito (che sino a quel momento aveva votato a favore) per ragioni estranee alla riforma costituzionale. D'altra parte se la Costituzione vigente prevede all'articolo 138 che le riforme costituzionali possano essere approvate anche dalla sola maggioranza assoluta dei senatori e dei deputati, come in questo caso, è segno che non sono obbligatorie grandissime maggioranze. Infine, tutte le grandi scelte dividono le comunità nazionali. Il Paese, al momento del Referendum tra Monarchia e Repubblica, si divise in due metà con conflitti aspri tra i sostenitori dell'una o dell'altra soluzione. La divisione netta avvenne in Francia, quando ci fu il referendum sulla proposta di riforma costituzionale proposta da De Gaulle nel 1969. L'abolizione della schiavitù negli USA, che costituiva una grande questione costituzionale, fu addirittura una delle ragioni della guerra civile americana (1861-1865).

 

7. O. Renzi ha fatto male a personalizzare il voto quasi si votasse su di lui e non sulla riforma costituzionale.
R. L'obiezione è giusta. Renzi ha fatto male a personalizzare; ma ha riconosciuto pubblicamente l'errore e ha smesso.

 

8. O. Se prevalesse il No non sarebbe un grande guaio; si potrebbe rifare una riforma costituzionale più gradita alla maggioranza degli italiani.
R.Non sarebbe così semplice. Le forze che sostengono il No sono compatte nell'avversare la riforma, ma sono tra loro incompatibili e divise sul da farsi. In ogni caso dall'ultima bocciatura referendaria avvenuta nel 2006 (riforma del centro destra) sono passati dieci anni e si sono succeduti cinque governi (Prodi, Berlusconi, Monti, Letta, Renzi). Possiamo attendere altri dieci anni in una situazione di instabilità governativa, confusione legislativa e mancanza di certezze per il mondo produttivo italiano?

 

9. O. Era migliore la riforma del centrodestra bocciata dal referendum del 2006.
R. Non è esatto. Quella riforma era davvero una riforma autoritaria. Il Presidente del Consiglio entrava in carica senza un voto di fiducia esplicito della Camera; poteva nominare e revocare direttamente i ministri; poteva sciogliere la Camera a sua discrezione.

 

10. O. I senatori sono troppo pochi e come potranno svolgere contemporaneamente il doppio lavoro, quello di consiglieri regionali e quello di componenti del Senato?
R. I senatori non sono troppo pochi. In Germania, paese di 80 milioni di abitanti circa, i Senatori sono 69. E il cosiddetto doppio lavoro viene svolto egregiamente tanto dai senatori tedeschi quanto da quelli francesi.

 

11. O. Perché costringere a dare un solo voto a una riforma che tocca questioni così disparate? Io potrei essere d'accordo con l'abolizione del bicameralismo paritario e non essere d'accordo sul tipo di ripartizione di poteri tra Stato e Regioni; ma sono costretto a dare un solo voto.
R. L'obiezione ha certamente un senso, va rispettata ed è sostenuta da alcuni autorevoli costituzionalisti. Tuttavia l'art. 138 della Costituzione vigente dice "Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare...." (art. 138) e quindi sembra prevedere che il voto riguardi legge costituzionale nella sua interezza, non parti di esse. Questa interpretazione è confermata dal testo dell'art. 16 della legge n. 352 del 1970 che riguarda appunto questo tipo di referendum: " Il quesito da sottoporre a referendum consiste nella formula seguente: «Approvato il testo della legge di revisione dell'articolo... (o degli articoli ...) della Costituzione, concernente ... (o concernenti ...), approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale numero ... del ... ?»; ovvero: «Approvate il testo della legge costituzionale ... concernente ... approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale numero ... del ... ?». L'articolo dispone chiaramente che la domanda sia una sola e riguardi la intera legge. Infine, occorre considerare che nelle riforme costituzionali di così vasta portata molte norme sono strettamente connesse le une alle altre; consentire un voto per parti separate potrebbe produrre scompensi gravi nel sistema costituzionale. Io voto nel referendum riguarda quindi l'intera legge ed è frutto di un giudizio sintetico e unitario su tutte le disposizioni della legge.

 

Perché il sistema costituzionale italiano è improntato al principio di non decisione?

 

Nella nostra Costituzione mancano, per precise ragioni storiche e politiche, norme dirette a garantire la piena capacità di decisione dell'ordinamento. Dopo la Liberazione dal nazifascismo si fronteggiavano due coalizioni, una delle quali, Pci e Psi, faceva espresso riferimento all'Unione Sovietica e l'altra, Dc con i suoi alleati, faceva riferimento agli Stati Uniti. Le prime elezioni politiche dell'Italia repubblicana, che si sarebbero tenute nel 1948, avrebbero deciso anche della nostra collocazione internazionale: se avesse vinto il blocco Pci-Psi saremmo finiti nell'orbita dell'Unione Sovietica; se avesse vinto, come poi vinse, il blocco moderato saremmo stati attratti nell'orbita occidentale. Diritti fondamentali, libertà, rapporti tra pubblico e privato avrebbero avuto assetti completamente diversi se avessero vinto i filosovietici o i filoamericani. Conseguentemente, ciascuno dei due blocchi vedeva come una iattura la vittoria dell'altro, nutrendo sfiducia nella altrui capacità di rispettare le regole della democrazia. Per queste ragioni si evitò di formulare regole costituzionali a garanzia della stabilità e si affidò ai partiti il governo del sistema politico. Giorgio Amendola ne spiegò le ragioni in Assemblea Costituente:

 

"Si è parlato del tentativo di dare alla nostra democrazia condizioni di stabilità con norme legislative. È evidente che una democrazia deve riuscire ad avere una sua stabilità se vuole governare e realizzare il suo pro- gramma; ma non è possibile ricercare questa stabilità in accorgimenti legislativi...e c'è il fatto nuovo e positivo della formazione dei grandi partiti democratici, che sono condizione di una disciplina democratica...Oggi la disciplina, la stabilità è data dalla coscienza politica, affidata all'azione dei partiti politici".

 

Il sistema ha funzionato sino a quando i partiti sono stati in grado di adempiere alla funzione indicata da Amendola. Quando sono entrati in crisi il sistema ha cominciato a perdere colpi in misura crescente. D'altra parte i costituenti, al di là della retorica della "costituzione più bella del mondo" erano ben consapevoli dei limiti del sistema che avevano messo in piedi.

 

Così Giuseppe Dossetti si espresse nel 1951, solo tre anni dopo l'entrata in vigore della Costituzione.

 

"Questo sistema [...] è stato strutturalmente predisposto sulla premessa di un contrappeso reciproco di poteri e quindi di un funzionamento complesso, lento e raro, sì come quello di uno stato che non avesse da compiere che pochi e infrequenti atti sia normativi che esecutivi, perché non tenuto ad adempiere un'azione di mediazione delle forze sociali , e tanto meno... un'azione continua di reformatio, di propulsione del corpo sociale [...]".

 

Questo giudizio critico sulla Seconda Parte della Costituzione fu comune a molti degli stessi costituenti e riflette una diffusa preoccupazione che rimase tale sino a quando i partiti ebbero la forza di costruire e governare i processi politici. Il 4 settembre 1946, ad esempio era stato approvato in seconda sotto- commissione dell'Assemblea costituente l'ordine del gjorno Perassi, che appariva frutto della consapevolezza dei rischi cui andava incontro quello specifico ordinamento della Repubblica:

 

"La Seconda Sottocommissione, udite le relazioni degli onorevoli Mortati e Conti, ritenuto che né il tipo del governo presidenziale, né quello del governo direttoriale risponderebbero alle condizioni della società italiana, si pronuncia per l'adozione del sistema parlamentare da disciplinarsi, tuttavia, con dispositivi costituzionali idonei a tutelare le esigenze di stabilità dell'azione di Governo e ad evitare le degenerazioni del parlamentarismo".

 

La riforma pertanto tende a rispondere all'allarme di molti costituenti, da Calamandrei a Mortati, portando in Costituzione quelle regole della stabilità e della funzionalità che erano state tenute fuori e affidate ai partiti.

Edited by Rotwang
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Renzi ultimamente sta tenendo un basso profilo, preferendo, rispetto all'approccio "uno contro tutti", convincere alla sua riforma una serie di opinion leader della sinistra moderata: da Prodi a Scalfari, che oggi pubblica il suo editoriale della Domenica incentrato sulla telefonata che Renzi gli ha fatto alcuni giorni fa, che aveva come tema l'incontro di Ventotene ma che certamente aveva come secondo obiettivo quello di avviare una cauta "captatio benevolentiae" sul referendum costituzionale

 

http://www.repubblica.it/politica/2016/08/21/news/scalfari_renzi_manifesto_europeo_ventotene-146352548/

 

mi sembra un approccio intelligente: l'Italia è un paese complicato, settario e frammentato, i toni forti non sempre producono risultati, e bisogna riconoscere che Renzi sta imparando a modulare la sua azione politica

Edited by conrad65
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Per le cosce della Boschi gran sollevamento popolare, ma del signor Ruggeri non parla nessuno. Edited by paperino
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La Repubblica

 

Mediatori al lavoro per evitare lo scontro nel Pd sul referendum costituzionale. Ma nonostante le buone intenzioni - Vasco Errani, l'ex presidente dell'Emilia Romagna è in prima linea tentando di ricucire il rapporto con l'Anpi, l'associazione dei partigiani - i fronti del No e del Sì si agguerriscono, la contrapposizione si esaspera.

 

Il 5 settembre a Roma si terrà un'assemblea per sostenere il No al referendum, che vede tra gli organizzatori Massimo D'Alema. Inviti sono stati spediti ai bersaniani Speranza, Stumpo, Zoggia, Gotor, Fornaro, oltre che ai parlamentari del Pd che hanno già sottoscritto un documento contro la riforma della Carta voluta da Renzi, come Franco Monaco e Angelo Capodicasa. D'Alema chiama a rapporto mezzo partito per discutere e sondare chi è disposto a un comitato "La sinistra per il No", e ci saranno alla convention di settembre anche l'ex ministro Flavio Zanonato, Carlo Pegorer, l'europarlamentare Antonio Panzeri. Un bel gruppo di dem, perché il tam tam si estende e si ingrossa a livello locale, nei circoli. Una spina nel fianco di Renzi.

 

Reazioni da non sottovalutare. Il sindaco di Bologna, Virginio Merola in un'intervista lancia l'allarme sul nodo "molto più profondo" che la spaccatura sul referendum, svela: "Io avverto il rischio di una frattura irreparabile. Temo che ci si rassegni a costruire due partiti in uno, pronti a tirare le fila dopo il voto. Una cosa per me intollerabile a Bologna dove è nato l'Ulivo. Perché o siamo capaci di fare tutti insieme l'interesse dell'Italia oggi, in sei mesi che saranno decisivi con tensioni economiche e sociali fortissime, o tutto il Pd si condanna all'inutilità". Per Merola, schierato con il Sì, "Renzi deve fare fino in fondo il segretario e farsi carico dell'unità del partito, proponendo lui per primo e subito una nuova legge elettorale. Un Italicum più democratico, con gli elettori che scelgono i parlamentari in collegi uninominali... Bisogna svelenire un clima che altrimenti diventa irrespirabile". E se non lo fa? "Porta il Pd a sancire una spaccatura tra due partiti, una formazione neocentrista e minoranze irrilevanti pronte a rifare i Ds. Questo è il momento di scelte forti e urgenti".

 

La rottura con l'Anpi, che si sta consumando, mettendo la sordina ai partigiani non invitati alle Feste dell'Unità o avvertiti di non fare campagna per il No, è solo la punta dell'iceberg? Matteo Orfini, il presidente del Pd, circoscrive il "caso Anpi". A Carlo Smuraglia, alla guida dell'associazione dei partigiani, rivolge l'invito a salire sul palco della Festa dell'Unità di Roma, o dove preferisce per confrontarsi sul referendum. Però niente stand di propaganda e soprattutto "non tiriamo in ballo la Resistenza che è di tutti". "L'Anpi è ufficialmente invitata alle Feste dell'Unità, ma fare i banchetti di propaganda per il No non è possibile". Per il Pd e il premier Renzi la riforma costituzionale è la madre di tutte le battaglie quindi il Sì al referendum è blindato. "Hanno mancato di rispetto verso la storia dell'Anpi", ha accusato in un'intervista a Repubblica Smuraglia, ritenendo "per rispetto di se stessi" opportuno evitare le Feste perché i partigiani non possono esprimere liberamente le loro idee e posizioni. Replica Debora Serracchiani, la vice segretaria: "Confrontarsi con tutti e fare valere le ragioni del Sì è non solo opportuno ma nell'interesse di chi ha promosso il referendum". Però "niente ricatti". Quindi ok al dialogo con l'Anpi, no agli ultimatum, ad esempio sull'Italicum da cambiare.

Edited by Rotwang
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Renzi: "Si vota nel 2018 comunque vada il referendum."

 

Specifichiamo che il suo governo cadrà in caso di vittoria del No e si formerà un governo tecnico per la nuova legge elettorale del Senato per le future elezioni politiche.

Edited by Rotwang
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@@Rotwang, come ti avevo detto in altra sede, lo scenario proposto da @@Hinzelmann era quello più probabile in caso di vittoria del ''No''.

 

La conferma di tutto ciò - oltre a minare ulteriormente Renzi presso l'elettorato - aumenta la probabilità che il ''No'' vinca, se mai non fosse stato già così. La possibilità di avere una legge elettorale del Senato (in quali tempi e in che modo?) toglie in parte lo spauracchio dell'ingovernabilità per le prossime elezioni politiche (anche se poi la riforma vorrebbe mettere mano anche su altri aspetti che - in caso di voto negativo - non verranno, almeno nell'immediato, cambiati - come invece da più parti auspicato).

Edited by Layer
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La Stampa


 


La tragedia del terremoto ha silenziato lo scontro dentro la politica e il Pd sul referendum e sulle modifiche all’Italicum. Ma il dibattito ricomincerà dal punto in cui è stato sospeso. Pier Luigi Bersani, pur con il tono che si addice a giornate di lutto, butta un sasso nello stagno: «Non vedo ancora una vera intenzione di modificare la legge elettorale. Ci sono due mesi e mezzo per rimediare al combinato disposto tra legge elettorale e riforma elettorale. Vedrò cosa si fa e poi dirò come voto», avverte l’ex segretario Pd tenendosi le mani libere. 


 


Matteo Renzi non ha cambiato idea: di cambiare la legge elettorale, venendo incontro alla sinistra interna, per ora non se ne parla. L’obiettivo dei prossimi mesi resta la campagna referendaria per il sì al referendum di novembre e per questo saranno concentrate forze e energie del Pd proprio a partire dalle Feste dell’Unità. Il premier è pronto al confronto con l’Anpi sulle ragioni del sì e del no anche se tra impegni a Roma ed il G20 in Cina, i primi giorni di settembre sembrano occupati. Ma la richiesta di fare modifiche alla legge elettorale è destinata a cadere nel vuoto. Ed anche i ricorsi alla Consulta, che si riunirà il 4 dicembre, non sembrano spaventare il governo.  


 


Davanti al muro renziano, la minoranza dovrà scoprire le carte: Roberto Speranza, che ha presentato la proposta del Mattarellum 2.0, ha già chiarito che senza modifiche alla legge elettorale, che riequilibrino gli effetti della riforma istituzionale, voterà no al referendum. Una scelta che sembra destinata a non essere solo personale dentro la minoranza. «Sono per questi boschi da molto tempo e so quando si fa sul serio e quando si fa solo ammuina», è la metafora di Bersani per criticare l’immobilismo di Renzi sull’Italicum. Comunque, aggiunge, «ci sono due mesi e mezzo per rimediare al combinato disposto tra legge elettorale e riforma elettorale». Altrimenti, avverte, «davanti alla Costituzione ognuno è libero di decidere come crede». 


 


Ma oltre alla minoranza, qualche crepa sull’Italicum si è aperta anche nella maggioranza del Pd. Dopo Dario Franceschini, anche Andrea Orlando dei Giovani Turchi, nelle scorse settimane, ha sostenuto che «sarebbe ragionevole una norma che eviti il doppio turno». Per garantire la governabilità, secondo il Guardasigilli, «un premio di maggioranza proporzionale al risultato potrebbe evitare le coalizioni forzate e al contempo garantire buone probabilità di governabilità».  


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Ho nuovamente bisogno del vostro aiuto ^^’

 

Recentemente mi sono studiato la riforma costituzionale (o perlomeno i suoi riassunti) e mi sono sorti un sacco di dubbi, che vi vorrei presentare nella speranza che qualche anima buona e più informata abbia due minuti da perdere per delucidare:

 

1) Il nuovo Senato dovrebbe essere composto da consiglieri regionali e sindaci. Ora: questa gente ha il dono dell’ubiquità? Come fanno a ricoprire due incarichi istituzionali geograficamente localizzati in parti diverse d’Italia? O forse il fatto che non possano materialmente scaldare entrambe le poltrone non ha importanza?

 

2) Apparentemente le regioni avranno meno peso legislativo. Alcuni opinionisti citano la cosa come un punto a sfavore della riforma, ma non ho capito perché.

 

3) Il sito del comitato che si oppone alla riforma lamenta del fatto che gli organi di garanzia andrebbero in mano alle future maggioranze parlamentari frutto dell’Italicum. L’affermazione preoccupa ma non ne capisco la motivazione, dal momento che i cambiamenti riguardanti l’elezione del PdR e della Corte Costituzionale mi sembrano minimi.

 

4) Sono onestamente sconvolto dal fatto che si richieda un sostanziale “voto sulla fiducia” per quanto riguarda l’assegnazione dei seggi del nuovo senato, che verrà normata in un secondo momento. Non mi sembra affatto una cosa da poco, considerato che i futuri senatori godrebbero dell’immunità parlamentare, eppure nessuno degli opinionisti che si sono scagliati contro la riforma hanno menzionato la cosa. Mi sono perso qualcosa?

Edited by wwspr
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Ho nuovamente bisogno del vostro aiuto ^^’

 

Recentemente mi sono studiato la riforma costituzionale (o perlomeno i suoi riassunti) e mi sono sorti un sacco di dubbi, che vi vorrei presentare nella speranza che qualche anima buona e più informata abbia due minuti da perdere per delucidare:

 

1) Il nuovo Senato dovrebbe essere composto da consiglieri regionali e sindaci. Ora: questa gente ha il dono dell’ubiquità? Come fanno a ricoprire due incarichi istituzionali geograficamente localizzati in parti diverse d’Italia? O forse il fatto che non possano materialmente scaldare entrambe le poltrone non ha importanza?

 

2) Apparentemente le regioni avranno meno peso legislativo. Alcuni opinionisti citano la cosa come un punto a sfavore della riforma, ma non ho capito perché.

 

3) Il sito del comitato che si oppone alla riforma lamenta del fatto che gli organi di garanzia andrebbero in mano alle future maggioranze parlamentari frutto dell’Italicum. L’affermazione preoccupa ma non ne capisco la motivazione, dal momento che i cambiamenti riguardanti l’elezione del PdR e della Corte Costituzionale mi sembrano minimi.

 

4) Sono onestamente sconvolto dal fatto che si richieda un sostanziale “voto sulla fiducia” per quanto riguarda l’assegnazione dei seggi del nuovo senato, che verrà normata in un secondo momento. Non mi sembra affatto una cosa da poco, considerato che i futuri senatori godrebbero dell’immunità parlamentare, eppure nessuno degli opinionisti che si sono scagliati contro la riforma hanno menzionato la cosa. Mi sono perso qualcosa?

 

1) Al Senato già oggi non si lavora continuativamente tutti i giorni 24oresu24, mi ricordo un articolo di Repubblica che riportava le ore settimanali e cioè 9 ore a settimana di lavoro al Senato.

http://www.repubblica.it/politica/2010/05/18/news/settimana_corta_parlamento-4143937/

Tenendo conto poi che il nuovo Senato avrà meno lavoro non partecipando pariteticamente al processo legislativo.

Anche gli stessi consigli regionali non si riuniscono sempre, non hanno un lavoro 24oresu24 tutti i giorni.

Sono due compiti compatibili tra loro.

 

2) Hanno ridefinito le competenze.

C'erano competenze regionali che indebolivano il paese, es. le politiche energetiche non possono essere regionali, dev'esserci una politica energetica nazionale e i veti di una singola regione non possono mandare all'aria un piano energetico nazionale, idem le politiche sul turismo, non è pensabile che un paese come l'Italia che vive anche di turismo e ha un patrimonio culturale come il nostro affidi le politiche del turismo e di promozione alle singole regioni, in quel modo moltiplichi solo i costi e ti promuovi come regione Calabria invece di fare forza comune promuovendoci come paese Italia.

 

3) Non sono infatti fondate, sono solo affermazioni propagandistiche per spaventare.

Il presidente della repubblica viene eletto con la maggioranza dei 3/5 quindi superiore a quella del 54% dell'Italicum.

i giudici della Corte Costituzionale solo 5 su 15 sono eletti dal parlamento e cmq anche loro necessitano di una maggioranza dei 3/5 per essere eletti.

Anzi gli strumenti di controllo e le garanzie aumentano con questa riforma costituzionale, come ho già avuto modo di argomentare precedentemente:

 

-si slega il Senato dalla maggioranza di governo (non votando più la fiducia al governo e non essendo più eletto contestualmente alla Camera ma essendo invece eletto in corrispondenza delle elezioni regionali), così facendo il Senato potrà svolgere realmente un ruolo di garanzia per quanto riguarda i temi di sua competenza. 

Pensiamo alla possibilità di riformare la costituzione, prima chi vinceva alle elezioni aveva la maggioranza sia alla Camera che al Senato (che rispondevano quindi alla maggioranza di governo) e aveva quindi la possibilità di cambiare a piacimento la costituzione, ora invece il Senato sarà slegato ed eletto in un momento differente quindi potrà avere una maggioranza diversa che risponderà ai consigli regionali.

Pensiamo alla nomina di 2 giudici costituzionali (su 5 di competenza del parlamento), oppure pensiamo anche a tutte le nomine previste da leggi ordinarie come il Cda Rai (2 consiglieri su 7 sono nominati dal Senato), oppure i commissari delle autorità di garanzia come l'Agcom (2 commissari su 4 sono nominati dal Senato).

-si alza il quorum per l'elezione del Presidente della Repubblica dalla maggioranza assoluta alla maggioranza dei 3/5 dei votanti.

-si prevede l'introduzione di uno statuto delle opposizioni per garantire le minoranze parlamentari.

-si inseriscono in costituzione limiti alla decretazione d'urgenza.

-si rafforzano i referendum popolari prevedendo la possibilità di abbassamento del quorum (la metà+1 dei votanti alle ultime politiche invece della metà+1 degli aventi diritto al voto) nel caso in cui siano state raccolte 800.000 firme.

-si prevede che le leggi di iniziativa popolare debbano essere obbligatoriamente discusse.

-si introduce il nuovo istituto del referendum propositivo e di indirizzo.

-si introduce il controllo preventivo di costituzionalità da parte della Corte Costituzionale sulle leggi elettorali.

 

 

4) Un testo costituzionale fissa dei principi ma sono poi le leggi ordinarie a regolamentare quei principi, non si poteva certo appesantire una costituzione inserendo una legge elettorale all'interno della costituzione, anche la legge elettorale della Camera con le sue norme per l'assegnazione dei seggi è normata con una legge elettorale di natura ordinaria e non è definita in costituzione.

Edited by Sbuffo
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