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Elezioni presidenziali negli USA del 2016


Rotwang

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appunto sono chiamati voti di protesta e non voti costruttivi

 

 

R.POST parla di "voto costruttivo"

 

 

faccio portare anche un po' di lexotan oltre al luan?

 

 

 

Molti miei conoscenti dicono che gli americano hanno preferito uno egomanico misogino + N attributi negativi piuttosto di una donna. Ma davvero la vagina di Hillary ha pesato così tanto?

 

 

temo di sì... ma è stata lei a volerlo, essere donna è tutto quello che aveva di spendibile contro trump. 

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faccio portare anche un po' di lexotan oltre al luan?

 

Quante seghe ti sei fatto su Trump? Quanto stai godendo? Vergognati.

Edited by Rotwang
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Comunque i media italiani oggi farebbero bella figura evitando di usare la parolo "radical chic" fingendo di aver sempre saputo chi avrebbe vinto...occorrerebbe piuttosto domandarsi se chi conduce i sondaggi sbaglia per dolo o per colpa

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Secondo me ci sono stati vari fattori che sono stati sottovalutati e che possono aver influito sul voto dell'americano medio.

- l'americano medio è simile a Trump

- l'essere candidata donna può aver influito. inoltre, vi ricordo che perse le primarie con Obama.

- il voto latino e nero non conta nulla. Vuoi perché molti latinos regolarizzati sono conservatori e vuoi perché ci saranno molti illegali che non possono votare

- i sondaggi hanno fallito perché rispecchiano la realtà ipocrita di molte persone

- Trump ha catturato le persone per il suo non-politically correct che ha fatto mira sulla gente mediocre.

 

Insomma,più che dare la colpa a Trump, mi preoccupa più il fatto che il paese americano progressista sia stata una mera fandonia e bolla.

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Donald Trump è il 45esimo Presidente degli Stati Uniti. Hillary Clinton lo ha chiamato per riconoscere la sconfitta. «Sarò il presidente di tutti, lavoreremo insieme per rinnovare il sogno americano», ha detto nel suo primo discorso il futuro inquilino della Casa Bianca, visibilmente emozionato, sul palco con la famiglia al completo.  

 

IL PRIMO DISCORSO  

«Ho appena ricevuto una telefonata da Hillary Clinton, vorrei farle le mie congratulazioni, ha combattuto con tutta se stessa. Ha lavorato sodo e le dobbiamo una grande gratitudine», ha detto Trump. Il vincitore delle elezioni presidenziali ha poi teso la mano ai democratici («è il momento di unirci e superare le divisioni») assicurando di voler «buoni rapporti con l’estero» e che «saremo giusti con tutti i popoli e le nazioni». Infine un passaggio sull’economia: «Raddoppieremo la crescita e saremo l’economia più forte al mondo». 

 

CHI L’HA VOTATO  

Dunque aveva ragione il tycoon: l’America voleva una rivoluzione e ha scelto lui per guidarla. Tutti i sondaggi che prevedevano il successo di Hillary Clinton erano sbagliati, perché la «maggioranza silenziosa» aveva già scelto. Magari la gente non lo diceva, ma lo pensava, ed è andata alle urne per consegnargli la presidenza. Soprattutto i bianchi della classe media e bassa, colpiti dalla crisi economica, dagli effetti negativi della globalizzazione, e dalla paura di vedere il controllo degli Stati Uniti che passava nelle mani delle minoranze. 

 

Che fosse la notte di Trump si era capito subito. Prima da quanto era competitivo in Stati come la Florida, che in teoria doveva essere spazzata via dalla mobilitazione degli ispanici contro il candidato che li aveva insultati. Poi dalla solidità delle percentuali raccolte in Ohio, a dimostrazione che l’America profonda del Midwest stava scegliendo lui. Quindi dal vantaggio accumulato in Michigan e Wisconsin, stati tradizionalmente democratici della “rust belt”, dove i colletti blu hanno abbandonato il partito che avevano votato in automatico per decenni. 

 

BIANCHI E NERI  

Queste sono le due chiavi strategiche del successo di Trump: la mobilitazione a suo favore dei bianchi della classe media e bassa, e la mancata valanga in favore di Hillary delle minoranze ispanica e nera, che avrebbero dovuto portarla alla Casa Bianca. Clinton non ha mai trovato un messaggio capace di ispirare gli elettori. Nell’anno della rivolta contro l’establishment, che era avvenuta anche nel Partito democratico attraverso il movimento costruito da Bernie Sanders, lei si è presentata, o è stata percepita, come la continuazione dello status quo rifiutato dalla gente. Donald invece ha promesso di «rifare grande l’America», anche se per alcuni questo slogan voleva dire solo restituirla ai bianchi, dopo il primo presidente nero nella storia degli USA.  

 

L’incognita adesso diventano le tensioni razziali, che erano già esplose negli ultimi due anni con il movimento “Black Lives Matter”, e potrebbero scoppiare a livello nazionale, se non ci sarà un tentativo serio di cercare la riconciliazione. 

 

MERCATI A PICCO  

I mercati hanno reagito alla vittoria di Trump con un crollo generalizzato, soprattutto perché lui rappresenta un’incognita. Il suo programma economico infatti è rimasto vago, forse di proposito, a parte la determinazione di tagliare tasse e regole. Sul piano internazionale, poi, il tycoon ha messo in dubbio il futuro della Nato e ha previsto che l’Unione Europea continuerà a disintegrarsi, dopo l’uscita della Gran Bretagna. Tutto questo preoccupa la comunità internazionale, ma lo ha reso ancora più popolare fra i suoi sostenitori, stanchi come lui di vedere che «gli Stati Uniti non vincono più», e pagano per la difesa e gli interessi di tutti gli altri.  

 

LA RIVOLUZIONE DEL LINGUAGGIO  

L’ultima chiave della vittoria di Trump è stata certamente nel linguaggio, diretto e anche offensivo. La sfida alla «correttezza politica», che per i suoi sostenitori è solo ipocrisia, usata per mascherare le politiche che li danneggiano. Gli hanno perdonato tutto, incluse le registrazioni in cui diceva di poter prendere le donne come voleva, confermando che se fosse sceso nella Fifth Avenue e avesse sparato a qualcuno, non avrebbe persone neppure un voto. Infatti tutti quei voti gli hanno consegnato la Casa Bianca, incoronandolo come leader di una rivoluzione piena di incognite per alcuni, e speranze di riscatto per altri.  

 

LE REAZIONI INTERNAZIONALI

Preoccupata la prima reazione da Bruxelles: il presidente del Parlamento Ue Martin Schulz ha affermato che "la relazione transatlantica diventerà più difficile". Più morbidi, invece, i commenti delle altre autorità comunitarie. "Continueremo a lavorare insieme, i legami tra Ue e Usa sono più forti di ogni cambiamento", ha sottolineato l'Alto rappresentante Federica Mogherini, mentre i presidenti del Consiglio e della Commissione Donald Tusk e Jean Claude Juncker hanno invitato Trump a visitare l'Europa, affermando che "oggi è più importante che mai rafforzare le relazioni transatlantiche". Dall'Italia il premier Matteo Renzi gli ha augurato buon lavoro, "convinto che l'amicizia resti forte e solida". Gran Bretagna e Usa rimarranno partner "stretti e vicini", ha assicurato anche la premier Theresa May. Non così ottimista Berlino con il ministro degli esteri che dice che i vincitore va accettato.
 
Completamente diverso il clima in Russia, accusata da più parti di aver tentato addirittura di sabotare il voto americano in favore di Trump. Vladimir Putin si è congratulato con il prossimo presidente, augurandosi che i "rapporti russo-americani possano uscire dalla crisi". Congratulazioni sono arrivate anche dal presidente egiziano al-Sisi. E poi ancora da India, Giappone, Spagna, con Rajoy che parla di "eccellenti prospettive". Il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg ha auspicato di incontrare Trump quanto prima. La Corea del Sud, invece, ha convocato il Consiglio sulla sicurezza nazionale, preoccupata per l'approccio "non convenzionale" verso la Corea del Nord dichiarato da Trump e ha sollecitato un rapido avvio della cooperazione con la nuova amministrazione Usa. I palestinesi hanno ricordato a Trump che è necessaria una soluzione a due Stati in Medio Oriente. L'Iran, infine, spera che Trump rispetti gli accordi sul dossier nucleare.
Edited by Rotwang
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Quello che Michael Moore scriveva a luglio per “profetizzare” la vittoria di Trump, ripreso oggi da alcune testate:
 
“La matematica del Midwest” sostenendo che il repubblicano negletto si sarebbe concentrato “sui quattro stati blu della cosiddetta “Rust Belt” a nord dei Grandi Laghi: Michigan, Ohio, Pennsylvania e Wisconsin”. Dopo aver analizzato i dati delle primarie Moore aveva sentenziato meglio di qualsiasi analista: “Trump è avanti ad Hillary negli ultimi sondaggi in Pennsylvania mentre ha pareggiato in Ohio. Pareggiato? Come può la corsa essere così ravvicinata dopo tutto quello che Trump ha detto e fatto? Be’ forse perché ha detto (correttamente) che il sostegno dei Clinton al NAFTA ha contribuito a distruggere gli stati industriali dell’Upper Midwest”. Il regista ricordava quanto fosse arrabbiata la Middle class e quanto lo fossero gli operai. Una rabbia che sarebbe stata riversata nelle urne e scrivendo il nome di Trump sulla scheda elettorale.
 
Il secondo punto e l’ultimo baluardo del furioso uomo bianco. Moore ricordava come l’era patriarcale non fosse pronta per una donna presidente. Con un eloquio debordante l’artista aveva elaborato il probabile sillogismo di maschilisti e razzisti: “Ed ora dopo aver sopportato per otto anni un uomo nero che ci diceva cosa fare, dovremmo rilassarci e prepararci ad accogliere i prossimi otto anni con una donna a farla da padrone? Dopodiché, per i successivi otto anni ci sarà un gay alla Casa Bianca! Poi toccherà ai transgender! Vedete che piega abbiamo preso. Finiremo col riconoscere i diritti umani anche agli animali ed un fottuto criceto guiderà il paese. Tutto questo deve finire”.
 
Il problema Hillary. Moore, che a un soffio dalle urne si è espresso decisamente a favore dell’ex Segretario di stato ma che avrebbe voluto Bernie Sanders al Campidoglio di Washington, aveva però disegnato un ritratto piuttosto impietoso della candidata democratica pur criticando ferocemente il tycoon: “Purtroppo, credo che la Clinton troverà il modo di coinvolgerci in una qualche azione militare. È un falco, alla destra di Obama. Ma il dito da psicopatico di Trump è pronto a premere Il Bottone. Questo è quanto”. Moore sottolineava l’impopolarità della Clinton anche fra le giovani donne, l’immagine di rappresentante della vecchia politica e poi “non passa giorno senza che un millennial non mi dica che non voterà per lei”.
 
Il voto depresso degli elettori di Sanders. Moore aveva già capito che i fan di Bernie Sanders – il socialista che era diventato un spina del fianco dei democratici – avrebbero votato per Clinton senza alcun entusiasmo: “Quando il sostenitore medio di Bernie si recherà alle urne quel giorno per votare, seppur con riluttanza, per Hillary, esprimerà il cosiddetto ‘voto depresso’: significa che l’elettore non porta con sé a votare altre 5 persone”. Ma non solo, Moore aveva criticato la scelta del suo vice: “Scegliere un ragazzo bianco, moderato, insipido e centrista come candidato alla vicepresidenza non è proprio la mossa vincente per dire ai millennial che il loro voto è importate”.
 
L’effetto Jesse Ventura. Infine il premio Oscar aveva vestito i panni dello psicologo dei suoi concittadini e aveva chiesto di non “sottovalutare il fatto che milioni di elettori si considerano ‘ribelli segreti’ una volta chiusa la tenda e rimasti soli nella cabina elettorale. È uno dei pochi luoghi della società dove non ci sono telecamere di sicurezza, nessun registratore, non ci sono coniugi, bambini, capi, poliziotti, non c’è neanche un limite di tempo”. Ricordando l’elezioni negli anni ’90 in Minnesota alla poltrona di governatore di wrestler professionista aveva considerato: “Non l’hanno fatto perché sono stupidi, né perché pensavano che Jesse Ventura fosse un grande statista o un fine intellettuale politico. Lo hanno fatto solo perché potevano”. Proprio come hanno con Donald J. Trump.

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Clinton ha preso anche un po' più voti di Trump, evidentemente ha pesato la distribuzione di questi voti.

 

 

E' vero, ma non può stupire se consideriamo che ha stravinto in California

ed a New York, mentre Trump ha vinto solo di misura in Texas ( certo avendo

contro i Bush...ma questo gli ha dato punti essenziali per vincere nel Nord )

 

Però la Clinton avrebbe per ora un +0,6%

 

L'analisi di Michael Moore è condivisibile in gran parte

 

Questa mappa del New York Times mostra come il movimento verso Trump

sia concentrato nella fascia degli stati industriali manifatturieri è qui che la Clinton

ha perso

 

http://www.nytimes.com/interactive/2016/11/08/us/elections/how-trump-pushed-the-election-map-to-the-right.html?action=click&pgtype=Homepage&clickSource=g-artboard%20g-artboard-v3%20&module=span-abc-region&region=span-abc-region&WT.nav=span-abc-region

 

 

Non credo si sia mai visto un movimento pro GOP così accentuato in Stati democratici

dai tempi di Ronald Regan

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Ma a te Hinzelmann dispiace ancora per la clinton ?

 

In passato hai scritto che sarebbe triste se la clinton si rovinasse ora la carriera, o qualcosa del genere.

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276 Grandi elettori per Trump, è un risultato decisamente buono

 

47,6% dei voti Trump è un risultato molto buono

 

Clamorosa la perdita da parte dei democratici di Ohio, Florida, Iowa, New Hampshire e Pennsylvania, d'altra parte Trump è stato veramente capace di improvvisarsi amorevole padre del popolo che promette il riscatto degli operai white trash dal loro destino di cassaintegrati esodati delocalizzati ecc.

 

I mercati (tranne Tokyo ormai chiusa) sembrano abbastanza calmini, New York ha aperto addirittura in leggero rialzo.

 

Il discorso da neoeletto è stato gradevole e rilassante, insomma wow un uomo nuovo, cui la vittoria parrebbe aver fornito una quantità di senno e conciliante avvedutezza che nessun presidente americano ha mai dimostrato da due secoli a questa parte. Frasi di circostanza molto gradite dai broker, a quanto pare ahah xD 

 

I sondaggi hanno fallito miseramente perché, seguendo cosa mi sta dicendo Rainews24, i sondaggisti continuano a credere che abbia senso fare sondaggi attraverso la stampa, la televisione e le interviste dal vivo e telefoniche, ed è da idioti non accettare il fatto che ormai l'elettore medio forma la sua orribile opinione su facebook, su twitter e su youtube. Beh, ci sta perfettamente come argomentazione. Addirittura Sergio Romano sta dicendo che i sondaggi sarebbero falsati tremendamente dal desiderio disperato dei media democratici voler vedere Hillary vincente.

 

Ad ogni modo nell'assegnazione dei grandi elettori non bisogna dimenticare il sano vecchio meccanismo del gerrymandering con cui le legislazioni statali dei vari stati modificano leggiadramente i confini delle circoscrizioni elettorali territoriali per evitare risultati locali eccessivamente sgradevoli, ma vabé questa è roba vecchia che vale praticamente per tutte le elezioni statunitensi da un paio di secoli.

 

Comunque la biografia di Melania Tettona Trump è affascinante, proprio una roba in stile Fujiko.

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Molte promesse che obama fece non le ha mantenute, anche con la scusa che il parlamento era in maggioranza repubblicano.

 

Ora c'e' un presidente e due parlamenti repubblicani e vedremo se trump mantiene le promessi, specialmente di raddoppiare la crescita che alla fine e' quel che conta per le elezioni future.

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Interessante l'appunto di alcuni giornalisti sull'appoggio che Hillary ha avuto dalla quasi totalità dello show business. L'essersi vista circondata da tutte le più grandi celebrità avrebbe formato ancora più attorno a Hillary l'impressione di essere parte di una élite , del "noi" persone comune e "loro" privilegiati.

Edited by SerialHenry
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Rainews24

 

Dalla California è arrivato il sì alla legalizzazione della marijuana a uso ricreativo. Il Golden State è infatti uno dei nove stati che ha votato anche per la legalizzazione della cannabis, anche se in altri casi, come in Florida, si trattava di uso medico. I californiani maggiori di 21 anni potranno così possedere fino a 28,5 grammi di cannabis (8 grammi se concentrata), e crescere fino a sei piante per uso privato.

 

La California ha approvato la Proposition 64 che legalizza la marijuana, con quella che viene considerata la vittoria più importante del movimento per la liberalizzazione della droga leggera. Lo stato con oltre 40 milioni di abitanti ora si unisce a Colorado, stato di Washington, Oregon, Alaska e Washington D.C. che hanno in precedenza approvato misure del genere.

 

La misura approvata in California prevede che lo stato consideri la marijuana come l'alcool, varando quindi misure per controllare e tassare la produzione legale della droga leggera. Secondo la misura, i maggiori di 21 anni potranno possedere 28 grammi di marijuana per uso personale e piantare a casa fino a sei piante. Lo stato poi concederà licenze per la vendita della droga leggera, applicando un'accisa del 15%. In California da tempo è già legale la marijuana per uso terapeutico.

 

Sì Massachusetts a uso ricreativo marijuana

Anche il Massachusetts ha dato il via libera alla legalizzazione della marijuana per uso ricreativo.

 

In Florida (a stragrande maggioranza, con più del 70% dei sì), North Dakota e Arkansas si sono espressi a favore dell'uso medico della marijuana. Mentre il Nebraska ha votato per ripristinare la pena di morte. 


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La Clinton ha vinto per voto popolare, ma il sistema osceno elettorale americano ha fatto vincere l'altro coi Grandi elettori: http://www.quotidiano.net/elezioni-usa/grandi-elettori-1.2660756

 

Trump: 306

 

Clinton: 232

Edited by Rotwang
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Ma a te Hinzelmann dispiace ancora per la clinton ?

 

L'ho ribadito anche stamani:

 

 

 

A me dispiace per la Clinton, perchè l'odio che gli Americani hanno dimostrato contro la sua ostinata lotta per il potere, ha qualcosa di tragico

 

La Clinton avrà i suoi bravi difetti, però in parte come Italiano

sono abituato anche a vedere di peggio quanto a "realismo"

politico, in parte la sua ostinazione nel prendere batoste ed

essere umiliata e rialzarsi come se nulla fosse, forse meritava

un premio finale

 

 

 

L'essersi vista circondata da tutte le più grandi celebrità avrebbe formato ancora più attorno a Hillary l'impressione di essere parte di una élite , del "noi" persone comune e "loro" privilegiati.

 

Questo, però, capita quasi a tutti i candidati democratici

 

Magari in altri casi pur appoggiando il democratico non sono stati così

sprezzanti nei confronti del Repubblicano, come è successo in questo

caso, ma le star sono sempre tendenziamente democratiche

 

I giornali però non possono rimproverare quello che è un errore che loro

per primi hanno commesso: disprezzare Trump, senza provare neanche a capire

le ragioni del suo successo ( e non capendo che il disprezzo era ciò che cercava

di provocare per convincere la gente che era dei loro )

 

Quindi rimproverare a Madonna ciò che non ha capito il New York Times mi pare

eccessivo

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Internazionale

 

“Ho parlato con il presidente Trump questa mattina”, ha detto Obama. “Non è un segreto che io e il presidente eletto abbiamo delle differenze piuttosto sostanziose. Ma ricordo che otto anni fa, anche io e il presidente Bush avevamo delle differenze piuttosto sostanziose. Adesso dobbiamo tutti sperare che abbia successo nel riuscire a unire e condurre questo paese”. Il presidente uscente ha enfatizzato l’importanza di passaggio di potere pacifico, che è uno dei punti forti della democrazia.

 

Ha poi espresso la sua gratitudine nei confronti di Clinton: “Non potrei essere più orgoglioso di lei. Molti americani la ammirano e la sua candidatura e nomina sono storiche. Tutti sono tristi quando il propio partito perde alle elezioni. Ma il giorno dopo, dobbiamo ricordare che siamo tutti nella stessa squadra”. Ha aggiunto: “Non siamo democratici o repubblicani, prima di tutto siamo americani”.

 

Obama ha concluso rivolgendosi ai giovani che cominciano una carriera politica, come ha fatto Clinton: “Non dovete farvi abbattere dai risultati, non diventate cinici. Vale la pena di lottare per ciò che è giusto. Anche io ho perso alle elezioni, è così che funziona la politica. Veniamo sconfitti, ci rialziamo, lecchiamo le ferite e torniamo nell’arena e andiamo avanti. È così che siamo arrivati fino a qui oggi”.

Edited by Rotwang
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La Clinton avrà i suoi bravi difetti, però in parte come Italiano sono abituato anche a vedere di peggio quanto a "realismo" politico, in parte la sua ostinazione nel prendere batoste ed essere umiliata e rialzarsi come se nulla fosse, forse meritava un premio finale

Concordo, mi è dispiaciuto. Era probabilmente il sogno della sua vita, si preparava a questo da tanto. Mi sono dispiaciuto perfino per Andreotti ne "Il Divo" alla scena in cui Scalfaro viene eletto PdR al suo posto, non è una cosa che ha a che fare col valore della persona e neanche con la sua simpatia, è qualcosa di molto semplice ed umano, il lavoro di una vita sgretolatosi sotto le dita. E poi tutto quest'odio secondo me la Clinton proprio non lo meritava; si parla tanto della demonizzazione di Trump, ma i supporters repubblicani a questo giro hanni dipinto la Clinton come una specie di strega nazista.  

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Un giornalista svizzero ha riferito che molti collaboratori storici della clinton gli hanno detto che la clinton si sentiva predestinata da molti anni a diventare presidente.

 

La clinton nel suo discorso ha detto che questo e' il dolore piu' grande della sua vita.

Edited by marco7
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Auguriamo a Renzi di non fare la fine di Craxi

il paragone è ingeneroso nei suoi confronti

 

Parlando seriamente in realtà hanno molto in comune : l'aver scalzato il partito attorno ai quarant'anni, l'essere diventati primi ministri abbastanza a sorpresa, lo scontro con l'ala di sinistra dello stesso partito, posizioni rischiose in materia economica (scala mobile il primo, jobs act il secondo). E anche Craxi si giocò quasi tutto con un referendum.

 

In materia economica il centrodestra dell'area mediterranea ha poco o nulla a che spartire con i repubblicani americani comunque, avendo fatto soprattutto qui (vedi le politiche della democrazia cristiana prima e di forza italia poi) una politica di tipo assistenzialista, mentre i repubblicani hanno una politica ultra-liberista, ma qui volevo poi aprire un topic a parte.

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Parlando seriamente in realtà hanno molto in comune : l'aver scalzato il partito attorno ai quarant'anni, l'essere diventati primi ministri abbastanza a sorpresa, lo scontro con l'ala di sinistra dello stesso partito, posizioni rischiose in materia economica (scala mobile il primo, jobs act il secondo). E anche Craxi si giocò quasi tutto con un referendum.

 

Sì beh, la mia era una battuta perchè Reagan e la Thatcher

sono morti in tarda età, nel loro letto e circondati da molti emulatori

e consensi etc

 

Craxi è morto relativamente giovane, in esilio, con un mandato di cattura

a suo carico, irriso etc

 

Insomma per quanto Renzi sia politicamente un nano in confronto a Craxi

gli auguro che la sua fine ( quando arriverà, perchè arriva per tutti ) sia meno

drammatica e infelice

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Ricordate che i simpson lo avevano predetto e che hanno pure predetto che tra 4 anni ci sara' una presidentessa.

 

No, la puntata con Lisa presidentessa che parla di Trump risale al 2000, quando si era candidato alle primarie Democratiche e Repubblicane quell'anno, e la seconda puntata con Trump risale all'anno scorso, quando era già candidato alle primarie.

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Articolo interessante.

 

-

 

La fine dell'èra della deferenza.

 

Il politicamente corretto funziona come un regime dispotico. Trump è stato un’intuizione liberatoria.

 

“Le elezioni americane di quest’anno rivelano qualcosa di tragico nel rapporto tra il conservatorismo moderno e la vita americana. Come ideologia – e certamente come identità politica – il conservatorismo è meno popolare dei princìpi e dei valori per cui si batte”. Shelby Steele, senior fellow alla Hoover Institution della Università di Stanford, ha scritto sulla versione americana del Wall Street Journal di ieri una lunga riflessione sulla cultura della deferenza e del politicamente corretto che ha investito questa campagna elettorale americana. “C’è un pregiudizio generalizzato secondo cui l’assenza di empatia e il bigottismo sarebbero in qualche modo endemici al conservatorismo, i rigori della libertà e del capitalismo richiedono per forza di cose lo sfruttamento e l’ineguaglianza, e questo nonostante il fatto che molte politiche liberal fin dagli anni Sessanta hanno soltanto peggiorato le diseguaglianze che cercavano di superare”. Il conservatorismo soffre di una cattiva reputazione in moltissimi settori rilevanti, dai media di massa al mondo dell’high tech, e Steele si chiede: perché? “La risposta inizia in un fatto particolare della vita americana. Come scrisse William Styron, la schiavitù è stata ‘la grande circostanza trasformativa della storia americana’. La schiavitù e l’oppressione delle donne e di tutte le minoranze sono state particolarmente tragiche perché l’America è stata in tutti gli altri campi la nazione più illuminata del mondo. Qui, in presenza di questa profonda ipocrisia, è iniziata l’idea di un’America come nazione vittimizzante. E qui è nato il suo inevitabile corollario: quello di una nazione indebitata moralmente con le sue antiche vittime, i neri in particolar modo, ma anche tutte le altre categorie maltrattate”. Per Steele, questo indebitamento è diventato un “imperativo culturale”, che l’America di oggi deve onorare per non perdere la sua autorità morale e la sua legittimità come democrazia: “L’America deve mostrarsi redenta dal suo passato oppressivo”. Il modo in cui ha scelto di farlo si chiama deferenza. “Fin dagli anni Sessanta, quando l’America ha assunto infine tutte le responsabilità per il suo passato, la deferenza nei confronti di tutti i gruppi con una qualsiasi pretesa di essere vittime nel passato o nel presente è diventata obbligatoria”, scrive Steele.

 

“La Great society e la War on poverty sono state due delle prime vere politiche deferenti”, scrive Steele. “Da quel momento in poi la deferenza è diventata un sintomo quasi universale della decenza umana che assolve dalle storture del passato americano. La deferenza è, anzitutto, una richiesta di perdono”. Il problema, continua Steele, è che questa deferenza nei confronti delle vittime si è evoluta in uno strumento di conquista del potere. Nel momento in cui si riconosce con condiscendenza il debito dell’America, il paese sembra quasi redimersi e poter assumere così il suo status eccezionale nell’ordine mondiale. Questo porta a “vero potere, il tipo di potere che fa eleggere le persone”. “Il Partito democratico e in generale il mondo liberal hanno prosperato fin dagli anni Sessanta grazie al potere della deferenza. Quando Hillary Clinton parla di un ‘basket of deplorables’ parla di un cumulo di ‘ismi’ e di fobie – razzismo, sessismo, omofobia, islamofobia. Ciascuno di questi è un’opportunità per lei di mostrare deferenza nei confronti di un gruppo vittimizzato e per porsi come la redentrice dell’America. E, di conseguenza, il conservatorismo è privo di deferenza. I sostenitori di Donald Trump sono identificati come un gruppo di persone piccole e rancorose, come odiatori che amano ciecamente l’America e hanno nostalgia per il suo passato di esclusione… Il termine ‘progressista’ è diventato una parola in codice per redimersi da un’America mossa dall’odio”. La deferenza, scrive Steele, si muove attraverso la stigmatizzazione, minacciando di marchiare le persone come bigotti regressivi. Clinton, i democratici e i liberal in generale hanno sempre combattuto usando le stigmatizzazioni, e sono stati abbastanza di successo da far sì che molti conservatori siano imbarazzati di definirsi tali. Il conservatorismo è un punto di vista ribelle, il liberalismo è mainstream. Questa visione del mondo è oppressiva per i conservatori perché li mette nella posizione di essere un po’ imbarazzati da quello che sono e da ciò che credono per davvero.

 

“Nella vita americana la deferenza è stata codificata come politicamente corretto”, scrive Steele. “E il politicamente corretto funziona come un regime dispotico. E’ un’oppressione che espande i suoi editti sempre di più nelle radici della vita di tutti i giorni. Ne siamo afflitti, ma nella maggior parte dei casi tolleriamo le sue richieste. Ma questo significa che viviamo in una società pronta a gettare il suo giudizio su di noi, a svergognarci in nome di una politica in cui non crediamo davvero. Significa che la nostra decenza richiede una certa dose di autotradimento”.

 

Tutto questo porta a Trump, che Steele definisce “un uomo fondamentalmente limitato ma di eccezionale carisma, impossibile da ignorare”. Per Steele, nel momento in cui Trump è entrato in gara la guerra culturale che da lungo tempo covava in America è finalmente esplosa. “Trump è stato un candidato non deferente. E’ sembrato estraneo a ogni codice della decenza. Ha invocato ogni possibile stigmatizzazione e l’ha combattuta in maniera stridente. Ha fatto il lavoro sporco che milioni di americani volevano fare ma a cui mancava una piattaforma. Ma il carisma straordinario di Trump ha riguardato molto più ciò che rappresenta che ciò che potrebbe fare per davvero da presidente. Il suo ruolo è modificare la cultura della deferenza”.

 

“La società, come gli individui, a volte ha delle intuizioni. Donald Trump è un’intuizione”, conclude Steele. “Almeno a livello simbolico, forse lui potrebbe essere in grado di combattere l’egemonia della deferenza – se non come liberatore almeno come riformatore. Forse potrebbe risollevare la parola ‘responsabilità’ dal suo significato pigro di richiesta pregiudiziale e bigotta da fare alla gente. Questo, unito a un rispetto basilare per la capacità delle persone di risollevarsi da sole, potrebbe portare su un lungo percorso verso un’America migliore e più giusta”.

 

http://www.ilfoglio.it/esteri/2016/11/09/trump-era-della-deferenza___1-v-150805-rubriche_c378.htm

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si vaffangulo tutti bravi ora a scrivere articoli interessanti, non si capisce perchè un miliardario che sposa una modella nuova ogni 4 anni non dovrebbe essere elitario

Ha vinto perchè noi WASP ce l'abbiamo con i necri e con le femministe

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