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Ha senso parlare di orgoglio gay?


Altair

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Adesso temo il momento in cui un omosessuale 40enne arriverà a dire "non mi dichiaro perché non l'ho fatto quando stavo con i miei (35 anni), che senso ha adesso che potrei rimetterci la parte di eredità che mi spetta?".

 

Se non ci si dichiara non è perché ci si vergogna ma

forse perché si ha paura della reazione altrui, il fatto

che noi non ci troviamo nulla di cui vergognarci non

significa che sia lo stesso per le persone che ci circondano.

Tutto il discorso di Almadel sulla dipendenza da genitori omofobi, sia economica, che affettiva, cui faceva riferimento Tancredi86, ha un senso se si pone una distinzione di fondo tra quello che è l'individuo e quello che è l'ambiente che lo circonda: provare vergogna per imposta persona è pur sempre provare vergogna, e non è un modo empatico di dire "capisco i miei genitori", ma piuttosto "provo il loro stesso sentimento", quindi finché loro non saranno proud di un figlio che vive alla luce del sole una condizione discriminante, neanche il figlio stesso lo sarà. Preferisco concedermi il lusso di vivere come omosessuale out, e anzi la mia proudness deriva anche dall'esserlo in un clima di chiusura.

La vergogna che possono provare quelli vicini a me non è un problema direttamente mio, ma loro, il mio unico problema è gestire un rapporto in cui l'altra parte prova vergogna per essere legata a me, considerando il lato della sessualità.

Come mantieni distinte la "vergogna per essere omosessuale" e la "vergogna per delega per essere omosessuale"?

 

frequentatore del pride tipico che vede l'occasione del pride utile solo

per far festa.

O c'è un "solo" di troppo o non capisco.

Il Pride come occasione di festa: il riferimento a Stonewall di Purospirito è più che sufficiente per dare una misura del fatto che se da una parte ti pestano, ti insultano, ti emarginano, dall'altra la reazione joyful come minimo sensata: per quando si voglia rendere la vita difficile a un omosessuale out, non lo si può rendere miserabile. Essere proud è il contrario del vittimismo e della cultura della vergogna a cui tu fai riferimento.

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L'innesco in ogni caso non può che essere l'orgoglio.

 

Un ragazzo adolescente o un giovane ventenne difficilmente

può essere più "potente" dei propri genitori se non attraverso

l'orgoglio.

 

E nel termine potente con le virgolette ci sta dentro un po'

tutto.

 

Forse può essere stato diverso per un paio di generazioni

di figli di contadini inurbati, negli anni '50-'60...e forse potrebbe

essere diverso per i figli di alcuni immigrati oggi, certamente

non è la regola generale.

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Ma che me ne importa se viene solo per far festa?

Non è che i Pride di Berlino o Madrid siano diversi

e mi pare che per loro non sia un problema.

 

Ok, non ti dichiari per "vergogna" ma per "paura".

Allora sostituiamo l'Orgoglio Gay con il Coraggio Gay, va meglio?

Vuoi vedere che traduce meglio il senso di Proudness?

 

Io penso che se tu fossi etero, amassi una Africana

e i tuoi genitori fossero razzisti; non la nasconderesti.

Penso che il tuo amore vincerebbe la tua paura delle loro reazioni.

(Idem se loro fossero classisti e tu amassi una cameriera.)

Per questo suppongo che tu abbia interiorizzato

parte della vergogna che loro provano nei tuoi confronti.

E per questo preferisco il termine Orgoglio (= contrario di Vergogna)

rispetto a quello di Coraggio (=contrario di Paura)

 

Mi importa perché almeno lì oltre al pride c'è un attivismo costruttivo

che è arrivato a risultati soddisfacienti, qui c'è solo l'aspetto joyful, come

lo chiama btw.

 

Alma evita di psicoanalizzarmi e fare allusioni sul quello che è il mio

privato e che non ha nulla a che vedere con il discorso generale.

Io non mi metto a disquisire sul perché tu non lavori nonostante vivi

con meno di 1000 euro al mese, e neanche mi interessa perché

sono affari tuoi.

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Altair, penso che sarebbe interessante capire cosa intendi tu per "attivismo".

 

Io ad esempio non ho ancora avuto l'occasione di andare a qualche Pride estero, però dall'esterno direi che le differenze tra i nostri e quelli, ad esempio, a Berlino o Città del Messico, siano decisamente minime in termini di atmosfera.

Probabilmente in Italia si sente una maggiore esigenza di sobrietà per via della situazione politica per lo più tendente al disinteresse o all'ostilità, ma ciò non toglie che di per sé il Pride rappresenti proprio gli "eccessi" che portarono ai moti di Stonewall e alla conseguente necessità di una reazione alle discriminazioni, come al doversi nascondere per non diventare i bersagli mobili di qualcuno.

E' una forma di riscatto sociale, non di superiorità del proprio essere.

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Eremia se leggi i miei post precedenti di questo stesso topic,

vedrai che ho detto in tutte le salse cos'è per me il vero attivismo.

 

Così come ho detto che non parlo di superiorità ma di una filosofia

sbagliata. Fare dell'euforia e degli eccessi di quel preciso e puntuale

momento storico la raison d'être di tutto il movimento è sbagliato anche

perché oramai quella generazione e quel momento sono passati.

Dovremmo puntare alla parificazione non all'identificazione esasperata

in un modello estremo che ormai rappresenta solo una minoranza di gay e

lesbiche e ci fa apparire sotto una diversità che non ci appartiene.

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AndrejMolov89

Veramente non hai risposto alle mie domande, volevo capire meglio il tuo punto di vista e te le ripropongo.

Se si basa l'attivismo lgbt su questo principio si sbaglia tutto.

 

1) Perché?

2)Su cosa dovrebbe basarsi?

 

Se si vuole fare il carnevale liberi di farlo, ma non si abbiano le pretese

di rivendicare i diritti gay e sopratutto di rappresentarci, perché io non mi sento prorpio

rappresentato. Il messaggio, ribadisco, viene offuscato.

 

1)Perchè?

2) Secondo te fa più rumore un albero che cade in una foresta oppure uno che cade in piazza? Anzi, secondo te, può essere conosciuta qualcosa che non si vede nè fa rumore?

 

Il vero attivismo si fa in altro modo

 

1)Come?

 

2) Ci sono degli esempi? Per esempio, ci sono esempi di stati in cui l'attivismo , a parità di visibilità dei pride, ha portato dei risultati concreti? ( del tipo che intendi te) Se sì, si può dimostrare che il pride e la visibilità sia solo una conseguenza dell'attivismo "utile" fatto?

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Un tempo alcuni eventi erano la norma e difficilmente venivano considerati al di fuori dell'ambiente GLBT, adesso invece rappresentano degli spiacevoli episodi da condannare in maniera quasi unanime.

Non da meno, i Pride vengono prevalentemente mandati avanti da noi "diversi", che come singoli dobbiamo spesso confrontarci con discriminazioni, repressioni e molto altro ancora.

Spesso sono valvole di sfogo Altair, come possono esserlo in misura minore altre manifestazioni del mondo GLBT.

Nessuno mette in dubbio l'efficacia di un messaggio sobrio in una società dove ci si appiglia a tutto pur di negare alcune realtà, ma non spetta a qualcuno l'onere di stabilire la linea da seguire o considerare esagerati coloro che si espongono quanto noi "moderati" (e in alcuni casi, più di noi).

L'essere orgogliosi/fieri è anche una questione di non doversi nascondere per ciò che si è, cosa che invece ogni tanto viene dimenticata in virtù del "Dobbiamo avere più diritti perché vedete, siamo insospettabili e ci differenziamo solo nel nostro andare a letto con qualcuno dello stesso sesso".

 

Tra l'altro, pretendere che esista una sola maniera efficace per farsi accettare è un po' come dire "Se non sei tesserato/a da qualche parte, non fai attivismo" o "Se non manifesti davanti Montecitorio, non fai qualcosa di concreto": chiunque abbia voglia di smentire alcuni luoghi comuni o lottare un minimo nel proprio piccolo può essere considerato "attivista", perché in fondo ci si mette in gioco, si prova a cambiare dal basso facendosi rispettare e nella vita di tutti i giorni.

L'orgoglio è anche questo (ed è quanto avevo scritto in un precedente post, più o meno): sentirsi in grado di non accettare alcuni retaggi culturali e volerli cambiare, perché ci si considera "superiori" a ciò che viene imposto.

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Almadel, hai scritto alcune cose che condivido, ma sulle domande fondamentali hai glissato. Tipo: come può una coppia gay vivere con meno di mille euro al ,mese? Non voglio entrare nel tuo privato, mi basta che tu ammetta che è impossibile! Questa cosa è importante perchè è bello fare i Soloni quando si è benestanti e non si hanno problemi economici, oppure si ha il solito posto fisso d'oro pagato dallo stato che assicura la vecchia pensione retributiva. Evidentemente c'è chi può permettersi l'orgoglo gay e chi non può permetterselo!

Almadel, tu vorresti vivere con meno di 1000 euro al mese, ma tu o il tuo compagno o entrambi avete una famiglia dietro che vi sostiene, questa è la verità. Quindi nel familismo ci stai tutto pure tu

:roll:

E' vero che i genitori devono pagarti alimenti e studi fino ai 25. Ma dopo i 25? Quando non hai trovato un lavoro (posto che ti sia laureato) o se vuoi continuare fli studi, magari all'estero, che fai? A che ti serve questo orgoglio gay? Hai espresso la tua "potenza" ma poi ti vergognerai lo stesso. Per la vita miserabile a cui sarai costretto e alla quale costringerai il tuo eventuale compagno.

Non si capisce in base a che principio si possa stabilire di che cosa ci si debba vergognare. Alcuni si vergognano di certe cose, altri di altre.

In ogni caso si poteva essere orgogliosi quando c'era un vera cultura gay. Oggi che la cultura vera gay, quella antagonista, è morta, l'omosessualità è diventato solo un problema di politically correctness. E non vedo cosa ci sia da essere orgogliosi. Io la penso come Altair, non bisogna né essere orgogliosui, nè vergognarsi. E in famiglia sono dichiarato quindi? :roll:

 

Condivido anche pienamente l'analisi di Eremia sui luoghi comuni dell'attivismo: l'attivismo è nel tuo quotidiano, nel viverti con naturalezza il tuo orientamento e nell'impedire che gli altri ti discriminino e ti mettano i piedi addosso. Non occorre una tessera che certifichi che lo sei.

 

 

Forse dovremmo distinguere tra la dignità dell'essere gay, e l'arroganza e la superbia in cui sfocia l'orgoglio gay. Perché poi questo da fastidio al resto del mondo non gay: l'arroganza e la superbia come conseguenza della proudness. Sia nei gay pride sia nei rapporti familiari.

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AndrejMolov89

Non si capisce in base a che principio si possa stabilire di che cosa ci si debba vergognare. Alcuni si vergognano di certe cose, altri di altre.

In ogni caso si poteva essere orgogliosi quando c'era un vera cultura gay. Oggi che la cultura vera gay, quella antagonista, è morta, l'omosessualità è diventato solo un problema di politically correctness. E non vedo cosa ci sia da essere orgogliosi. Io la penso come Altair, non bisogna né essere orgogliosui, nè vergognarsi. E in famiglia sono dichiarato quindi? rolleyes.gif

 

Condivido anche pienamente l'analisi di Eremia sui luoghi comuni dell'attivismo: l'attivismo è nel tuo quotidiano, nel viverti con naturalezza il tuo orientamento e nell'impedire che gli altri ti discriminino e ti mettano i piedi addosso. Non occorre una tessera che certifichi che lo sei.

 

 

Forse dovremmo distinguere tra la dignità dell'essere gay, e l'arroganza e la superbia in cui sfocia l'orgoglio gay. Perché poi questo da fastidio al resto del mondo non gay: l'arroganza e la superbia come conseguenza della proudness. Sia nei gay pride sia nei rapporti familiari.

1) Non si sta discutendo su cosa è lecito vergognarsi o meno. Nè si può dire che la vergogna sia totalmente negativa. A volte dalla vergogna si ha lo sprint necessario per migliorarsi; quando diventa patologica o passiva, invece ha solo valore negativo, perché non porta a niente.

2) Non ho capito questo passaggio. Innanzitutto cosa intendi per antagonista? Una cultura che si basa esclusivamente con lo scontro rispetto alla società circostante? Perché l'omosessualità è diventato un problema di correttezza politica?

3) "tra la dignità dell'essere gay, e l'arroganza e la superbia in cui sfocia l'orgoglio gay. Perché poi questo da fastidio al resto del mondo non gay: l'arroganza e la superbia come conseguenza della proudness. Sia nei gay pride sia nei rapporti familiari." Dove sfocerebbe l'arroganza di essere gay? Perché dal concetto di fierezza, legato alla dignità si deve necessariamente passare per la superbia?

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Alma evita di psicoanalizzarmi e fare allusioni sul quello che è il mio

privato e che non ha nulla a che vedere con il discorso generale.

Io non mi metto a disquisire sul perché tu non lavori nonostante vivi

con meno di 1000 euro al mese, e neanche mi interessa perché

sono affari tuoi.

 

Beh, magari potresti anche chiedermelo

se avesse una minima attinenenza con la discussione. :)

Qui non si tratta affatto di psicanalisi, ma l'affermazione

"io non mi vergogno, sono gli altri che si vergognano di me"

meritava di essere commentata in un topic sull'Orgoglio Gay.

 

Così come ho detto che non parlo di superiorità ma di una filosofia

sbagliata. Fare dell'euforia e degli eccessi di quel preciso e puntuale

momento storico la raison d'être di tutto il movimento è sbagliato anche

perché oramai quella generazione e quel momento sono passati.

Dovremmo puntare alla parificazione non all'identificazione esasperata

in un modello estremo che ormai rappresenta solo una minoranza di gay e

lesbiche e ci fa apparire sotto una diversità che non ci appartiene.

 

A questo punto mi viene da pensare che è un guaio

che "quella generazione e quel momento" siano passati :)

In realtà non la penso affatto così...

 

Tu pensi che la "normalizzazione" sia un fatto storico,

ma il resto dell'Europa la considera un "vizio italiano".

 

Ti posto una mappa degli "stereotipi sui gay europei"

(che magari conosci già, ma mi pare un buon punto)

 

europa 4.jpg

 

Hai letto come siamo visti dagli altri? Straight homos

Quella che a te sembra una evoluzione storica,

è lo sterotipo europeo sui gay italiani

 

Noi Italiani siamo così: sappiamo di essere indietro,

ma crediamo di esserlo per i motivi sbagliati.

Crediamo di dover andare oltre l'Orgoglio

perché non ci siamo ancora arrivati

e pensiamo di "dover superare il ghetto"

quando non abbiamo mai avuto quartieri gay...

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Se si basa l'attivismo lgbt su questo principio si sbaglia tutto.

 

1) Perché?

2)Su cosa dovrebbe basarsi?

 

1) Perché è controproducente e non si pone l'accento sul vero obiettivo: la parificazione.

Perché rappresenta una minoranza del mondo gay, decontestualizzata e anacronistica, una diversità

che è più uno stereotipo che una realtà.

 

2) Sul criterio della parificazione.

 

Se si vuole fare il carnevale liberi di farlo, ma non si abbiano le pretese

di rivendicare i diritti gay e sopratutto di rappresentarci, perché io non mi sento prorpio

rappresentato. Il messaggio, ribadisco, viene offuscato.

 

1)Perchè?

2) Secondo te fa più rumore un albero che cade in una foresta oppure uno che cade in piazza? Anzi, secondo te, può essere conosciuta qualcosa che non si vede nè fa rumore?

 

1-2) Il pride non fa "rumore" fa solo un gran casino incontrollato.

 

 

Il vero attivismo si fa in altro modo

 

1)Come?

 

2) Ci sono degli esempi? Per esempio, ci sono esempi di stati in cui l'attivismo , a parità di visibilità dei pride, ha portato dei risultati concreti? ( del tipo che intendi te) Se sì, si può dimostrare che il pride e la visibilità sia solo una conseguenza dell'attivismo "utile" fatto?

 

1-2) Ci sono molti modi per fare attivismo, c'è l'attivismo mediatico (blog, social network, tv ecc..), c'è quello politico all'interno dei partiti, quello politico-culturale nelle associazioni, la visibilità è minore ma non è detto che visibilità sia sinonimo di successo. Certo il pride ha il pregio di essere una manifestazione istituzionalizzata e regolare, il che non è poco, anche in termini di visibilità positiva, il problema è che dovrebbe essere riformato.

 

@Almadel

 

Straight homos?? Io lo conoscevo al contrario questo stereotipo,

eravamo noi i più "checca" d'Europa insieme ai francesi.

 

Poi, scusa... noi italiani? Ma se qui solo io e akinori definiamo

l'orgoglio gay sbagliato! Statisticamente sono di più i gay

italiani pro proudness mi sembra di notare! :)

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No, non siamo di più...ovviamente la maggior parte dei gay

italiani non ha nè interesse, nè argomenti per partecipare

a discussioni simili, se si è "straight" semplicemente "non si

è" e se non si è, non si appare ( a parte l'effeminatezza non

volontaria )

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AndrejMolov89

Che figata, mi piace fare più una roba del genere*_*

1) Perché è controproducente e non si pone l'accento sul vero obiettivo: la parificazione.

Perché rappresenta una minoranza del mondo gay, decontestualizzata e anacronistica, una diversità

che è più uno stereotipo che una realtà.

 

* Parificazione giuridica?

* Perché minoranza? Perché decontestualizzata?

* Ma tu alla fine ritieni sbagliato il pride come unico mezzo politico? Giusto? Ma se fosse solo un modo per dare visibilità alle nostre problematiche, secondo te, avrebbe la sua utilità?

 

1-2) Ci sono molti modi per fare attivismo, c'è l'attivismo mediatico (blog, social network, tv ecc..), c'è quello politico all'interno dei partiti, quello politico-culturale nelle associazioni, la visibilità è minore ma non è detto che visibilità sia sinonimo di successo. Certo il pride ha il pregio di essere una manifestazione istituzionalizzata e regolare, il che non è poco, anche in termini di visibilità positiva, il problema è che dovrebbe essere riformato.

 

* Ok, ma ci sono esempi in cui, solo e unicamente questo metodo abbia prodotto risultati concreti? Esempi europei, per lo meno. Non credi che la funzione del pride possa permettere di dare visibilità anche a queste cose? Seppur sia una "carnevalata"?

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Allora Greed, con almadel si discuteva proprio di che cosa fosse lecito vergognarsi: se era lecito vergognarsi perché non ci si dichiarava o di vergognarsi per condurre e far condurre al proprio compagno una vita di stenti, dichiarandosi da giovanissimi in famiglia e scegliendo l'indipendenza (significa vivere in coppia con meno di mille euro al mese, secondo l'esempio fornito dallo stesso almadel, cosa che io reputo impossibile, ma a questo punto almadel di fronte alle mie domande puntuali ha glissato. Ora, posto che in due non si vive con meno di 1000 euro al mese, nemmeno se si è etero, posto che sono convinto che almadel e il suo compagno, al di là della loro proudness, nel familismo ci sono ancora, e quindi il "senso di onnipotenza" giovanile che ha dato "la spinta" deve essersi esaurito già da un pezzo perché se il padre e la madre non li aiutassero nei momenti critici non ce la farebbero, e così sarà sempre di più in futuro, data la congiuntura economica molto sfavorevole.

Posto tutto ciò vorrei ribadire che: non si vive nella vergogna non dichiarandosi. Semplicemente non si vive nell'orgoglio! Si vive la propria omosessualità in modo naturale. E' un compromesso abituale per molti 20enni, Non capisco perché dovrebbero vergognarsi di fronte a coloro che invece fanno una scelta diversa. E in effetti non si vergognano affatto. Sono i gay orgogliosi che nella loro superbia vorrebbero che si vergognassero. Perchè non possono subito utilizzarli nella "conta " di cui oparlava il buon alma, per i loro fini politici. E qui sono venuto al punto di come l'orgoglio possa essere arroganza e superbia.

Vivere l'omosessualità nella vergogna significa impedirsi di amare un ragazzo perché ce ne si vergogna a causa dell'omofobia sociale o quella interiorizzata. Non ha nulla a che fare col non dirlo ai genitori per motivi tattici legati alla dipendenza economica da loro!

 

In fine, per quanto riguarda l'omosessualità come cultura antagonista, intendevo quell'omosessualità che metteva in discussione non solo tutti i valori borghesi, con la loro ipocrisia morale, la loro omofobia eccetera, la loro cultura (elementi sovrastrutturali in senso marxiano) ma lo stesso modo di produzione capitalistico (ovvero la struttura economica basata sullo sfruttamento, il classismo, il colionalismo eccetra).

Mi rendo conto che questi discorsi sembrano oggi inconcepibili. Ogni volta che li affronto con i miei coetanei tendo ad essere ostracizzato perchè oggi la globalizzazione, ultima conseguenza del modo capitalistico di produzione, è data come scontata nella sua realtà, così come scontati sono i concetti di produttività, consumismo eccetera. Però per favore, non mi si venga a parlare di cultura gay! La cultura gay non esiste più e i gay sono solo un'incognita in quell'equazione che esprimerà in maniera ancora più perfetta la capacità inclusiva delle democrazie borghesi. Ma in senso generale, forse non esiste più la Cultura, in genere. Mi rendo conto che il mio punto di vista è molto ideologico, eh. per me Cultura con la C maiuscola è stata sempre la critica dell'esistente. Oggi imperano l'omologazione e il conformismo, dappertutto. E mi rendo conto che i miei discorsi sono profondamente inattuali.

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Ma è del tutto ovvio e logico che una persona che nega la

proudness, neghi il Gay PRIDE...tutto si tiene.

 

L'idea che il pride dovrebbe essere diverso, mira a trasformarlo

in ciò che non potrà mai essere: una manifestazione sindacale o

di partito, cioè una manifestazione di parte COME le altre manifestazioni

di parte, purchè eterosessuali.

 

Questo non significa cambiare il pride, migliorarlo, significa annientarlo

ed è ovvio che fintantochè le obiezioni al pride sono sostenute da argomenti

del genere il pride non potrà mai cambiare.

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Direi che noi, qui sul forum, soprattutto a discutere qui in questo topic, non siamo un campione significativo della comunità LGBT.

Ci sono stati moltissimi topic sul Pride e nel corso degli anni molteplici utenti rivendicano la tua stessa posizione, contro uno zoccolo duro che invece sostiene sempre altre (le nostre) opinioni...

(Mentre scrivevo, Hinzelmann si è espresso anche meglio)

 

Dal mio ultimo intervento la discussione si è evoluta un po' troppo per poter rispondere direttamente...

Comunque, chi ha detto che naturalezza non corrisponda a orgoglio? Dopotutto, quando un'amica con naturalezza mi dice 'Ah, il mio ragazzo suona in una band', io rispondo 'Anche la mia ragazza suona!', e c'è un orgoglio insito nelle frasi stesse, nel pronunciarle: è un atto di coraggio, una dimostrazione d'amore, per sé stessi e per l'altra.

 

Vivere l'omosessualità nella vergogna significa impedirsi di amare un ragazzo perché ce ne si vergogna a causa dell'omofobia sociale o quella interiorizzata. non ha nulla a che fare col non dirlo ai genitori per motivi tattici legati alla dipendenza economica da loro!

 

Questo, direi, è al limite del patologico, non della vergogna...vergogna è voler dire una frase come quella che ho scritto poco più su, e frenarsi, perché non si vuole che altri sappiano che si ha una relazione eterosessuale.

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Almadel, hai scritto alcune cose che condivido, ma sulle domande fondamentali hai glissato. Tipo: come può una coppia gay vivere con meno di mille euro al ,mese? Non voglio entrare nel tuo privato, mi basta che tu ammetta che è impossibile! Questa cosa è importante perchè è bello fare i Soloni quando si è benestanti e non si hanno problemi economici, oppure si ha il solito posto fisso d'oro pagato dallo stato che assicura la vecchia pensione retributiva. Evidentemente c'è chi può permettersi l'orgoglo gay e chi non può permetterselo!

Almadel, tu vorresti vivere con meno di 1000 euro al mese, ma tu o il tuo compagno o entrambi avete una famiglia dietro che vi sostiene, questa è la verità. Quindi nel familismo ci stai tutto pure tu

:roll:

 

400 Euro tra bollette e affitto (abbiamo un coinquilino)

210 euro al mese di cibo (e sono stato pure largo, contando 7 euro al giorno; che equivalgono a molta pasta fresca con gamberi e zucchine

o una quantità notevole di "garganelli cappesante, pomodorini freschi e zafferano")

stasera - per esempio - con due euro e mezzo faccio parecchia pasta e fagioli, ma mi piace essere generoso )

70 euro di alcol (parlo di 50 litri di cabernet al mese, comprati alla mescita sotto casa. Cifre da alcolista, no?)

360 euro di tabacco (ben trenta sigarette al giorno a testa! Roba che hai la tosse cronica e fatichi a respirare!)

 

E siamo a 1040 euro al mese.

Sforzandoci di mangiare, bere e fumare fino a star male.

 

In realtà ci avanzano anche i soldi per (poca) marijuana, qualche (rara) serata in locali gay e la benza del motorino.

Il fatto è che bisogna contare anche i buoni-pasto del lavoro (spendibili in ristorante e persino in alcuni supermercati)

l'alcool che ci lasciano i nostri amici in cambio di un cous-cous preparato bene,

la tredicesima e la quattordicesima (l'anno scorso - tra last minute, amici gay e contatti internet -

abbiamo fatto una settimana alle Canarie e una settimana a Berlino. Pure troppo per i miei standard!)

 

Se smettessimo di fumare, senza vacanze, in un mini appartamento a pasta e patate;

riuscire quasi a vivere con la metà dei soldi.

 

E' vero che i genitori devono pagarti alimenti e studi fino ai 25. Ma dopo i 25? Quando non hai trovato un lavoro (posto che ti sia laureato) o se vuoi continuare fli studi, magari all'estero, che fai? A che ti serve questo orgoglio gay? Hai espresso la tua "potenza" ma poi ti vergognerai lo stesso. Per la vita miserabile a cui sarai costretto e alla quale costringerai il tuo eventuale compagno.

Non si capisce in base a che principio si possa stabilire di che cosa ci si debba vergognare. Alcuni si vergognano di certe cose, altri di altre.

In ogni caso si poteva essere orgogliosi quando c'era un vera cultura gay. Oggi che la cultura vera gay, quella antagonista, è morta, l'omosessualità è diventato solo un problema di politically correctness. E non vedo cosa ci sia da essere orgogliosi. Io la penso come Altair, non bisogna né essere orgogliosui, nè vergognarsi. E in famiglia sono dichiarato quindi? :roll:

 

 

Ovviamente io e il mio compagno non siamo laureati :)

E non conduciamo proprio una "vita miserabile", anzi!

Fottersene di un iPad, di un paio di Nike e della maglietta D&G

ti fa mangiare salmone, fiorentina e e risotto ai porcini per mesi e mesi :)

Io conduco una vita da principe, rendendone conto solo al mio ragazzo.

Con i soldi che i miei genitori spendono per inferriate alle finestre,

scarpe firmate e cellulari ultima generazione (giusto per farsi accettare dai loro amici);

io e il mio ragazzo faremmo vita da re a Zanzibar o all'Avana, in jeans e maglietta.

Si tratta di priorità: io ho scelto le mie.

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Come se poi ci fosse estranea la triste serie di gay letteralmente

vampirizzati dalle famiglie e congelati in una omosessualità non

vissuta, o vissuta solo ad un livello di fantasie e di virtualità, cioè

sospesi in una non-vita di relazione.

 

Ci sono anche i casi estremi...di coloro che buttano al vento anni

di vita ( l'adolescenza in x% la gioventù in Y% )

 

E stiamo parlando di persone perfettamente consapevoli del

fatto di essere omosessuali, ma che non riescono neanche a

viversela, la propria omosessualità. Subiscono la cancellazione

imposta dalla società e dalla famiglia, che è la struttura sociale

di base.

 

Si parte da qui ed in scala di gradazione ( su cui possono

influire tanti fattori...ad esempio se uno è pure complessato di

essere brutto etc. ) si arriva alle mille forme di adattamento e di

compromesso, che tutti noi conosciamo.

 

Insomma...basta conoscere la realtà delle persone, parlare con

altri gay ( un tempo poteva bastare frequentare 1 locale per 1 mese

per sentire tutte le storie necessarie a chiarire cosa significa la

vergogna interiorizzata )

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Altair, mica viviamo da soli :)

E se fosse più caro, vivremmo non in tre;

ma in cinque o in sette o in boh...

 

Non per finire OT, ma a Roma perlomeno non sarebbe fattibile. A 400 euro affitti il posto letto, neppure una stanza. Difficile vivere in 7 in 60mq con un bagno solo... Insomma un po' vi ha detto bene, in fin dei conti. A Roma dovresti perlomeno dare qualche ripetizione in più ;)

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Io pure vorrei campare di sole ripetizioni :P!

Comunque quella detta da Almadel sembra più una forma di "sopravvivenza" che di reale indipendenza. Certo MEGLIO questo che stare a casa con mamma e papà, ci mancherebbe!:)

Come ha fatto capire Almadel alla fine uno può sempre cercare di bilanciare le reali necessità con i "capricci". Personalmente, e non vuole essere una critica diretta ad Almadel, non mi pare proprio il masssimo per una coppia dividere l'appartamento con un 1/2 conquilini, voglio dire alla fine se vivi in coppia devi vivere in coppia. Già io provo un po' di insofferenza con i miei amici di sempre quando mi tocca ospitarli a casa mia per qualche giorno (e parliamo di amici!), figurarsi dividere la casa con altra gente...

 

Comunque seppur si possa "sopravvivere" ed è meglio di starsene a casa con mammina e papino, direi che una condizione economica più agiata e senza preoccupazioni vada cercata fino in fondo.

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Non per finire OT, ma a Roma perlomeno non sarebbe fattibile. A 400 euro affitti il posto letto, neppure una stanza. Difficile vivere in 7 in 60mq con un bagno solo... Insomma un po' vi ha detto bene, in fin dei conti. A Roma dovresti perlomeno dare qualche ripetizione in più ;)

 

Lum guarda che l'avevo già detta io questa, che fai me rubi le battute adesso? :D

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Alllora, anche secondo i nuovi calcoli di almadel, si è stabilito che NON si vive con meno di 1000 euro al mese, ma con qualcosa di più. Facciamo finta che ancora non ci sia bisogno della famiglia. Perché quella descritta da almadel è una situazione ideale. Si presuppone infatti che la vita sia sempre la stessa e coincida con l'ottimismo di questo momento. Quindi consideriamo pure che la coppia duri per sempre (perché a questo punto se viene meno uno dei componenti, per un qualsiasi motivo, le spese da solo non le si riesce a sostenere tutte, perché più si è più si risparmia, si sa. E sappiamo che la durata media di una coppia gay è difficile che si misuri in decenni, ma quando ti va di lusso si parla di anni...Laddove ci sia una coppia, ovviamente.

Ovviamente sappiamo che la vita è piena di sorprese. Almadel sa che se si ha bisogno di una visita di uno specialista qualsiasi, anche un semplice dermatologo, costa 100 euro in media, per esempio? E che fai per una settimana fai digiuno? :roll:

No, corri da papà e mammà evidentemente (familismo di riporto, ciao ciao orgoglio gay :roll: ) .....o se sei impegnato politicamente ti inventi uno sciopero della fame (suvvia un po di fantasia :roll:

Ma per favore, confrontiamoci con la realtà, non diffondiamo queste immagini di coppia gay-orgogliosa -mulino bianco e tutti gli altri sono krumiri!

 

. E anche dando per scontata la situazione eterna e ideale, nati con la camicia e baciati dalla fortuna, coppia affiatatissima ottima salute e nessuna voglia di realizzarsi professionalmente in una carriera, come almadel...non possiamo non considerare che:

1) come ha gia detto qualcuno, la situazione di Padova (città molto gay friendly rispetto ad altre italiane) non può essere usata per rappresentare quella di tutte le città italiane

2) a prescindere dal fatto che si viva in un paese omofobo o in una città molto gay friendly come quella di almadel, i prezzi cambiano. Almadel se fosse nato a Roma o a Milano dipenderebbe ancora dalla famiglia, perché un affitto così esiguo non potrebbe permetterselo in una grande città. E certo non mi si può rispondere: preferisco risparmiare e andare a vivere nel paesino omofobo, invece che nella grande città, perché quello che guadagneresti in indipendenza, lo pereresti a causa dell'omofobia sociale

3) vivere in una specie di comune, con altri inquilini, non è che avvantaggi molto l'intimità di coppia. Io spero poi che l'altro inquilino sia etero, perché sinceramente non me la sentirei di vivere con il mio compagno e un altro inquilino gay, a meno che non sia una situazione di coppia aperta (che secondo me è solo una giustificazione per conculcare l'omoaffettività autentica e realizzare la propria omosessualità su un piano esclusivamente sessuale, appunto). In ogni caso non capisco che indipendenza abbia raggiunto con il mio compagno se poi sono costretto a dividere la mia intimità con altri inquilini, etero o gay che siano, anche senza risvolti sessuali. Io non riuscirei a fare sesso con il mio compagno sapendo che è presente un'altra persona nella stessa casa (che poi è una stanza o un monolocale, la chiamiamo casa per comodità), né me la sentirei di fare i turni sessuali con altri, perché se è casa mia è casa mia e devo avere libertà totale, altrimenti preferisco continuare a vivere in famiglia e fare sesso con il mio compagno affittando una stanza in un motel o andando in un locale adatto.

4) ogni gay è una persona e almadel non può proporre il suo stile di vita spartano come standard per tutti gli omosessuali. Ci sono gay che non possono fare a meno di i phone e gadget tecnologici (come del resto anche etero) ci sono gay che se non si vestono in un determinato modo (fashion) accusano una danno non da poco per la loro identità e che esiste una via di mezzo tra il vivere negandosi tutto e vivere facendo la fashion victim. La maggior parte dei gay, anche se non compra roba di marca, tiene molto al suo aspetto estetico. Più di un etero maschio che non sia metrosexual. Quindi a molti non piace vivere in maniera trasandata e vestire di stracci tutto l'anno, ma vestire decentemente e avere cura di sé, senza essere necessariamente fashion victim

5) vivere senza auto può essere possibile fino a quando non si ha un lavoro vero. E se hai anche una macchina da mantenere usciamo fuori dallo schemino 1000 euro

6) vivere in coppia come vive almadel significa non avere alcuna garanzia per il futuro perchè significa non avere un contratto di lavoro a tempo indeterminato (vado molto eufemistico..) e quindi nessuna pensione, quindi nemmeno quei pochi euro che dovrebbero assicurare (forse) almeno il tozzo di pane a noi che nel futuro saremo pensionati.

7) vivere in affitto non ti da nemmeno la garanzia di un tetto certo per il tuo futuro, perché cessato il contratto, il locatore ha il diritto di cacciarti da casa sua con un (metaforico, ma anche no) calcio in culo. insieme con il tuo compagno, se c'è ancora.

E a me solo l'ipotesi di finire per un qualsiasi motivo in mezzo alla strada mi fa orrore.

Questa è la realtà. E nessuno ha niente di cui vergognarsi, se vuole vivere la sua vita di gay in modo decente, non dico come Dolce & Gabbana, ma nemmeno come un monaco del Medio Evo però. Sto parlando di vivere in maniera normale, in un paese come l'italia. Quindi nessuna vergogna se si dipende economicamente dai genitori dopo la maggiore età. Orgoglio gay non è mortificazione, ma capacità di gestire la propria omoaffettività secondo le circostanze. Esiste una dignità della persona, persino prima della dignità di essere omosessuali. :salut:

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AndrejMolov89

Ovviamente sappiamo che la vita è piena di sorprese. Almadel sa che se si ha bisogno di una visita di uno specialista qualsiasi, anche un semplice dermatologo, costa 100 euro in media, per esempio? E che fai per una settimana fai digiuno? :roll:

No, corri da papà e mammà evidentemente (familismo di riporto, ciao ciao orgoglio gay :roll: ) .....o se sei impegnato politicamente ti inventi uno sciopero della fame (suvvia un po di fantasia :roll:

Ma per favore, confrontiamoci con la realtà, non diffondiamo queste immagini di coppia gay-orgogliosa -mulino bianco e tutti gli altri sono krumiri!

 

Credo che tu abbia mancato completamente il senso sia dell'essere orgogliosi, sia dell'essere indipendenti. In ogni caso, l'essere indipendenti non significa necessariamente essere ostili. Dubito che tu lasceresti morire un tuo caro di tumore, perché è indipedente. Esiste anche il concetto di assistenza reciproca valido per lo meno in famiglia. Dipende da caso a caso. Non è una questione di orgoglio, nè altro. Significa riconoscere di aver bisogno di aiuto ogni tanto, ma non essere comunque dipendenti. Questa è ovviamente una mia opinione.

 

3)

 

Quindi ciò che è per te, deve essere per altri? Allora, se ciò che è per te deve essere per altri, perché critichi ciò che ritieni che gli altri ti impongano?

 

4) ogni gay è una persona e almadel non può proporre il suo stile di vita spartano come standard per tutti gli omosessuali. Ci sono gay che non possono fare a meno di i phone e gadget tecnologici (come del resto anche etero) ci sono gay che se non si vestono in un determinato modo (fashion) accusano una danno non da poco per la loro identità e che esiste una via di mezzo tra il vivere negandosi tutto e vivere facendo la fashion victim. La maggior parte dei gay, anche se non compra roba di marca, tiene molto al suo aspetto estetico. Più di un etero maschio che non sia metrosexual. Quindi a molti non piace vivere in maniera trasandata e vestire di stracci tutto l'anno, ma vestire decentemente e avere cura di sé, senza essere necessariamente fashion victim

 

Quindi, lasciami capire, tu stai dicendo che il superfluo è necessario? Non è che tu voglia criticare sempre e comunque qualcuno?

 

7) vivere in affitto non ti da nemmeno la garanzia di un tetto certo per il tuo futuro, perché cessato il contratto, il locatore ha il diritto di cacciarti da casa sua con un (metaforico, ma anche no) calcio in culo. insieme con il tuo compagno, se c'è ancora.

 

Io vivo in affitto, con la mia famiglia, da 20 anni. Cioè, chi è in affitto non ha un tetto sicuro sotto la testa?

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Non mi pare vi sia chiara una cosa.

Se volete, rappresento quasi il punto zero della vita di coppia.

Non vi sto consigliando il mio tenore di vita, né sto dicendo

che capiterà questo se vi dichiarate a casa :)

Dico solo che anche nei rarissimi casi in cui vi andasse davvero male

potreste riuscire a vivere anche nei momenti in cui avete un solo stipendio.

Sopravvivere in Italia si chiama "Caritas".

 

Fumare, bere e avere l'iPad non sono cose obbligatorie.

Non è obbligatorio vivere a Roma o a Milano.

Vivere con un coinquilino gay non significa farci sesso

e vivere con un coinquilino etero non mi pare drammatico.

 

Se vi dichiarate in casa - dopo il primo mese di drammi -

la situazione rimarrà più o meno quella a cui siete abituati.

Per una famiglia l'avere un figlio gay è una risorsa:

senza figli vostri avrete più soldi e vi dedicherete di più a loro

quando loro avranno bisogno di voi (e prima o poi accadrà).

 

La situazione veramente tragica della dipendenza dalla famiglia

la subiscono - in Italia - soprattutto le giovani coppie etero.

Perché - anche tenendo basso il proprio tenore di vita -

non è materialmente possibile crescere un figlio.

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Ecco qua, adesso cominciano i chiarimenti, finalmente....

Ah, capisco adesso in che cosa consista l'orgoglio gay! Nell'essere una risorsa per la propria famiglia, come ammette candidamente almadel! E il cerchio finalmente si chiude. Perché scopriamo il familismo morale

Finalmente si ammette che non si può opporre frontalmente il proprio orgoglio gay alla famiglia. Che occorrono dei compromessi. :roll:

Ovviamente parliamo sempre di una situazione ideale, quando non ci sia una famiglia particolarmente omofobica.

Diciamo la tipica famiglia che all'inizio non accetta o mette il muso, ma poi con il tempo capisce.

Questo accade in genere nelle grandi città. Ma nell'Italia dei mille paesini e paesucoli già il discorso perde di validità...

Per il resto, fumare e bere non sono cose obbligatorie, ma intanto non vedo perché la stessa persona che dichiara di fumare, bere e altro, denigri chi compra gadegte tecnologici o roba firmata. Quindi per cortesia non giudichiamo gli stili di vita, ognuno ha il suo.

Sono soddidfatto dell'ammissione fatta da almadel che il suo caso rappresenta il punto zero della vita di coppia e che non può né deve essere preso come modello di riferimento.

Per quanto riguarda il paragone fatto con le famiglie etero, ricordo che nella battaglia per i diritti lgbt, un punto importante è l'omogenitorialità. Quindi quando i gay si troveranno ad essere genitori, le coppie gay avranno anche le stesse difficoltà, oltre che i privilegi delle coppie etero. E quindi le coppie gay continueranno a dipendere dalla famiglia, esattamente come le coppie etero, in Italia!

Dal familismo non si fugge se non cambia la struttura socio-economica! E i gay hanno rinunciato da anni a combattere questa struttura socioeconomica, perché per tutti (anche per gli etero) questa struttura socioeconomica coincide con il migliore dei mondi possibili.

Mi sembra che non abbia più niente da chiarire :salut:

 

Ecco qua, adesso cominciano i chiarimenti, finalmente....

Ah, capisco adesso in che cosa consista l'orgoglio gay! Nell'essere una risorsa per la propria famiglia, come ammette candidamente almadel! E il cerchio finalmente si chiude. Perché scopriamo il familismo morale

Finalmente si ammette che non si può opporre frontalmente il proprio orgoglio gay alla famiglia. Che occorrono dei compromessi. :roll:

Ovviamente parliamo sempre di una situazione ideale, quando non ci sia una famiglia particolarmente omofobica.

Diciamo la tipica famiglia che all'inizio non accetta o mette il muso, ma poi con il tempo capisce.

Questo accade in genere nelle grandi città. Ma nell'Italia dei mille paesini e paesucoli già il discorso perde di validità...

Per il resto, fumare e bere non sono cose obbligatorie, ma intanto non vedo perché la stessa persona che dichiara di fumare, bere e altro, denigri chi compra gadegte tecnologici o roba firmata. Quindi per cortesia non giudichiamo gli stili di vita, ognuno ha il suo.

Sono soddidfatto dell'ammissione fatta da almadel che il suo caso rappresenta il punto zero della vita di coppia e che non può né deve essere preso come modello di riferimento.

Per quanto riguarda il paragone fatto con le famiglie etero, ricordo che nella battaglia per i diritti lgbt, un punto importante è l'omogenitorialità. Quindi quando i gay si troveranno ad essere genitori, le coppie gay avranno anche le stesse difficoltà, oltre che i privilegi delle coppie etero. E quindi le coppie gay continueranno a dipendere dalla famiglia, esattamente come le coppie etero, in Italia!

Dal familismo non si fugge se non cambia la struttura socio-economica! E i gay hanno rinunciato da anni a combattere questa struttura socioeconomica, perché per tutti (anche per gli etero) questa struttura socioeconomica coincide con il migliore dei mondi possibili.

Mi sembra che non abbia più niente da chiarire :salut:

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Mi sa proprio che tu non sappia leggere, Akinori.

 

Fronteggiare l'omofobia della famiglia è una costante della vita di un gay,

c'è chi lo fa prima e chi lo fa dopo. Prima si comincia, prima si vince.

 

Voler rimandare a dopo l'indipendenza economica è un po' folle, perché:

1) Come si è detto questa indipendenza sembra non arrivare mai

2) Una volta che si è davvero indipendenti, si vive lontano dalla famiglia e certe questioni non si affrontano più.

3) Se si teme di manifestarsi in casa, tanto più lo si eviterà al lavoro; col rischio di esporsi a mobbing e a ricatti

4) Il rischio del "taglio dei viveri" è enormemente sopravvalutato e prima dei 25 anni anche inammissibile.

 

Poi è ovvio che ciascuna persona che non si dichiari a casa

potrà portare tutte le giustificare che vorrà per la sua situazione.

L'importante è che si renda conto di avere un problema personale

e che la sua giustificazione non diventi una ideologia della clandestinità.

Affermare che con uno stipendio di mille euro sia necessario non dichiarsi

significa volerci condannare (quasi) tutti alla clandestinità.

 

Sul lungo termine il rischio di non dichiararsi è anche quello di non convivere

e di mantenere le proprie relazioni sempre a un certo livello di immaturità.

Un rischio vago a vent'anni, concreto a trenta e la norma per un quarantenne non dichiarato.

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