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Ha senso parlare di orgoglio gay?


Altair

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AndrejMolov89

Francamente, nonostante tutto, non ravviso la necessità attualmente di dover modificare. Ecco magari varierei il mondo intorno e i preconcetti, adattandoli al mio modo di essere: fiero di essere gay

Ma che senso ha dire "fiero di essere gay"?

 

Sarebbe come dire fiero di essere biondo invece

che moro o fiero di esser nato magro invece che grasso

(e viceversa). Non si può essere orgogliosi di qualcosa

con cui si è nati, al limite si può essere fieri di qualcosa

che si fa, di un'azione ma non di un qualcosa che non dipende

da noi.

 

@Altair: Hai iniziato tu, non lagnarti e non fare la vittima. Hai criticato l'utilizzo di essere fiero di essere gay di un altro utente senza sapere con quale accezione lo utilizzava. Isher ti ha detto il concetto, tu di tutta risposta, al posto di dubitare sulla tua intepretazione, hai iniziato a costruire una tua argomentazione debole per giustificare la tua critica. A priori hai iniziato a criticare il concetto come se fosse il capriccio di una comunità fatta da frocie chiuse . Non credo che tu abbia il diritto di lamentarti nè di fare la vittima.

Hai agito anche te sotto l'influsso di un pregiudizio, non vedo perché tu debba fare il martire dell'obbiettività, manco si stesse parlando di geologia o di fisica quantistica.

Secondo me non accetti il concetto gay, perché ti manca il requisito fondamentale: l'essersi accettato, siccome tu non l'hai fatto, è evidente che tu non lo considererai mai come valido.

Vuoi iniziare a discutere seriamente, allora mettiti in discussione anche te.

 

Cosa intendi per fierzza? Qual'è la definzione? Come si può specificare?

Poi dimostra che la validità del concetto elaborato dalla comunità è debole, poi magari puoi dire che è di parte. Con berlusoni lo si fa tranquillamente, i suoi concetti sono deboli, ma non vengono giudicati deboli a priori,altrimenti significa essere superficiali, come la maggior parte degli antiberlusconiani - pur essendo io stesso anti berlusconiano.

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non ho ancora letto un argomentazione che

confutasse in modo convincibile la mia opinione.

 

Tu non hai, purtroppo, svolto alcuna argomentazione.

Hai solo asserito che il concetto di orgoglio gay è un nonsense.

Non c'è nulla da ribattere a questa asserzione, che non dice niente.

 

Il divertente, di cui non ti accorgi, è che per te, dato che hai detto

che quell'espressione è un nonsense, il suo retto significato dovrà

essere necessariamente un nonsense. Ma allora non c'è niente (tanto

meno di «convincibile» :grin: ) su cui condurre la confutazione.

 

Quanto al significato gay della nozione, ripeti in continuazione che è

un'elaborazione di parte, ma questa elaborazione tu non la conosci nemmeno.

Allora non leggere i teorici del liberalismo, né quelli del socialismo, né la

letteratura femminista, né tale o tal altro economista, o teorico della psicologia,

perché le loro elaborazioni sono tutte rigorosamente di parte. E anche chi

pretende di parlare in nome dell'Universale è di parte, certo più di chi sa e premette

di essere espressione di una parte.

 

Chi non è in grado di accedere al dialogo é colui che, vittima della

sua arroganza e presunzione, non accetta una visione diversa da

quella a cui è abituato.

 

De te fabula enarratur, Altair. Io mi sono confrontato con te e ho cercato

di spiegarti la genesi, il significato, le ragioni di un concetto di cui tu ignori

tutto. Adesso tu vuoi uscire da una conversazione che tu stesso hai iniziato,

come ha rilevato Greed, e fai bene.

 

Infine, i tuoi paragoni sono come al solito impropri, oltre che un tantino offensivi.

Chi parla del comunismo si riferisce in genere a Marx e a Lenin, chi parla del liberalismo

a Locke o Stuart Mill e a Constant, chi parla di produzione letteraria femminista

a Simone de Beauvoir e a tante altre.

Così chi parla -seriamente- di concetti gay si riferisce a Foucault,

Leo Bersani, i teorici queer, Eribon e a tutti gli altri che abbiamo. Tutti li metti nella filiera

che dovrebbe essere corrispettiva a quella di Berlusconi e quest'ultimo sfregio

rivela perfettamente il tuo atteggiamento verso gli omosessuali

organizzati, e che pensano l'omosessualità: è palesemente ostile.

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Ma che senso ha dire "fiero di essere gay"?

 

Non avrebbe senso, se l'essere gay non fosse stato e non fosse ancora motivo di derisione, d'insulto, d'emarginazione, di percosse, di carcerazione e perfino di uccisione.

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Ma che senso ha dire "fiero di essere gay"?

 

Sarebbe come dire fiero di essere biondo invece

che moro o fiero di esser nato magro invece che grasso

(e viceversa). Non si può essere orgogliosi di qualcosa

con cui si è nati, al limite si può essere fieri di qualcosa

che si fa, di un'azione ma non di un qualcosa che non dipende

da noi.

Vivila come una risposta a chi invece pretende che ti nasconda agli occhi di tutti perchè sei gay. Inoltre, vorrei dire: possiamo essere fieri di noi stessi, e non possiamo essere fieri di noi stessi come "omoaffettivi"?

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Sinceramente questo concetto dell'"orgoglio gay" lo trovo troppo "americano" dal punto di vista culturale. Mi sembra il prodotto conseguente di una cultura profondamente omofobica, probabilmente più omofobica della cultura mediterranea alla quale molti europei appartengono, a causa dell'influenza del puritanesimo. Dove c'è stata la cultura greca il modello è fondamentalmente di tipo bisessuale e credo che, nonostante due millenni di cristianesimo, le cose non siano cambiate granché. Non sto parlando direttamente della cosiddetta "omosessualità mediterranea" di cui parla anche il grande studioso Dall'Orto.

Ritengo che questo modello della "omosessualità mediterranea" sia solo una conseguenza di una bisessualità così profonda e naturale che è come se fosse radicata nell'inconscio di tutti i popoli in cui la civilizzazione greca è stata determinante. E quindi, in queste zone dell'Europa, l'omosessualità è qualcosa di naturale, di acquisito.

La sessuofobia e l'omofobia, in queste zone dell'Europa, vengono unicamente dal cattolicesimo, ma in realtà nessuno è veramente omofobo, basta salvare le apparenze. Voglio dire il cattolicesimo non ha prodotto in queste zone quell'odio verso gli omosessuali che invece si è svuluppato nelle zone più puritane degli States.

Ha determinato semplicemente un'opera di velamento, ma sotto il velo la bisessualità probabilmente è la pratica più comune.

Tuttavia quando si parla di diritti, spesso c'è conflittualità tra queste due visioni dell'omosessualità, e spesso i gay politici accusano i "non orgogliosi" di non esserlo perché "velati" e i "velati" non si riconoscono in questo "orgoglio gay" perché a loro sta bene essere velati, perché ritengono che quello sia il modo più giusto, dal punto di vista culturale, di vivere la propria omosessualità: escludendone la dimensione politica. E' un poco come la questione del burka: la modernità imporrebbe la sua rimozione, ma ci sono donne tradizionaliste che non vi rinuncerebbero :roll:

 

E in effetti la figura del gay emancipato nasce in America. Ed è difficile rimuoverlo, questo orgoglio gay, quando si affronta un discorso politico sull'argomento. La storia di fondazione del movimento è cominciata con Stonewall, e quindi negare il concetto di orgoglio gay è ritenuto politicamente scorretto, dai gay politicamente impegnati. In sintesi, credo che il discorso dell'orgoglio omosessuale, così come anche quello del CO, sia in rapporto al modo con il quale il singolo individuo vive la propria omosessualità. Se uno si vive la sua omosessualità politicamente, non può rinunciare all'orgoglio gay. Ma se uno non vuole viversi politicamente la sua omosessualità, mi sembra anche chiaro perchè non provi questo sentimento rivoluzionario e costruttivo dell'orgoglio. Credo che una persona debba essere libera di scegliersi il modo con il quale vivere la propria omosessualità e che dobbiamo rispettare anche quel modo che non condividiamo. Penso faccia parte anche questo del concetto di democrazia.

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Sinceramente questo concetto dell'"orgoglio gay" lo trovo troppo "americano" dal punto di vista culturale. Mi sembra il prodotto conseguente di una cultura profondamente omofobica, probabilmente più omofobica della cultura mediterranea alla quale molti europei appartengono, a causa dell'influenza del puritanesimo. Dove c'è stata la cultura greca il modello è fondamentalmente di tipo bisessuale e credo che, nonostante due millenni di cristianesimo, le cose non siano cambiate granché. Non sto parlando direttamente della cosiddetta "omosessualità mediterranea" di cui parla anche il grande studioso Dall'Orto.

Ritengo che questo modello della "omosessualità mediterranea" sia solo una conseguenza di una bisessualità così profonda e naturale che è come se fosse radicata nell'inconscio di tutti i popoli in cui la civilizzazione greca è stata determinante. E quindi, in queste zone dell'Europa, l'omosessualità è qualcosa di naturale, di acquisito.

La sessuofobia e l'omofobia, in queste zone dell'Europa, vengono unicamente dal cattolicesimo, ma in realtà nessuno è veramente omofobo, basta salvare le apparenze. Voglio dire il cattolicesimo non ha prodotto in queste zone quell'odio verso gli omosessuali che invece si è svuluppato nelle zone più puritane degli States.

 

Dimentichi due cose:

1) il puritanesimo americano è semplicemente il puritanesimo europeo e specificamente inglese (i Padri Pellegrini) trasferito oltreoceano,

2) puritani, calvinisti, luterani ecc fiorirono prima in Europa che in America e permangono ancora fiorenti non meno qui che là.

Perciò non puoi fare differenza tra America puritana e violentemente omofoba ed Europa non puritana quindi sostanzialmente tollerante (fatte salve le apparenze).

Semmai la differenza potrebbe essere tra nazioni europee cattoliche o prevalentemente cattoliche e nazioni protestanti o prevalentemente protestanti.

Però che l'omofobia delle seconde sia stata più virulenta di quella delle prime, che invece sarebbe stata solo di facciata, mi sembra tutto da dimostrare.

Diciamo che i protestanti, grazie alla consuetudine di leggere personalmente la Bibbia, potevano ricevere un insegnamento omofobo diretto (almeno nell'interpretazione corrente di certi passi come quello di Sodoma e Gomorra), mentre i cattolici ricevevano l'insegnamento delle sacre scritture attraverso il magistero della Chiesa.

Ma visto che l'insegnamento cattolico recepiva l'interpretazione omofoba tradizionale dei passi della Bibbia dove si tratta del problema, alla fine non vedo quale sia stata la differenza.

Al massimo si potrebbe vedere una maggiore tolleranza verso il peccatore pentito (ma non specificamente verso il peccatore di sodomia) da parte della Chiesa Cattolica ed un maggior rigore presente invece nella mentalità protestante e specificamente in quella puritana (che non riconoscevano confessione ed assoluzione del prete), come si nota anche nel diverso trattamento del condannato per reati anche lievi in America ed in Inghilterra (dove in galera si va e si rimane), rispetto all'Italia (dove in galera raramente si va e ancor più raramente si rimane).

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Senza poi dimenticare anche che il protestantesimo, proprio per la sua tendenza ad affidare al credente una responsabilità anche interpretativa del testo biblico, crea anche una chance maggiore per letture differenti e più tolleranti... cosa che spesso accade nei paesi anglosassoni.

 

Peraltro che i paesi anglosassoni siano caratterizzati da un'omofobia più violenta rispetto a quelli mediterranei mi sembra proprio un'ipotesi aliena alla realtà... La differenza è forse nell'eco mediatico di alcuni fatti, perchè altrimenti...mah...

 

Sono comunque d'accordo che differenziare tra Stati Uniti ed Europa non rispecchi troppo le realtà culturali..

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In ogni caso mi sembra che il discorso si stia spostando, già siamo OT, ma passare dalla concezione del significato letterale di una parola, rispetto a quello che ha assunto il concetto che la parola esprime; a come si differenzia l'omofobia tra vecchio e nuovo continente sia un po il voler mescolare le carte e farne uscire un "mazzone"

 

Al limite ritorniamo alle pillole.. pensavo... io prenderei quella rossa e poi la farei ingoiare a qualcuno... XD TIpo ad Emu!!!

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Diciamo che se volessimo proprio fare delle distinzioni andrebbero a favore

del luogo in cui il concetto di orgoglio gay si è formato ed affermato, per poi

diffondersi agli altri paesi, non mi pare vi sia altro da aggiungere.

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@Mario so benissimo che il protestantesimo dall'Inghilterra è stato esportato in America, ma la mia differenza non era fra America ed Europa, ma fra modello puritano e modello mediterraneo. Proprio oper escludere Gran Bretagna parte dell'Europa del Nord e tutte quelle zone dove si è affermato il protestantesimo.

 

Per il resto se alcuni studiosi hanno legato etica protestante e capitalismo, non vedo perchè l'etica protestante non possa essere legata ad un tipo particolare di omofobia.

 

@Dreamer, la libera interpretazione della Bibbia dei protestanti non rimpedisce ai fanatici puritani di interpretare Sodoma e Gomorra in maniera molto omofobica. Poi è chiaro, il protestantesimo è un universo e magari ci sono anche aspetti che sono a favore del sacerdozio gay, del matrimoni eccetera. Ma io mi riferivo al protestantesimo puritano.

In ogni caso, tutto ciò che nasce dalla Bibbia, che sia protestante, cattolico o meno è insitamente omofobo. E se si vuole rinunciare all'omofobia mantenendo la fede, o si rinuncia alla Bibbia o la si stravolge totalmente nell'interpretazione per piegarla al proprio fine.

 

Riguardo alle valutazioni delle due concezioni dell'omosessualità che ho rilevato, credo che possano essere solo delle opinioni personali, e che sia democratico rispettare entrambe. Io dal punto di vista politico mi sento di condividere il modello "americano", perché è quello più vicino alla rivendicazione dei diritti. Ma non credo che chi abbia altre condivisioni sia da emarginare o da odiare. Sempre dal punto di vista democratico :roll:

 

Anche per questo, se si parla di pillole, sceglierei quella non citata, quella della bisessualità (chiamiamola pilla verde)in base alla quale non avrei nessun modello da scegliere e sarei più libero. Ovviamente una bisessualità libera da ogni tipo di omofobia e quindi dalla repressione religiosa.

 

Poi se ascolto il politico omofobo di turno che dice che la famiglia può essere composta solo da padre, madre e figlio, e altri modelli non esistono, mi passa la voglia di fare queste speculazioni sulle pillole che lasciano il tempo che trovano e desidererei solo un mondo libero dove ognuno sia rispettato per quello che è e non sia cittadino di serie b solo per il suo orientamento sessuale o gender.

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@Mario so benissimo che il protestantesimo dall'Inghilterra è stato esportato in America, ma la mia differenza non era fra America ed Europa, ma fra modello puritano e modello mediterraneo. Proprio oper escludere Gran Bretagna parte dell'Europa del Nord e tutte quelle zone dove si è affermato il protestantesimo.

 

Ma il modello "puritano" si oppone al "modello mediterraneo" solo nela condanna dell'omosessualità o in genere nel diverso atteggiamento verso il peccatore, che è redimibile per mezzo della sacramento della confessione nei paesi di cultura cattolica ed invece irredimibile nei paesi di cultura calvinista?.

E comunque c'è una notevole differenza tra il calvinismo, da cui discende il puritanesimo, con la sua concezione di predestinazione dell'uomo indipendentemente dai suoi peccati, e il luteranesimo o l'anglicanesimo più vicini alla dottrina cattolica.

Francamente il tuo schema mi sembra troppo "schematico" se non del tutto sbagliato.

 

Per il resto se alcuni studiosi hanno legato etica protestante e capitalismo, non vedo perchè l'etica protestante non possa essere legata ad un tipo particolare di omofobia.

 

A parte che la consa è controversa, visto che i primi esempi di capitalismo in Europo si ebbero nei paesi cattolici e specificamente in Italia nelle repubbliche marinare (soprattutto Venezia e Genova) e nelle grandi città mercantili (soprattutto Firenze), comunque non capisco il nesso.

In ogni caso l'omofobia (nel senso di condanna di principio dell'amore omosessuale) ebbe storicamente due motivazioni essenziali che si intrecciavano e si sovrapponevano:

una fu la necessità di evitare comportamenti che potessero mettere in pericolo la continuazione della "gens" e la produzione di nuovi membri della comunità sociale,

l'altra fu l'opportunità di controllare la sessualità umana e gli affetti annessi e connessi, entro limiti ben precisi che non minacciassero la famiglia come nucleo costitutivo della comunità sociale.

Ovviamente poi queste motivazioni in certe civiltà (ad esempio quelle ebraica, cristiana, islamica) furono "rivestite", per renderle più efficaci, dall'autorità riferita ad un dio legislatore di comandamenti vincolanti.

Nel caso specifico, sia i cattolici sia i protestanti, luterani, calvinisti o altri, dipendono tutti dalla lettura della Bibbia dei padri della Chiesa e prima di tutti da quella di Paolo di Tarso.

Quindi francamente non vedo differenze tra le condanne teroriche delle varie sette cristiane, se non appunto per il diverso atteggiamento verso il peccatore, che però vale di qualsiasi peccato questi sia colpepole, non solo nel caso del peccato di sodomia.

 

@Dreamer, la libera interpretazione della Bibbia dei protestanti non rimpedisce ai fanatici puritani di interpretare Sodoma e Gomorra in maniera molto omofobica. Poi è chiaro, il protestantesimo è un universo e magari ci sono anche aspetti che sono a favore del sacerdozio gay, del matrimoni eccetera. Ma io mi riferivo al protestantesimo puritano.

 

Qui noti una differenza tra cattolici e riformati che in effetti ultimamente ha portato alcune chiese riformate, ma solo alcune, a dissociarsi dall'antica tradizione omofobica cristiana: la possibilità dei riformati di leggere la Bibbia secondo coscienza e non secondo la tradizione.

E' chiaro che in questo modo certe letture omofobiche, difficili da contestare letteralmente e comunque abbondantemente sostenute da una tradizione antichissima, possono essere corrette se non capovolte.

Ma proprio questo dimostra che precedentemente non c'era differenza tra la lettura omofobica dela Bibbia di parte cattolica e quella di parte riformata!

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Ah però, in due giorni di mia assenza siete arrivati fino all'etica protestante! :)

 

Premesso che il discorso di akinori è senz'altro interessante (anche se un tantino OT),

devo precisare un paio di cose:

 

@Altair: Hai iniziato tu, non lagnarti e non fare la vittima. Hai criticato l'utilizzo di essere fiero di essere gay di un altro utente senza sapere con quale accezione lo utilizzava. Isher ti ha detto il concetto, tu di tutta risposta, al posto di dubitare sulla tua intepretazione, hai iniziato a costruire una tua argomentazione debole per giustificare la tua critica. A priori hai iniziato a criticare il concetto come se fosse il capriccio di una comunità fatta da frocie chiuse . Non credo che tu abbia il diritto di lamentarti nè di fare la vittima.

Hai agito anche te sotto l'influsso di un pregiudizio, non vedo perché tu debba fare il martire dell'obbiettività, manco si stesse parlando di geologia o di fisica quantistica.

Secondo me non accetti il concetto gay, perché ti manca il requisito fondamentale: l'essersi accettato, siccome tu non l'hai fatto, è evidente che tu non lo considererai mai come valido.

 

Caro Greed, io ho iniziato un discorso, è Isher che ha contestato il mio

punto di vista a priori definendolo frutto di ignoranza e concentrandosi sul

significato di proudness (gay), semmai è lui ad avere reso sterile un discorso

potenzialmente costruttivo. Da quale pregiudizio poi sarei stato mosso? Come

dice Isher dal "pensiero omofobo di Gasparri"? Peccato che non ci sia nulla di più

lontano dai miei ideali etici e politici.

 

Poi tu parli di accettazione. Cosa c'entra l'accettazione con quello di cui si è parlato?

Si può accettare qualcosa senza esserne conseguentemente orgogliosi, mi sembra

un discorso tremendamente ovvio.

 

La verità è che siete voi quelli animati da un pregiudizio politcally correct molto poco

obbiettivo:

 

Se un etero affermasse di essere orgoglioso del suo essere etero sarebbe

bollato come omofobo, se un bianco affermasse di essere orgoglioso del

suo essere bianco sarebbe un razzista e se lo facesse un uomo sarebbe

misogino e sessista.

Se una donna invece affermasse di essere orgogliosa di essere donna sarebbe considerata

un'ammirevole femminista così come un gay orgoglioso diventa un diligente attivista lgbt.

 

Nessuno dovrebbe essere orgoglioso di qualcosa che è, si può dire di essere contenti di

essere nati gay piuttosto che etero per un gusto del tutto personale. Ma la fierezza e l'orgoglio

sono totalmente ingiustificati. Come ha detto giustamente Isher, è uno sfogo, un protrettico, un

placebo il cui unico scopo è esorcizzare il dolore della mancata accettazione sociale e, talvolta,

interiore. Ma nulla di più.

 

Si può essere orgogliosi di un buon voto, di aver raggiunto un grande risultato sul lavoro, di

aver compiuto un gesto altruistico, ma non si può essere orgogliosi di qualcosa che si è e che

non dipende da noi. Tra l'altro questo è un concetto neanche tanto nobile visto che il passaggio

dalla fierezza all'orgoglio e dall'orgoglio alla discriminazione è molto facile.

 

Si è parlato poi di un concetto nato nei movimenti lgbt. Ebbene cosa ha dato la proudness gay

alla rivendicazione dei diritti lgbt? A mio avviso poco e niente. A parte la rivendicazione di un identità

e l'urlo di una comunità la cui stessa esistenza veniva ignorata, la proudness è stata improduttiva.

Stonewall ha creato i Gay Pride, e poi? Non sono i Gay Pride i promotori dei diritti, ma sono i veri attivisti

che nelle piazze, nei palazzi del potere e nelle assemblee fanno sentire la loro voce senza paiettes e lustrini,

simboli di un'identità e di una fierezza che appartiene a pochi gay e poche lesbiche e che finiscono inevitabilmente

per offuscare il vero messaggio.

 

Onestamente non mi importa quanto sia stato teorizzato questo concetto e da quanto tempo, potrebbe averlo pronunciato

Platone in persona, a me importerebbe ben poco. La proudness gay è un concetto improduttivo e inutile se non per la funzione

di placebo che esso va a svolgere. Questa è la mia modesta opinione. Se non vi sta bene contestatela pure ma non venitemi a

dire che sono omofobo o che non mi accetto.

 

In tutta risposta potrei dire di voi che siete eterofobi, ma dubito che avrebbe lo

stesso impatto emotivo ;)

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E' indubbio che le modalità di tramissione di un messaggio abbiano una certa importanza quando lo stesso deve essere elaborato da una mentalità o cultura differente da quella di partenza, ma non pensavo che ciò potesse permettere anche una scrematura in termini di importanza. :)

Idem con patate, non pensavo che i lustrini potessero diventare un motivo in più per considerare "nullo" il messaggio di chi li indossa.

 

Tornando più o meno IT: nel dire "Stonewall ha creato i Gay Pride, e poi?", attribuisci ai moti una valenza solo in termini di conseguenza (il "gay pride") e non di motivazioni (le retate e il prendere di mira l'omosessualità in ogni sua forma), rendendo inutile qualsiasi discorso sul significato di "pride" stesso.

Il "pride" è nato come forma di reazione alle discriminazioni, non in assoluto rispetto ad una situazione di parità tra eterosessualità e "diversità": se una persona viene penalizzata perché non appartenente alla maggioranza, ciò che vive è una discriminazione; se reagisce e stabilisce il principio del "non provo vergogna per ciò che sono" (cosa che invece accadeva proprio ai tempi di Stonewall), cerca di rivendicare i propri diritti.

Allo stesso modo, l'orgoglio femminile si è sempre basato sull'avere una posizione di inferiorità rispetto all'uomo e il dover lottare per avere gli stessi diritti, quindi il femminismo è una forma di "orgoglio" derivante dall'aver lottato e cercato di raggiungere gli stessi diritti degli uomini.

 

Per farla breve: essere orgogliosi stando già sopra ad una minoranza è indice di possibile razzismo o sessismo, ma sentirsi superiori alla condizione che ci viene imposta è semmai un bisogno di essere considerati uguali e non diversi.

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E' indubbio che le modalità di tramissione di un messaggio abbiano una certa importanza quando lo stesso deve essere elaborato da una mentalità o cultura differente da quella di partenza, ma non pensavo che ciò potesse permettere anche una scrematura in termini di importanza. :)

Idem con patate, non pensavo che i lustrini potessero diventare un motivo in più per considerare "nullo" il messaggio di chi li indossa.

 

No no attenzione, non ho detto che il messaggio diventa "nullo" ma che viene offuscato, e non

tanto dall'abito ma dal significato intrinseco. La proudness, a mio avviso, comunica in questo

modo solo una diversità per farla accettare come tale, ma nei fatti questo raramente ha portato

all'acquisizione di diritti. Anzi spesso ha sortito l'effetto opposto, e francamente non c'é da stupirsene,

vista l'atmsfera carnascelasca e caricaturale che spesso non fa altro che rimpolpare lo stereotipo.

 

 

Per farla breve: essere orgogliosi stando già sopra ad una minoranza è indice di possibile razzismo o sessismo, ma sentirsi superiori alla condizione che ci viene imposta è semmai un bisogno di essere considerati uguali e non diversi.

 

 

Non sono d'accordo, secondo me è un luogo comune. Trovo sbagliato il sentirsi

superiori a prescindere, che sia una reazione ad una discriminazione questo è certo

e sono d'accordo, ma a lungo andare questo concetto diventa improduttivo oltre che sbagliato.

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Altair, non ho nessuna voglia di riprendere il nostro scambio che ritengo

abbondantemente concluso.

 

Mi limito a segnalare ai lettori che tutte le cose che mi attribuisci sono

distorsioni di quanto ho detto. Non mi importa contestarle, mi importa però segnalare

che lo è anche quella che tu definisci giusta, cioè l'identificazione di proudness

con «sfogo, placebo».

 

Chi avrà la pazienza di rileggere i miei post capirà senza dubbio che cosa ho detto.

D'altro canto credo che il concetto di «orgoglio gay» sia qualcosa di mediamente

abbastanza noto.

 

In tutta risposta potrei dire di voi che siete eterofobi

 

Il problema, lo dico a tutti, è che le parole non sono gettoni da usare a casaggio, con

un suffisso fai-da-te che provvederebbe a moltiplicarle.

 

L'eterofobia non esiste e non può esistere. So bene che il termine viene talvolta usato,

a sproposito per lo più, oppure per indicare in modo sbrigativo

l'insofferenza di alcuni gay a compagnie e atteggiamenti eterosessuali.

Ma è un termine stenografico che non ha alcun significato rigoroso.

Omofobia significa:

 

1 impiccare gli omosessuali per il loro orientamento sessuale

2 non riconoscere loro diritti civili

3 prenderli a botte, insultarli, discriminarli, impedir loro di esprimere

il loro orientamento e i loro affetti, e infine scoraggiarli in varie maniere a essere gay.

 

Questo si intende per omofobia. Null'altro.

 

Nessuna di queste cose esiste per gli eterosessuali, ovviamente (né potrà mai esistere).

Esiste anzi il contrario, cioè una sistematica promozione dell'eterosessualità a svantaggio

e negazione dell'omosessualità e della sua espressione.

 

Sono cose di cui abbiamo parlato per anni. Mi auguro davvero che chi frequenta questo Forum lo usi

per leggere alcuni topic - e ce ne sono tanti - relativi a questi temi, in modo da non ingenerare

dis-informazione, dis-informazione che è molto frustrante.

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Mi limito a precisare:

  • L'aggiunta di "sfogo" e "placebo" erano delle mie considerazioni aggiunte, credo fosse palesemente ovvio.
  • Quella sull'eterofobia era palesemente una battuta :)

 

Detto questo, Isher, la tua chiusura è un problema tutto tuo, mi dispiace.

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No no attenzione, non ho detto che il messaggio diventa "nullo" ma che viene offuscato, e non

tanto dall'abito ma dal significato intrinseco. La proudness, a mio avviso, comunica in questo

modo solo una diversità per farla accettare come tale, ma nei fatti questo raramente ha portato

all'acquisizione di diritti. Anzi spesso ha sortito l'effetto opposto, e francamente non c'é da stupirsene,

vista l'atmsfera carnascelasca e caricaturale che spesso non fa altro che rimpolpare lo stereotipo.

 

Anch'io una volta pensavo che certe "esagerazioni" non avrebbero portato a molto, però poi ci ho pensato su e sono arrivata ad una considerazione: l'omosessualità, esasperata o meno che sia, di norma non lede la libertà altrui e andrebbe considerata nelle varie sfumature che presenta.

La necessità di doversi presentare in abiti civili nasce dal doversi confrontare con una mentalità spesso retrogada e poco elastica, ma di fatto la mancata accettazione deriva proprio da questi due fattori e non dai lustrini in sé; nel momento in cui accosti al Pride una connotazione negativa (intesa come "è un boomerang"), di fatto stabilisci anche che è un metodo non corretto per portare avanti un certo tipo di rivendicazione.

Per quella che è la società attuale, serve comportarsi in maniera forzatamente "normale" per far passare il messaggio del "Guarda che potrebbe essere gay anche il tuo migliore amico", ma non dobbiamo al tempo stesso pensare che certe manifestazioni ci remino contro, perché lo sbaglio nasce dalla scarsa elasticità mentale e non dall'esternazione in sé.

 

Non sono d'accordo, secondo me è un luogo comune. Trovo sbagliato il sentirsi

superiori a prescindere, che sia una reazione ad una discriminazione questo è certo

e sono d'accordo, ma a lungo andare questo concetto diventa improduttivo oltre che sbagliato.

 

O hai citato la parte sbagliata del post o non hai letto attentamente: sto parlando di sentirsi "superiori" rispetto a ciò che viene imposto dalla società/maggioranza.

Se per te ciò è un "luogo comune", allora dai anche per scontato che se si è vittime di discriminazioni si deve rimanere tali, solo perché qualcuno sopra di noi ha deciso che dobbiamo essere dei bersagli mobili.

Tu pensi seriamente che sentirsi orgogliosi dei propri traguardi raggiunti o dell'essere se stessi sia "sbagliato"? Se sì, in virtù di cosa?

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Anch'io una volta pensavo che certe "esagerazioni" non avrebbero portato a molto, però poi ci ho pensato su e sono arrivata ad una considerazione: l'omosessualità, esasperata o meno che sia, di norma non lede la libertà altrui e andrebbe considerata nelle varie sfumature che presenta.

La necessità di doversi presentare in abiti civili nasce dal doversi confrontare con una mentalità spesso retrogada e poco elastica, ma di fatto la mancata accettazione deriva proprio da questi due fattori e non dai lustrini in sé; nel momento in cui accosti al Pride una connotazione negativa (intesa come "è un boomerang"), di fatto stabilisci anche che è un metodo non corretto per portare avanti un certo tipo di rivendicazione.

Per quella che è la società attuale, serve comportarsi in maniera forzatamente "normale" per far passare il messaggio del "Guarda che potrebbe essere gay anche il tuo migliore amico", ma non dobbiamo al tempo stesso pensare che certe manifestazioni ci remino contro, perché lo sbaglio nasce dalla scarsa elasticità mentale e non dall'esternazione in sé.

 

Si Eremia ma se quando c'è un pride ci sono più ballerini mezzi nudi

e meno coppie mano nella mano, o più carri allegorici con gente mascherata

di quelli con le famiglie arcobaleno piuttosto che quelli che mostrano striscioni

e cartelli significativi, c'è qualcosa che non va. E non vale solo per i gay ma per

chiunque, la carnevalata offusca il messaggio perché è quella che è maggiormente

visibile, rispetto alle cose serie. Non è un fatto di conformità, però converrai con

me che i palloncini a forma di "pene" hanno poco a che fare con il diritto a non

essere discriminato :)

 

O hai citato la parte sbagliata del post o non hai letto attentamente: sto parlando di sentirsi "superiori" rispetto a ciò che viene imposto dalla società/maggioranza.

Se per te ciò è un "luogo comune", allora dai anche per scontato che se si è vittime di discriminazioni si deve rimanere tali, solo perché qualcuno sopra di noi ha deciso che dobbiamo essere dei bersagli mobili.

Tu pensi seriamente che sentirsi orgogliosi dei propri traguardi raggiunti o dell'essere se stessi sia "sbagliato"? Se sì, in virtù di cosa?

 

No ok, il sentirsi "superiori" rispetto a una situazione di disciminazione ci sta. E va bene.

Ovvio che bisogna essere orgogliosi dei traguardi raggiunti ma l'orgoglio dell'essere sé

stessi no, non c'è nulla di cui essere orgogliosi nell'essere gay, come non lo è dell'essere

etero perché questa "fierezza" presuppone un valore aggiunto al proprio orientamento

sessuale che non esiste, non si è "migliori" se si è gay piuttosto che etero.

 

Però capisci che sono due cose diverse l'orgoglio del proprio essere "al di sopra" di una situazione

di discriminazione indotta dalla società e l'orgoglio del proprio orientamento sessuale, "non ho

nulla di cui vergognarmi" è diverso da "sono orgoglioso di quello che sono". Io la vedo così.

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AndrejMolov89

Ma l'affermazione «fiero di esser gay» non ha valore letterale! Ha valore protreptico,

per dirla in sobrio linguaggio antico, ha valore di rivolta (nel senso camusiano, che

comunque non è necessario conoscere per comprendere il senso di questa frase),

di un nuovo inizio, è un mettersi nella posizione retta, compiendo una revolutio, e

stare in piedi bel saldo dopo aver patito e tentennato. È una pura e semplice

affermazione di sé.

 

I gay ne hanno bisogno peché sono in-desiderati (da loro stessi, perfino). Ma se

osservi bene ne hanno bisogno anche gli etero per essere etero, come li vuole

l'attuale civiltà, anzi per diventare etero. Non li hai

osservati, nell'adolescenza e fin quando si va a scuola, quante ne fanno e ne dicono,

e se ne raccontano, o raccontano, per acquisire la masculinity?

 

Per i gay è la stessa cosa, beninteso più difficile, non approvata dal consenso pubblico,

ma anzi fatta in rottura o comunque con sforzo, ma la funzione psicologica cui assolve

è la medesima, per noi tanto più necessaria.

 

Tra l'altro l'orgoglio del proprio essere gay/etero può anche condurre ad

una sopravvalutazione del proprio orientamento sessuale, se si pone la

propria condizione al dì sopra delle altre.

 

O non ti leggi, o fai finta di dimenticare, non mi stupisce che tu studi Scienze Politiche. Si è SEMPRE DISCUSSO DEL CONCETTO ELABORATO DALLA COMUNITA' GAY che tu hai definito chiusa. Tu pretendi di poter dire quello che vuoi quando non offendi, ma invece spari a zero sempre e comunque su ciò che non coincide con la tua personalissima visione della vita. Lo hai fatto con le coppie aperte, lo fai qua. Inoltre fai frecciatine sul fatto che Isher è un professore di filosofia, come un bambino. Ora dimmi dove sarebbe la maturità o la tua presunta obbiettività nella discussione?

 

Sul pride mi sono già espresso varie volte e non ho voglia di ripetermi ulteriormente. Non ti sei neppure curato di discutere il concetto, lo hai bollato come qualcosa fuori uscito da una comunità chiusa. O discuti il concetto e dici dove non va o non parli. In ogni caso continui con la tua idea. Ora critica questo:

(1) Fierezza di essere quel che si è

  • L'orgoglio di essere quel che si è, da parte delle persone omosessuali. La resa del termine inglese pride ha creato in italiano numerosi equivoci attraverso la traduzione più usata, "orgoglio" (che in italiano è anche sinonimo di "superbia"), mentre la traduzione più corretta sarebbe semmai "fierezza", cioè il concetto opposto alla vergogna, vista come la condizione in cui vive la maggior parte delle persone omosessuali.

L'"orgoglio gay" si basa su tre assunti:

  1. che le persone dovrebbero essere fiere di ciò che sono,
  2. che la diversità sessuale è un dono e non una vergogna,
  3. che l'orientamento sessuale e l'identità di genere sono innati e non possono essere alterati intenzionalmente.

 

Fierezza consapevolezza della propria diginità, dizionario dixit, visto che il senso delle parole è quello, e la traduzione del concetto gay pride , fierezza gay.

O vuoi dire che la dignità è acquisita?

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Altair, esiste una cosa chiamata privilege. In qualche forma, tutti noi lo abbiamo e vanno esaminate le forme in cui lo abbiamo.

Non possiamo evitarlo: se nasciamo bianchi, maschi, cisgender, eterosessuali, benestanti, con un corpo (possibilmente magro) e una mente prive di disabilità...il mondo è fatto a misura di noi.

Tutto ciò che ci circonda promuove esattamente il nostro modo di essere. Quindi, tutti gli altri modi sono scoraggiati, considerati inferiori, sistematicamente oppressi.

Quindi non si parte da una posizione EQUA, e il valore positivo nel dire di essere fieri di essere come si è, va ad annullare la situazione di svantaggio in cui siamo posti: tant'è che non si dice 'sono fiero di non essere etero', in modo spregiativo alla condizione eterosessuale, ma 'sono fiero di essere gay', perché bisogna essere fieri di essere e sopravvivere in un modo diverso da quello standard, senza quel privilege che altri danno per scontato.

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Si Eremia ma se quando c'è un pride ci sono più ballerini mezzi nudi

e meno coppie mano nella mano, o più carri allegorici con gente mascherata

di quelli con le famiglie arcobaleno piuttosto che quelli che mostrano striscioni

e cartelli significativi, c'è qualcosa che non va. E non vale solo per i gay ma per

chiunque, la carnevalata offusca il messaggio perché è quella che è maggiormente

visibile, rispetto alle cose serie. Non è un fatto di conformità, però converrai con

me che i palloncini a forma di "pene" hanno poco a che fare con il diritto a non

essere discriminato :)

 

Molto dipende dal cosa ci si aspetta da un Pride.

Ci hai mai pensato?

 

No ok, il sentirsi "superiori" rispetto a una situazione di disciminazione ci sta. E va bene.

Ovvio che bisogna essere orgogliosi dei traguardi raggiunti ma l'orgoglio dell'essere sé

stessi no, non c'è nulla di cui essere orgogliosi nell'essere gay, come non lo è dell'essere

etero perché questa "fierezza" presuppone un valore aggiunto al proprio orientamento

sessuale che non esiste, non si è "migliori" se si è gay piuttosto che etero.

 

Però capisci che sono due cose diverse l'orgoglio del proprio essere "al di sopra" di una situazione

di discriminazione indotta dalla società e l'orgoglio del proprio orientamento sessuale, "non ho

nulla di cui vergognarmi" è diverso da "sono orgoglioso di quello che sono". Io la vedo così.

 

Altair, ma al di là di tutto... A te cosa importa se qualcuno vuol sentisi orgoglioso di ciò che è, rappresenta o ha ottenuto?

Se non venisse posta una continua distinzione tra maggioranza e minoranze, probabilmente pochi sentirebbero il bisogno di considerarsi fieri perché gay E sereni nell'esserlo.

Non si sta parlando di un sentirsi superiori agli etero (al massimo il sentircisi può riguardare noi come persone e le nostre scelte), ma di esternare un sentimento che si prova e di sentirsi superiori a ciò che in molti casi ci viene imposto.

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O non ti leggi, o fai finta di dimenticare, non mi stupisce che tu studi Scienze Politiche. Si è SEMPRE DISCUSSO DEL CONCETTO ELABORATO DALLA COMUNITA' GAY che tu hai definito chiusa. Tu pretendi di poter dire quello che vuoi quando non offendi, ma invece spari a zero sempre e comunque su ciò che non coincide con la tua personalissima visione della vita. Lo hai fatto con le coppie aperte, lo fai qua. Inoltre fai frecciatine sul fatto che Isher è un professore di filosofia, come un bambino. Ora dimmi dove sarebbe la maturità o la tua presunta obbiettività nella discussione?

 

Sul pride mi sono già espresso varie volte e non ho voglia di ripetermi ulteriormente. Non ti sei neppure curato di discutere il concetto, lo hai bollato come qualcosa fuori uscito da una comunità chiusa. O discuti il concetto e dici dove non va o non parli. In ogni caso continui con la tua idea. Ora critica questo:

(1) Fierezza di essere quel che si è

  • L'orgoglio di essere quel che si è, da parte delle persone omosessuali. La resa del termine inglese pride ha creato in italiano numerosi equivoci attraverso la traduzione più usata, "orgoglio" (che in italiano è anche sinonimo di "superbia"), mentre la traduzione più corretta sarebbe semmai "fierezza", cioè il concetto opposto alla vergogna, vista come la condizione in cui vive la maggior parte delle persone omosessuali.

L'"orgoglio gay" si basa su tre assunti:

  1. che le persone dovrebbero essere fiere di ciò che sono,
  2. che la diversità sessuale è un dono e non una vergogna,
  3. che l'orientamento sessuale e l'identità di genere sono innati e non possono essere alterati intenzionalmente.

 

Fierezza consapevolezza della propria diginità, dizionario dixit, visto che il senso delle parole è quello, e la traduzione del concetto gay pride , fierezza gay.

O vuoi dire che la dignità è acquisita?

 

Tesoro prima di tutto, calm down :)

 

In secondo luogo, la comunità lgbt non può che essere chiusa, così come quella etero,

non mi risulta che esistano molte persone che possano entrare o uscire

dall'omosessualità/eterosessualità a piacimento, quindi o fai parte di una o dell'altra, ergo

sono chiuse. Certo ci sono i bisessuali, ma loro in genere militano in quella gay, almeno

così mi risulta.

 

Dizionario dixit? Non è Wikipedia la fonte della tua citazione? (a me risulta di si)

 

Io non offendo e non mando frecciatine Greed, io posso criticare solo quello che scrivi

non te come persona dal momento che non ti conosco (e viceversa). Posso farmi un'idea

di come sei, ma criticarti in pubblico sul forum credo non interesserebbe a nessuno, non l'ho

fatto sui sul topic di coppia aperta e non lo farò neanche qui. Inoltre, come ho già scritto, non sono

io che ho vi ho chiamati eterofobi, certe allusioni ad una mia presunta omofobia di destra però sono

state fatte! :)

 

Altair, esiste una cosa chiamata privilege. In qualche forma, tutti noi lo abbiamo e vanno esaminate le forme in cui lo abbiamo.

Non possiamo evitarlo: se nasciamo bianchi, maschi, cisgender, eterosessuali, benestanti, con un corpo (possibilmente magro) e una mente prive di disabilità...il mondo è fatto a misura di noi.

Tutto ciò che ci circonda promuove esattamente il nostro modo di essere. Quindi, tutti gli altri modi sono scoraggiati, considerati inferiori, sistematicamente oppressi.

Quindi non si parte da una posizione EQUA, e il valore positivo nel dire di essere fieri di essere come si è, va ad annullare la situazione di svantaggio in cui siamo posti: tant'è che non si dice 'sono fiero di non essere etero', in modo spregiativo alla condizione eterosessuale, ma 'sono fiero di essere gay', perché bisogna essere fieri di essere e sopravvivere in un modo diverso da quello standard, senza quel privilege che altri danno per scontato.

 

Si sono d'accordissimo sul concetto di privilege. Però non

capisco ancora l'utilità della proudness. Dopo tutto, ci sono

minoranze che non l'adottano: i neri ad esempio non dicono

di essere fieri del loro colore della pelle, nonostante questi sia

fonte di non trascurabile discriminazione ancora oggi. Che la

posizione non sia EQUA questo è tristemente vero, ma non dovremmo

lavorare perché questo accada anziché arroccarci in un'identità

a parte che ci diversifica ancora di più?

 

Molto dipende dal cosa ci si aspetta da un Pride.

Ci hai mai pensato?

 

Questo è vero, ma dal momento che si tratta di una manifestazione che

pretende (giustamente) di rappresentarmi, o quantomeno di rappresentare

la maggioranza dei gay e delle lesbiche, voglio aspettarmi che sia così.

Altair, ma al di là di tutto... A te cosa importa se qualcuno vuol sentisi orgoglioso di ciò che è, rappresenta o ha ottenuto?

Se non venisse posta una continua distinzione tra maggioranza e minoranze, probabilmente pochi sentirebbero il bisogno di considerarsi fieri perché gay E sereni nell'esserlo.

Non si sta parlando di un sentirsi superiori agli etero (al massimo il sentircisi può riguardare noi come persone e le nostre scelte), ma di esternare un sentimento che si prova e di sentirsi superiori a ciò che in molti casi ci viene imposto.

 

Ma infatti a me la cosa non tange più di tanto, era solo

un discorso interessante da affrontare, non ricopro di

insulti un gay che si definisce orgoglioso se lo vedo per

strada tranquilla :)

 

Il fatto è che secondo me questo concetto è di fondo sbagliato

e controproducente, quindi basare la rivendicazione di certi

diritti basandosi su questo principio alla lunga non porterà a nulla

di buono.

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Ormai siamo totalmente OT, quindi tanto vale persistere: dubito che il Pride come evento si prenda carico di rappresentare te come Altair o me come Eremia, perché alla fine dovremmo essere noi a rappresentarci nell'ambito di un Pride, non aspettare che siano terzi a farlo.

Certo, può accadere che le due cose coincidano, ma per come la vedo io è un evento atto a rispecchiare più realtà e più modi di vedere (non vivere, bensì "vedere") le varie "diversità".

 

Ancora: non starò qui a convincerti della legittimità dell'orgoglio, però sono dell'idea che un principio di fierezza sussista in tutte le minoranze.

Un nero probabilmente non andrà a dirti "Che bello, sono nero" in senso stretto, però potrebbe finire col parlarti dell'orgoglio che prova verso le proprie origini e/o popolo di appartenenza. Nel caso del mondo GLBT non parliamo di una popolazione in senso stretto, però a livello di fenomeno antropologico l'associazione tra origini e storia determina spesso una forma di orgoglio da parte di chi è stato vittima di discriminazioni.

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Qui c'è qualcosa che non torna... Stiamo ragionando con processi differenti.

 

Altair usa uno strumento di ragionamento matematico-induttivo

Mentre la controparte uno logico-intuitivo

 

Quindi non arriveremo da nessuna parte... Perchè parlate in 2 lingue diverse e non vi capirete!

capisco il senso del discorso di altair ma dopo il paragone con l'orgoglio di un popolo reso schiavo non so più dove raccapezzarmi.

 

Vorrei solo evidenziare il fatto che lui per comunità chiusa intende che un insieme formato da un'infinità numerabile di elementi si intende chiuso. é matematica... quindi ragionando con sistemi diversi non troverete mai punti in comune...

 

Cioè allo stato attuale questa discussione non ha più senso!!! :azz:

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Scusate, puro ha ragione, ma continuo l'OT: guarda, per trovare un esempio di proudness nella comunità POC (People of Color), neanche devi andare a leggerti chissà che letteratura o blog a tema, basta guardarti Hairspray xD

 

Bisogna sottolineare la propria identità perché verrà sempre cancellata dalla maggioranza altrimenti, che non vuole esista, specialmente per quanto riguarda identità non visibili, come ad esempio disabilità o colore di pelle: l'identità di genere e l'identità sessuali vanno difese moltissimo per parole e per concetti, che sono strumenti politici, quindi gran parte del FARE qualcosa.

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AndrejMolov89

Ma la comunità Lgbt non è necessariamente e numericamente coincidente con gli omosessuali, bisex...Un gay, omo, etero...ect possono aderire alla comunità condividendone i valori (es il presidente dell'arci gay etero). Non è una comunità chiusa in quel senso, nè, essa, è composta da tutti gli omosessuali.Per il concetto che volevi esprimere avresti dovuto utilizzare un vocabolo che indicasse un insieme di individui non necessariamente coesi. IMHO. In ogni caso devi pur ammettere, che anche se lo avessi utilizzato con quella accezione, nel contesto assumeva un significato totalmente diverso (chiusura mentale,non aperta, ostile ectc). O l'hai fatto in buona fede e hai usato un termine ambiguo per sbaglio, oppure stai approffitando dell'ambiguità della parola.

 

Per quanto riguarda i commenti di omofobia che ti sono stati affibiati, non credo di poter mettere bocca. In ogni caso i faceva riferimento al fatto che utilizzassi la distorsione della destra omofoba. Io ti ho dato dell'omofobo interiore perché hai il mio stesso problema, ovvero se potessi scegliere e avessi le condizioni idonee vorresti una vita facile.

 

Allora, vuoi discutere pacificamente sul concetto? Si apre un topic, ci si prepara sulla letteratura e poi si vede come fare una discussione come si deve. In ogni caso, per ipotesi, supponiamo che il tuo intento fosse stato di discutere pacificamente sull'argomento, perché hai utilizzato quel timbro linguistico?

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Destra o sinistra in questa discussione specifica c'entrano poco

 

Si può essere omofobi allo stesso modo e dicendo le stesse cose

pur avendo idee politiche diverse, sono anni che scrivo su questo

forum e quando vengono snocciolati i luoghi comuni omofobici si

finisce sempre a parlare di : comunità chiusa-ghetto ; esibizionismo ;

pride-carnevalata.

 

Ovviamente se la contestazione omofobica investe la fonte ( l'orgoglio

gay ) a cascata viene tutto il resto....il chè come vedete, si realizza. Se

si parte a metà si prende ciò che sta a valle della cascata e così via.

 

E' un copione arcinoto

 

E' stato mostrato ad un utente il fatto che le sue idee collimano con

quanto dice Gasparri, è stato fatto ovviamente per instillare un dubbio.

 

Al contempo noi non possiamo dare dell'omofobo a Gasparri se poi

non contestiamo gli stessi argomenti di Gasparri quando sono detti

da altri ( è un problema di nostra minima coerenza )

 

Anche un gay può essere omofobo come Gasparri ( su questo forum

ne abbiamo visti passare centinaia...di che vi stupite? )

 

C'è semmai una piccola sfumatura incidentale, che è la presunzione

di sinistra ( coloro che cioè impugnano il fatto di essere di sinistra per

legittimare le peggio cose...sono di sinistra e quindi posso dire cose

antisemite ; sono di sinistra e quindi posso dire cose omofobe etc )

ma incide poco nell'economia del discorso.

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Scusate il piccolo OT iniziale, ma certe ipocrisie e certe manipolazioni non le sopporto:

 

 

Qualcuno ha scritto:

 

"Omofobia significa:

 

1 impiccare gli omosessuali per il loro orientamento sessuale

2 non riconoscere loro diritti civili

3 prenderli a botte, insultarli, discriminarli, impedir loro di esprimere

il loro orientamento e i loro affetti, e infine scoraggiarli in varie maniere a essere gay."

Giustissimo.

 

Ha dimenticato però di aggiungere che la parola "omofobia" viene usata strumentalmente anche da alcuni gay per marchiare posizioni che non si uniformano al pensiero dominante (è esattamente come dare dell'antisemita agli antisionisti).

Vorrei ricordare che qui non siamo in una sede di arcigay, mi sembra, ma in un forum democratico. Quindi non si può limitare la libertà di pensiero di altri sostenendo che sono omofobi, pur essendo gay. E' semplicemente ridicolo. Com'è ridicolo pretendere di aver messo una pietra sopra ad una serie di genralizzazioni date per acquisite (non si capisce poi in base a quale criterio e a quale autorità).

Non esiste una sola omosessualità. Ne esistono diverse. E ognuno ha diritto a viversi la sua omosessualità come vuole.

Il fascismo coincide con ogni forma di assolutismo. E il centralismo democratico che imperversa ad opera di alcuni autoproclamantesi santoni del pensiero gay, è una forma di fascismo, di stampo sovietico.

 

Quindi: io la pillola per diventare etero non la prenderei mai, ma se esistesse, rispetterei chi vorrebbe prenderla per ragioni sue. E non lo accuserei di omofobia. Detto questo per me possiamo anche chiuderla così, sperando di non aver urtato la permalosità di nessuno :salut:

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