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L'angolo della poesia


thomas80

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Sa sedurre la carne la parola,

prepara il gesto, produce destini...

E martirio è il verso,

è emergenza di sangue che cola

e s'aggruma ai confini

del suo inverso sessuato, controverso.

Patrizia Valduga

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  • 1 month later...
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I poeti lavorano di notte

quando il tempo non urge su di loro,

quando tace il rumore della folla

e termina il linciaggio delle ore.

 

I poeti lavorano nel buio

come falchi notturni od usignoli

dal dolcissimo canto

e temono di offendere Iddio.

 

Ma i poeti, nel loro silenzio

fanno ben più rumore

di una dorata cupola di stelle.

 

alda merini

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Una delle mie poesie preferite:

 

Attenti

Agli Uomini Comuni

Alle Donne Comuni

ATTENTI Al Loro Amore

Il Loro E' Un Amore Comune, Che Mira

Alla Mediocrità

 

Ma C'è Il Genio Nel Loro Odio

C'è abbastanza Genio Nel Loro

Odio Per Ucciderti, Per Uccidere

Chiunque.

 

Non Volendo La Solitudine

Non Concependo La Solitudine

Cercheranno Di Distruggere

Tutto Ciò

Che Si Differenzia

Da Loro Stessi

 

Non Sapendo

Creare Arte

Non Capiranno

L'Arte

 

Considereranno Il Loro Fallimento

Come Creatori

Solo Come Un Fallimento

Del Mondo

Non Essendo In Grado Di Amare Pienamente

CREDERANNO Il Tuo Amore

Incompleto

E POI ODIERANNO

TE

E Il Loro Odio Sarà Perfetto

Come Un Diamante Splendente

Come Un Coltello

Come Una Montagna

COME UNA TIGRE

COME Cicuta

 

La Loro ARTE

Più Raffinata.

 

 

Charles Bukowski... il genio della massa

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«Biancheggia vela solitaria

del mare nell'azzurra bruma..

Cosa in lontana terra cerca?

Al paese natio cos'ha lasciato?

 

Fremono le onde, il vento fischia,

l'albero piega e geme..

Ahimè! Felicità non cerca

e da felicità non viene!

 

Sott'essa il flutto più chiaro del cielo;

sopra, del sole d'oro il raggio..

ed essa inquieta chiede la tempesta,

come nelle tempeste fosse pace!»

 

M. Lermontov - La vela

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‎"E sempre là nella memoria torno

ad incontrar sulla fine del giorno

l’impronta della tua presenza, come

Adamo, la cui colpa è di strappare

dentro di sé la costola nel sonno

e poi volerla in Eva riabbracciare.

La distruzione di Eva era il peccato,

il criminoso parto dell’Adamo

fin dall’inizio solitario e vano.

Ora lo so, quell’estate di sogno

era l’Eden, da cui venni cacciato

prima di entrarvi e senza alcun peccato.

E a commettere questo, nulla è stato,

né il serpente, né Dio, neppure Adamo.

Non c’è salvezza, né rivoluzione,

solo pietà, e la consolazione

della gloria sul volto di un bambino

che ti sorride, prima del peccato."

 

Mauro Pesce

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f39cab.png

A palazzo Oro Ror - A. Palazzeschi

 

Nel cuor della notte, ogni notte,

la veglia incomincia a palazzo Oro Ror.

In riva allo stagno s'innalza il palazzo,

soltanto lo stagno lo guarda perenne e lo specchia.

 

Già lenta l'orchestra incomincia la danza,

la notte è profonda.

 

Comincian le dame che giungon da lungi,

discendon silenti dai cocchi dorati.

Dei ricchi broccati ricopron le dame,

ricopron le vesti cosparse di gemme i ricchi broccati.

 

Finestra non s'apre a palazzo Oro Ror,

ma solo la porta, la sera, pel passo alle dame.

In fila infinita si seguono i cocchi dorati,

discendon le dame silenti ravvolte nei ricchi broccati.

Lo stagno ne specchia l'entrata,

e l'oro dei cocchi risplende nell'acqua estasiata.

 

L'orchestra soltanto si sente.

Si perde il vaghissimo suono

confuso fra muover di serici manti.

La veglia ora è piena.

Di fuori più nulla.

Silenzio.

 

Un cocchio lucente ancora lontano risplende,

s'appressa più ratto del vento

e rapida scende la dama tardante.

Se n'ode soltanto il leggero frusciare del serico manto.

 

Il cocchio ora lento nell'ombra si perde.

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Guido Gozzano, "La Differenza",

Penso e ripenso: - che mai pensa l'oca

gracidante alla riva del canale?

Pare felice! Al vespero invernale

protende il collo, giubilando roca.

 

Salta starnazza si rituffa gioca:

né certo sogna d'essere mortale

né certo sogna il prossimo Natale

né l'armi corruscanti della cuoca.

 

- O papera, mia candida sorella,

tu insegni che la Morte non esiste:

solo si muore da che s'é pensato.

 

Ma tu non pensi. La tua sorte è bella!

Ché l'essere cucinato non è triste,

triste è il pensare d'esser cucinato.

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‎"Le gaggie della mia fanciullezza

dalle fresche foglie che suonano in bocca...

Si cammina per il Cinghio asciutto,

qualche ramo più lungo ci accarezza

la faccia fervida, e allora, scostando

il ramo dolce e fastidioso, per inconscia vendetta

si spoglia di una manata di tenere foglie.

Se ne sceglie una, si pone lieve

sulle labbra e si suona camminando,

dimentichi dei compagni.

Passano libellule, s'odono le trebbiatrici lontane,

si vive come in un caldo sogno.

Quando più la cicala non s'ode cantare,

e le prime ombre e il silenzio della sera ci colgono,

quasi all'improvviso, una smania prende le gambe

e si corre sino a perdere il fiato,

nella fresca sera, paurosi e felici."

 

A.Bertolucci

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"Da quando ti ho persa, sono ossessionato dal silenzio;

i suoni le lor piccole ali agitano,

un attimo, poi all'onda s'abbandonano

della stanchezza, che dondola senza rumore.

 

Sia che per strada la gente

passeggi con monotono brusio

o sospiri il teatro o sospiri

con un profondo respiro roco,

 

o agiti il vento un groviglio di luce

sul fiume nero, profondo,

o gli ultimi echi della notte

facciano rabbrividire l'anima,

 

io avverto il silenzio che aspetta

di poter bere tutto ancora

nella sua estrema totalità svuotando

il rumore degli uomini."

 

(D.H. Lawrence - Silenzio)

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  • 1 month later...
misterbaby

Ricordo

Ricordo una chiesa antica,

romita,

nell'ora in cui l'aria s'arancia

e si scheggia ogni voce

sotto l'arcata del cielo.

 

Eri stanca,

e ci sedemmo sopra un gradino

come due mendicanti.

 

Invece il sangue ferveva

di meraviglia, a vedere

ogni uccello mutarsi in stella

nel cielo.

 

G. Caproni

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Addie Pray

«Biancheggia vela solitaria

del mare nell'azzurra bruma..

Cosa in lontana terra cerca?

Al paese natio cos'ha lasciato?

 

Fremono le onde, il vento fischia,

l'albero piega e geme..

Ahimè! Felicità non cerca

e da felicità non viene!

 

Sott'essa il flutto più chiaro del cielo;

sopra, del sole d'oro il raggio..

ed essa inquieta chiede la tempesta,

come nelle tempeste fosse pace!»

 

M. Lermontov - La vela

 

Cavolo, ma tradotto in Italiano Lermontov diventa veramente brutto:-)))

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  • 1 month later...

Vedessi il volto della mia anima

quando ti vedo e tremo

e diventa foglia d'ascolto.

Vedessi il dito del mio cuore

che ti indica strade sconosciute.

Vedessi il mio amore

che è un tenero figlio

che cresce senza un padre.

 

A. Merini

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  • 1 month later...

Vorrei poter soffocare

nella stretta delle tue braccia

nell'amore ardente del tuo corpo

sul tuo volto, sulle tue membra struggenti

nel deliquio dei tuoi occhi profondi

perduti nel mio amore,

quest'acredine arida

che mi tormenta.

Ardere confuso in te disperatamente

quest'insaziabilità della mia anima

già stanca di tutte le cose

prima ancor di conoscerle

ed ora tanto esasperata

dal mutismo del mondo

implacabile a tutti i miei sogni

e dalla sua atrocità tranquilla

che mi grava terribile

e noncurante

e nemmeno più mi concede

la pacatezza del tedio

ma mi strazia tormentosamente

e mi pungola atroce,

senza lasciarmi urlare,

sconvolgendomi il sangue

soffocandomi atroce

in un silenzio che è uno spasimo

in un silenzio fremente.

Nell'ebrezza disperata

dell'amore di tutto il tuo corpo

e della tua anima perduta

vorrei sconvolgere e bruciarmi l'anima

sperdere quest'orrore

che mi strappa gli urli

e me li soffoca in gola

bruciarlo annichilirlo in un attimo

e stringermi a te

senza ritegno più

ciecamente, febbrile,

schiantandoti, d'amore.

Poi morire, morire,

con te.

 

Il giorno tetro

in cui dovrò solitario

morire (e verrà, senza scampo)

quel giorno piangerò

pensando che potevo

morire così nell'ebbrezza

di una passione ardente.

Ma per pietà d'amore

non l'ho voluto mai.

Per pietà del tuo povero amore

ho scelto, anima mia,

la via del più lungo dolore.

 

Cesare Pavese, 12 dicembre 1927

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  • 2 weeks later...

Assai si dolsero nell’atto di lasciarsi.

Le circostanze, non loro lo vollero.

I casi della vita fecero che uno

lontano se ne andasse – a New York o in Canadà.

Certo l’amore non era più quello d’un tempo,

poco per volta in loro era scemata l’attrazione.

Separarsi, però, non l’avevano voluto.

Le circostanze agivano. – Forse il destino

s’é rivelato artista, spaiandoli proprio adesso

prima che il fuoco si spegnesse che il Tempo li guastasse.

Immutabile saranno l’uno per l’altro

il bel ragazzo di ventiquattro anni.

 

Prima che il tempo li guastasse, Kavafis

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Bellissima poesia; il "Canto notturno di un pastorre errante dell'Asia" di Giacomo Leopardi:

 

Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai,

Silenziosa luna?

Sorgi la sera, e vai,

Contemplando i deserti; indi ti posi.

Ancor non sei tu paga

Di riandare i sempiterni calli?

Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga

Di mirar queste valli?

Somiglia alla tua vita

La vita del pastore.

Sorge in sul primo albore

Move la greggia oltre pel campo, e vede

Greggi, fontane ed erbe;

Poi stanco si riposa in su la sera:

Altro mai non ispera.

Dimmi, o luna: a che vale

Al pastor la sua vita,

La vostra vita a voi? dimmi: ove tende

Questo vagar mio breve,

Il tuo corso immortale?

 

Vecchierel bianco, infermo,

Mezzo vestito e scalzo,

Con gravissimo fascio in su le spalle,

Per montagna e per valle,

Per sassi acuti, ed alta rena, e fratte,

Al vento, alla tempesta, e quando avvampa

L'ora, e quando poi gela,

Corre via, corre, anela,

Varca torrenti e stagni,

Cade, risorge, e più e più s'affretta,

Senza posa o ristoro,

Lacero, sanguinoso; infin ch'arriva

Colà dove la via

E dove il tanto affaticar fu volto:

Abisso orrido, immenso,

Ov'ei precipitando, il tutto obblia.

Vergine luna, tale

E' la vita mortale.

 

Nasce l'uomo a fatica,

Ed è rischio di morte il nascimento.

Prova pena e tormento

Per prima cosa; e in sul principio stesso

La madre e il genitore

Il prende a consolar dell'esser nato.

Poi che crescendo viene,

L'uno e l'altro il sostiene, e via pur sempre

Con atti e con parole

Studiasi fargli core,

E consolarlo dell'umano stato:

Altro ufficio più grato

Non si fa da parenti alla lor prole.

Ma perchè dare al sole,

Perchè reggere in vita

Chi poi di quella consolar convenga?

Se la vita è sventura,

Perchè da noi si dura?

Intatta luna, tale

E' lo stato mortale.

Ma tu mortal non sei,

E forse del mio dir poco ti cale.

 

Pur tu, solinga, eterna peregrina,

Che sì pensosa sei, tu forse intendi,

Questo viver terreno,

Il patir nostro, il sospirar, che sia;

Che sia questo morir, questo supremo

Scolorar del sembiante,

E perir dalla terra, e venir meno

Ad ogni usata, amante compagnia.

E tu certo comprendi

Il perchè delle cose, e vedi il frutto

Del mattin, della sera,

Del tacito, infinito andar del tempo.

Tu sai, tu certo, a qual suo dolce amore

Rida la primavera,

A chi giovi l'ardore, e che procacci

Il verno co' suoi ghiacci.

Mille cose sai tu, mille discopri,

Che son celate al semplice pastore.

Spesso quand'io ti miro

Star così muta in sul deserto piano,

Che, in suo giro lontano, al ciel confina;

Ovver con la mia greggia

Seguirmi viaggiando a mano a mano;

E quando miro in cielo arder le stelle;

Dico fra me pensando:

A che tante facelle?

Che fa l'aria infinita, e quel profondo

Infinito Seren? che vuol dir questa

Solitudine immensa? ed io che sono?

Così meco ragiono: e della stanza

Smisurata e superba,

E dell'innumerabile famiglia;

Poi di tanto adoprar, di tanti moti

D'ogni celeste, ogni terrena cosa,

Girando senza posa,

Per tornar sempre là donde son mosse;

Uso alcuno, alcun frutto

Indovinar non so. Ma tu per certo,

Giovinetta immortal, conosci il tutto.

Questo io conosco e sento,

Che degli eterni giri,

Che dell'esser mio frale,

Qualche bene o contento

Avrà fors'altri; a me la vita è male.

 

O greggia mia che posi, oh te beata,

Che la miseria tua, credo, non sai!

Quanta invidia ti porto!

Non sol perchè d'affanno

Quasi libera vai;

Ch'ogni stento, ogni danno,

Ogni estremo timor subito scordi;

Ma più perchè giammai tedio non provi.

Quando tu siedi all'ombra, sovra l'erbe,

Tu se' queta e contenta;

E gran parte dell'anno

Senza noia consumi in quello stato.

Ed io pur seggo sovra l'erbe, all'ombra,

E un fastidio m'ingombra

La mente, ed uno spron quasi mi punge

Sì che, sedendo, più che mai son lunge

Da trovar pace o loco.

E pur nulla non bramo,

E non ho fino a qui cagion di pianto.

Quel che tu goda o quanto,

Non so già dir; ma fortunata sei.

Ed io godo ancor poco,

O greggia mia, nè di ciò sol mi lagno.

Se tu parlar sapessi, io chiederei:

Dimmi: perchè giacendo

A bell'agio, ozioso,

S'appaga ogni animale;

Me, s'io giaccio in riposo, il tedio assale?

 

Forse s'avess'io l'ale

Da volar su le nubi,

E noverar le stelle ad una ad una,

O come il tuono errar di giogo in giogo,

Più felice sarei, dolce mia greggia,

Più felice sarei, candida luna.

O forse erra dal vero,

Mirando all'altrui sorte, il mio pensiero:

Forse in qual forma, in quale

Stato che sia, dentro covile o cuna,

E' funesto a chi nasce il dì natale.

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  • 4 weeks later...

Godetevi questo poker d'assi! :-)

 

Non ergete lapidi. Ma ogni anno

fate che per lui fiorisca la rosa.

Questo è Orfeo. La sua metamorfosi

in questo o in quello. Vano affaticarci

 

intorno ad altri nomi. Ogni volta sempre

è Orfeo quando c'è canto. Viene e va.

Non è già molto se al calice della rosa

di due giorni talvolta sopravvive?

 

Oh quanto deve dileguare perché lo afferriate!

Anche se del suo svanire lui stesso s'impaurisce.

In quanto la sua parola sopravanza l'esser qui

 

egli è già là, dove seguirlo mai potrete.

La trama della lira non inviluppa le sue mani.

E il suo travalicare è già l'adempimento.

 

Rainer Maria Rilke

 

.............................................................................................

 

La poesia è il salvagente

cui mi aggrappo

quando tutto sembra svanire.

Quando il mio cuore gronda

per lo strazio delle parole che feriscono,

dei silenzi che trascinano verso il precipizio.

Quando sono diventato così impenetrabile

che neanche l'aria

riesce a passare.

 

Kahlil Gibran

 

.................................................................................................

 

C’è nell’intimità degli uomini un confine

che né l’amore, né la passione possono osare:

le labbra si fondono nel terribile silenzio

e il cuore si spezza per amore.

Anche l’amicizia qui è impotente, e gli anni

pieni di felicità alta infiammata,

quando l’anima è libera e distratta

dal lento languore della voluttà.

Pazzo è colui che vi si appresta,

raggiungerlo è morire d’angoscia...

 

Ora puoi capire perché non batte

il mio cuore sotto la tua mano.

 

..............................................................................................

 

Il primo gennaio

 

So che si può vivere

non esistendo,

emersi da una quinta, da un fondale,

da un fuori che non c’è se mai nessuno

l’ha veduto.

So che si può esistere

non vivendo,

con radici strappate da ogni vento

se anche non muove foglia e non un soffio increspa

l’acqua su cui s’affaccia il tuo salone.

So che non c’è magia

di filtro o d’infusione

che possano spiegare come di te s’azzufino

dita e capelli, come il tuo riso esploda

nel suo ringraziamento

al minuscolo dio a cui ti affidi,

d’ora in ora diverso, e ne diffidi.

So che mai ti sei posta

il come – il dove – il perché,

pigramente rassegnata al non importa,

al non so quando o quanto, assorta in un oscuro

germinale di larve e arborescenze.

So che quello che afferri,

oggetto o mano, penna o portacenere,

brucia e non se n’accorge,

né te n’avvedi tu animale innocente

inconsapevole

di essere un perno e uno sfacelo, un’ombra

e una sostanza, un raggio che si oscura.

So che si può vivere

nel fuochetto di paglia dell’emulazione

senza che dalla tua fronte dispaia il segno timbrato

da Chi volle tu fossi…e se ne pentì.

Ora,

uscita sul terrazzo, annaffi i fiori, scuoti

lo scheletro dell’albero di Natale,

ti accompagna in sordina il mangianastri,

torni indietro, allo specchio ti dispiaci,

ti getti a terra, con lo straccio scrosti

dal pavimento le orme degli intrusi.

Erano tanti e il più impresentabile

di tutti perché gli altri almeno parlano,

io, a bocca chiusa.

 

Eugenio Montale

Edited by ampelo82
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  • 4 weeks later...

Caro, adorato, compianto Pasolini.

 

Supplica a mia madre

È difficile dire con parole di figlio

ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.

Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore,

ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore.

Per questo devo dirti ciò ch’è orrendo conoscere:

è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.

Sei insostituibile. Per questo è dannata

alla solitudine la vita che mi hai data.

E non voglio esser solo. Ho un’infinita fame

d’amore, dell’amore di corpi senza anima.

Perché l’anima è in te, sei tu, ma tu

sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:

ho passato l’infanzia schiavo di questo senso

alto, irrimediabile, di un impegno immenso.

Era l’unico modo per sentire la vita,

l’unica tinta, l’unica forma: ora è finita.

Sopravviviamo: ed è la confusione

di una vita rinata fuori dalla ragione.

Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.

Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile…

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angoloinstanza

Cucina (a New Haven)

"an and yet, and yet, and yet -"

tu rovinosa quiete quotidiana

scoscesa in palpebra, l'orbita spalanca

lo sbattere di ciglia sulla tronca

frana delle attese: e l'ora allarga, allaga

 

dalla quiete sospesa dell'istante

di questa quiete, ombra tu ti stagli

di stracca quiete lunga meridiana

la casa si spalanca, la palpebra è deserto

 

delle insonnie deglutite in un boccone

delle ansie vomitate nel tepore

d'un mezzo pollo crudo a ricavarne

 

cavarne fuori

 

spazi, vertigini di spazi, evìsceri

vertigini già pronte alla cottura

inforna queste fami nella dura

quiete vorace uscio del tuo cedere

 

cedere al polso del televisore

battito cuore in gola in un boccone

cedere spazio, fame nel pallore

 

cuore (di panna!) dentro cui t'assorbe

lo spazio no la sola sua memoria

la sete no la sola algida sfera

che ti assale, la sera, se sei solo

 

... e tu disarmi -

il cibo: il

cibo, lo spazio, la fame, il cibo

di fame il boccone ingoiato e spu-

tato e via - io dove qui a disfarmi

sfarmi

al trangugiarmi pregno delle immagini

argini

 

cuore-di-panna fame delle immagini

e la soda; sprizzata; e poi il clangore

di pluto freddie mickey, splatt, la

notte le cauchemar le cocce schizze il cono

il corno della notte rizzo sul

margine questo margine di mar

gine di

(sùccuba, ìncuba) d'incubata

notte

la notte

di soda

si muore

da soli

di soda

si muore

di televisore

 

... buio,

buio tubo a picco, a bocconi, bulbo

starnazza ombre dal buio, dal tubo

dal cibo dal limo dal fondo del

tubo, e dal sonno, e dagli occhi del sonno

e dalla mente esausta che stramazza

viscere versa di fuori collassa

incubi aeròfagi dalla soda al cono al

tubo buco bulbo, falbo

da cui si sversa si sfarina il suono

 

...

 

la luce

 

...

 

la mente

allora

il bulbo

dico

la buca:

 

la quiete:

 

buio dico buio

tubo dico tubo

buco la mente dal bulbo alle valvole

alle ibernate

fughe, (dico), buie, succose super-

ghiotte ai

romitaggi frigo-

rìferi:

 

Tommaso Ottonieri.

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  • 2 months later...

La pece di un abbraccio.

 

Dei cento e ottanta giorni appesi

ad una croce ne restano i rimpianti

di mani nascoste sotto tavoli di legno

a cercarsi rubavano tremori.

 

Ingoiai fiero le tue ansie fitto tra le dita

e lo sterminio della folla intorno

nella mosca cieca di parole gettate ai sordi

a supplicarti la pelle e il respiro.

 

Non conoscevo altro che il sole

e tu mi insegnasti a mordere falene

lo scavare di fosse profonde

quel plasmare le macchie estese

 

a parlare della pece di un abbraccio

 

Lo sfioro casuale di ricatti sussurrati

erano pane amaro imboccato al pianto

rigurgiti soffocati di pene ammaestrate.

 

E la terra nuda della solitudine ormai nostra

evocava l'ampiezza di un manicomio abbandonato.

 

Allo schianto delle tue spalle al muro

balbettasti a braccia aperte:

 

dimostramelo.

 

Giacinto 2012

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Il giardino dei conigli.

 

Fermo al centro di una piazza vuota

ancora quel folle al barcollo

le sue mani in tasca sono pugni stretti

di urla nascoste al vento.

 

A guardarti vorrei avere mani più grandi

se solo potessi spiegarti il mare

 

Rammento vuoto di un amore decapitato

e quel silenzio a leccarti l'onore

il sogno di ripiegarti la faccia al percuotere

di mille viole.

 

A sentirmi vorrei capovolgere il cielo

e mostrarti l'abisso del dolore

abbandonarti ai precipizi

ma non so fare altro che dispiegare ali.

 

Nel giardino dei conigli

quel bianco è al tuo fianco

fitto come uno strappo al petto.

 

Giacinto 2012

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  • 3 months later...

L'amore è la ragione

 

Una rosa purissima è l'anima

in quel suo pensare

a una perenne primavera.

L'amore è la ragione.

Se tu ami

avrai rose tutti i giorni,

se tu non ami

sarai uno sterpo spoglio.

 

Alda Merini

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Nulla è in regalo, tutto è in prestito.

Sono indebitata fino al collo

saro' costretta a pagare per me con la vita

a rendere la vita in cambio della vita.

 

E' cosi che è stabilito, il cuore va reso,

il fegato va reso, e ogni singolo dito va reso.

E' troppo tardi per impugnare il contratto,

quanto devo mi sara' tolto, anche con la pelle.

 

Me ne vado per il mondo tra una folla di altri debitori

Su alcuni grava l'obbligo di pagare le ali.

Essi dovranno per amore o per forza

rendere conto anche delle foglie.

 

Nella colonna Dare ogni tessuto che è in noi.

Non un ciglio, non un peduncolo da conservare per noi.

L'inventario è preciso e a quanto pare

ci tocchera' restare con niente.

 

E' che non riesco a ricordare dove, quando e perche'

ho permesso che aprissero questo conto a mio nome.

La protesta, la protesta contro di esso noi la chiamiamo Anima.

Essa è l'unica voce che manca nell'inventario.

 

Wislawa Szymborska

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  • 4 weeks later...
Sascha Vykos

Pelle contro.

La mia pelle contro la distanza di oggi, al confine di domani.

Contro la luce, la polvere di questo tempo.

Contro venti di burrasca e al sale sciolto.

Pelle contro l bacio della tua bocca, che mi rompe il cuore.

Che mi scompone il tempo.

Contro il vetro, di questa finestra, perché fuori piove.

E la pioggia contro, spinge sui nostri vetri, 

appannati.

Pelle, pelle vestita contro ogni fatica

contro quello che io sono.

E sono.

 

 

Pelle - Gloria Battaggia

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"E’ un amore impossibile" mi dici.
"E’ un amore impossibile" ti dico.
Ma scopri che sorridi se mi guardi,
e scopro che sorrido se ti vedo.
“Di notte” – tu confessi – “io ti penso.
Ti penso giorno e notte
e mi domando se stai pensando a me,
mentre ti penso”.
La società, le regole, i doveri…
ma tremi quando stringo le tue mani.
“Meglio felici o meglio allineati?”,
Ti chiedo. E il tuo sorriso accende il giorno,
cambiando veste ad ogni mio pensiero.
“Questo amore è possibile”, ti dico.
“Questo amore è possibile”, mi dici.

Sesto Aurelio Properzio (Assisi, circa 47 a.C. – Roma, 14 a.C.)

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  • 5 months later...

Che belle che sono quelle che avete postato.

 

La poesia a me più cara, fin dai tempi delle superiori è questa, del mio amico Petrarca.

 

 

Pace non trovo e non ho da far guerra 
e temo, e spero; e ardo e sono un ghiaccio; 
e volo sopra 'l cielo, e giaccio in terra; 
e nulla stringo, e tutto il mondo abbraccio. 
Tal m'ha in pregion, che non m'apre nè sera, 
nè per suo mi riten nè scioglie il laccio; 
e non m'ancide Amore, e non mi sferra, 
nè mi vuol vivo, nè mi trae d'impaccio. 
Veggio senz'occhi, e non ho lingua, e grido; 
e bramo di perire, e chieggio aita; 
e ho in odio me stesso, e amo altrui. 
Pascomi di dolor, piangendo rido; 
egualmente mi spiace morte e vita: 
in questo stato son, Donna, per voi.
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  • 3 weeks later...

La mia preferita di Raboni.

(mi viene la pelle d'oca ogni volta)

 

Essere... essere, si, intimi, nel cuore,
nel midollo, con chi è noi, con chi
d'altro noi siamo - forse è tutto qui
il segreto, è così che si fa onore
alla vita se è solo per ardore
che le duecentosei ossa non si
dissaldano innanzi tempo, se è di
estraneità alla vita che si muore,
con minima pena, come lasciamo
... una casa senza fuoco. E forse, ossa
dimenticate, una provvida mente
ci penserà, due amanti! e nuovamente
vivi traslocheremo dalla fossa
all'apparirci, all'esserci che siamo.
 

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Notte di luna (Majakovskij)

 

Paesaggio.

Ci sarà la luna.

Ce ne sta

già un po'

Eccola che pende piena nell'aria.

E' Dio, probabilmente,

che con un meraviglioso

cucchiaio d'argento

rimesta la zuppa di pesce di stelle.

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il "Canto notturno di un pastorre errante dell'Asia" di Giacomo Leopardi

 

Oddio io quello ho dovuto impararlo a memoria… Un trauma adolescenziale a dir poco.

Io comunque andrei con Kipling, "Se":

 

Se saprai mantenere la testa quando tutti intorno a te
la perdono, e te ne fanno colpa.
Se saprai avere fiducia in te stesso quando tutti ne dubitano,
tenendo pero' considerazione anche del loro dubbio.
Se saprai aspettare senza stancarti di aspettare,
O essendo calunniato, non rispondere con calunnia,
O essendo odiato, non dare spazio all'odio,
Senza tuttavia sembrare troppo buono, né parlare troppo saggio;

Se saprai sognare, senza fare del sogno il tuo padrone;
Se saprai pensare, senza fare del pensiero il tuo scopo,
Se saprai confrontarti con Trionfo e Rovina
E trattare allo stesso modo questi due impostori.
Se riuscirai a sopportare di sentire le verità che hai detto
Distorte dai furfanti per abbindolare gli sciocchi,
O a guardare le cose per le quali hai dato la vita, distrutte,
E piegarti a ricostruirle con i tuoi logori arnesi.

Se saprai fare un solo mucchio di tutte le tue fortune
E rischiarlo in un unico lancio a testa e croce,
E perdere, e ricominciare di nuovo dal principio
senza mai far parola della tua perdita.
Se saprai serrare il tuo cuore, tendini e nervi
nel servire il tuo scopo quando sono da tempo sfiniti,
E a tenere duro quando in te non c'è più nulla
Se non la Volontà che dice loro: "Tenete duro!"

Se saprai parlare alle folle senza perdere la tua virtu',
O passeggiare con i Re, rimanendo te stesso,
Se né i nemici né gli amici più cari potranno ferirti,
Se per te ogni persona contera', ma nessuno troppo.
Se saprai riempire ogni inesorabile minuto
Dando valore ad ognuno dei sessanta secondi,
Tua sara' la Terra e tutto ciò che è in essa,
E — quel che più conta — sarai un Uomo, figlio mio!

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