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gap generazionali & politically correctness


freedog

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Sto guardando la miniserie Tales of the city (Netflix).
La serie in sé non è indimenticabile, ma trovo molto interessante il divario generazionale che ne emerge.
 
Scena: a un tavolo siedono un gruppo di cinquantenni e un 28enne. Il ragazzo è infastidito per i termini usati dai 50enni e li definisce transfobici e omofobi. Ne nasce una discussione accesa, uno degli adulti ricorda al ragazzo che le sue libertà le deve a chi ha lottato prima di lui e pagato sulla propria pelle e che a 28 anni lui andava ad almeno tre funerali a settimana invece che a fare aperitivi (il dramma dell’HIV è costante e presente in moltissime serie TV e in moltissimi film americani gay-themed. In Italia pochissimi film, telefilm o libri trattano l’argomento; mai capito sto tabù).
 
Un altro dei 50enni chiede: “Perché la tua generazione è così ossessionata dal linguaggio?”, il ragazzo morettianamente risponde: “Perché le parole sono importanti”.
 
Ho pensato che anche da noi avviene la stessa cosa (ma probabilmente in America è molto più sentito come problema) e mi sono chiesto se questa attenzione a volte pedante alle definizioni e alle parole non ci stia distraendo dai motivi per cui sentiamo l’esigenza di “correttezza” (evitare di urtare sensibilità altrui).
Di solito cerco di usare parole che non offendano chi mi ascolta/legge, ma comincio a pensare che esista un confine, forse troppo sottile, fra ciò che è socialmente corretto e accettabile e ciò che invece viene considerato fuori luogo/offensivo.
 
Non è che stiamo diventando troppo attenti al modo in cui diciamo le cose e non abbastanza a ciò che quelle cose significano davvero?
Che ne pensate?
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I cinquantenni hanno lottato con le generazioni prima, il ventottenne lotta con loro, that's all. Io personalmente penso alle parole e anche a quello che vogliono dire, ma io ho formazione filosofica e penso sia proprio totalmente impossibile fare un discorso serio senza prima chiarire la terminologia. Aristotele partiva sempre dalle definizioni, poi argomentava. E tutta la nostra cultura ha seguito il suo esempio

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3 minutes ago, freedog said:

 

La "colpa" è dello stereotipo a cui attingiamo per comunicare tra noi. In una società in cui gli stereotipi cambiano, cambia anche il registro di comunicazione. 

Se io uso l'espressione "mongolino d'oro" i 30 40 50enni possono non battere ciglio e i 20enni indignarsi per aver citato una categoria che dovrebbe essere protetta. 

Non è che le nuove generazioni siano più buone, è che hanno i loro stereotipi su altre cose.

 

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Just now, Ghost77 said:

Non è che le nuove generazioni siano più buone, è che hanno i loro stereotipi su altre cose.

Vero. Ma a questo c'è anche da aggiungere che le nuove generazione sono anche più consapevoli della cosa, a volte. Anni e anni di post-colonial studies e culture studies nelle università hanno dato i loro frutti.

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12 minutes ago, Bloodstar said:

le nuove generazione sono anche più consapevoli della cosa, a volte

io invece penso (o temo) che spesso voi giuovini diate per scontate cose (o conquiste) che all'epoca nostra non lo erano affatto.

Dal CO in poi, ce n'è una marea

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3 minutes ago, freedog said:

io invece penso (o temo) che spesso voi giuovini diate per scontate cose (o conquiste) che all'epoca nostra non lo erano affatto.

Dal CO in poi, ce n'è una marea

Vedi? Tu mi rispondi con la storia delle battaglie e del CO, etc.

Ma io stavo parlando del politicamente corretto. Oggi molta più gente è consapevole che non puoi dare del frocio a qualcuno non solo perché è offensivo per la persona ma pure perché viola un codice linguistico.

Quaranta anni fa, quando tu ti avviavi verso la piena maturità, solo alcuni strambi studiosi si ponevano certi problemi. Oggi, dopo che gli studi di quegli stramboidi hanno avuto una certa diffusione, molta più gente è (superficialmente) sensibilizzata verso queste questioni.

Edited by Bloodstar
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1 minute ago, Bloodstar said:

Oggi molta più gente è consapevole che non puoi dare del frocio a qualcuno non solo perché è offensivo per la persona ma pure perché viola un codice linguistico. 

eh, ma come ci saremmo arrivati a sto cambiamento del codice lingiustico senza le battaglie per i diritti, per l'orgoglio gayo eccetera?

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1 minute ago, freedog said:

eh, ma come ci saremmo arrivati a sto cambiamento del codice lingiustico senza le battaglie per i diritti, per l'orgoglio gayo eccetera?

Non è che possiamo fare finta che l'approccio storico  conti qualche cosa solo quando ci fa comodo o quando una questione ci sta a cuore.

Non farmi il reduce, su.

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45 minutes ago, freedog said:

Non è che stiamo diventando troppo attenti al modo in cui diciamo le cose e non abbastanza a ciò che quelle cose significano davvero?

Il significato può dipendere anche dal modo in cui si dice qualche cosa:

pensa alla figura retorica dell'ironia, che può non essere percepita se scritta, mentre può essere facilmente percepita grazie al modo in cui si proferisca la frase ironica.

Peraltro l'attenzione al modo in cui si dicono le cose, sia nel senso retorico di elocutio sia nel senso di actio, è sempre raccomandabile  non solo se si vuole essere ben intesi, ma anche se si vuole deliberatamente essere fraintesi:

i demagoghi antichi come i populisti odierni ne sanno qualcosa.... 😉 

Non per nulla riferiscono che l'oratore ateniese Demostene, interrogato quali fossero le tre cose più importanti nell'arte oratoria, pare abbia risposto:

actio, actio, actio.

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16 minutes ago, freedog said:

senza le battaglie per i diritti, per l'orgoglio gayo eccetera?

Ok ma se tu, (a parte che hai 45 anni e non 60) , facevi battaglie per i diritti già a 18, sei comunque un caso raro. 

La maggior parte dei gay della x gen non ha fatto battaglie diverse da quelle che hanno fatto i 30 enni, ovvero i millenials. Quindi non si può fare un discorso di generazioni ma semmai di attivismo o meno. 

Comunque, il codice linguistico è così cambiato anche tra le fila dei giovani eterosessuali? Non ho questa impressione,se non forse in ambienti in cui sai che se sei scorretto perdi il posto (es. in televisione). 

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1 hour ago, freedog said:
Non è che stiamo diventando troppo attenti al modo in cui diciamo le cose e non abbastanza a ciò che quelle cose significano davvero?
Che ne pensate?

Penso che in un thread di davydenkovic tu scrivesti che se un eterosessuale ti chiamasse "frocio" tu gli tireresti uno sganassone, però poi due righe sotto scrivesti "che cazzo gliene frega a un cieco se lo chiamo cieco anziché ipovedente, mica gli tornano 10/10 di vista", penso che sia una premessa doverosa

Io a un mio coinquilino chiesi di non dire "froci" in mia presenza perché lo trovavo offensivo. Lo troverei offensivo anche se non fossi gay, ma siccome lo sono avevo titolo per chiedergli di smetterla. Tra l'altro non aveva nessun intento offensivo nei miei confronti, perché sapeva benissimo di me e lo diceva come se io non fossi "frocio", ma glielo chiesi lo stesso, giusto perché potevo, per educarlo un po'. In questo forum mi sembra doveroso far presente che "negro" sia un termine offensivo. Come vedi non si finisce mai di educare, e di auto-educarsi. Tu esattamente in che cosa ti senti così limitato? Nel chiamare gay "froci", neri "negri", ipovedenti "ciechi", ecc? In altro? Non capisco bene cosa chiedi

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Premetto che ho visto le tre serie di cui quella di Netflix è il sequel. Della serie Netflix ho visto solo il primo episodio l'anno scorso, mi è sembrato pesantissimo (queer just for the sake of it) e ho interrotto. Sono appena andato a guardarmi la scena che hai descritto (episodio 4), tanto la serie intera non la guarderò mai probabilmente.

Sulla scena:
chiaramente il cinquantenne è nel torto, semplicemente perché non c'è alcuna argomentazione, se non una specie di appello all'autorità: del tipo, "io ho fatto militanza in passato e dunque ho ragione a priori e non mi si può correggere". Mi ricorda una conversazione che ebbi con un pezzo grosso della militanza lgbt italiana, quando venne fuori l'idea di costruire una rete orizzontale (o un gruppo ombrello) tra diverse associazioni all'alba del congresso arcigay del 2012, specialmente tra i comitati arcigay che avevano sostenuto Patanè. La conversazione che ne risultò fu tipo "ok come prima cosa sottoscriviamo tutti il tale documento" - "ma scusa non sappiamo nemmeno chi siamo, non dovremmo discuterne con i diretti interessati prima e capire quali sono le intenzioni di tutti?" - "no è masturbazione intellettuale" - "ma mi sembrano le premesse essenziali per costruire qualcosa insieme" - "te hai ventidue anni io ho fondato ventordici associazioni, non prendo lezioni da te". Infine non se ne fece nulla (a quanto ne so).

In linea di principio io sono dell'idea che se tu hai più esperienza di me allora sarai bravissimo a giustificare le tue posizioni. Altrimenti è aria fritta.

La scena stessa comunque mi è parsa costruita per essere parziale e mostrare l'atteggiamento dei più "anziani" presenti alla cena come scorretto: dopo dei commenti di cattivo gusto sugli sherpa raccontando di una vacanza (in Perù? Ma non erano nepalesi?), si passa ad altre battute da bar su un locale pieno zeppo di "trannies". Il ventottenne, unico nero e giovane ad una tavolata di bianchi di mezz'età, si intromette e protesta per l'uso di questa parola - appunto, perché il modo in cui chiamiamo le persone è importante, e si dovrebbe fare lo sforzo di chiamarle come vogliono essere chiamate, specialmente chi viene da una posizione di privilegio. Il cinquantenne si incazza e gli rinfaccia appunto

1 hour ago, freedog said:

che le sue libertà le deve a chi ha lottato prima di lui e pagato sulla propria pelle e che a 28 anni lui andava ad almeno tre funerali a settimana

decadi prima, in una società che se ne fregava della vita e del benessere delle persone omosessuali. Il ventottenne se ne va e si sfoga con il fidanzato(?), anche lui presente alla cena: a me che sono nero (negli Stati Uniti) vieni a dire che la società se ne frega della tua vita?


Sulla questione in sé:
non penso che dare attenzione a questioni sul "politicamente corretto" ci distolga da altri obiettivi. Molto semplicemente, nel 2020 la gente comunica in modo diverso che nel 1980, e soprattutto comunica di più e con più persone, quindi non mi sembra strano che certe questioni di linguaggio siano diventate più di rilievo.

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51 minutes ago, metalheart said:

però poi due righe sotto scrivesti "che cazzo gliene frega a un cieco se lo chiamo cieco anziché ipovedente, mica gli tornano 10/10 di vista", penso che sia una premessa doverosa

[...]

ipovedenti "ciechi"

Sei sicuro che i ciechi trovino offensivo che vengano chiamati tali? 

Ipovedente non è un sinonimo di cieco tra l'altro. Ipovedente è chi ha capacità visiva ridotta mentre il cieco è chi l'ha persa completamente

Qualche anno fa ho collaborato ad un progetto di inclusive design con la sezione torinese dell'UICI, l'unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti, e fra le prime cose che hanno detto è che trovano fastidioso il politicamente corretto sulla disabilità e che loro sono ciechi e vogliono che le cose vengano chiamate con il loro nome senza tanti giri di parole

Notare poi che la stessa associazione usa il termine "ciechi" nel nome

Mi sembra che spesso a preoccuparsi del politicamente corretto siano più le persone esterne che i diretti interessati, si parte dal presupposto che questi trovino certi termini offensivi quando poi invece non hanno alcun problema a riguardo e anzi trovano offensive le formule politicamente corrette

Edited by Uncanny
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4 minutes ago, Uncanny said:

Mi sembra che spesso a preoccuparsi del politicamente corretto siano più le persone esterne che i diretti interessati, si parte dal presupposto che questi trovino certi termini offensivi quando poi invece non hanno alcun problema a riguardo e anzi trovano offensive le formule politicamente corrette

A questo proposito si veda anche: https://www.youtube.com/watch?&v=kh88fVP2FWQ

 

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2 hours ago, freedog said:
Non è che stiamo diventando troppo attenti al modo in cui diciamo le cose e non abbastanza a ciò che quelle cose significano davvero?
Che ne pensate?

Non su questo forum

Almeno ad oggi

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20 minutes ago, Uncanny said:

Sei sicuro che i ciechi trovino offensivo che vengano chiamati tali? 

Non sono neanche sicuro che i gay trovino offensivo il termine "frocio"

22 minutes ago, Uncanny said:

Ipovedente non è un sinonimo di cieco tra l'altro. Ipovedente è chi ha capacità visiva ridotta mentre il cieco è chi l'ha persa completamente

Ho citato questo intervento di freedog alla lettera: conosco la differenza, il termine corretto per "cieco" sarebbe non vedente. Però in effetti la questione che sollevi è interessante: chi usa "cieco" grossolanamente raggruppa persone ipovedenti, non vedenti, videolese, eccetera insieme, decisamente un punto a sfavore.

26 minutes ago, Uncanny said:

Mi sembra che spesso a preoccuparsi del politicamente corretto siano più le persone esterne che i diretti interessati

Sì, su questo sono d'accordo, prendi ad esempio i gay che si preoccupano della loro libertà di chiamare diversamente vedenti "ciechi": sono spesso gli esterni a lamentarsi del politicamente corretto rispetto ai diretti interessati

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Credo di ricordare la scena

penso che proprio per onorare le lotte che sono state fatte e le conquiste ottenute, sia doveroso cercare di utilizzare un linguaggio rispettoso ed inclusivo

non la vedo una sensibilità caratterizzante una determinata generazione ..... a me certe espressioni danno fastidio anche se utilizzate all'interno della comunità glbt

questa crociata contro i c.d politically correct (intendendo una ideologia totalitaria) portata avanti dai vari "Feltri" mi pare una invenzione complottista come lo spauracchio delle teorie gender agitato del vari "adinolfi"

Si tratta semplicimente di avere rispetto, riconoscendo che anche le parole feriscono  questo lo sanno le minoranze di ogni generazione

Poi è ovvio che cio che conta è l'intenzione che sta dietro alla parola ma cosa costa utilizzare un termine piuttosto che un altro?

Edited by prefy
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1 hour ago, metalheart said:

in un thread di davydenkovic tu scrivesti che se un eterosessuale ti chiamasse "frocio" tu gli tireresti uno sganassone, però poi due righe sotto scrivesti "che cazzo gliene frega a un cieco se lo chiamo cieco anziché ipovedente, mica gli tornano 10/10 di vista"

premesso che sinceramente non me lo ricordo ma non dubito che sia così (con tutte le cazzate che scrivo, capita che mi passino di mente quelle più antiche),

è pur vero che la stessa frase -se scritta- assume un senso diverso da quando viene detta a voce (anche perchè il tono ironico non è sempre evidente in uno scritto); per dire, sai le volte che tra gay scherzando ci si dica rottinculo, sfranta, mignottone, frociona eccetera, tra le risate anche di chi viene apostrofato così?*

queste stesse parole, se scritte, non avrebbero lo stesso significato e sarebbe altamente probabile che io (o chi per) sarebbe bannato -giustamente- dal forum

---

*esempio pratico: se qualcuno registrasse i dialoghi tra me e brontoLoco quando ci si vede, penserebbe che siano omofobissimi e gli sfuggirebbe il dettaglio che ci perculiamo da anni praticamente sempre

Edited by freedog
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davydenkovic90

L'attenzione al linguaggio è giusta, e il linguaggio o è condiviso o non è, quindi è fondamentale che tutti si adeguino a un lessico comune,  a una punteggiatura, a una sintassi, ecc.

Un eccesso di politicamente corretto è altresì sbagliato, ed è espressione esso stesso di omofobia, misoginia o razzismo. Per es., ultimamente ci sono state delle stupidissime polemiche sulla parola "negro" come arcaismo, in lingua italiana, negli ultimissimi anni diventata improvvisamente un' espressione razzista. Ad es., "il piccolo negro" di Debussy.

Chi eccede in questo senso credo che sia una persona che - come dice Jennifer Lewis - si sveglia la mattina e va in cerca di razzismo, solo perché magari  non ha altri contenuti, non ha un senso critico, oppure ha capito che può sfruttare un apparente o presunto razzismo, spesso semplicemente uno scivolone di qualche ingenuo, a suo favore.

Se ho ben capito di che topic parla metalheart (quello in cui parlavo di un mio conoscente etero definito "frocio" da un amico su un social perché aveva postato una sua foto con un completino da tennis elegante)  ho accettato di buon grado il loro "frocio" - anche  se non mi ha fatto ridere - nel momento in cui ho capito essere solo una battuta di spirito che serve a loro etero più che altro per socializzare, e non è davvero veicolo di sentimenti omofobi. Accetto anche che certi etero preferiscano frequentare in amicizia tendenzialmente altri etero, esattamente come io preferisco frequentare, in alcuni casi, ragazzi gay.  Non accetto il "frocio" detto da Feltri, per esempio, per ovvi motivi

Edited by davydenkovic90
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5 minutes ago, metalheart said:

Ho citato questo intervento di freedog alla lettera

Sì ma poi hai anche detto: 

"Tu esattamente in che cosa ti senti così limitato? Nel chiamare gay "froci", neri "negri", ipovedenti "ciechi", ecc?" 

6 minutes ago, metalheart said:

Non sono neanche sicuro che i gay trovino offensivo il termine "frocio"

Per me non esistono termini offensivi in sé

L'offensività dipende dall'intenzione con cui questi termini vengono usati 

Un amico etero che mi chiama in modo scherzoso frocio non mi dà alcun problema

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Just now, Uncanny said:

Per me non esistono termini offensivi in sé

L'offensività dipende dall'intenzione con cui questi termini vengono usati 

Un amico etero che mi chiama in modo scherzoso frocio non mi dà alcun problema

condivido & sottoscrivo

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14 minutes ago, prefy said:

questa crociata contro i c.d politically correct (intendendo una ideologia totalitaria) portata avanti dai vari "Feltri" mi pare una invenzione complottista come lo spauracchio delle teorie gender agitato del vari "adinolfi"

Esatto, i gay della vecchia guardia hanno lottato perché noi non veniamo pestati a morte, licenziati, ecc., evidentemente l'essere insultati non era prioritario, anzi rivendicavano l'essere "froci", oggi non è così, il ragazzino a scuola difficilmente rischia di finire in ospedale, il massimo che i suoi compagni di scuola potranno fargli, e che quindi faranno, è chiamarlo "frocio", quindi soffre, così come soffre il ragazzino nero chiamato "negro", è così difficile capirlo, oltretutto se si è gay?

Ogni tanto non so se capite di essere così simili nelle vostre battaglie per il politically correct a chi già ora vi chiama "froci", e magari una ventina d'anni fa vi avrebbe pure menato

 

10 minutes ago, freedog said:

sai le volte che tra gay scherzando ci si dica rottinculo, sfranta, mignottone, frociona eccetera, tra le risate anche di chi viene apostrofato così?

Sì, perché sei gay e sei interno, eppure poniamo caso che a chiamarti rottinculo sfranta o frociona sia un eterosessuale, perché non andrebbe bene?

6 minutes ago, Uncanny said:

Sì ma poi hai anche detto: 

"Tu esattamente in che cosa ti senti così limitato? Nel chiamare gay "froci", neri "negri", ipovedenti "ciechi", ecc?" 

Stavo riportando nuovamente quello che aveva scritto freedog, che si lamentava di non poter chiamare gli ipovedenti "ciechi". L'errore l'aveva commesso lui, io ho solo portato avanti il mio discorso

Edited by metalheart
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5 minutes ago, metalheart said:

poniamo caso che a chiamarti rottinculo sfranta o frociona sia un eterosessuale, perché non andrebbe bene?

perchè cambia il contesto

-sai, non è esattamente un dettaglio..-

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davydenkovic90
15 minutes ago, Uncanny said:

Per me non esistono termini offensivi in sé

L'offensività dipende dall'intenzione con cui questi termini vengono usati 

Un amico etero che mi chiama in modo scherzoso frocio non mi dà alcun problema

Sì ma dipende anche dal contesto e dal ruolo. Feltri può anche dirlo per scherzo e ribadire che non ha intenti offensivi, ma non può usare il termine frocio in tv o sul giornale. 

Tempo fa vidi una trasmissione in cui la mamma di una giovane ragazza trans mtf raccontava che insegnanti e preside della figlia si erano rifiutate di prendere provvedimenti disciplinari nei confronti di alcuni compagni di classe che la chiamavano in continuazione "frocio" in quanto, a detta loro, quel termine faceva parte del linguaggio comune. La mamma, giustamente, rispondeva alla preside di applicare su di sé lo stesso principio e di non offendersi qualora l'avesse salutata dicendole "arrivederci, troia".

Tra l' essere troppo politicamente corretti e attenti alle parole e il fregarsene beatamente e in qualunque situazione di quelle che non offendono noi, credo che dovremmo scegliere una sfumatura intermedia.

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20 minutes ago, metalheart said:

Certo, cambia il contesto... Sei troppo politically correct, caro.

mica tanto..

se me lo dicesse il fascistello di casaClown lo piglierei a sganassoni senza manco passare dal via, quando me lo dice brontoLoco (per tornare all'esempio di prima) lo mando cordialmente affanculo.

ridendo

Edited by freedog
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