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L'Italia di Renzi


Rotwang

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Certamente sì, è possibile formare un governo di larghe intese

beh, se si vogliono suicidare e far vincere i grullini più facile che alle comunali di Roma

sarebbe il sistema migliore!

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La cosa migliore, in un'ottica di lungo termine, sarebbe far vincere i grillini con l'italicum sic stantibus rebus. Alla camera sarebbero indispensabili, ma al senato cercherebbero l'alleanza con Salvini e forse con FI. Potrebbero trovarla e avere i numeri, nel qual caso cadrà finalmente la maschera del movimento di Sinistra, o potrebbero non trovare i numeri, nel qual caso sarà il caos e non potranno più lamentarsene e basta. 

Il problema non è che accada, è che rischia di accadere nel momento peggiore possibile. Una situazione del genere, specialmente se dovesse vincere Le Pen, porterebbe al collasso l'UE.

Per questo dico che i grillini sono come l varicella, meglio farsela da piccoli. Noi finiremo col farceli da adulti, e magari in contempo avremo anche morbillo, rosolia e scarlattina. Una malattia può immunizzarti e renderti più forte, ma cinque o sei possono ucciderti. 

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L'analisi di Enrico Mentana

 

Ora in molti spiegano che Renzi ha perso perché è diventato antipatico, o perché è passato dalla bicicletta al volo di stato. Il referendum non è una gara a chi è più simpatico o più austero: quando il tema è generale investe il peso e la caratura delle forze politiche e dei leader. Ti accorgi che un personaggio non ti sta più simpatico quando il suo film ti delude, quando il suo libro si rivela solo un'operazione commerciale, quando nel suo ristorante cominci a mangiar male pagando troppo. Un Renzi impettito e ingrassato e impegnato nei tagli di nastro poteva resistere anni e anni, se avesse risposto alle domande fondamentali che salgono dal profondo della società. La cosa è diventata insopportabile per molti perché nel triennio renziano la loro condizione è rimasta uguale o è peggiorata. Da molto tempo batto qui e altrove sulla cecità della politica riguardo allo schiacciamento generazionale della società. I meccanismi fondamentali tutelano all'ingrosso chi già lavora e chi ha lavorato (leggi, concertazione, dialettica sindacale, ammortizzatori sociali). Il ruolo degli ordini e delle corporazioni blinda notai, avvocati, magistrati, docenti universitari, ingegneri, architetti, giornalisti e manager, permettendo loro di lavorare e guadagnare in progressione fino a ben oltre la soglia di pensione dei comuni mortali. La paura di perdere il posto negli anni della crisi ha ulteriormente bloccato il mercato del lavoro, ermeticamente sigillato rispetto ai giovani. Rispetto a questo il più giovane premier della storia repubblicana e il suo governo non hanno fatto praticamente nulla di realmente riformatore. E questo stato di cose ha vanificato anche le misure più 'smart' di Renzi: come può gioire alla lunga per gli 80 euro mensili un lavoratore dipendente che ha in casa un figlio disoccupato? Secondo tutte le analisi il voto giovanile ha affossato il Sì referendario: fosse stato per gli ultra sessantenni avrebbe vinto, scendendo fino ai quarantenni avrebbe perso onorevolmente. La frustrazione delle nuove generazioni è la stessa degli insegnanti. Se quella per il lavoro ai giovani è la grande riforma che Renzi non ha fatto, quella della scuola è la riforma che il premier ha voluto e fatto riuscendo nel capolavoro di buttarci quattro miliardi e di scontentare la gran parte dei professori, compresi i nuovi assunti. Un harakiri politico e elettorale, sapendo che gli insegnanti erano la base più ampia del bacino elettorale Pd. Come in un 68 rovesciato giovani e insegnanti hanno abbattuto il governo, ma stanno peggio di prima. Chiunque guiderà l'Italia, grillini centrodestra o Renzi stesso, non potrà che partire da qui.

Edited by Rotwang
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L'Espresso

Il Cremlino avrebbe preferito la vittoria del sì nel referendum italiano, perché ritiene Matteo Renzi un interlocutore di alto livello e non ha altrettanta fiducia nei suoi maggiori avversari, Lega e Cinquestelle: è quanto emerge da una dichiarazione ufficiale, e dagli editoriali di alcuni dei maggiori media governativi e non governativi in Russia. Un indizio di una prossima presa di distanze da parte di Mosca nei confronti del populismo trionfante in Occidente, secondo alcuni politologi che studiano le strategie della élite al potere in vista delle elezioni presidenziali del 2018. Alle quali Vladimir Putin non ha ancora confermato di voler partecipare.

CON RENZI RAPPORTI "ALTI"
"E' difficile sottovalutare il ruolo di Renzi nello sviluppo delle relazioni italo-russe in questi ultimi anni, nonostante i tempi", ha detto il portavoce del presidente, Dmitri Peskov. "E' stato il sostenitore di un dialogo alto, attivo e costruttivo, che andava ben oltre il protocollo e si sostanziava nella discussione e nella soluzione di problemi concreti della collaborazione, sia in materia economico-commerciale che negli investimenti e in ogni altro aspetto. Apprezziamo molto il ruolo che ha avuto". "La vittoria del no non è una buona cosa per la Russia, scrive la Komsomolskaya Pravda, il quotidiano più letto nel Paese. "Matteo Renzi non ci ha mai fatto giuramenti di fedeltà né dichiarazioni d'amore, ma se [vincendo il referendum] avesse aumentato il suo potere [in Italia e in Europa], dato il suo pragmatismo, nei rapporti con noi si sarebbe ispirato alla convenienza economica e politica, piuttosto che a slogan populisti", si legge nella pagina dedicata al voto referendario in Italia. La sconfitta di Renzi implica un "indebolimento" delle posizioni italiane contrarie alle sanzioni imposte alla Russia e all'austerità fiscale, continua l'articolo. Che condanna Lega e Cinquestelle per voler bloccare ogni attività governativa anche "tecnica" con elezioni anticipate. La proprietà della Komsomolskaya Pravda è riconducibile al colosso energetico statale Gazprom, altrimenti noto come "l'arma del Cremlino".

SLOGAN POPULISTI
Il "Viva Trump, viva Putin, viva Le Pen, viva la Lega" lanciato su Facebook e Twitter da Matteo Salvini il 4 dicembre, al secondo punto non sembra quindi particolarmente corrisposto.
Lega e M5S sono sempre stati prodighi di complimenti per la Russia di Putin, divenuto un faro dei movimenti e dei partiti politici che fanno della lotta contro l'establishment la loro parola d'ordine. Salvini anche pochi giorni prima del referendum era a Mosca. I Cinquestelle concedono spesso interviste ai media propagandistici del Cremlino. E' evidente che chi si occupa di strategie tra leghisti e pentastellati pensa che sbandierare una vicinanza ideologica col presidente russo sia una carta elettoralmente vincente, visto il richiamo del putinismo in Italia. I commenti del portavoce di Putin e gli articoli di giornale pro-Renzi sono arrivati la sera del 5 e la mattina del 6 dicembre. A mente fredda, quindi. Durante la giornata, i quotidiani ufficiali come Russiyskaya Gazeta, organo del governo, avevano riportato solo i fatti, e qualche analisi pacata sulla politica interna italiana. Senza mai sbilanciarsi sulle conseguenze della vittoria del no sui rapporti tra Italia, Russia ed Europa. Solo Izvestia, con un'intervista a Giuseppe Brescia dei Cinquestelle, parlava di una "più vicina" abolizione delle sanzioni.

DEPUTATI "PRIMITIVI"
Immediate erano state invece le reazioni entusiaste di alcuni deputati della Duma, la camera bassa del Parlamento: il vicepresidente dell'assemblea Sergey Zheleznyak aveva detto che il voto italiano "va nella direzione della difesa degli interessi nazionali" a scapito dell'Ue, e aveva sottolineato il "desiderio di indipendenza dai burocrati di Bruxelles". Zheleznyak è l'interlocutore di Salvini e dei rappresentanti dei Cinquestelle in occasione delle loro visite alla Duma. "La fine del governo Renzi non è una buona notizia per noi, come si potrebbe pensare dai primi commenti a caldo", ha detto riferendosi all'esito del referendum Maxim Usin, esperto di politica estera del quotidiano Kommersant. "I deputati della Duma hanno un modo di vedere piuttosto primitivo: dividono tra amici e nemici a seconda che siano o meno dalla parte della Merkel e dell'Ue, e Germania e Ue certamente sostenevano Renzi. Ma è una reazione assolutamente sbagliata [...]: abbiamo perso un partner affidabile e comprensibile, pronto ad ascoltare le nostre argomentazioni", spiega. Secondo Usin, il populismo per l'Europa è un "rischio". Intanto - aggiunge - la prospettiva di un'Italia "ferma" con un governo tecnico, o comunque finalizzato solo a fare una legge elettorale per andare anticipatamente alle urne, rende più probabile una riconferma delle sanzioni economiche contro la Russia.

DIMISSIONI ESEMPLARI
Il giornalista ricorda come, quando Francia e Germania insistevano per imporre nuove sanzioni in seguito al bombardamento di Aleppo, il governo Renzi abbia di fatto bloccato la proposta. E ricorda l'invito di Putin a Milano nel 2014, quando il presidente russo era isolato sul palcoscenico internazionale perché sotto accusa per l'abbattimento dell'areo passeggeri della Malaysia Airlines sull'Ucraina orientale. "Poi ci fu il summit Europa-Asia, e la Russia iniziò a essere meno sola. Fu Renzi a spingere in questo senso", conclude Usin. "Bravo, Renzi!", scrive - tornando alla Komsomolskaya Pravda - Nikita Isaev, direttore dell' Istituto di economia contemporanea di Mosca, colpito dal discorso con cui il premier italiano si è assunto la responsabilità della sconfitta e ha annunciato le dimissioni. L'economista ricorda l'importanza della partecipazione di Renzi al forum internazionale di San Pietroburgo e la sua amicizia con la Russia. Ora "va via in modo bello e onesto", nota Isaev. L'articolo descrive come "un fatto essenziale della democrazia" la possibilità che un capo di governo possa lasciare il potere anche se non ci sono state elezioni politiche.

PUTIN SOGNA IL RIPOSO
"Il mio sogno è di concludere con successo la mia carriera", ha detto Putin il 5 dicembre parlando con alcuni operai durante una visita nella regione degli Urali, secondo quanto riferisce l'agenzia Interfax "Amo viaggiare e vorrei poterlo fare, ma non come ora passando da un aereo all'altro: vorrei vedere la natura, i luoghi turistici", ha aggiunto il presidente russo. Da 16 anni al comando, il leader del Cremlino non ha ancora detto se intende presentarsi alle elezioni del 2018 per un quarto mandato. Secondo un politologo molto addentro alle cose del Cremlino, Valery Solovei, Putin potrebbe volersi assentare se non altro momentaneamente dal potere diretto: "Probabilmente è molto stanco, ci sono speculazioni su una sua malattia ma su questo non ho riscontri", dice.
In un libro di prossima uscita, Solovei spiega che si sta avvicinando uno di quei momenti della storia in cui la proverbiale pazienza dei russi viene meno, con conseguenze dirompenti. La recessione e la diminuzione degli stipendi stanno accelerando il processo. Al Cremlino se ne è coscienti e si stanno cercando i ripari, secondo il politologo. "Le sfide sono due", commenta Solovei: "La probabilità di un'insoddisfazione sociale di massa che può combinarsi con la protesta politica" e una "destabilizzazione o anche una spaccatura all'interno della élite a causa di pressioni dal basso". Ci sono già segni di "lotta interna sul controllo delle risorse e adirittura di prese di distanza nei confronti del Cremlino" . Tra le possibilità prese in considerazione per sventare proteste e crisi politiche, anche una parziale uscita di scena di Putin. Cui verrebbe comunque ritagliato un ruolo di "controllo super partes". Solovei è famoso in Russia per conoscere i nomi delle persone elette alle più alte cariche governative prima ancora che siano stati annunciati. Le sue fonti sono evidentemente ai livelli più alti dell'amministrazione.

EXIT STRATEGY?
Recentemente, Putin ha sostituito persone al vertice delle istituzioni da anni, alcune delle quali provenienti come lui dai servizi segreti e considerate sue fedelissime. L'operazione è stata letta come una preparazione a nuovi assetti che potrebbero o meno vederlo ancora alla presidenza. Si prepara una "rivincita liberale", ha scritto l'esperto di marketing politico Evgeny Minchenko nel rapporto annuale "Politburo 2.0", della sua società di consulenza. Vi si parla di una "nuova normalizzazione". Una serie di riunioni al Cremlino con consulenti strategici e politologi, nei mesi scorsi, sono state considerate unanimemente parte di questa operazione. Secondo alcuni analisti si è pensato a un nuovo presidente, da eleggere in un clima almeno formalmente più democratico rispetto agli ultimi appuntamenti elettorali, macchiati da brogli e da paletti governativi per le candidature. Questo potrebbe prevenire proteste del tipo di quelle che si ebbero nell'inverno 2011-2012 in occasione delle ultime presidenziali. Tra le ipotesi, la formazione di una sorta di "consiglio dei saggi", diretto da Putin, che "sorvegli" la nuova presidenza. Non è previsto dalla costituzione ma il controllo della Duma da parte del governo è totale, e una riforma istituzionale potrebbe esser fatta passare senza nemmeno una discussione. Il parlamento russo è considerato nel Paese nient'altro che un ufficio timbri per le decisioni del Cremlino.

AMICI INGOMBRANTI
Lo strano caso dell'arresto per corruzione ed estorsione del ministro dell'economia Alexei Ulyukaev tre settimane fa è il sintomo di una guerra in atto tra governo e silovikì, gli onnipotenti ex agenti dei servizi di sicurezza che comandano aziende e pezzi importanti dello Stato e che vogliono che in Russia nulla cambi. Putin, che ha garantito finora le loro posizioni e i loro affari, sembra oggi ritenerli troppo ingombranti. Il nuovo piano per la politica internazionale appena approvato dal presidente prevede la ricerca immediata di legami bilaterali "mutualmente benefici" con i Paesi dell' Unione Europea. "E' la priorità", vi si legge. Mosca vede ora l'Ue come alleata per la politica estera e vuole una "cooperazione stabile" fondata sul mutuo rispetto. Le relazioni con Germania, Francia, Italia e Spagna sono considerate una chiave per la promozione degli interessi russi nell'arena internazionale. Nel discorso sullo Stato della Federazione, l'1 dicembre, Putin non ha menzionato la crisi Ucraina ed ha detto che la Russia non "vuole nemici" ed è pronta a migliorare le sue relazioni. "E' presto per capire se davvero la politica estera cambierà", dice all'Espresso Valery Solovei: "Dipenderà soprattutto da come ripartiranno le relazioni russo-americane con Trump alla Casa Bianca". Le reazioni a bocce ferme della stampa vicina al Cremlino alla sconfitta di Renzi, fredde nei confronti dei vincitori Salvini e Grillo, potrebbero comunque rientrare in un piano di "nuova normalizzazione" che all'interno prevede l'isolamento dei silovikì ed elezioni in un clima più democratico, e all'esterno il distanziamento da alcuni dei movimenti e dei partiti anti-Ue e anti-immigrazione europei che si dichiarano putinisti. La Russia sta cercando il modo di controllare una transizione al vertice del potere o di confrontare lo spettro di proteste popolari indotte dalla crisi economica, prevenendole. In entrambi i casi, un' associazione all'estrema destra europea è controproducente. In Russia si ricorda continuamente la "Grande guerra patriottica" che si concluse con la bandiera sovietica sul Reichstag. E in ogni caso, anche quando - come per Lega e Cinquestelle - non si tratta di destra estrema esplicita, si ritiene più saggio ricostruire i rapporti con l'Europa, e farlo con leader il meno imprevedibili possibile. "Con Renzi il Cremlino ha avuto un ottimo rapporto, ogni cambiamento oggi è considerato solo un rischio", sostiene Solovei.

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sembra che Renzi, prima di andar via, sia chiamato a risolvere la grana MPS con una ricapitalizzazione di Stato: cosa che finora si è ben guardato dal fare per non perdere consensi, ma adesso, visto che è' in uscita, potrebbe fare senza correre particolari rischi politici

la BCE ha chiesto che la banca sia ricapitalizzata entro la fine del 2016

 

https://it.businessinsider.com/lo-stato-pronto-a-entrare-in-mps-renzi-costretto-a-metterci-la-faccia/

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ANSA

 

'È inconcepibile indire elezioni prima che le leggi elettorali di Camera e Senato vengano rese tra loro omogenee'. Questa è la posizione del Colle, secondo l'Huffington Post. 'Il risultato del referendum ha confermato un Parlamento con due Camere, regolate da due leggi elettorali profondamente differenti, l'una del tutto proporzionale, l'altra fortemente maggioritaria con forti rischi di effetti incompatibili rispetto all'esigenza di governabilità', scrive l'Huffington Post.

 

Per il Colle quindi una nuova legge elettorale e dunque un governo che assicuri una transizione ordinata, nel rispetto della sovranità del Parlamento, sarebbe innanzitutto "una soluzione obbligata prima che buon senso". Inoltre, determinante diventa anche la sentenza della Consulta: "Ovvie ragioni di correttezza istituzionale richiedono prima di andare a nuove elezioni di attendere le conclusioni di quel giudizio il cui esito non è ovviamente prevedibile". Quale governo assicuri questo percorso è, innanzitutto, nelle mani di Renzi. E affidato alla volontà del Parlamento, perché sin dall'inizio di questa crisi il capo dello Stato si è posto come arbitro e garante, osserva il quotidiano online.

 

Matteo Renzi nella direzione del PD, a quanto si apprende da fonti di maggioranza, indicherà un bivio: o un governo di responsabilità nazionale con la più ampia partecipazione delle forze politiche per affrontare le scadenze del paese o le elezioni. Il PD, spiegano le stesse fonti, non è intenzionato a reggere un governo da solo facendosi "rosolare" dalle opposizioni che chiedono le urne anticipate e accusano i dem di volere restare al governo.

 

Le consultazioni per la formazione del nuovo Governo inizieranno l'8, al massimo il 9 dicembre. Questo è l'orientamento del Quirinale alla vigilia del voto di fiducia sulla manovra e della direzione del PD. Fermo restando uno scenario in veloce evoluzione.

 

Intanto tempi strettissimi per l'ok della manovra in Senato. Il governo chiederà la fiducia sulla legge di bilancio e punta ad arrivare al voto in Aula entro il 7 dicembre. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha accettato di 'congelare' le proprie dimissioni in attesa dell'ok alla manovra convinto anche dai tempi strettissimi di approvazione che saranno, dunque, tali.

 

Già il PD aveva fatto sapere di voler accelerare. Sulla legge di bilancio - aveva detto il capogruppo PD in commissione Bilancio Giulio Santini -  "chiederemo di fare il più presto possibile" ed è quindi "presumibile" che vada in Aula.

 

Ma la Lega va all'attacco: "Non ci sono le basi - scrivono in una nota i capigruppo a Camera a Senato Massimiliano Fedriga e Marco Centinaio - per l'approvazione rapida della legge di bilancio al Senato a meno che il governo non elimini immediatamente tutte le marchette pre-elettorali inserite prima del voto di domenica. Non vogliamo prolungare l'agonia per ripagare gli endorsement ricevuti da Renzi in campagna elettorale". 

 

"Prima si vota meglio è. Noi la pensiamo così, il PD che ne pensa? La voce del suo segretario conta ancora qualcosa? Basta chiacchiere e battute. Siate chiari davanti agli italiani. Aspettiamo una risposta dopo la vostra direzione". Così Beppe Grillo dal suo blog.

 

"Si apre ora una fase politica nuova, nella quale la parola deve tornare agli italiani. Perché questo avvenga occorre una legge elettorale che garantisca la governabilità e una reale corrispondenza della maggioranza parlamentare alla maggioranza popolare. Siamo certi che il Presidente della Repubblica sarà garante di questa complessa fase, con la sua saggezza e il suo scrupolo istituzionale". È quanto si legge in una nota di Forza Italia al termine del vertice ad Arcore con Berlusconi.

 

Palma a Renzi, convinto che passi la fiducia sulla manovra? - "Ma Renzi e Alfano sono proprio sicuri che tutti i senatori voteranno la fiducia alla manovra?". A porre la domanda è il senatore di FI Francesco Nitto Palma commentando con i cronisti ipotetici scenari futuri che si profilano dopo il voto referendario. "Renzi e Alfano, dopo averci stalkerizzato per mesi con le esigenze di stabilità e salvaguardia del sistema economico nazionale, vogliono andare al voto a febbraio con una legge maggioritaria alla Camera e una proporzionale al Senato". E sono sicuri che i senatori non preferiscano un governo che gestisca l'esercizio provvisorio e completi la legislatura invece che andare ora al voto a febbraio con un Paese profondamente diviso?, chiede Palma. "Se per caso Renzi e Alfano immaginano di poter portare il Paese alle elezioni con il loro governo sappiano che il passaggio obbligato è il voto di fiducia sulla legge di stabilità. E mi auguro - aggiunge - che se dovessero provare questo azzardo abbiano certezza che i senatori non renziani del Pd, quelli di NCD e quelli di Ala votino tale fiducia.

 

Intanto la Corte costituzionale ha fissato per l'udienza del 24 gennaio 2017 la discussione sulle eccezioni di costituzionalità sollevate sull'Italicum.

 

Barack Obama ha chiamato Matteo Renzi per ringraziarlo per l'amicizia e la collaborazione di questi anni: lo rende noto la Casa Bianca. "L'Italia rimarrà uno degli alleati più vicini - ha assicurato Obama parlando con Renzi -, più saldi e più indispensabili degli Stati Uniti". Renzi ha ricevuto anche le telefonate di François Hollande e di Benjamin Netanyahu.

Edited by Rotwang
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risolvere la grana MPS con una ricapitalizzazione di Stato: cosa che finora si è ben guardato dal fare

 

le fiammate borsistiche post referendarie, sebbene legate anche ad altri fattori, fanno intuire che il mercato vede l'uscita di Renzi come il fattore determinante che porterà all'unica soluzione possibile per risolvere la crisi del Monte dei Paschi, ovvero la nazionalizzazione della banca con lo Stato che compra le obbligazioni subordinate emesse dai suoi detentori e poi le trasforma in capitale azionario

risolto il problema Monte dei Paschi, si rasserena lo scenario e diventa possibile procedere con la ricapitalizzazione di Unicredit nel 2017

terminerà così, con tre anni di ritardo, la crisi delle banche italiche

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Il tutto avrà un costo, fra acquisto di azioni da parte

dello stato ed indennizzo ai risparmiatori ci vorranno

2-3 miliardi solo per MPS

 

Poi si dovrà passare alle 4 di Banca Etruria ed alla

Popolare di Vicenza ( costo? )

 

Infine Unicredit ( ? )

 

A tutto ciò a sommare entro Marzo 2017 la manovra di

correzione dei conti pubblici della finanziaria che stiamo

votando oggi ( altri 5 miliardi? )

 

Si rischia una manovra correttiva primaverile nell'ordine

dei 15-20 miliardi , o la necessità di procedere al famigerato

prestito del Fondo-salva Stati, che ci metterebbe direttamente

nelle mani della Merkel

 

Né ovviamente è da trascurare l'interesse inglese a far saltare

il banco, per favorire la Brexit...

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Il presidente del Consiglio Matteo Renzi sale al Quirinale alla sera per rassegnare le dimissioni, non prima di aver parlato alla direzione del PD. «Legge di bilancio approvata. Alle 19 le dimissioni formali. Grazie a tutti e viva l’Italia», scrive Renzi su Twitter.

Edited by Rotwang
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Il presidente del Consiglio Matteo Renzi sale al Quirinale alla sera per rassegnare le dimissioni, non prima di aver parlato alla direzione del PD. «Legge di bilancio approvata. Alle 19 le dimissioni formali. Grazie a tutti e viva l’Italia», scrive Renzi su Twitter.

Tornerà e io lo voterò.

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Infine Unicredit

 

per Unicredit ci vorranno 12-13 miliardi, ma "dovrebbe" pensarci il mercato (a patto di rasserenare lo scenario con la soluzione del nodo Monte Paschi)

l'acquisizione di Monte Paschi non è a fondo perduto: se saranno in grado di risanare la banca, potranno rivenderla tra qualche anno a buon prezzo (ma certo dovranno smettere di usarla come portafoglio degli imprenditori sfigati di area PD e dei geniali investimenti tipo Sorgenia di De Benedetti)

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Renzi alla direzione del partito:

 

Vorrei che il Pd fosse orgoglioso del fatto che ci sia qualche diritto in più e delle tasse in meno. L’impronta che abbiamo dato ha un’impronta organica: meno tasse, più diritti. Rivolgo alle imprese un invito perché investano, i soldi ci sono, nessuna crisi politica deve bloccare la straordinaria finestra di opportunità creata.

So che alcuni di voi hanno festeggiato: lo stile è come il coraggio di Don Abbondio. Anche io alzo il calice, perché quando hai la fortuna di governare il paese più bello del mondo non hai ma il diritto di mettere il broncio.

Propongo che ci sia una delegazione al Quirinale composta da uno dei due vicesegretari, Guerini, dal presidente e dai due capigruppo. Propongo che la direzione sia convocata in modo permanente per consentire alla delegazione di venire a riferire quando vi saranno elementi di novità. Il Pd non fugge dalla democrazia e dalla trasparenza e nemmeno dallo streaming. Questa discussione sarà pacata e trasparente, agli occhi del mondo e del nostro popolo, mentre in queste ore c’è boom di iscrizioni al Pd.

Propongo una linea politica a questo partito: noi non abbiamo paura di niente e di nessuno. Se le altre forze politiche voglio andare a votare dopo la decisione della Consulta lo dicano chiaramente. Il Pd non ha paura della democrazia. Se invece vogliono un nuovo governo che affronti la legge elettorale e gli impegni internazionali, il Pd è consapevole degli impegni ma non può essere il solo a caricarsi il peso”.

Edited by Rotwang
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per carità fa bei discorsi, ma nella sostanza è ostruzionismo verso una possibile soluzione politica al disastro combinato solo da lui, che è andato al referendum senza un piano B, lasciando macerie e mezza legge elettorale approvata ma sub iudice della Corte Costituzionale

dire che gli altri devono trovare una soluzione è una bella pretesa, considerando che la maggioranza alla camera ce l'ha il PD, e non è un atteggiamento responsabile ma da "muoia Sansone con tutti i filistei"

qualcuno dovrebbe spiegargli che ha fatto un casino e dovrebbe impegnarsi per risolverlo: non è questo il tempo di fare l'opportunista e non sembra lungimirante cercare una impossibile rivincita mettendo in gioco la stabilità istituzionale del paese...

ma Renzi evidentemente è così, non è uomo delle istituzioni (se c'era qualche dubbio, ce lo sta togliendo del tutto)

Edited by conrad65
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privateuniverse

 

Renzi alla direzione del partito:
 
Vorrei che il Pd fosse orgoglioso del fatto che ci sia qualche diritto in più e delle tasse in meno. L’impronta che abbiamo dato ha un’impronta organica: meno tasse, più diritti. Rivolgo alle imprese un invito perché investano, i soldi ci sono, nessuna crisi politica deve bloccare la straordinaria finestra di opportunità creata.
So che alcuni di voi hanno festeggiato: lo stile è come il coraggio di Don Abbondio. Anche io alzo il calice, perché quando hai la fortuna di governare il paese più bello del mondo non hai ma il diritto di mettere il broncio.
Propongo che ci sia una delegazione al Quirinale composta da uno dei due vicesegretari, Guerini, dal presidente e dai due capigruppo. Propongo che la direzione sia convocata in modo permanente per consentire alla delegazione di venire a riferire quando vi saranno elementi di novità. Il Pd non fugge dalla democrazia e dalla trasparenza e nemmeno dallo streaming. Questa discussione sarà pacata e trasparente, agli occhi del mondo e del nostro popolo, mentre in queste ore c’è boom di iscrizioni al Pd.
Propongo una linea politica a questo partito: noi non abbiamo paura di niente e di nessuno. Se le altre forze politiche voglio andare a votare dopo la decisione della Consulta lo dicano chiaramente. Il Pd non ha paura della democrazia. Se invece vogliono un nuovo governo che affronti la legge elettorale e gli impegni internazionali, il Pd è consapevole degli impegni ma non può essere il solo a caricarsi il peso”.

 

 

La solita aria fritta.

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l'acquisizione di Monte Paschi non è a fondo perduto: se saranno in grado di risanare la banca, potranno rivenderla tra qualche anno a buon prezzo

 

Su questo non ci piove e d'altronde io credo che la soluzione

politica della crisi del sistema bancario italiano, si imponga come

minimo come "deroga" alle regole europee.

 

Questo pone a me - personalmente - solo un problema di equità

( di fatto il bail-in più che una norma applicata pare una minaccia

a cui corrisponde un potere europeo di autorizzare deroghe )

 

Servirà però trovare delle risorse visto che Renzi - come si diceva

ha sprecato un anno ed il QE di Draghi è confermato per altri 6 mesi

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La Stampa


 


Lui, nel primo giorno da presidente dimissionario, ha cercato di sublimare l’onta dell’addio, interpretando il ruolo del politico lontano dal Palazzo e facendo vita di famiglia nella sua Pontassieve. Ma il Renzi bravo papà è soltanto una parte della realtà: mai come in queste ore la «fronda» dentro il PD sta provando a diventare maggioritaria e mai come il presidente dimissionario - che sente la tempesta in arrivo - sta brigando per provare a pilotare la crisi di governo verso l’esito più gradito. Renzi è interessato ad un governo che spiani la strada verso l’obiettivo che lo interessa di più: essere il candidato premier del PD in vista delle prossime elezioni politiche. 


 


Ma Renzi deve fare i conti con un Capo dello Stato che intende svolgere senza interferenze il suo ruolo. Renzi lo ha capito e infatti, da Pontassieve, ci tiene a far sapere: «Col Quirinale c’è un patto di ferro». Ma deve fare i conti soprattutto con la novità che temeva e della quale lui stesso non ha ancora tutte le coordinate: è in atto un autentico terremoto all’interno del PD. Un terremoto destinato a ridisegnare la geografia del partito. Per effetto di una doppia novità. La prima: una parte della maggioranza «renziana» - la corrente di Dario Franceschini e quella del Guardasigilli Andrea Orlando - ha fatto un passo di lato, rompendo politicamente con il segretario-presidente. Rottura significativa perché le due correnti hanno una forte presenza nei gruppi parlamentari, tanto è vero che sono «franceschiniani» entrambi i capigruppo, quello dei deputati Ettore Rosato e quello dei senatori Luigi Zanda 


 


Ma la seconda novità è la più corposa, la più pericolosa per Renzi: il duo Franceschini-Orlando ha stabilito un patto di consultazione con la minoranza che fa capo a Pier Luigi Bersani e anche, ecco l’ultima sorpresa, con Massimo D’Alema, molto attivo nella cucitura. Una sorpresa perché da anni ormai le due maggiori personalità della sinistra PD, Bersani e D’Alema, avevano rotto politicamente. Certo, è presto per capire se il nuovo asse di centro-sinistra abbia i numeri per mettere in minoranza il leader. Per il momento, non all’interno della Direzione del PD, che infatti Renzi ha voluto in seduta permanente, elevandola così a organo deliberante durante la crisi di governo. Più incerta la situazione nei gruppi parlamentari. La corrente di Franceschini (che raggruppa in prevalenza ex popolari, ma anche personalità ex DS come Piero Fassino e la ministra Roberta Pinotti) conta su una novantina di deputati (su 301), ai quali vanno aggiunti i deputati vicino ad Orlando (una quindicina) e quelli delle minoranze, venticinque. Si arriva a malapena a 140 deputati, dunque ne mancherebbero una decina per superare la quota non soltanto simbolica del 50%. Stesse proporzioni al Senato. Anche perché con Renzi sono ancora schierati Matteo Orfini e il ministro Maurizio Martina. 


 


Per Renzi un occhio al partito e un occhio al Quirinale. Al termine della prima giornata di consultazioni, il presidente dimissionario ha preso atto che si sta aprendo la strada per un governo guidato da una delle personalità che lui stesso ha fatto trapelare: il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan o quello degli Esteri Paolo Gentiloni. Due nomi che Renzi ha «calato» per verificarne l’«effetto» e anche per chiudere la strada alla candidatura di Dario Franceschini. Ma su Padoan, lo stesso Renzi ha molte riserve - troppo collegato a D’Alema, dicono a Palazzo Chigi - mentre su Gentiloni, che pure ha l’aplomb «giusto», si stanno annidando le perplessità della fronda interna, perché troppo vicino a Renzi. Ecco perché sono risalite le quotazioni di Graziano Delrio, figura di possibile compromesso per un governo a tempo. Fino ad elezioni che avrebbero già una data: 4 giugno 2017. 


Edited by Rotwang
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Sono riprese le consultazioni al Colle: il gran finale con Berlusconi, M5S e PD, cioè le maggiori forze politiche presenti in Parlamento. Sinistra Italiana ha fatto sapere che da parte sua non c'è alcun sostegno ad un governo Gentiloni.

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è andato al referendum senza un piano B, lasciando macerie e mezza legge elettorale approvata ma sub iudice della Corte Costituzionale dire che gli altri devono trovare una soluzione è una bella pretesa

 

Vabbé queste sono le sue sparate propagandistiche

 

In realtà mi pare di capire siamo in una situazione curiosa

 

Nel senso che ci sono le consultazioni da Mattarella E le consultazioni

da Renzi, che sembra stia cercando di costruire il piano B in modo del tutto

estemporaneo

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Scusate, fanno le consultazioni in due giorni, hanno già deciso per gentiloni e in queste ore sui giornali amici si giustifica la necessità di una veloce soluzione alla crisi "scoprendo" il problema Monte dei Paschi, mentre il giorno dopo il NO attaccavano Padoan perchè non è andato all'Ecofin.

 

A me sembra che sia un'estemporaneità programmatissima, tanto più nel momento in cui si fingono dissidi tra Renzi e Mattarella

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