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Anime Special 4: Fiori e Sogni. Gli shojo manga.


thomas80

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Anime Special 4: Fiori e Sogni. Gli shojo manga.

 

Gli shojo manga, letteralmente "manga per ragazze", sono quelli che molto superficialmente le pubblicazioni generaliste definiscono "manga disegnati da donne per donne". Una descrizione semplice di un mondo complesso, fatto di fumetti, personaggi, autori (e, soprattutto, autrici) che negli ultimi anni è sbarcato in massa sulle sponde italiane, tradizionalmente refrattarie al fumetto "al femminle".

 

 

Nascono gli shojo

 

La tradizione degli shojo risale fino al dopoguerra, quando gli autori hanno timidamente cominciato a differenziare la produzione di manga per ragazzi da quelli per ragazze. Negli anni Quaranta, a causa della concezione più conservatrice della socità, gli shojo manga, al pari degli altri fumetti, erano realizzati da mangaka uomini. Quello che può essre considerato il primo shojo in assoluto, ovvero Ammitsuhime ("La Principessa Ammitsu") fu pubblicato nel 1949 sulla rivista "Shojo Club" della Kodansha. Si trattava di divertenti storielle di poche pagine scritte e disegnate da Suhiho Tagawa. Molti altri autori maschi, in seguito divenuti famosi, si cimentarono con fumetti diretti al gentil sesso: tra loro ricordiamo Leiji Matsumoto e Shotaro Ishinomori (Cyborg 009, Kamen Rider). A creare il primo shojo manga moderno, che conteneva in embrione quelle che sarebbero state le caratteristiche grafiche e narrative peculiari del genere, fu però (tanto per cambiare) Osamu Tezuka. Questo famosissimo autore nel 1953 portò sulla carta le avventure di Ribon no Kishi (in Italia  La principessa Zaffiro), storia fantasy di una principessa cresciuta come un maschio per poter meglio governare il regno. In questa serie erano presenti per la prima volta, e chiaramente codificati, i segni distintivi del genere: gli occhioni, il leziosismo grafico a base di fiori e piume, le grandi storie d'amore.

 

 

Arrivano le donne

 

Lentamente, però, anche le donne hanno cominciato a farsi notare. In realtà un grandissimo successo commerciale esisteva ià dal 1946: Sazae-san, divertente strip (o "4 koma", come dicono i giapponesi) scritta e disegnata da Machiko Hasegawa. Si trattava però di un caso isolato e certo non di uno shojo manga. Ma è negli anni Settanta che le donne divengono depositarie quasi esclusive del genere, grazie a una piccola rivoluzione capeggiata da alcune mangaka conosciute come "Gruppo 24", poichè alcune di loro erano nate nell'anno 24 dell'era Showa (ovvero nel 1949). Moto Hagio, Ryoko Yamagishi, Yumiko Oshima, Ryoko Ikeda e Keiko Takemiya facevano parte di questo nuovo corso. Il cambiamento è ben incarnato da Attack n°1 (Mimì e le ragazze della pallavolo), con cui Chikako Urano inserisce le tematiche sportive negli shojo, imbastendo una storia sulle vicissitudini umane, sentimentali e sportive  di una squadra femminile di volley. E' la prima volta che le tradizionali tematiche dello sport, del sacrificio e della vittoria si mescolano con quelle sentimentali, e sono rappresentate con un tratto femminile. Sarà il primo titolo di un'infinita serie di shojo sportivi.

Impossessatesi del genere, le donne rafforzano quanto c'è di buono, e vi aggiungono altri elementi caratterizzanti. Il romanticismo ovviamente la fa da padrone, ma cominciano a farsi strada nelle loro pagine anche altre sfumature narrative, che ne arricchiscono le trame al punta da renderli, nell'opinione comune, molto più "letterari" degli shonen. Anche gli stereotipi grafici vengono perfezionati e sfruttati a fini narrativi. I fiori non sono più semplicemente decorativi, ma tramite un preciso codice comunicano sentimenti ed emozioni. Le rose cominciano ad indicare l'amore, i petali svolazzanti la malinconia e via dicendo. Gli occhi diventano più che mai il veicolo ideale delle emozioni, con calde lacrime pronte a sgorgare  in caso di tristezza e lucenti sfavillii pronti a  brillare in caso di gioia. Anche la composizione delle tavole e il disegno cambiano secondo regole estranee agli shonen. In storie in cui la vita quotidiana ha grande importanza, l'abbigliamento delle ragazze deve essere estremamente curato, e se negli shonen le figure si deformano mettendo in risalto muscoli e dinamicità, negli shojo figure grandi e longilinee cominciano a occupare la pagina nella sua altezza, tagliando in verticale lunghe serie di intensi primi piani. La disposizione "disordinata" delle vignette, infine, diviene un metodo infallibile per trasmettere forti emozioni negative: smarrimento, paura o infelicità.

 

 

Da Candy a Oscar

 

Rappresentativi di questo modo classico di intendere gli shojo sono certamente i manga disegnati da Yumiko Igarashi. Candy Candy (1974, su testi di Kyoko Mizuki), porta in scena la travagliata infanzia e adolescenza dell'omonima protagonista, cresciuta in un orfanotrofio sulle sponde del lago Michigan e in seguito destinata a mille peripezie sentimentali per mezza Europa (la collocazione delle storie in ambienti europei rappresenta un altro degli elementi romantici). Ma gli occhioni e i biondi capelli vaporosi delle ragazzine della Igarashi si ritrovano anche in serie più "colorite" dal punto di vista dell'ambientazione, come Tim Tim Circus (da noi Kitty la stella del Circus), ove l'eroina è una trapezista la cui famiglia muore nel corso di un esercizio, o in Mamie Angel (in Italia Susy del Far West), in cui la giovane eroina sogna di partire per il Far West, così come in Anna dai capelli rossi, che trasforma in manga un noto romanzo della canadese Lucy M.Montgomery.

Nel 1972 vede la luce un manga decisamente più innovativo, Versailles no bara (il celeberrimo Lady Oscar), di Ryoko Ikeda, in cui le donne trovano la loro completa "emancipazione cartacea". Nell'evoluzione della protagonista Oscar potremmo anche intravedere una metafora dell'evoluzione degli shojo. Oscar è infatti una ragazza cresciuta come un uomo dal padre che avrebbe voluto avere un figlio masciho. In questa sua veste androgina, e sullo sfondo della Rivoluzione Francese, diviene adddirittura il comandante delle guardie della regina Maria Antonietta. Solo verso la fine della storia, tra mille conflitti, intrighi di corte, drammatiche vicende politiche, Oscar ritrova la sua femminilità e l'amore tra le braccia del bell'Andrè. Come Oscar, anche gli Shojo, "cresciuti" da autori maschi, le storie degli shojo ritrovano la loro natura femminile.

 

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Non solo amore

 

Non si creda però che gli shojo parlino solo d'amore. Col tempo, sulle loro pagine fanno capolino le tematiche più svariate, come fantascienza, horror, fantasy e così via. Spesso semplici "scenografie", a volte queste coloriture sono diventate elementi portanti della trama. Già Moto Hagio, da molti considerata la "madrina" dello shojo, ha dimostrato da decenni di padroneggiare tutti i filoni di questo genere: dal romantico allo storico, dall'horror alla fantascienza fino ai manga con tematiche omosessuali. La fantascienza, in particolare, si è dimostrata uno dei suoi cavalli di battaglia. They were eleven (Siamo in 11!) e A.A.Prime sono esempi di una narrativa fantastica centrata più sulla speculazione, sul rapporto tra uomo e scienza, tra tecnologia e  sentimento, che non sull'azione e sui combattimenti degli shonen. La fantascienza degli shojo appare più sottile, più raffinata, a volte meno d'impatto da un punto di vista grafico, ma spesso più affascinante da un punto di vista narrativo.

Anche l'horror degli shojo ha precise peculiarità. Kei Kusunoki, da sempre specializzata in questo genere di manga, ha dato prova di sapersi destreggiare al meglio in titoli come Onikirimaru (in Italia Slayer) e Dai tokai mi hoero (Abbaiare alla città). La brava autrice preferisce infatti attingere a piene mani alla tradizione e al folklore del proprio paese, muovendosi tra mostri, orrori e antiche leggende.

Il famoso gruppo delle CLAMP è giunto poi a fare propria anche l'azione sfrenata e distruttiva, da sempre punto di forza degli shonen. Nel loro manga dal titolo X/1999 i combattimenti a colpi di spade e arti magiche sono all'ordine del giorno. Nell'altrettanto amato, ma più infantile, Magic Knight Rayearth tre ragazzine si trovano sbalzate in uno sconosciuto mondo fantasy. In Tokyo Babylon tornano elementi fortemente fantasy, mentre in RG Veda il genere fantasy si colora dei miti dell'induismo.

 

 

Maschi dal cuore tenero

 

Negli ultimi anni, il numero di titoli erotici destinati a un pubblico femminile è cresciuto a dismisura, parallelamente al loro successo commerciale. In molti casi più che di shojo si tratta di ladies manga, ma il loro successo ha fatto sì che anche nelle storie per ragazzi si tenda a essere più espliciti nella descrizione della vista sentimentale dei protagonisti.

Milk Morizono è un perfetto esempio di quanto detto. A partire dall'inizio degli anni Ottanta ha realizzato molte serie inquadrabili nel filone erotico, una delle quali, High Life, è stata parzialmente pubblicata anche in Italia. Il suo disegno è sofisticato, anche se eccessivamente freddo, e i suoi manga, spesso scritti da altri su misura per lei, tendono a shockare su un piano emotivo, oltre che sessuale. L'intento è di fare uscire le donne giapponesi, sue principali lettrici, da quella sonnolenza sentimentale che le ha tenute prigioniere per millenni.

Il sesso è una presenza costante anche nei fumetti di Kyoko Okazaki, altra autrice di ladies manga lontana anni luce da melassa e romanticume. Le sue storie mettono infatti a nudo i mille conflitti della società nipponica, mentre le sue protagoniste sono giovani impiegate che la notte riprendono il controllo della loro vita tramite il sesso, oppure studentesse poco inclini a rispettare rigidi costumi sessuali. PEzzi di una società che cambia, di mondi al femminile che cercano di evadere dalle strette celle in cui sono stati confinati. Merita  di essere ricordato anche un altro filone tipicamente femminile, quelllo dello shonen ai (letteralmente "amori maschili"). Si tratta di manga che raccontano un mondo fatto quasi esclusivamente di bishonen (bei ragazzi), esempi di bellezza maschile ideale da cui le ragazze sono immediatamente attratte. I protagonisti maschili vantano speso una sensibilità tutt femminile, e sono ben lontani dallo stereotipo dell'uomo d'azione, tutto d'un pezzo e spesso senza cervello (e soprattutto senza cuore) proposto invece dagli shonen manga. Se a questo aggiungiamo che questi manga sono molto attenti ai personaggi quanto all'intreccio, si comprenderà ancora meglio perchè più di altri generi lo shonen ai sia un prodotto "da ragazze, per ragazze". Questo filone ha fatto la fortuna di autrici specializzate come Kazuma Kodaka (Kizuna), ma è stato avvicinato anche da comuni mangaka, come Marimo Ragawa, autrice di New York New York, storia d'amore che vede protagonista un poliziotto gay e il suo compagno.

 

 

Mangaka alla moda

 

Per quanto i dati di vendita degli shojo siano ancora inferiori agli shonen, qusti navigano comunque su tirature importanti, con migliaia di volumi in uscita ogni anni. In una cosa hanno comunque da tempo superato i manga per ragazzi: l'attenzione alle mode e ai modi di vivere giovanili. Messa da parte ogni (utopistica) pretesa di completezza, analizziamo qualche caso.

Moyoko Anno è attiva nel mondo dei manga dal 1994, quando viene pubblicato il suo primo volume: Chokanden Shojo Mon (Mona, la ragazza dalla superscossa elettrica). La sua indiscutibile versatilità l'ha portata a realizzare manga delle più diverse ambientazioni, tra western al femminile e storie di fantascienza, e le ha regalato la ribalta, in tempi recenti, con il manga di maghette Sugar Sugar Rune. Da poco pubblicata in Italia (Happy Mania), Moyoko Anno è una delle migliori rappresentanti della nuova generazione di autrici e spesso realizza ladies manga per un pubblico di ventenni.

E parlando di moda, non si può non ricordare Ai Yazawa, artista peraltro molto apprezzata dal pubblico italiano. Insieme all'amore per i dettagli e per il design in genere, la moda è uno degli elementi caratterizzanti delle opere di questa autrice, che per il suo tratto si posiziona tra le più innovative degli anni Novanta. Dopo aver debuttato nel 1985, a soli diciotto anni, sulla rivista Ribbon, Ai Yazawa si dedica a un gran numero di racconti brevi, fino a quando nel 1992 arriva Tenshi nanka ja nai (Non sono un angelo), il primo manga lungo: una commedia scolastica il cui sfondo privilegiato è un istituto d'arte. Il successo nazionale e internazionale arriva però con Gokinjo Monogatari (Storie del vicinato, in Italia Cortili del Cuore), del 1995. La storia è incentrata su Mikako Kouda, una ragazza intenzionata a diventare una stilista, e sul suo tormentato amore col vicino di casa Tsutomu Yamaguchi. Nel disegnarla, l'autrice sfoggia un tratto completamente nuovo, originalissimo, quasi underground. I suoi personaggi si allungano, assomigliando nelle esilissime e slanciate proporzioni ai bozzetti di moda: gli occhi si fanno sempre più grandi e luccicanti, e il tratto sottile riempie di dettagli ogni vignetta. Inoltre la "scusa" dell'istituto di moda le permette di dare vita ad abiti stravaganti, curatissimi e particolari, la cui originalità fa il paio con i personaggi. Non si tratta però di puro sfoggio grafico, dato che il disegno ben si fonde con la storia e  col mondo di carta creatosi nella mente dell'autrice. A Gokinjo segue Paradise Kiss, del 2000, ideale continuazione, ed evoluzione grafica della Yazawa. Con un piccolo escamotage vengono ripresi i temi dellla serie più famosa: Paradise porta alla ribalta figli, nipoti, parenti e amici vari di Gokinjio che, 15/20 anni dopo, si ritrovano a calcare le orme dei predecessori cimentandosi nel mondo della moda. Da un punto di vista grafico Paradise segna una nuova svolta. Forse perchè pubblicato su una rivista di moda (Zipper, della casa editrice Shodensha) invece che su una di fumetti, forse a causa del formato più grande delle tavole, o magari anche per il desiderio di percorrere una via nuova, Paradise Kiss mostra un disegno che si sforza di essere più discreto ed elegante, complessivamente più sobrio e ricercato. Il risultato è ottimo, forse anche migliore professionalmente, ma complessivamente le tavole risultano più fredde, mancano di quel pizzico di anarchia, di gommosità e di esuberanza (anche un po' infantile) che hanno reso molto più vitale Gokinjo. Il più recente successo dell'autrice è Nana, del 2000, ancora in corso di pubblicazione sia in Giappone che in Italia. Trasformato di recente anche inun film live action, la serie, forse la più riuscita della Yazawa, narra di due ragazze che portano lo stesso nome (Nana Komatsu e Nana Osaki). Le protagoniste oltre al nome condividono anche lo stesso destino: entrambe infatti si trasferiscono a Tokyo sia per seguire le proprie ambizioni che il loro amore, finendo per diventare amiche. I personaggi sono in bilico tra il mondo della scuola e quello del lavoro, andando a ricostruire alcuni degli scenari preferiti dell'autrice, mentre i problemi di cuore tornano al centro dell'attenzione. Nana conferma non solo l'abilità della Yazawa, ma anche il grande valore degli shojo manga e la loro capacità di trarre forza dalla realtà.

 

 

Gli shojo in Italia

 

Fino alla seconda metà degli anni Novanta, il mercato editoriale italiano si è interessato in modo molto sporadico agli shojo manga. Poche serie, ma spesso caratterizzate da un forte successo di pubblico dovuto al "traino" della serie TV a cui erano legati. Il primo shojo manga pubblicato con continuità è Candy Candy, cui furono dedicati diversi periodici contenenti anche episodi realizzati in Italia. Il successo editoriale di Candy spinse la Fabbri a proporre sul settimanale omonimo altre storie della stessa autrice: ecco allora Susy del Far West e Kitty, la stella del circo. La testata accolse anche, sotto forma di inserto, Lady Oscar, sempre in versione ricolorata.

Un approccio più purista al genere si iniziò ad avere nel 1993 con una nuova edizione di Lady Oscar da parte della Granata Press. La serie stentò però a decollare, e giunse a compimento solamente per volontà dell'editore. Verso la fine degli anni Novanta arriva la svolta, quando il successo televisivo di Sailor Moon spinge gli editori a cercare nuovi shojo. I titoli fioccano, e le vendite (almeno in fumetteria) sono buone, quindi arrivano ben presto serie importanti come Marmelade Boy e Cortili del Cuore e Proteggi la mia Terra. Anche StarComics dopo il pionieristico ma fallimentare magazine Amici incrementa il numero di pubblicazioni per ragazze, rendendolo una fetta rilevante del suo parco testate. Va comunque sottolineato che la maggior parte delle testate continua a uscire in fumetteria, mente le edicole sono lasciate alle serie legate alla tv o a quelle di autrici ormai affermate come la Yazawa

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