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essere ma non definirsi lesbiche


Chiara86

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Personalmente, le etichette non mi vanno molto a genio, anche se capisco perchè ci sono e perchè si tendono a dare, però sono fatti miei se sono gay, bisex, trans o no. Prima di essere gay, sono una donna, sono me stessa. A un etero sessuale è mai stato chiesto di fare outing? Si è mai visto un etero andare dai propri genitori e dire:" Mamma, papà, sono etero!"..? Vanno in giro con qualche cartello, spilletta o arci-etero nel portafoglio che ne indichi l'identità sessuale o gruppo? Questo discorso vale anche per i bisessuali.

Se ci sono da difendere i diritti dei gay sono la prima a scendere in piazza e a metterci la faccia, l'ho sempre fatto, però non ero d'accordo quando vedevo che altri omosessuali pretendevano che altri gay facessero outing (o coming out), come se fosse sempre giusto e semplice mettere la propria intimità in piazza. Agli altri viene chiesto?

Sembra quasi un auto-stigmatizzazione, cioè; non ci trovo niente di male in sè, ognuno è libero di fare quello che vuole, non ho niente contro chi lo fa in continuazione e con tutti, ma penso, non sono fatti miei se sono gay o no, se voglio dirlo o no, a chi voglio dirlo o no? Perchè altrimenti il messaggio che passa è:"se sei gay devi per forza fare outing, è un passo obbligatorio", ma deciso da chi? E perchè sono obbligata?

Questa mi sembra quasi di più una necessità degli etero verso di noi, per definirci e non aver paura, per non aver paura di potersi anche innamorare, per essere sicuri di loro stessi. Per vedere solo una rassicurante identità sessuale e la persona in secondo piano. Perchè LORO POSSONO non etichettarsi e NOI DOBBIAMO farlo? Finora, ho detto a 5 amici che sto scoprendo la mia sessualità, che sono lesbica, che mi sento serena ecc ecc, ma mi sentivo serena anche prima di dirlo, anzi, con una persona in particolare mi sono sentita peggio, perchè questa persona adesso mi vede solo come quella "a cui piacciono le donne", "la lesbica" e sinceramente, non sono solo quello. A volte ho l'impressione che si metta l'identità sessuale prima di tutto, prima di una propria identità in sè, prima della persona. Quando un etero conosce una persona, la prima cosa che dice è:"Piacere, sono Clara" e non "Piacere, sono etero". Non so se è capito la differenza, ma come possiamo pensare di cambiare qualcosa se prima mettiamo sempre l'identità sessuale e non la persona? Ci vedono diversi perchè abbiamo un'identità sessuale diversa e non vedono invece che pensiamo, riflettiamo, mangiamo, caghiamo, facciamo l'amore, abbiamo desiderio di responsabilità e famiglia quanto tutti gli altri, perchè siamo persone.

Oh, potete anche essere in disaccordo con quello che dico, ma sto cercando di dare uno spunto diverso e qualche suggerimento in più, perchè penso che sia molto riduttivo pensare che ci fermiamo lì, attorno alla parola gay. C'è molto di più, è un punto di partenza, ma non la metà. Bisognerebbe cominciare ad andare oltre, a far vedere che siamo fieri di essere gay, però non siamo solo gay, prima di tutto siamo persone. Persone splendide.

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Concordo con Fra86 sul non ridurre la propria persona all'essere gay. Però nel tuo post metti tutto in due sole categorie: o sbandierare o tenerselo per sè. C'è una terza via, quella che usano anche gli etero: parlare della propria vita affettiva o sessuale senza alcuna censura. Io mi rifiuto di usare giri di parole se mi chiedono con chi vado in vacanza, ci vado con la mia ragazza, non ci trovo nulla di male, nè nella domanda nè nella risposta. E se segue la domanda fatidica "sei lesbica?" la risposta è "sì". Credo che sia una gran sofferenza non poter rispondere a cazzate simili sinceramente, anzi per alcuni lo è per certo, per me lo è quando queste me le fa mia nonna, a cui risparmio sta botta vista la sua età. Poi sta sempre al singolo coniugare l'essere out con una vita non limitata all'essere gay, comportandosi secondo se stesso e non categorie dettate dagli stereotipi sul proprio orientamento. E gli altri? Se uno si attiene al proprio modo di essere, sarà quello a essere in primo piano, se alcuni vogliono ancora vederci la scrittina "gay", pace. Non è attraente come prospettiva, ma prendila così, dato che non ci si può far niente, viviamocela bene almeno. Welcome to the club. :D

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Mi dispiace di aver dato una visione estreme della cosa, in realtà cercavo di dire che c'è proprio bisogno della via di mezzo e nella vita mi comporto così. Se me lo chiedono lo dico apertamente e senza vergogna, però se non me lo chiedono non mi sento costretta a dirlo per sentirmi bene, anzi, vivo la cosa molto pacificamente. Mi sento bene cmq, al di là del dichiararlo o no. La stessa cosa vale se non mi va di dirlo, sta a me decidere.

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Fra, il problema è che non stai dando uno spunto diverso, ciò che dici viene sostenuto ciclicamente da una miriade di persone gay, che nella stragrande maggioranza dei casi ancora non hanno una relazione fissa e non hanno ancora idea di quanto può essere grande la componente gay della propria vita.

 

Ti faccio il mio esempio: quando hai un accento romano e vivi al nord ogni singola nuova persona con cui apri bocca ti chiederà come mai ti sei trasferita, e hai due scelte. Mentire, o dire che sei andata a convivere con la tua ragazza. Il che equivale a un coming out costante. Questo è sbandierare? Mettere la propria intimità in piazza? No, è semplicemente vivere e parlare della propria vita, ed è qualcosa che per vivere bene dobbiamo sentirci in grado di fare, tranquillamente.

 

Anche gli eterosessuali lo fanno, ogni singolo giorno, con una fede al dito o parlando del proprio marito o fischiando perché una gnocca passa per strada. E' ridicolo sostenere che loro non si etichettino o non facciano coming out, perché lo fanno.

E quando si presentano non fanno coming out perché è dato per scontato che siano etero. Poche persone hanno la saggezza di chiedersi, quando hanno una persona davanti: 'Starà con qualcuno? Con un ragazzo, o con una ragazza?'

 

So che vuol dire non volerlo dire esplicitamente o anche solo implicitamente a certe persone, per evitare una rottura di palle magari, ma devi distinguere tra il vero non volerlo dire e l'avere ancora resistenze a rivelare in modo rilassato una parte di sé, casualmente come si rivelerebbe che non beviamo alcolici o abbiamo un tatuaggio sulla schiena.

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Personalmente, le etichette non mi vanno molto a genio, anche se capisco perchè ci sono e perchè si tendono a dare, però sono fatti miei se sono gay, bisex, trans o no.

Guardacaso un discorso che fanno solo i gay bisex e trans. Mai sentito un eterosessuale dire "sono fatti miei se sono eterosessuale"? NO. E sai perche'? Perche' gli eterosessuali vengono cresciuti con una sensazione che loro hanno il diritto di stare al mondo e dire cosa sono. Lo dicono nella maniera piu' naturale, senza starsi a fare troppi problemi, menzionandolo casualmente in conversazione.

Con chi sei andata in vacanza? Con il mio ragazzo.

Voglio cambiare casa per andare a vivere con il mio ragazzo.

Stasera vado a vedere i Linkin Park, a me non piacciono ma ci vuole andare la mia ragazza.

Tutte frasi di uso QUOTIDIANO, a meno che tu non viva in un eremo.

 

A noi cosa ci ferma dal dire questo stesso genere di cose? NOI STESSI. E le nostre duemila paranoie che "quello che facciamo a letto sono solo affari nostri". Beh scusami, ma se una ragazza etero mi dice che ha il ragazzo, non e' che automaticamente mi stia dicendo cosa ci fa a letto. Mi sta semplicemente svelando due fatti sulla sua vita privata: 1 non e' single, 2 e' eterosessuale.

 

Io ho fatto dei coming out esattamente come le frasi che ho riportato sopra. Perche' se non ci mettiamo NOI STESSI nella condizione di dire queste cose con naturalezza, siamo noi gli stupidi. Non possiamo aspettarci di essere trattati come tutti gli altri, se non siamo i primi a comportarci come tutti gli altri. Come la ragazza etero che ti dice con nonchalance che ha il ragazzo perche' non puo' esserci la ragazza lesbica che fa altrettanto? La ragazza etero mica si fa problemi, mica vede la cosa come un "coming out". La ragazza lesbica si'. Il problema quindi dov'e', nella societa' etero o nella nostra testa? Riflettete.

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c'era questa ragazza, nonostante ha ribadito che le piacciono solo le donne, ha confermato di stare insieme da tempo a una ragazza e pensare di andare a convivere con lei.. non riusciva ad ammettere di essere lesbica ma continuava a ribadire io sono una persona che si è innamorata di un'altra persona. :heart: èèèèèè????? :roll:

 

Per come la vedo io quando una smentisce continuamente di essere lesbica dicendo che, appunto, è "una persona che si è innamorata di un'altra persona" mostra solo o di non essersi accettata per come è o di aver semplicemente evitato il problema con un'ovvietà.

Perchè, potranno non piacere le etichette, ma la verità è che a certe domande si deve pur rispondere: ma se mi sono innamorata di una donna non è che forse gli uomini proprio non mi piacciono? Ok, allora sono lesbica. Oppure mi piacciono anche loro? Allora sono bisessuale.

Per quel che mi riguarda, se non sapessi rispondere a queste domande non direi mai che sono "una persona che si innamora di persone" (eh, grazie al c***o! :D), direi piuttosto che sono confusa e che non so ancora chi sono e cosa voglio.Una che risponde con un secco NO al fatto di essere lesbica per poi dire che, soltanto, si innamora di persone... vuol dire che quella è la risposta che si è data alle domande che scrivevo poco fa. E una risposta del genere è davvero una cagata colossale, se mi passate il termine.

La parola "lesbica" in sè può suonare male (anche se non lo trovo affatto così brutto :)), ma il concetto rimane quello. Affermi di essere una donna a cui piacciono le donne? Quindi con l'utilizzo di pochissima fantasia si può pescare nel vocabolario italiano e definirti: lesbica.

 

Quando un etero conosce una persona, la prima cosa che dice è:"Piacere, sono Clara" e non "Piacere, sono etero". Non so se è capito la differenza, ma come possiamo pensare di cambiare qualcosa se prima mettiamo sempre l'identità sessuale e non la persona? Ci vedono diversi perchè abbiamo un'identità sessuale diversa e non vedono invece che pensiamo, riflettiamo, mangiamo, caghiamo, facciamo l'amore, abbiamo desiderio di responsabilità e famiglia quanto tutti gli altri, perchè siamo persone.

 

Beh, chi si presenterebbe mai così? :D

Non credo che il punto sia quello di mettere l'identità sessuale prima della persona, ma semplicemente di accettare quello che si è. Il fatto di come e perchè lo si dica poi dipende chiaramente dal carattere della persona (che ha davvero poco a che fare con la sua sessualità).

E comunque non vedo cosa cambierebbe se parlassimo solo di persone: i miei coetanei nel paesello mi vedono come l'introversa secchiona da molto prima che io mi affibbiassi l'etichetta di lesbica.<_< La gente giudica e discrimina anche quando non si è gay e perciò non credo che il fatto di definirsi omosessuali ci faccia veramente apparire meno "persone" di altri. Le diversità esistono e basta (e c'è anche chi è più bravo di altri nel farle pesare) e le preferenze sessuali sono una delle tante cose che vanno prese in considerazione nel pensare a sè come persone, o no? ;)

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Beh, chi si presenterebbe mai così? :D

Non credo che il punto sia quello di mettere l'identità sessuale prima della persona, ma semplicemente di accettare quello che si è. Il fatto di come e perchè lo si dica poi dipende chiaramente dal carattere della persona (che ha davvero poco a che fare con la sua sessualità).

E comunque non vedo cosa cambierebbe se parlassimo solo di persone: i miei coetanei nel paesello mi vedono come l'introversa secchiona da molto prima che io mi affibbiassi l'etichetta di lesbica.<_< La gente giudica e discrimina anche quando non si è gay e perciò non credo che il fatto di definirsi omosessuali ci faccia veramente apparire meno "persone" di altri. Le diversità esistono e basta (e c'è anche chi è più bravo di altri nel farle pesare) e le preferenze sessuali sono una delle tante cose che vanno prese in considerazione nel pensare a sè come persone, o no? ;)

Bè, io ne ho conosciuta di gente che si presenta così, purtroppo. Un esigua minoranza, però c'è. E cmq, sono d'accordo con te, infatti ho detto che per me non c'è niente di male nel voler dire o non dire certe cose, sono scelte personali. Nemmeno io non sopporto chi si vuole nascondere a tutti i costi, chi fa finta di essere ciò che non è, chi mente, per paura di tante cose, però non capisco nemmeno chi pretende outing a tutti i costi. Ho solo detto questo. Anzi, ho accennato al fatto che oltre a essere gay siamo tanto altro, quindi... Non ho mai detto che "il definirsi omosessuali ci fa apparire meno persone di altre", ma ho suggerito di andare oltre a questo, cioè; "sono gay, sono fiera di esserlo, ma non sono solo quello, c'è tanto altro da scoprire". Altrimenti è riduttivo. Poi, io i miei outing li ho fatti, ma mi fa strano persino chiamarli così. Mi sembra di essere come una profuga che deve nascondere qualcosa, boh... forse la vivo semplicemente in maniera diversa. E ti assicuro che non ho la verità in tasca, non pretendo di averla, ma volevo solamente esporre il mio punto di vista, che può essere condivisibile o meno.

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Guardacaso un discorso che fanno solo i gay bisex e trans. Mai sentito un eterosessuale dire "sono fatti miei se sono eterosessuale"? NO. E sai perche'? Perche' gli eterosessuali vengono cresciuti con una sensazione che loro hanno il diritto di stare al mondo e dire cosa sono. Lo dicono nella maniera piu' naturale, senza starsi a fare troppi problemi, menzionandolo casualmente in conversazione.

Con chi sei andata in vacanza? Con il mio ragazzo.

Voglio cambiare casa per andare a vivere con il mio ragazzo.

Stasera vado a vedere i Linkin Park, a me non piacciono ma ci vuole andare la mia ragazza.

Tutte frasi di uso QUOTIDIANO, a meno che tu non viva in un eremo.

 

A noi cosa ci ferma dal dire questo stesso genere di cose? NOI STESSI. E le nostre duemila paranoie che "quello che facciamo a letto sono solo affari nostri". Beh scusami, ma se una ragazza etero mi dice che ha il ragazzo, non e' che automaticamente mi stia dicendo cosa ci fa a letto. Mi sta semplicemente svelando due fatti sulla sua vita privata: 1 non e' single, 2 e' eterosessuale.

 

Io ho fatto dei coming out esattamente come le frasi che ho riportato sopra. Perche' se non ci mettiamo NOI STESSI nella condizione di dire queste cose con naturalezza, siamo noi gli stupidi. Non possiamo aspettarci di essere trattati come tutti gli altri, se non siamo i primi a comportarci come tutti gli altri. Come la ragazza etero che ti dice con nonchalance che ha il ragazzo perche' non puo' esserci la ragazza lesbica che fa altrettanto? La ragazza etero mica si fa problemi, mica vede la cosa come un "coming out". La ragazza lesbica si'. Il problema quindi dov'e', nella societa' etero o nella nostra testa? Riflettete.

Scusami, ma non ho capito cosa vuoi dire. :embarrassed:

Se puoi rispiegarmelo mi faresti un grande favore.

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Fra, il problema è che non stai dando uno spunto diverso, ciò che dici viene sostenuto ciclicamente da una miriade di persone gay, che nella stragrande maggioranza dei casi ancora non hanno una relazione fissa e non hanno ancora idea di quanto può essere grande la componente gay della propria vita.

 

Ti faccio il mio esempio: quando hai un accento romano e vivi al nord ogni singola nuova persona con cui apri bocca ti chiederà come mai ti sei trasferita, e hai due scelte. Mentire, o dire che sei andata a convivere con la tua ragazza. Il che equivale a un coming out costante. Questo è sbandierare? Mettere la propria intimità in piazza? No, è semplicemente vivere e parlare della propria vita, ed è qualcosa che per vivere bene dobbiamo sentirci in grado di fare, tranquillamente.

 

Anche gli eterosessuali lo fanno, ogni singolo giorno, con una fede al dito o parlando del proprio marito o fischiando perché una gnocca passa per strada. E' ridicolo sostenere che loro non si etichettino o non facciano coming out, perché lo fanno.

E quando si presentano non fanno coming out perché è dato per scontato che siano etero. Poche persone hanno la saggezza di chiedersi, quando hanno una persona davanti: 'Starà con qualcuno? Con un ragazzo, o con una ragazza?'

 

So che vuol dire non volerlo dire esplicitamente o anche solo implicitamente a certe persone, per evitare una rottura di palle magari, ma devi distinguere tra il vero non volerlo dire e l'avere ancora resistenze a rivelare in modo rilassato una parte di sé, casualmente come si rivelerebbe che non beviamo alcolici o abbiamo un tatuaggio sulla schiena.

Allora, secondo me non è per forza determinate il fatto di avere una relazione fissa o meno per avere il mio pensiero o avere una visione delle cose diverse. Anche perchè di relazioni fisse ne ho avute, ma il mio pensiero è rimasto sempre piuttosto elastico, quindi... Poi, la componente gay nella mia vita è ampia, ma non totalizzante e non so neanche se ho capito bene cosa intendi con "componente gay". Magari spiegamelo.

Gli esempi che hai fatto secondo me non sono esempi di sbandierizzazione della propria identità sessuale e penso che non ci sia niente di male nel dire che ti sei trasferita da Roma al nord per stare con la tua ragazza, anzi. E' molto bello. Penso che non sia nemmeno una cosa da dover nascondere o che ti obblighi a mentire. In più, se tu ti senti a tuo agio nel dire certe cose di te, a raccontare della tua vita e delle tue scelte, non stai mettendo la tua intimità in piazza, ma stai condividendo, perchè ne sei felice, ma non per tutti è così. Molti si sentono quasi obbligati a farlo. C'è parecchia pressione in questo. Anche perchè non tutti hanno la stessa capacità o velocità nel capire e accettare certe cose. A volte sembra che lo si DEVE fare il prima possibile, con più persone possibili, nel minor tempo possibile, altrimenti non ti sentirai bene con te stessa. Invece, secondo me ci sta anche che uno lo dica con più calma, a percorso definito, con un identità sessuale propria, senza fretta e perchè se lo sente.

Quello che descrivi tu, dell'implicito outing quotidiano dell'etero è vero, ma è implicito. Non è esplicito, non gli viene chiesto di farlo, in realtà non gli viene chiesto niente, mentre a noi sono chieste tante cose, a volte troppe. Nella vita io mi comporto esattamente come prima, perchè il mio primo pensiero quando mi sveglio non è:"sono gay, quante persone ancora non lo sanno?", ma "come faccio a procurarmi da mangiare oggi?""cosa manca nel frigorifero?""Roberto mi ha risposto alla mail?""cosa faccio sto weekend?""sono in orario per il lavoro?""l'Italia sta andando a rotoli?". Non ho il pensiero dell'outing, perchè lo faccio costantemente nel momento stesso che vivo liberamente e sono me stessa. Non è perchè sono gay, allora da domani sono diversa, non sono più me stessa, anzi, sono completa. La vivo con tranquillità, anche se so che per molti non è così, ma forse anche perchè molti vivono male sta storia dell'outing, come è impostato. Cioè, se tu ti comportassi esattamente come sei, e dicessi quello che pensi, quello che ti passa per la testa, facessi commenti, fischiassi perchè passa una ragazza che ti piace perchè è una gran gnocca, vivessi come vuoi tu, perchè non c'è niente di male in questo ecc faresti anche tu implicitamente outing continuo, ogni giorno e la cosa diventerebbe la regola. C'è tanta gente, invece, che fa outing, ma che continua a vivere nascondendo la propria vita, il proprio ragazzo o ragazza con le persone che "ancora non sanno". E così si da l'idea che se gli altri non sanno, ci dobbiamo dare alla macchia, che quello che siamo e facciamo, non è legittimo e giusto. Io non la vedo così, mi dispiace.

Non so se sono riuscita a spiegarmi, se non si è capito qualcosa dimmelo.

 

Alla fine, ci sono molti modi per fare outing, per far capire la propria identità sessuale, ma per me è più importante far capire che si, sono gay, però c'è tanto altro da scoprire. Non sono solo gay, ma una persona che contribuisce alla società, che ne fa parte e che vuole gli stessi diritti degli altri, proprio perchè sono una persona, prima di essere gay.

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Fra, ma questo è ovvio, siamo tutti persone prima che essere gay e nessuno di noi vuole essere 'la lesbica' con tutti i suoi comportamenti stereotipati, come nei telefilm. A volte capita che qualcuno ti veda così, ma sono persone superficiali, e personalmente a me non è mai capitato che qualcuno con cui ho scambiato più di due parole mi guardasse solo tramite la mia sessualità.

 

Piccolo appunto: si dice coming out, outing è una parola purtroppo diffusa erroneamente dai media italiani come sinonimo, ma in realtà si usa per definire quando qualcuno fa coming out per te con qualcun altro, cioè rivela che sei gay a terzi.

 

Nessuno pensa che il CO sia il primo pensiero al mattino, né che vada fatto in fretta e con tutti, a tutti i costi. La calma è okay.

Ma in genere chi si sente obbligato a farlo è perché sa di aver vissuto la sua vita nella vergogna e ha fretta di cambiare. Chi nasconde il proprio partner crede in qualche parte della sua mente che ciò che fa non è legittimo.

Ti assicuro, non siamo certo noi, comunità gay, a giudicare chi ancora deve fare dei passi, ma sono semplicemente dei passi che verranno fatti con la piena accettazione. Tranne veramente in rarissimi casi, tutti vogliamo una famiglia, e quindi almeno una relazione importante, di 'matrimonio' praticamente, un partner per la vita. E quel genere di cose NON rimane nascosto, mi dispiace. Per nessuno. Quindi il CO diventa naturale e quotidiano.

Per questo dico che a un certo punto la 'componente gay' diventa troppo importante per essere ignorata, anche se per esempio non frequenti locali, circoli, amici LGBT, eccetera.

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Fra, ma questo è ovvio, siamo tutti persone prima che essere gay e nessuno di noi vuole essere 'la lesbica' con tutti i suoi comportamenti stereotipati, come nei telefilm. A volte capita che qualcuno ti veda così, ma sono persone superficiali, e personalmente a me non è mai capitato che qualcuno con cui ho scambiato più di due parole mi guardasse solo tramite la mia sessualità.

 

Piccolo appunto: si dice coming out, outing è una parola purtroppo diffusa erroneamente dai media italiani come sinonimo, ma in realtà si usa per definire quando qualcuno fa coming out per te con qualcun altro, cioè rivela che sei gay a terzi.

 

Nessuno pensa che il CO sia il primo pensiero al mattino, né che vada fatto in fretta e con tutti, a tutti i costi. La calma è okay.

Ma in genere chi si sente obbligato a farlo è perché sa di aver vissuto la sua vita nella vergogna e ha fretta di cambiare. Chi nasconde il proprio partner crede in qualche parte della sua mente che ciò che fa non è legittimo.

Ti assicuro, non siamo certo noi, comunità gay, a giudicare chi ancora deve fare dei passi, ma sono semplicemente dei passi che verranno fatti con la piena accettazione. Tranne veramente in rarissimi casi, tutti vogliamo una famiglia, e quindi almeno una relazione importante, di 'matrimonio' praticamente, un partner per la vita. E quel genere di cose NON rimane nascosto, mi dispiace. Per nessuno. Quindi il CO diventa naturale e quotidiano.

Per questo dico che a un certo punto la 'componente gay' diventa troppo importante per essere ignorata, anche se per esempio non frequenti locali, circoli, amici LGBT, eccetera.

Ma su questo siamo d'accordo... Tuttavia, se fosse "ovvio", tante persone non avrebbero dubbi sul coming out come viene inteso e non continuerebbero a scrivere pareri discordanti sul tema. Anzi, si ha una lettura molto stereotipata della questione.

In più, è inutile aggredire le persone perchè hanno un pensiero diverso o perchè vivono in maniera differente il coming out, altrimenti si ha l'effetto contrario da quello desiderato.

A parte questo, mi ritengo parte della comunità gay.

Ti ringrazio per la spiegazione della differenza di termini tra "coming out" e "outing".

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Per Sweet: mi sono riletta con più calma quello che hai scritto e penso di aver capito quello che intendevi, almeno spero... E penso che il problema in parte stia in in noi, ma anche nel mondo eterosessuale, perchè come dici tu, ma come dicevo anch'io, è giusto che ci mettiamo nella condizione di fare coming out con naturalezza, esattamente come fanno gli etero, con le frasi che hai citato tu, però il punto che volevo marcare, ma che a questo punto mi chiedo se si è capito, è: perchè molti gay insistono nel fare coming out con insistenza e non con quella naturalezza che hai avuto modo di sperimentare anche tu?

Inoltre, è il mondo etero che ci spinge a fare coming out e a incentrare l'attenzione su questo o siamo noi a volerlo?

Da quello che mi ha risposto Ariel, per esempio, o anche Larka e btw ho capito che non siamo noi a volere che l'attenzione si concentri solo su quello e allora perchè si ha spesso questa sensazione? E' quì che penso influisca il mondo etero, lo stereotipo che c'è su di noi, sul coming out e il fatto che anche molti gay ormai vivono il coming out con quello stereotipo.

Che ne pensi?

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Cos'è il coming out con insistenza?

Per quanto mi riguarda, e come si discuteva anche in un altro topic, gli unici coming out "da discorsetto" sono con persone che ti conoscono da prima che si prenda coscienza della propria sessualità: genitori, parenti, amici di vecchia data. Con le nuove conoscenze non serve, si butta lì e basta, proprio come dicevano Ariel e Sweet.

Ovvio che più tardi prendi coscienza più avrai gente a cui fare "il discorso". Ma io tutti questi gay e lesbiche che fanno CO con insistenza non li ho mai visti.

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Bè, dipende molto dove vivi. Forse tu sei fortunata. Per esempio, qualche settimana fa, il mio migliore amico, anche lui gay, mi ha presa da parte e ha cominciato a farmi delle gran pressioni psicologiche sul coming out, sul fatto di frequentare locali che non fossero per forza locali gay (perchè lui vorrebbe che frequentassi solo locali gay) e tante altre cose, che se ne avrai voglia, potrò spiegarti meglio in pvt. Quì ci vorrebbe un giorno e un papiro troppo lungo. Cmq, diciamo che sono rimasta basita e piuttosto turbata dalle sue pressioni e non è il primo a dirmi certe cose, al chè ho iniziato a farmi certe domande e a chiedermi se le cose che mi ha detto non fossero un riflesso delle sue paure. Lui vive a Bologna e Bologna è una delle città più aperte mentalmente e libere, infatti ho tante amiche e amici, di qualsiasi identità di genere e sessuale, che non mi hanno mai fatto pressioni di alcun genere, anzi. Però è lecito farsi domande e chiedersi il perchè di certi atteggiamenti, o no?

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Non ho mai detto che "il definirsi omosessuali ci fa apparire meno persone di altre", ma ho suggerito di andare oltre a questo, cioè; "sono gay, sono fiera di esserlo, ma non sono solo quello, c'è tanto altro da scoprire". Altrimenti è riduttivo.

So che non hai detto questo e mi rendo conto si essere stata piuttosto criptica, pardon. ^_^

Rewind. Intendevo dire che il fatto di definirsi gay non ci rende automaticamente solo quello, non ci rende meno intricati e affascinanti come persone. Volevo sottolineare che c'è chi sa discriminare per qualsiasi tipo di etichetta riesca ad appioppare agli altri e che se qualcuno vuole giudicarci solo per un certo lato di noi... lo farà comunque. Nel bene e nel male un po' tutte le differenze vengono additate e quindi a chiunque capita di essere giudicato superficialmente. Ma se dovessimo smettere di definirci in un certo modo solo perché le persone frivole non vedano un unico aspetto di noi... beh, non avremmo mai nulla da dire. :asd:

Per quanto riguarda il "coming out con insistenza" sono d'accordo con quanto ha detto Lum e credo che sia abbastanza normale voler fare un discorso con le persone importanti, anche solo perché ci interessa dare la giusta prospettiva delle cose e mettere in chiaro tutto. Ma una volta passato quello scoglio non vedo proprio perché non agire con naturalezza come dici tu ;)

Non penso che in generale si voglia spingere tutti a fare coming out... ma almeno essere sinceri con se stessi è fondamentale! Poi che si vada in giro o no con l'insegna luminosa in testa sono fatti propri e, come dicevo ieri, dipende dal carattere.

 

Ancora una cosa non mi è del tutto chiara... forse mi sto perdendo nel discorso.

Ok, mi trovi d'accordo sul fatto che siamo persone e ci sia molto altro che non la sola sessualità a renderci quello che siamo e, come ho già detto, sono d'accordo con te anche sul fatto che le etichette siano riduttive. Ma questo non capisco cosa c'entri con il fatto di non usare la parola “lesbica”. A meno che tu non intenda dire che dovremmo parlare di noi solo come “persone”, perché questo potrà essere in qualche modo meno limitante, ma lo trovo davvero poco comprensibile. ^_^ Come si può mostrare diversi lati di sé se non li si definisce?

Dovremmo mettere in secondo piano la nostra sessualità per far capire alla gente che siamo persone come tutti gli altri e che reclamiamo i diritti che tutti hanno, ottimo. Sono con te anche su questa idea, ma per farlo capire non dovremmo per lo meno definirci in qualche modo?

Una che usa la frase “persona che ama persone”, per come la vedo io (e credo che sia già stato sostenuto in questo topic), non si identifica nella comunità omosessuale e perciò non dà certo agli altri l'idea che dici dovremmo dare. Anzi, una che parla così dimostra solo di volersi tenere ben lontana dai problemi associati alla definizione stessa di omosessualità. Ma ovviamente è solo la mia opinione. :D

 

 

 

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Si, "persona che ama persone" è un pò lo struzzo che mette la testa sotto la sabbia, anche se decontestualizzandola, quella frase non è del tutto sbagliata, però io non volevo sostenere quell'utente con la mia teoria. Sono al di fuori di quello che diceva lei. Secondo me va benissimo la parola "lesbica", ci mancherebbe. Io sono lesbica, figurati se mi scandalizzo..! E sicuramente definirsi fa stare bene, anzi. Una volta che una ha capito sè stessa, è giusto che si definisca tale, per come si percepisce e vive. Il mio discorso era più un incitamento a favore della naturalezza nell'approccio del coming out e nel cercare di far capire che a volte ci vuole più tatto e meno pressione, meno insistenza. E che comunque sia, è una scelta libera anche quella di non fare coming out, ahimè. Anche se non supporto questa scelta. Supporto un metodo più naturale del "come ci viene perchè così mi vivo". Mi sembra che questo punto tu l'abbia capito.

Poi, per me è giusto definirsi. Definirsi gay o lesbica o trans o bisex o mela (è una battuta...) va benissimo e per me è giusto definirsi tale, ma non basta. Quando dico che mi piacerebbe vedere più omosessuali definirsi, oltre a gay, anche persone (dico persona ma potrebbe anche essere altro), lo dico perchè solo così si smetterà di vederci come diversi. Il fatto di essere gay è una sfacettatura, una caratteristica, una parte di noi, ma non è tutto, non è la parte predominante, perchè quella è solo la nostra identità sessuale, ma non la nostra identità. La base è che siamo esseri viventi e che respiriamo, pensiamo e amiamo come tutti gli altri. Poi ognuno ha il suo carattere, le sue idee, le sue vedute, i suoi interessi, i suoi gusti ecc. E come individui ci diversifichiamo. Siamo omosessuali nell'identità sessuale, ma eterogenei nella nostra identità, come persone, come tutti gli altri. Ti faccio un esempio, se tu potessi scegliere come definirti tra queste parole, quale sceglieresti? Donna. Italiana. Giovane. Lesbica. Persona. Se stessi conoscendo una persona nuova, che ancora sa poco di te e con la quale vorresti instaurare un'amicizia, la tua omosessualità vorresti che venisse fuori come una cosa normale, mentre si parla con tranquillità di tutto e perchè ti va, proprio perchè è una delle tante sfacettature che tu hai dentro di te, ne sei consapevole e ne vai fiera o sarebbe una delle prime cose che diresti per definirti subito e mettere le carte in tavola, lasciando tutto il resto di te al di fuori di quella definizione? Penso che anche se a una persona dici che sei lesbica e ne sei fiera, hai definito solo quello, ma non tutto il resto. E quindi, non so, c'è sempre qualcosa che manca, che rimane fuori di te. Sto cercando di arrivare a un'idea nuova, aiutatemi a completare la riflessione. Come poter fare a definirsi e dichiarasi lesbica, senza che questa parola diventi un freno per gli etero, per far si che non ci vedano solo per quello e che permetta di definirsi per un lato, ma lasciare aperte altre porte alla conoscenza della persona senza etichettarla solo in base alla sua sessualità, dall'altro? Io mi sto chiedendo questo, nonostante non veda niente di male nella parola, ma vedo che nel mondo etero viene usata come un timbro. Ok, tu sei lesbica, punto. E no caxxo, potrei essere pure stronza..! O una deficiente o un genio o timida o vivace o allegra o simpatica. E a parte tutto, lesbica o meno, ho diritto alle stesse cose che hai tu, di essere rispettata come te, di vivere liberamente in pace con me stessa e il mondo come te. Al di là di essere lesbica o meno, hai una persona davanti che potrebbe anche piacerti dentro, per com'è.

Spero che stavolta si capisca meglio.

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Separiamo un attimo le questioni tecniche dal vero contenuto del post.

Questioni tecniche - Fra86 hai fatto 3 post consecutivi, il che e' vietato. I post vanno editati (mi pare che si abbia tempo un giorno prima che sparisca il tasto "modifica") e incollati tutti in un unico post please, dopodiche' un moderatore provvedera' a cancellare i doppi (che nel frattempo vanno lasciati vuoti).

 

Tolte le formalita', volevo fare un paio di appunti sul tuo ultimo post... da una parte vorrei dire che come ti definiscono gli altri purtroppo non e' una cosa su cui hai controllo e che con qualsiasi metodo tu decida di fare coming out ("casual" o "grosso annuncio") non credo che porti a esiti diversi.

 

La seconda cosa che volevo far notare e' che ci sono anche altre categorie di persone che vengono definite solo da una parte per il tutto, chiunque conosca una coppia di gemelli sapra' che vengono universalmente definiti come "i gemelli" quando c'e' da invitarli o se si chiede come stanno, oppure se c'e' un unico amico di razza diversa in un gruppo di italiani bianchi (mia sorella per esempio era in classe con uno che veniva amichevolmente definito "il negro" eh!) o se conoscete un albino/un paraplegico/un francese o che so io... queste sono tutte persone che vengono definite da UNA cosa come il loro biglietto da visita, nello stesso modo in cui si dice "io ho un amico gay" si dice "io ho un amico in sedia a rotelle", ma non credo che noi ci soffermiamo mai a pensare che non siamo l'unica categoria in questa condizione. Certo nel nostro caso succede piu' spesso perche' ovviamente ci sono piu' gay che albini al mondo, ma nemmeno dobbiamo pensare che tutto il mondo gira intorno a noi. Se ci vogliono definire solo come "la mia amica lesbica" che male c'e'? A me sta anche bene essere "additata" in questo modo se puo' essere funzionale al discorso, ad esempio se amica A volesse spiegare a un suo conoscente come mai ha un'amica che non vive in Italia direi che specificare la sessualita' ha molto peso. Certo se si parlasse di altro magari sarebbe una specificazione un po' superflua, ma ripeto io non ho controllo su come mi vedono gli altri. Se vivono una vita fatta di pregiudizi sono problemi loro, alcune persone i paraocchi se li tolgono quando conoscono una lesbica vera in carne e ossa, altre no, io mica posso stare a preoccuparmi di ciascuna, ci sono abbastanza preoccupazioni nella vita che non le limitazioni di qualcun altro!...

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Bè, dipende molto dove vivi. Forse tu sei fortunata. Per esempio, qualche settimana fa, il mio migliore amico, anche lui gay, mi ha presa da parte e ha cominciato a farmi delle gran pressioni psicologiche sul coming out, sul fatto di frequentare locali che non fossero per forza locali gay (perchè lui vorrebbe che frequentassi solo locali gay) e tante altre cose, che se ne avrai voglia, potrò spiegarti meglio in pvt. Quì ci vorrebbe un giorno e un papiro troppo lungo. Cmq, diciamo che sono rimasta basita e piuttosto turbata dalle sue pressioni e non è il primo a dirmi certe cose, al chè ho iniziato a farmi certe domande e a chiedermi se le cose che mi ha detto non fossero un riflesso delle sue paure.

 

Continuo a non capire, secondo lui dovresti andare in giro con una maglietta con scritto "sono lesbica"? Andare in locali gay intanto non significa necessariamente essere gay.

Ad ogni modo uno che mi fa "pressioni" di qualunque tipo poi deve pregare di riuscire poi a raccontarlo, non vedo come possa essere affare di chiunque come vivo la mia sessualità.

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Questioni tecniche - Fra86 hai fatto 3 post consecutivi, il che e' vietato. I post vanno editati (mi pare che si abbia tempo un giorno prima che sparisca il tasto "modifica") e incollati tutti in un unico post please, dopodiche' un moderatore provvedera' a cancellare i doppi (che nel frattempo vanno lasciati vuoti).

 

Tolte le formalita', volevo fare un paio di appunti sul tuo ultimo post... da una parte vorrei dire che come ti definiscono gli altri purtroppo non e' una cosa su cui hai controllo e che con qualsiasi metodo tu decida di fare coming out ("casual" o "grosso annuncio") non credo che porti a esiti diversi.

 

La seconda cosa che volevo far notare e' che ci sono anche altre categorie di persone che vengono definite solo da una parte per il tutto, chiunque conosca una coppia di gemelli sapra' che vengono universalmente definiti come "i gemelli" quando c'e' da invitarli o se si chiede come stanno, oppure se c'e' un unico amico di razza diversa in un gruppo di italiani bianchi (mia sorella per esempio era in classe con uno che veniva amichevolmente definito "il negro" eh!) o se conoscete un albino/un paraplegico/un francese o che so io... queste sono tutte persone che vengono definite da UNA cosa come il loro biglietto da visita, nello stesso modo in cui si dice "io ho un amico gay" si dice "io ho un amico in sedia a rotelle", ma non credo che noi ci soffermiamo mai a pensare che non siamo l'unica categoria in questa condizione. Certo nel nostro caso succede piu' spesso perche' ovviamente ci sono piu' gay che albini al mondo, ma nemmeno dobbiamo pensare che tutto il mondo gira intorno a noi. Se ci vogliono definire solo come "la mia amica lesbica" che male c'e'? A me sta anche bene essere "additata" in questo modo se puo' essere funzionale al discorso, ad esempio se amica A volesse spiegare a un suo conoscente come mai ha un'amica che non vive in Italia direi che specificare la sessualita' ha molto peso. Certo se si parlasse di altro magari sarebbe una specificazione un po' superflua, ma ripeto io non ho controllo su come mi vedono gli altri. Se vivono una vita fatta di pregiudizi sono problemi loro, alcune persone i paraocchi se li tolgono quando conoscono una lesbica vera in carne e ossa, altre no, io mica posso stare a preoccuparmi di ciascuna, ci sono abbastanza preoccupazioni nella vita che non le limitazioni di qualcun altro!...

Sweet, a me non fa più modificare i post (questo già dopo mezz'ora) e cmq scusa se ho fatto 3 post di fila, ma mi ero dimenticata di questa regola. Poi te lo immagini un unico post con le mie lunghissime risposte a tre persone diverse..? Cioè, la morte vostra... Va bè, non so come rimediare, non posso editare. Vedi tu.

 

Per quanto riguarda la tua risposta, sono d'accordo con te, non posso (e non voglio) avere controllo sulle persone e ogni giorno le persone vengono definite in maniera riduttiva.

Effettivamente, non ci avevo pensato, ma è così. Anche se è molto triste.

 

A Lum: Si, ma fin tanto che vado in giro con una maglietta con su scritto "sono lesbica" non c'è niente di male, anzi, magari rimorchio pure un casino, ma lui vorrebbe che facessi coming out con tutti, con chiunque, che fosse la prima cosa che dico quando mi presento, a tutti i costi e mi dice che se non faccio così non sono libera. Che devo entrare nel meccanismo, nel giro. Ma quale giro..? Cioè, ma potrò fare coming out con chi mi va, quando mi va, perchè mi va..? E sentirmi libera uguale..? E visto che non è il primo a farmi discorsi del genere, mi sono stranita. Poi, anche per me non vuol dire che se uno va solo in locali gay, allora è gay. A me piace frequentare un locale per la musica e l'ambiente, non m'importa se è un locale gay o meno. Ho amici etero e bisex e non me ne vergogno. Non mi vergogno nemmeno di andare in locali non gay. Addirittura è arrivato a dirmi, che se io sto di fianco a lui in un locale gay, i gay all'interno del locale penseranno che è etero e quindi, per colpa mia in quanto donna, non rimorchierà. Ma t'immagini la mia faccia? E il mio shock? E' il mio migliore amico e per me gli sta partendo la rotella...

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Beh se uno mi dicesse una cosa del genere gli direi "allora vacci da solo!" e dubito che avrei ancora voglia di vederlo.

Comunque a me risulta che la maggior parte delle persone non si comporti affatto in questo modo, per cui appunto penso che sia un problema del tuo amico e non del "mondo gay".

 

(per rispondere a più persone nello stesso post c'è il tasto multiquote)

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Eh, fosse semplice... E' il mio migliore amico. Gli ho risposto che a me non me ne frega niente se mi scambiano per etero anche in un locale gay, perchè di fianco c'ho lui che è un uomo e viceversa. Gli ho fatto capire che se esco con lui, non è perchè è gay, ma perchè mi piace stare con lui, perchè è mio amico. Anche se dopo le sue frasi ho iniziato a farmi molte domande...

 

La prossima volta userò il multiquote, non sapevo a cosa servisse.

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Ti faccio un esempio, se tu potessi scegliere come definirti tra queste parole, quale sceglieresti? Donna. Italiana. Giovane. Lesbica. Persona. Se stessi conoscendo una persona nuova, che ancora sa poco di te e con la quale vorresti instaurare un'amicizia, la tua omosessualità vorresti che venisse fuori come una cosa normale, mentre si parla con tranquillità di tutto e perchè ti va, proprio perchè è una delle tante sfacettature che tu hai dentro di te, ne sei consapevole e ne vai fiera o sarebbe una delle prime cose che diresti per definirti subito e mettere le carte in tavola, lasciando tutto il resto di te al di fuori di quella definizione? Penso che anche se a una persona dici che sei lesbica e ne sei fiera, hai definito solo quello, ma non tutto il resto.

Siamo tornate al "Piacere, sono lesbica" ^_^ No, direi proprio che non fa per me.

Anche perchè se qualcuno mi si presentasse con "Ciao, sono gay" mi verrebbe da dirgli "Ciao e con ciò?". Alla fine sono altre le cose che reputo importanti per conoscere le persone e di conseguenza vorrei dare un'idea di me molto più ampia di quello che la sola definizione di "lesbica" potrebbe dare. Ma questo mio discorso vale con tutte le etichette... non apprezzavo che la mia prof di filosofia mi dicesse ogni tre per due che ero "logica", o che i miei compagni mi chiamassero "secchiona" o che una mia amica in università continuasse a dirmi: "Eh, perchè tu sei di Bergamo" ( :hm: ). Chiaramente io sono tante cose e vorrei che i miei amici mi vedessero, se non per tutti i miei pregi e difetti e caratteristiche varie, almeno per una buona parte di essi.

Questo tuo amico che vorrebbe che palesassi a chiunque il tuo orientamento sessuale forse ha soltanto un folle bisogno di cuccare. Forse vuole conoscere nuove persone, ma con l'idea base di poterci provare, e quindi il fatto di andare in giro con te e di poter sembrare una coppia lo infastidisce un po'. Altrimenti non saprei proprio perchè fare così tante pressioni per il coming out. Anche perchè la cosa più importante non è poi stare bene con se stessi? E mi sembra di capire che tu lo sia. Magari è lui quello che ha qualche problema in merito.

 

PS La "mela" mi ha fatto morire!!! :rotfl: Però preferirei definirmi con un frutto più esotico, che so... ananas. ;)

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Siamo tornate al "Piacere, sono lesbica" ^_^ No, direi proprio che non fa per me.

Non intendevo tanto il definirsi quando ti presenti, ma quale parola sceglieresti per definirti tutta. Come ti vedi e senti tra quelle parole. Qual è la parola che ti completa di più. Cmq, era solo un esempio...

Per quanto riguarda il mio amico, penso che tu abbia ragione. Avrà una gran fotta e basta, ma questo non toglie che il suo comportamento sia un pò ingiusto nei miei confronti e della nostra amicizia. Poi va bè, lui ha tutto il diritto di cuccare e a valanga :cheesy: però anche secondo me ha un pò di problemi da risolvere con se stesso e la sua accettazione.

Per il resto, hai ragione, mi sento abbastanza bene con me stessa e l'accettare la mia omosessualità sta diventando più un piacere che una sofferenza, cioè; ma vuoi mettere? Con tutto quel ben di dio che c'è in giro... e quasi non ci credo di essermi persa per così tanto tempo le gioie della vita :smiley: Le donne sono troppo belle! In tutti i sensi. :lovesaw:

 

 

P.S.: L'ananas è un gran frutto, approvo pienamente la tua identità fruttifera :rotfl::cheesy:

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..Penso che l'etichettarsi o meno risponda a dei precisi bisogni della persona: c'è chi deve assolutamente identificarsi, chi teme di farlo, e chi ha paura di chi non lo fa (forse perché rivede in queste persone lo spettro di qualche propria insicurezza faticosamente superata...).

 

In ogni caso, non sento la necessità di giudicare qualcuno per il suo (non) etichettarsi. Sarà un problema suo, anzi forse per quella persona non è nemmeno un problema, quindi perché deve esserlo per me?

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Deve esserlo perché quella persona è un'altra che probabilmente non si rivelerà alle persone che conosce, passando per etero tutta la vita con quasi tutte le persone che la circondano, che quindi non avranno forse mai l'occasione di capire che gli omosessuali sono persone come le altre, che sono tra i loro amici.

In poche parole contribuiscono al ritardare la presa di coscienza della società nella sua interezza sul mondo omosessuale, sulla sua realtà individuale.

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Deve esserlo perché quella persona è un'altra che probabilmente non si rivelerà alle persone che conosce, passando per etero tutta la vita con quasi tutte le persone che la circondano, che quindi non avranno forse mai l'occasione di capire che gli omosessuali sono persone come le altre, che sono tra i loro amici.

In poche parole contribuiscono al ritardare la presa di coscienza della società nella sua interezza sul mondo omosessuale, sulla sua realtà individuale.

 

Guarda, sono d'accordo sul fatto che questo potrebbe essere utile, nella prospettiva di un "miglioramento della società". Purtroppo non me la sento di chiedere a qualcuno di combattere battaglie che non ha la forza o la volontà di fare, e questo vale per qualunque ambito - voglio dire, quante altre cose dovremmo fare per dare il nostro contributo affinché la società prenda coscienza dei problemi? Ciascuno di noi dovrebbe, come minimo: ascoltare gli immigrati che vendono fazzoletti per farsi raccontare la loro storia, e quindi diffonderla tra gli amici perché capiscano cosa significa essere un immigrato; rifiutarsi di entrare in ogni locale inaccessibile alle persone con disabilità o protestare col gestore; studiare accuratamente il background dei prodotti che acquista per assicurarsi che non nascondano sfruttamenti... e così via all'infinito.

 

Si potrebbe dire allora: va bene non occuparsi di tutte le questioni del mondo, ma almeno della propria... Ecco, su questo punto il mio personale pensiero è il seguente: avere un problema (lo chiamo così per brevità, spero ci capiremo sul fatto che l'omosessualità non è certo un problema "in sé") non significa per forza avere anche la volontà o la capacità di occuparsene fino in fondo con totale coerenza, né averla in tutte le fasi della vita.

 

Dico questo in termini di constatazione, i giudizi morali li lascio ad altri.

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Certo che non significa avere forza e volontà, ma si dovrebbe auspicare che arrivino a conquistarla, no? Non bisogna giudicare con sdegno, tutt'altro, ma io personalmente trovo che sia mio dovere esporre il mio punto di vista a queste persone e fargli capire esattamente come il loro comportamento sta indirettamente 'danneggiando' la mia e la loro stessa vita.

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Guarda, sono d'accordo sul fatto che questo potrebbe essere utile, nella prospettiva di un "miglioramento della società". Purtroppo non me la sento di chiedere a qualcuno di combattere battaglie che non ha la forza o la volontà di fare, e questo vale per qualunque ambito - voglio dire, quante altre cose dovremmo fare per dare il nostro contributo affinché la società prenda coscienza dei problemi?

 

Secondo me le battaglie si scelgono. Per l'immigrato che vende fazzoletti posso provare compassione o solidarieta', ma magari non mi metto a combattere la sua battaglia, ma per una cosa che mi riguarda in prima persona magari anche si'. E' solo naturale, certo e' egoista ma l'essere umano e' egoista per natura. E' chiaro che uno si sensibilizza solo ai problemi che riguardano lui stesso e i suoi amici.

 

Poi tu hai gia' risposto a questo punto dicendo che avere un problema non significa necessariamente volersene occupare, ma nemmeno e' carino che qualcun altro si fa il culo per te e poi tu ne cogli i frutti, secondo il mio modesto parere.

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quoto perfettamente con l'ultimo messaggio di sweet...le etichette sono importanti non per discriminarsi ma per definirsi...se sono capce di costruire relazioni con le donne sono lesbica, con donne e uomini son bisex, solo con uomini si è etero....io sono lesbica e non ho problemi ne a dirlo ne a definirlo...certo non si può mai dire mai perchè un domani potrebbe capitare di (ri)finirie con un uomo...uhmm io per un po frequentavo una tipa che diceva che era etero con riserva..peccato che da 6 annia questa parte aveva relazioni solo con donne...

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Sarebbe auspicabile che la società considerasse normale qualunque orientamento sessuale, sarebbe auspicabile poter dire a chiunque di avere una ragazza, senza che questo susciti strane reazioni. Penso anch'io che ci si avvicinerebbe più in fretta a questo tipo di società, se tutti gli omosessuali parlassero delle proprie relazioni con la stessa nonchalance degli etero.

Ribadisco solo che capisco chi non se la sente di farlo, e non vorrei che nessuno si sentisse "obbligato" a ciò dal resto della comunità omo. Ogni libertà comprende sempre anche la libertà di non avvalersene: avere la libertà di mostrare la propria identità sessuale significa anche essere liberi di non mostrarla.

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