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Tutto sul dottorato


Mirko03

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Ciao!

Apro questo topic dopo una conversazione in chatbox nata da una domanda, cioè: quanto è difficile essere ammessi ad un dottorato?

Potrebbe sembrare una domanda dalla risposta semplice, ma nella conversazione già avuta sul tema sono in realtà state espresse risposte diverse, in base al periodo storico, al Paese e all'ambito di studi. Si è poi passati a parlare delle esperienze personali di alcuni di noi, e anche delle condizioni generali di un dottorando: quanto sia effettivamente lo sforzo richiesto, quali siano le varie varianti tenendo conto dell'ambiente di lavoro, ecc., fino a parlare delle possibilità di carriera dopo aver conseguito il titolo.

La domanda che ha avviato la discussione è nata da una curiosità personale, ma visto che diversi di noi hanno qualcosa da condividere sul tema, come anche suggerito da blaabaer, credo che potremmo usare questo spazio proprio per questo motivo. 

Quindi: cosa sapete sul dottorato? Quanto è difficile essere ammessi e come varia la difficoltà a seconda dell'ambito di studi e del Paese? Cosa fa un dottorando nella sua giornata? 

Qualunque contributo, che si tratti di un sentito dire, di un'esperienza personale o di qualunque altra cosa è, almeno da parte mia, ben accetto!

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Io credo sia molto difficile generalizzare. Quel che mi chiedo e' come mai @Mirko03 si fa ste domande a 17 (?) anni.

per me se uno fa la laurea con voti molto buoni un posto di dottorato lo trova, mentre se la fa coi voti mediocri suppongo sia piu' difficile.

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1 hour ago, Mirko03 said:

cosa sapete sul dottorato? Quanto è difficile essere ammessi e come varia la difficoltà a seconda dell'ambito di studi e del Paese? Cosa fa un dottorando nella sua giornata? 

Conosco solo il dottorato di Filosofia dell'Università di Padova...la domanda sulla difficoltà d'accesso è troppo vaga. Direi che l'unico criterio oggettivo cui guardare per rispondervi sia il numero medio di candidati raffrontato al numero di posti disponibili. In genere un dottorando umanista redige la tesi, scrive recensioni e articoli, partecipa a convegni e ne organizza.

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Questo è un argomento che mi sta molto a cuore. 

A me piacerebbe molto fare un dottorato in letteratura italiana o in storia (sono laureato in storia ma con una tesi che, volendo, potrebbe essere anche di ambito letterario). Almeno fino all'estate, però, il progetto del dottorato l'ho accantonato. 

Innanzitutto, devo diplomarmi in conservatorio. In Italia non è legalmente possibile (per qualche curiosa ragione) percepire una borsa di dottorato ed essere contemporaneamente iscritti ad un conservatorio o un'accademia. 

In seconda istanza, vorrei vedere se riesco a vincere una borsa post-laurea magistrale per andarmene alcuni mesi all'estero e sondare il terreno per un eventuale dottorato fuori dall'Italia.

Infine, devo ancora capire bene quanto le mie linee di ricerca siano solide.

Detto ciò, entrare in un dottorato umanistico in Italia dipende molto dal caso. I criteri non sono uniformi e, anzi, variano da dipartimento a dipartimento anche nella stessa facoltà. In alcune facoltà si sa che un aggancio con la commissione paga molto (non parlo necessariamente di raccomandazioni), in altre invece pesa molto il curriculum. Cosa fondamentale è capire quante borse ci sono a disposizione e quanti candidati si presentano in media, solo così ci si può fare un'idea delle chance che si hanno.

A livello generale, fare carriera accademica in Italia in ambito umanistico è quasi impossibile. La concorrenza è spietata, i soldi pochissimi, il clima dei dipartimenti spesso non è disteso e costruttivo (per usare un eufemismo). Quindi il dottorato in lettere non va certo inteso come un concreto sbocco lavorativo.

Un dottorando quarantenne che conobbi anni fa mi disse di fare il dottorato solo e soltanto dopo essere entrato di ruolo alle scuole medie (come aveva fatto lui). A suo dire, e penso avesse ragione, è l'unico modo per farlo in maniera rilassata.

Una dottoranda trentenne, che ho incontrato recentemente e che si trasferirà all'estero per seguire il compagno, mi ha detto che lei il dottorato lo ha fatto solo con l'obiettivo di ottenere un alto titolo di studio spendibile in un altro paese. Lei ha fatto un dottorato un po' strano, su un argomento assai astrusoe secondo me molto poco spendibile, però a suo dire all'estero essere dottori paga sempre quindi è convinta della sua scelta.

Bho, questo è quanto.

 

P.S. proprio in questi giorni un mio conoscente e un amico di una mia conoscente sono entrati, dopo alcuni tentativi andati male, in due dottorati umanistici di due piccole università di provincia. 

 

Edited by Bloodstar
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2 minutes ago, Bloodstar said:

La concorrenza è spietata, i soldi pochissimi, il clima dei dipartimenti spesso non è disteso e costruttivo (per usare un eufemismo).

Occorrerebbero più finanziamenti, questo sì. I dipartimenti dovrebbero farsi sponsorizzare da fondazioni bancarie e grandi compagnie in genere, ma in Italia questo non piace...

 

(Anni fa non la pensavo proprio così)

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1 hour ago, marco7 said:

Io credo sia molto difficile generalizzare. Quel che mi chiedo e' come mai @Mirko03 si fa ste domande a 17 (?) anni.

Piccolo off topic: oltre a studiare non ho nulla da fare tutto il giorno, e sono molto curioso; non ho gli stessi interessi dei miei compagni di classe, e anche loro a volte si chiedono perché io mi faccia certe domande o sappia certe cose (conseguenza delle domande) '^^

1 hour ago, marco7 said:

per me se uno fa la laurea con voti molto buoni un posto di dottorato lo trova, mentre se la fa coi voti mediocri suppongo sia piu' difficile.

Lo credo anche io. Essendo il dottorato la strada principale per l'ingresso nel mondo accademico, credo che vengano favoreggiate persone con voti molto alti. Ho un piccolo ricordo di qualche mese fa; trasmettevano in televisione, sulla Rai, la seconda stagione dell'Amica geniale, tratta dai romanzi di Elena Ferrante. 

Spoiler

La protagonista, dopo essersi laureata alla Normale di Pisa, parlò con uno dei suoi professori proprio per intraprendere la carriera accademica. Nonostante i buoni voti che aveva, il professore le disse che non era la strada per lei.

Le dinamiche sono chiaramente totalmente diverse rispetto al caso generale di cui stiamo parlando; non possiamo non considerare l'ambientazione della serie, che risale alla seconda metà del '900, oltre al fatto che la protagonista fosse una donna e anche di origini meridionali, con l'aggiunta poi anche di altri fattori. Poi lei i voti alti li aveva, quindi è effettivamente tutto un altro discorso. Però mi tornava in mente. Faccio appello a qualche appassionato della serie/ dei libri per saperne di più.

Che voi sappiate, ci sono ancora pregiudizi per questo genere di cose? Prima ho letto un articolo - di cui in realtà devo ancora verificare l'attendibilità - che parla di un prof. della Sapienza, ex pornoattore gay, che lamentava di essere stato vittima, in università, di soprusi e altri atti causati dalla sua ex professione. Limitandoci a parlare di quel che riguarda il mondo dei dottorati e in un'ottica più generica, sarebbe interessante capire se può effettivamente capitare che qualche commissione/ docente esprima un (pre)giudizio negativo (chiaramente non ufficialmente) per l'ammissione di uno studente sulla base delle sue caratteristiche personali, come il genere, le origini, la ricchezza o anche l'orientamento sessuale. Immagino tuttavia che, essendo l'ambiente molto ristretto, pochi di noi abbiano le risorse per trovare direttamente una risposta a questa domanda, che sia veritiera e non una semplice voce/ intuizione.

12 minutes ago, Bloodstar said:

A livello generale, fare carriera accademica in Italia in ambito umanistico è quasi impossibile. La concorrenza è spietata, i soldi pochissimi, il clima dei dipartimenti spesso non è disteso e costruttivo (per usare un eufemismo). Quindi il dottorato in lettere non va certo inteso come un concreto sbocco lavorativo.

Capisco. Che tu sappia, questo vale solo per l'ambito strettamente umanistico, quindi letteratura e lingue, o anche per ambiti simili, come le scienze sociali e il diritto?

 

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Vorrei chiederti @Mirko03:

suppongo tu faccia un liceo, quali sono le materie che prediligi ? Sei molto bravo ora a scuola ?

le note alte non sono ne una condizione ne una garanzia per una carriera accademica, ma di solito chi fa una carriera accademica le aveva.

hai linkato un articolo. Io ho piu' o meno la sicurezza che l'universita' in italia sia piu' o meno marcia. Si fa carriera per amicizie, scambi o raccomandazioni ma non per meriti veri. Questo in generale, io sto in svizzera dove le nomine avvengono per meriti e non per vie traverse.

ora sei giovane e presumo vorrai finito il liceo andare all'uni. Finita l'uni se tu vuoi continuare in ambito accademico c'e' si il dottorato, ma solo una minima parte di chi ha fatto un dottorato continuera' una carriera accademica che lo portera' a diventare professore unoversitario. La concorrenza in ambito accademico e' grande e i posti a disposizione per avere una buona posizione in un'universita' sono pochi.

io ti direi che se sei bravo e ambisci a una carriera accademica, dovresti forse forse dopo la laurea il dottorato fuori dall'italia e poi finito il dottorato trasferirti come postdoc in un'altra universita' ancora. Un dottorato non vale un altro dottorato. Non sono tutti uguali. C'e' gente che riceve onori e premi per il lavoro di dottorato e altri che fanno il dottorato nell'anonimato, senza onori ne gloria.

se sei bravo e vuoi restare in ambito accademico in futuro prima o poi sarebbe meglio se emigri all'estero purtroppo.

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L'argomento del dottorato è gigantesco, le esperienze sono molto diverse e dipendono da una marea di variabili. Probabilmente racconterò un po' di più in seguito, per il momento volevo aggiungere un paio di righe a quello che si diceva nella shoutbox

Una premessa che vorrei fare, ora che sono al capolinea (in teoria discuto la tesi a inizio dicembre), è che in linea generale sconsiglio il dottorato e la carriera accademica in generale

Una risposta veloce alla domanda

2 hours ago, Mirko03 said:

quanto è difficile essere ammessi ad un dottorato?

è che non è così difficile essere ammessi ad un dottorato: a patto ovviamente di far domanda presso abbastanza università ed essere disposti a trasferirsi ovunque. Che poi è pure quello che succede dopo il dottorato

I criteri di ammissione, come è già stato detto, sono molto variabili: dipende dall'università, dall'ambito, dal Paese, dal gruppo di ricerca. Per il poco che ne so, in Italia, probabilmente per il fatto che i posti di dottorato sono molto scarsi rispetto al numero di candidati, spesso i titoli hanno un valore non indifferente, e per stabilire la graduatoria si usa uno di quei sistemi a punteggi stile gioco di ruolo che mi fanno ribollire il sangue (mi ricordano i vari crediti e punteggi per il voto finale delle superiori): il voto di laurea conta tot, il tempo di laurea conta tot, c'è una prova scritta, c'è un colloquio, punti bonus se ti sei pagato un master dopo la laurea, se hai esperienze all'estero, se hai già delle pubblicazioni, e così via; si stabilisce una classifica degli idonei e si contattano a scalare a cominciare dal primo fino a che qualcuno accetta il posto.

Altrove non è necessariamente così- per esempio dove sto facendo il dottorato io la graduatoria è decisa da una commissione di tre persone che vanno un po' a naso, usando gli stessi criteri ma guardandoli nell'insieme (tranne il tempo di laurea, perché è in Italia che c'è la mania di far le cose in fretta, già dalla scuola perdere un anno è un Peccato Mortale, eccetera)

A volte si cerca un candidato che svolga un progetto preciso e prestabilito, e a volte bisogna contribuire fin dall'inizio con una proposta per un progetto di ricerca - e a volte la proposta fa parte della valutazione del candidato.

Insomma fai domanda in qua e in là, e ti prendono: cosa succede?

2 hours ago, Mirko03 said:

Cosa fa un dottorando nella sua giornata? 

Come dottorando in generale fai parte di un gruppo di ricerca diretto da un membro permanente del dipartimento, di solito un professore che è pure il tuo relatore. Dal gruppo di ricerca nascono dei progetti (nello stesso ambito); il gruppo ha un budget che ottiene dal dipartimento o tramite finanziamenti esterni, e che usa per ottenere più membri del gruppo e per acquistare e mantenere materiali e strumentazioni, spesare i viaggi di ricerca, organizzare eventi e conferenze, e varie altre cose. Le dimensioni di un gruppo di ricerca variano moltissimo; un dipartimento molto piccolo può avere quattro o cinque gruppi di ricerca con una manciata di persone l'uno, un dipartimento più grande può avere una struttura a più livelli (es. con macrogruppi) e decine di persone per gruppo.

Per risponderti, a grandissime linee: nella sua giornata, il dottorando fa ricerca, seguendo il suo proprio progetto di ricerca. Ovviamente a dirsi è una cosa vaghissima: perché altrettanto ovviamente dipende dal ramo. La ricerca sui fondamenti della matematica non è la stessa che si fa in chimica metallorganica, etnomusicologia o psicologia del linguaggio. La ricerca che fai è connessa - anzi, per te, finalizzata - alla produzione di un elaborato scritto finale, ossia la "tesi". La tesi può essere una monografia, ma più spesso è una raccolta degli articoli che sei riuscito a far pubblicare su riviste accademichepostproceedings eccetera (o preprints), durante gli anni del dottorato. Come si produce un articolo è un argomento a parte e parecchio lungo 🙂

--

Un appunto su quello che si diceva in shoutbox, sul fatto che in Italia fai le ore lunghe e all'estero no, e sul fatto che basta organizzarsi: ecco, prendi tutto con le pinze, certezze non ce ne sono. A spanne è vero che nel nordeuropa si dà molto valore alla vita privata del lavoratore (tra parentesi, un dottorando ha un contratto da dipendente statale in Norvegia e Svezia, e @Uncanny ci farà sapere se è lo stesso in Danimarca) e lavorare più a lungo non è premiato né visto come un valore aggiunto, mentre ad esempio negli Stati Uniti sei uno schiavo e basta. Però in generale non conosco quasi nessun dottorando - nelle scienze - che non abbia lavorato più a lungo di quello per cui è pagato, in un modo o nell'altro. Un po' è la conseguenza del fatto che tradizionalmente i dottorandi (e i ricercatori in generale) hanno un orario flessibile, nel senso che non devono timbrare il cartellino: dunque c'è una specie di baratto tra la libertà di lavorare quando vuoi e il finire col non contare le ore e lavorare immancabilmente di più - e poi, se in azienda alle sette di sera è tutto chiuso, in dipartimento c'è sempre qualcuno a tutte le ore. Un altro motivo è che in molti ambiti è difficile quantificare il lavoro che fai giornalmente: se hai culo hai ogni giorno i tuoi campioni da analizzare, ti organizzi e fai; più "creatività" ti è richiesta e più è probabile che la ricerca s'impantani, o non si muova per settimane e poi proceda con salti giganteschi tutti in un colpo. Questo fa sì che il dottorando si senta spesso "in colpa" e tenda a fare orari più lunghi.

Poi in posti diversi ci sono prassi diverse, per esempio in Italia hai i tuoi tot anni, una data di scadenza, e hai fatto quello che hai fatto; dove faccio il dottorato io la scadenza è solo del contratto ma non del dottorato, quindi succede che i tuoi capi tengano in ostaggio il tuo titolo di studio facendoti lavorare gratis perché ci sono ancora cose da finire, esperimenti da fare, o perché hai cominciato tardi a scrivere la tesi (che è una responsabilità in parte tua e in parte del gruppo)

Discorsi come quello di @Sokka99 in shoutbox, ossia che basta organizzarsi per fare una vita normale, sono a volte giusti e a volte no, perché come membro di un gruppo di ricerca - e nel gradino più basso! - non sempre hai la libertà di gestire i tempi del tuo dottorato in maniera completamente indipendente, sia generalmente nel suo svolgersi, sia proprio nel quotidiano. Dipende dal progetto che hai (magari è un progetto impossibile e i tuoi relatori si rifiutano di farti staccare la spina), dalla gente con cui lavori (se sei coautore di un articolo e per la pubblicazione devi aspettare che si muovano tutti), dagli esperimenti che fai, e sì, ovviamente anche da te. La ricerca procede a volte in maniera arbitraria, e concilare questo fatto con la propria vita privata non è sempre semplicissimo; sostenere che se uno si organizza fa benissimo il 9-17 tutti i giorni è un po' pericoloso perché sposta sulle spalle del dottorando una responsabilità che dovrebbe essere condivisa da molti

altra nota legata a questo sono i problemi di salute mentale dei dottorandi, comprovati e sistematici

NB a margine sul lavorare più di quello per cui ti pagano: in Italia hai una borsa di studio e non uno stipendio, e poi a volte c'è pure la presa per il culo del dottorato senza borsa = lavorare gratis.

--

Altre cose che fai durante il dottorato oltre che a produrre risultati e cercare di farli pubblicare:
- partecipi a seminari, workshop e conferenze: da locali (di dipartimento) a internazionali, o da semplice spettatore o contribuendo con un talk o un poster. Più il dipartimento è benestante (emigra! emigra appena puoi!) e più ti fan viaggiare
- a volte organizzi o aiuti a organizzare i seminari di cui sopra
- a volte contribuisci alla stesura di progetti di ricerca, ma di solito i dottorandi non se ne occupano
- in alcuni Paesi (in Italia no, a quanto mi risulta) il dottorato comprende una parte di formazione, e cioè: pensavi che con la magistrale fosse finita ma devi dare tot crediti di esami
- se sta nel contratto, hai anche degli obblighi didattici (tieni parte di un corso, o fai tutorato, ste cose qua)
- cerchi lavoro, cioè se hai la malaugurata idea di proseguire col carosello del precariato accademico, quando stai per finire inizi già a mandare cv in giro per trovare un postdoc
- scrivi la tesi e bestemmi

--

2 hours ago, Bloodstar said:

all'estero essere dottori paga sempre

a occhio è percepito un po' meglio. Diciamo che in Italia ci sono diversi fattori che svalutano il dottorato:
1. non è regolamentato come un lavoro vero, ma hai una borsa, per cui...
2. ... non c'è una vera percezione del dottorando come ricercatore a tutti gli effetti (né delle altre figure tipo postdoc), persino chi ha studiato all'università non sa come funziona il mondo della ricerca, in generale la gente pensa che tu "faccia l'università"; e tutto sommato...
3. ... cosa vuoi che ne capisca la gente, se già dopo una triennale ti chiamano dottore, se un insegnante delle scuole medie è un professore, eccetera

--

2 hours ago, Mirko03 said:

la protagonista fosse una donna [...] Che voi sappiate, ci sono ancora pregiudizi per questo genere di cose?

l'argomento è un vespaio.
Dipende da dove sei.
Da un lato per come l'hai messa giù ti direi "no", dall'altro è un fatto che ai vertici della carriera accademica ci sia una sproporzione tra i generi.
La presenza e il trattamento delle donne (e delle minoranze) nel mondo accademico come nel resto del mondo del lavoro sono più spesso dovuti a un bias molto difficile da localizzare, che a un'ingiustizia conclamata alla tu-sì-e-tu-no

2 hours ago, Mirko03 said:

un prof. della Sapienza, ex pornoattore gay, che lamentava di essere stato vittima, in università, di soprusi e altri atti causati dalla sua ex professione.

stiamo parlando di:
un attore porno
gay
in Italia.
Figuriamoci se non viene fuori di tutto. (Comunque per riprendere il discorso sopra: Carlo Masi era un docente all'università, ma non era un professore!)

2 hours ago, Mirko03 said:

sarebbe interessante capire se può effettivamente capitare che qualche commissione/ docente esprima un (pre)giudizio negativo (chiaramente non ufficialmente) per l'ammissione di uno studente sulla base delle sue caratteristiche personali, come il genere, le origini, la ricchezza o anche l'orientamento sessuale. Immagino tuttavia che, essendo l'ambiente molto ristretto, pochi di noi abbiano le risorse per trovare direttamente una risposta a questa domanda

dipende dalle procedure di ammissione. Non ricordo quali studi siano stati fatti, dove, e circoscritti a quale ambiente, su quanto il solo nome sul CV influisca sulla probabilità di essere assunti (Pierfrancesco Maria vs. Abdul). Trovo abbastanza fantasioso che l'orientamento sessuale possa avere una qualche influenza durante la selezione dei candidati, però
 

--

Aggiungo che son contento di rispondere alle curiosità, anche e appunto perché l'attività del dottorando è avvolta in una nebbia misteriosa, ma sicuramente se sei alle scuole superiori i dettagli tecnici su come si svolge un dottorato non rientrano nelle tue preoccupazioni, visto che in mezzo ci stanno un diploma, due lauree (o una lunga) e un miliardo di cose nuove nella vita 🙂 (et voilà, snocciolato anche oggi il consueto paternalismo)

Scommettere su una carriera accademica alle superiori, come ambizione, è... coraggioso. È un mondo di precarietà, di rinunce, di spostamenti, di incertezze, e la stragrande maggioranza di chi la comincia poi finisce col fare altro

1 hour ago, marco7 said:

Si fa carriera per amicizie, scambi o raccomandazioni ma non per meriti veri.

è così un po' ovunque.

anche perché i "meriti veri" sono quantificabili solo in parte (e no, il numero di pubblicazioni l'index factor e menate varie sono solo un modo per ovviare a questo problema, e non una misura diretta del merito)

Magari in Italia ci son proprio più mazzette, ma ovunque per fare carriera devi in qualche modo costruirti una rete

1 hour ago, marco7 said:

se sei bravo e vuoi restare in ambito accademico in futuro prima o poi sarebbe meglio se emigri all'estero purtroppo.

alla fine non diventa nemmeno una scelta

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Se sei veramente bravo (e con veramente bravo intendo forse uno su 10'000 dottorandi) le universita' o gli istituti di ricerca vengono a cercarti e ti offrono un tuo gruppo di ricerca o di iniziare la carriera di professore da loro.

ho degli esempi di italiani che sono stati contattati direttamente da centri di ricerca svizzeri e hanno fatto la loro bella carriera, vincendo poi anche vari primi per le loro ricerche, ma appunto queste cose il dottorando medio puo' solo sognarsele. Pero' ora mi sembra che mettere qua i nomi di questi non serva a molto.

uno e' un medico di roma che ha fatto la sua ricerca a roma sul cancro, e' stato chiamato a bellinzona per continuare ricerche sul cancro e ora e' ancora a bellinzona ed e' professore a pavia (credo).

uno un matematico italiano che ha studiato e dottorato a pisa (credo) e che e' stato chiamato al politecnico di zurigo come prof e qualche anno fa ha vinto un premio importantissimo di matematica per le sue ricerche fatte a zurigo.

uno un chimico (di pisa ?) che ha fatto un dottorato a zurigo in biofisica, ha vinto un premio per il suo dottorato, poi e' andato credo in inghilterra a postdoc e gli hanno offerto un posto come professore assistente in bioficica al poli di zurigo, ha fatto ricerche su cancro e anticorpi contro il cancro, ha vinto premi per le sue ricerche e ora da parecchi anni e' professore al poli di zurigo per chimica farmaceutica o qualcosa di simile.

un altro si chiama aguzzi ed e' all'uni di zurigo e suppongo dall'accento che ha quando parla tedesco che il tedesco l'ha imparato da adulto e che ha studiato in italia.

questa gente non ha avuto il problema di mandare i CV e le lettere per cercar dove andare perche' e' stata contattata lei da chi li voleva. Se hanno accettato di venire in svizzera e' perche' la svizzera da loro condizioni per continuare le loro ricerche che l'italia non da loro.

In italia verrebbero ostacolati dai ricercatori mediocri che fanno carriera per anzianita' e amicizie e che non permettono a quelli bravi di essere valorizzati, oltre che dai mezzi materiali minori che le universita' italiane hanno rispetto agli altri paesi 'ricchi'.

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4 hours ago, blaabaer said:

ovunque per fare carriera devi in qualche modo costruirti una rete

Lo vedo anche tra i miei amici che fanno i ricercatori a filosofia; vista dall'esterno, la loro disponibilità verso i loro relatori poteva essere scambiata per piaggeria, mentre si trattava di un modo come un altro per dimostrare interesse per il lavoro ed iniziare a mettere "le mani in pasta". Oltretutto in ambito umanistico la bontà della produzione di un ricercatore è molto difficilmente quantificabile 😅

3 hours ago, marco7 said:

In italia verrebbero ostacolati dai ricercatori mediocri che fanno carriera per anzianita' e amicizie e che non permettono a quelli bravi di essere valorizzati, oltre che dai mezzi materiali minori che le universita' italiane hanno rispetto agli altri paesi 'ricchi'.

Nel mio vecchio dipartimento raccomandazioni non ne ho viste; se vi siano dei talenti sopravanzati da laureati mediocri non saprei dirlo, magari non sono molte le occasioni di confronto in cui i talenti possano mettere in luce le loro capacità. Noi italiani dovremmo invece studiare come voi riuscite a finanziare la ricerca, e magari copiarvi un po'.

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7 hours ago, blaabaer said:

Altre cose che fai durante il dottorato oltre che a produrre risultati e cercare di farli pubblicare:

Dove hai fatto tu il dottorato, non c'erano attività di formazione per un lavoro extra-accademico?

Io mi sto mezzo informando sul dottorato in Francia e, accanto a tutto quello che hai detto tu, sono previste anche ore di formazione per andare a fare l'insegnante nella scuola superiore, o il ricercatore dentro qualche museo, o per buttarsi nell'editoria etc.

7 hours ago, blaabaer said:

Magari in Italia ci son proprio più mazzette, ma ovunque per fare carriera devi in qualche modo costruirti una rete

Più che mazzette, in Italia ci sono comportamenti assurdamente corporativi uniti spesso a un franco disinteresse per la qualità della ricerca. 

Quindi si tendono sempre e comunque a prediligere le logiche spartitorie (io metto qui un mio uomo, tu ne metti lì uno tuo, per non pestarci i piedi) al miglioramento del dipartimento. Tanto i pochi spicci dal ministero arrivano secondo dei criteri astrusi e non si deve rendere conto a nessuno o quasi. 

2 hours ago, schopy said:

Oltretutto in a++mbito umanistico la bontà della produzione di un ricercatore è molto difficilmente quantificabile

 

7 hours ago, blaabaer said:

per stabilire la graduatoria si usa uno di quei sistemi a punteggi stile gioco di ruolo che mi fanno ribollire il sangue (mi ricordano i vari crediti e punteggi per il voto finale delle superiori): il voto di laurea conta tot, il tempo di laurea conta tot, c'è una prova scritta, c'è un colloquio, punti bonus se ti sei pagato un master dopo la laurea, se hai esperienze all'estero, se hai già delle pubblicazioni, e così via; si stabilisce una classifica degli idonei e si contattano a scalare a cominciare dal primo fino a che qualcuno accetta il posto.

L'oggettività è il grande feticcio dell'accademia italiana. Spesso tocca dei livelli di demenzialità strepitosa. 

 

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12 hours ago, Bloodstar said:

In Italia non è legalmente possibile (per qualche curiosa ragione) percepire una borsa di dottorato ed essere contemporaneamente iscritti ad un conservatorio o un'accademia. 

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AndrejMolov89

Bon, inizio anche io a raccontare la mia esperienza e fare maggiore chiarezza su alcuni punti.
In Italia dipende dall´argomento (ovvero dove vanno il cash flow della ricerca quindi materie umanistiche hanno pochi dottorati, ed hanno una sorta di ordalia di accoltellamenti vari, ma vengono anche finanziati dottorati porcheria, come quello di un mio conoscente in sociologia che va a scopare in giro per l´europa e fare analisi antropologiche dei gruppi kink vegani)

9 hours ago, blaabaer said:

Un appunto su quello che si diceva in shoutbox, sul fatto che in Italia fai le ore lunghe e all'estero no, e sul fatto che basta organizzarsi: ecco, prendi tutto con le pinze, certezze non ce ne sono. A spanne è vero che nel nordeuropa si dà molto valore alla vita privata del lavoratore (tra parentesi, un dottorando ha un contratto da dipendente statale in Norvegia e Svezia, e @Uncanny ci farà sapere se è lo stesso in Danimarca) e lavorare più a lungo non è premiato né visto come un valore aggiunto, mentre ad esempio negli Stati Uniti sei uno schiavo e basta. Però in generale non conosco quasi nessun dottorando - nelle scienze - che non abbia lavorato più a lungo di quello per cui è pagato, in un modo o nell'altro. Un po' è la conseguenza del fatto che tradizionalmente i dottorandi (e i ricercatori in generale) hanno un orario flessibile, nel senso che non devono timbrare il cartellino: dunque c'è una specie di baratto tra la libertà di lavorare quando vuoi e il finire col non contare le ore e lavorare immancabilmente di più - e poi, se in azienda alle sette di sera è tutto chiuso, in dipartimento c'è sempre qualcuno a tutte le ore. Un altro motivo è che in molti ambiti è difficile quantificare il lavoro che fai giornalmente: se hai culo hai ogni giorno i tuoi campioni da analizzare, ti organizzi e fai; più "creatività" ti è richiesta e più è probabile che la ricerca s'impantani, o non si muova per settimane e poi proceda con salti giganteschi tutti in un colpo. Questo fa sì che il dottorando si senta spesso "in colpa" e tenda a fare orari più lunghi.

Poi in posti diversi ci sono prassi diverse, per esempio in Italia hai i tuoi tot anni, una data di scadenza, e hai fatto quello che hai fatto; dove faccio il dottorato io la scadenza è solo del contratto ma non del dottorato, quindi succede che i tuoi capi tengano in ostaggio il tuo titolo di studio facendoti lavorare gratis perché ci sono ancora cose da finire, esperimenti da fare, o perché hai cominciato tardi a scrivere la tesi (che è una responsabilità in parte tua e in parte del gruppo)

In realtá anche in germania. Io giurero´ sulla costituzione Bavarese, e saro´ un dipendente statale anche a bayreuth. D´altro canto, la questione degli orari é perniciosa: il dottorato non é come un lavoro normale, e generalmente il contratto viene tarato su un effettivo servizio che presti all´universitá (i.e. insegnamento, and so forth ed attivitá di ricerca). D´altro canto, alla fine ti ritroverai in periodi con poco lavoro, o meglio non con deadline precise. Il punto sostanziale é che quando fai un dottorato sei in balia di te stesso, e fidati, molte volte senza un supervisore che ti aiuta a dare un ritmo ti ritrovi una vita completamente disordinata. Inoltre, se devi impararti da solo quel che ti serve per proseguire nell´attivitá di ricerca lavori anche 14 ore al giorno 7/7. A me é successo e sono andato in burnout con conseguente depressione.
Il post doc idem con patate, soprattutto se si parte da una situazione come la mia. Tant´é che ad un certo punto in piena crisi esistenziale, ho deciso di diventare un membro di supporto piu´ che ricercatore attivo, perché sostanzialmente ne andava della mia sanitá mentale.
Inoltre, vi sono una serie di problemi inevitabili: non puoi auspicare di avere un posto fisso quando vuoi, sostanzialmente sei un nomade per gran parte degli anni ruggenti della tua vita. Io non posso neppure immaginare di avere una casa da arreddare come voglio perché so che dopo due anni potrei andarmene a meno di fare la scelta della vita e stanziarmi con un altro lavoro fuori dall´universitá.
In italia il dottorato é una selva di burocrazia inutile, e gran parte dei docenti fanno finta di esistere.

1 hour ago, Bloodstar said:

Dove hai fatto tu il dottorato, non c'erano attività di formazione per un lavoro extra-accademico?

Io mi sto mezzo informando sul dottorato in Francia e, accanto a tutto quello che hai detto tu, sono previste anche ore di formazione per andare a fare l'insegnante nella scuola superiore, o il ricercatore dentro qualche museo, o per buttarsi nell'editoria etc.

Più che mazzette, in Italia ci sono comportamenti assurdamente corporativi uniti spesso a un franco disinteresse per la qualità della ricerca. 

Quindi si tendono sempre e comunque a prediligere le logiche spartitorie (io metto qui un mio uomo, tu ne metti lì uno tuo, per non pestarci i piedi) al miglioramento del dipartimento. Tanto i pochi spicci dal ministero arrivano secondo dei criteri astrusi e non si deve rendere conto a nessuno o quasi. 

 

L'oggettività è il grande feticcio dell'accademia italiana. Spesso tocca dei livelli di demenzialità strepitosa. 

 

In italia la questione dell´oggettivitá fa cagare. Oggettivamente, fanno dei concorsi per assumere chi vogliono. CHE E´ GIUSTO. Semplicemente siccome all´interno delle universitá italiane ci sono corporazioni e spesso si mettevano i nepotini, si é deciso di passare ad una sorta di mostro burocratico che é talmente incontrollabile che alla fine dei salmi si hanno le stesse logiche. D´altro canto, pero´, aprire concorsi, far perdere tempo ad altre persone é una cosa indecente su molti fronti.

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16 minutes ago, freedog said:

 

 

Inutile che pigli per il culo, per me avere ancora sul groppone un mese di iscrizione al conservatorio è stato un problema da gestire.

15 minutes ago, AndrejMolov89 said:

ma vengono anche finanziati dottorati porcheria, come quello di un mio conoscente in sociologia che va a scopare in giro per l´europa e fare analisi antropologiche dei gruppi kink vegani

Un ricercatore post-doc che incontrai mentre fuggivo dalla Francia si lamentava del fatto che il suo dipartimento, a Milano, dilapidava somme considerevoli per finanziare ricerche sulla rave culture berlinese e non finanziava adeguatamente studi sulla sociologia del lavoro.

18 minutes ago, AndrejMolov89 said:

Oggettivamente, fanno dei concorsi per assumere chi vogliono. CHE E´ GIUSTO. Semplicemente siccome all´interno delle universitá italiane ci sono corporazioni e spesso si mettevano i nepotini, si é deciso di passare ad una sorta di mostro burocratico che é talmente incontrollabile che alla fine dei salmi si hanno le stesse logiche.

Sottoscrivo pienamente. 

Le consorterie sono talmente pervasive e distruttive che si è inventato il Moloch dei concorsi "oggettivi". 

Io sto correndo a Roma per una borsa di studio all'estero post-laurea (pre-dottorato). I criteri di selezione sotto una patina demenziale fatta di punteggi massimi e minimi, di coefficienti, di graduatorie al quarto di punto, sono volutamente fumosi e incomprensibili. Ma nemmeno mi sento di parlare di bando pilotato e di gridare allo scandalo, perché alla fine è giusto che a contare in questi casi siano i progetti più che le cabbale dei punti carriera. Il problema è che appresso a queste procedure io ci sto buttando una quantità di tempo ingiustificabile.

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AndrejMolov89
9 minutes ago, Bloodstar said:

Inutile che pigli per il culo, per me avere ancora sul groppone un mese di iscrizione al conservatorio è stato un problema da gestire.

Un ricercatore post-doc che incontrai mentre fuggivo dalla Francia si lamentava del fatto che il suo dipartimento, a Milano, dilapidava somme considerevoli per finanziare ricerche sulla rave culture berlinese e non finanziava adeguatamente studi sulla sociologia del lavoro.

Sottoscrivo pienamente. 

Le consorterie sono talmente pervasive e distruttive che si è inventato il Moloch dei concorsi "oggettivi". 

Io sto correndo a Roma per una borsa di studio all'estero post-laurea (pre-dottorato). I criteri di selezione sotto una patina demenziale fatta di punteggi massimi e minimi, di coefficienti, di graduatorie al quarto di punto, sono volutamente fumosi e incomprensibili. Ma nemmeno mi sento di parlare di bando pilotato e di gridare allo scandalo, perché alla fine è giusto che a contare in questi casi siano i progetti più che le cabbale dei punti carriera. Il problema è che appresso a queste procedure io ci sto buttando una quantità di tempo ingiustificabile.

Questo é l´articolo che parla di questo dottorato:
https://www.ilgrandecolibri.com/sesso-kinky-cosa-significa-che-cose-e-come-lo-viviamo-in-italia/
"

Come si è svolta la tua ricerca?

Il mio progetto di ricerca riguarda lo studio (auto)etnografico di uomini che fanno sesso con uomini (MSM) che vivono la sessualità in modo kinky. L’ho fatto attraverso interviste, osservazioni partecipanti in vari locali di incontro per uomini in Italia e in Europa e attraverso un lavoro di auto-osservazione della mia vita sessuale."

La questione del dottorato in Italia: io ho provato a fare un concorso a Padova. Avevo la media del 29.75, uscito con 110L nativo (i.e. senza punti velocitá) ed una esperienza all´estero per una Summer School. Quando ho fatto il concorso, al di lá di essere stato in preda ad una profonda ansia da concorso, si, perché, veramente, era un vespaio di regole regolette, ero quasi certo di essere tra i primi sei della graduatoria. Morale della favola mi hanno escluso dall´avere la borsa di studio, e mi hanno tranquillamente trombato. Quando ho chiesto le ragioni mi hanno detto che ci ho messo un anno in piu´ a laurearmi (non é vero, mi sono laureato sempre in tempo, pero´, ho dovuto fare l´ultima sessione di marzo sia per triennale che magistrale, e siccome nelle universitá italiane non puoi iscriverti a metá anno, ho dovuto posticipare la mia iscrizione alla laurea magistrale accumulando un ritardo artificioso) e che non ho fatto molte esperienze all´estero. Motivazioni del cazzo, mi sono risentito parecchio, e ho provato in contemporanea un dottorato a Firenze e a Mainz. A Firenze mi avevano invitato a partecipare al dottorato, ma poi ho scoperto che lo avevano fatto per tenersi in buona la collaborazione con il mio docente (trombato miseramente e senza passare dal via), e a Mainz mi hanno preso.
La cosa di Padova mi ha bruciato parecchio (visto e considerato i progetti di sociologia che approvano), ma poi col senno di poi ho capito la motivazione: il dipartimento aveva scelto una linea di ricerca diversa per quell´anno: ovvero il mio argomento non era di interesse per quell´anno. Questo significa che ho partecipato ad un concorso pubblico in cui palentologi, sedimentologi e geofisici erano insieme, e si sapeva apriori che bisognava puntare su sedimentologia prima della redazione del concorso. Questa é la perversione italiana: sostanzialmente, si fanno concorsi promiscui con diversi ricercatori provenienti da diverse aree, per far finta di essere oggettivi, e al contempo, si sa benissimo la linea di ricerca del dipartimento per quel quinquennio. Sostanzialmente non permettono di esplicitare le direzioni di ricerca e si fa finta di essere allegramente meritocratici. A questo punto direi che sarebbe meglio selezionare per coptazione i candidati, e far si che siano i docenti a decidere quali ricerche effettuare. 
Tutti i sistemi delle graduatorie sono cazzate. Io ho prvoato recentemente un post doc a Roma, mi hanno valutato il mio dottorato con zero punti, e mi hanno escluso dal concorso. Ora possono mettere tutti i sistemi oggettivi che vogliono, ma il modo di assegnare i punti rimane e rimarrá arbitrario. E per ovviare i problemi dei ricorsi fanno in modo di escluderti alla preselezione.

 

Poi per concludere in bellezza. Sarei per abolire i corsi di dottorato in Sociologia, perché non vedo che persone con temi di ricerca assolutamente idioti e fuori dal mondo, totalmente inutili fare i dottorati: sprechi di risorse inani, ma questo é il mio dente avvelenato dopo aver scoperto quel tema di dottorato che ho allegramente postato.

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18 minutes ago, AndrejMolov89 said:

Sarei per abolire i corsi di dottorato in Sociologia, perché non vedo che persone con temi di ricerca assolutamente idioti e fuori dal mondo, totalmente inutili fare i dottorati: sprechi di risorse inani, ma questo é il mio dente avvelenato dopo aver scoperto quel tema di dottorato che ho allegramente postato.

Il nostro comune conoscente è un genio della paraculaggine, siamo tutti troppo riservati anche solo per immaginare di fare quel che ha fatto lui :D oltretutto il ragazzo è riuscito ad ottenere 3 lauree magistrali diverse in 5 anni...quasi sicuramente molti esami rientravano in settori scientifico disciplinari comuni ai 3 corsi di laurea, ma lode all'ingegno.

Il mio progetto di dottorato (quello per cui poi m'hanno escluso...sono arrivato decimo o undicesimo su sei posti) riguardava A. N. Whitehead, un piacevolissimo filosofo ed epistemologo inglese del primo novecento sconosciuto ai più, e mi chiedo talvolta se dedicarvi tre anni di energie sarebbe stato più o meno idiota che occuparmi di sessualità kinky.

52 minutes ago, Bloodstar said:

Un ricercatore post-doc che incontrai mentre fuggivo dalla Francia si lamentava del fatto che il suo dipartimento, a Milano, dilapidava somme considerevoli per finanziare ricerche sulla rave culture berlinese e non finanziava adeguatamente studi sulla sociologia del lavoro.

Capisco la frustrazione, magari per i relatori occuparsi di kinky gay sex o di rave culture potrebbe portare a qualche pubblicazione digeribile anche per un pubblico un po' più vasto di quello accademico, ed idealmente favorire una comprensione più allargata di fenomeni che l'occidentale medio non conosce affatto (a meno che non frequenti il nostro forum s'intende)...ma è solo una mia congettura.

39 minutes ago, AndrejMolov89 said:

Questa é la perversione italiana: sostanzialmente, si fanno concorsi promiscui con diversi ricercatori provenienti da diverse aree, per far finta di essere oggettivi, e al contempo, si sa benissimo la linea di ricerca del dipartimento per quel quinquennio. Sostanzialmente non permettono di esplicitare le direzioni di ricerca e si fa finta di essere allegramente meritocratici.

Vero; io trovo che se i dipartimenti esplicitassero la linea di ricerca per quel tal ciclo di dottorato pure i laureati saprebbero verso quale Ateneo indirizzarsi...perché sennò come dici tu questa presupposta "oggettività" diventa una foglia di fico.

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1 hour ago, AndrejMolov89 said:

Poi per concludere in bellezza. Sarei per abolire i corsi di dottorato in Sociologia, perché non vedo che persone con temi di ricerca assolutamente idioti e fuori dal mondo, totalmente inutili fare i dottorati: sprechi di risorse inani, ma questo é il mio dente avvelenato dopo aver scoperto quel tema di dottorato che ho allegramente postato.

In un certo senso tutti i dottorati umanistici sono futili. Le mie linee di ricerca andrebbero a toccare o la letteratura di consumo italiana di fine '800, oppure la vita di un esploratore italiano fallito... stiamo parlando di cose completamente scollegate dalla realità e non spendibili nel mondo reale, forse pure peggio di una ricerca sui kinky o i rave.

Il fatto che passerei molto tempo in biblioteche polverose leggendo roba di 150 anni fa non renderebbe meno inutile il mio lavoro.

1 hour ago, AndrejMolov89 said:

Motivazioni del cazzo

Già. Bandi fumosi uniti a burocrazia fuori controllo creano delle situazioni da "vale tutto". Gente che voleva entrare a un dottorato in antropologia alla Sapienza mi ha raccontato dei veri e propri assurdi logici spacciati per valutazioni trasparenti. I grandi feticci: l'oggettività e la trasparenza. 

 

20 minutes ago, schopy said:

i laureati saprebbero verso quale Ateneo indirizzarsi

L'unico consiglio sensato che mi diede la mia relatrice in merito fu: tenta il dottorato in più università possibili. Praticamente significa: spara nel mucchio alla cieca, forse riesci a pigliare qualcosa. Anche per questo ho evitato di provarci fino ad ora. 

La prospettiva migliore è fare un dottorato in un posto a cazzo in cui si è entrati perché quell'anno c'era nell'aria un progetto vagamente in linea con proprie ricerche (o perché banalmente c'erano meno candidati del previsto).

E' uno spreco di tempo e risorse enorme.

Edited by Bloodstar
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9 minutes ago, Bloodstar said:

L'unico consiglio sensato che mi diede la mia relatrice in merito fu: tenta il dottorato in più università possibili. Praticamente significa: spara nel mucchio alla cieca, forse riesci a pigliare qualcosa. Anche per questo ho evitato di provarci fino ad ora. 

D'altro canto vale (quasi) lo stesso per la ricerca di un lavoro qualsiasi 😄 è utopico pensare che tutto andrà subito bene perché sei bravo (non dubito tu lo sia).

Poi certo, esistono quei problemi strutturali per cui il neolaureato non sa nemmeno bene verso dove indirizzarsi.

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da me ci si accorda. Il concorso è una buffonata perché, durante la tesi magistrale, gli studenti interessati al dottorato si accordano coi docenti e quindi passano avanti a tutti. Quindi il tutto viene deciso ancor prima di iniziare. Nel mio ateneo, funziona così sia a biologia che a chimica e me lo ha confermato pure una prof di biologia e un dottorando di chimica. La prof in questione, per giustificare il tutto, disse: "è noormale che un prof si scelga il dottorando. Devi passarci 3 anni della tua vita e lavorarci assieme tutti i giorni, quindi è logico che il prof si scega una persona che conosca già; quindi, se volete fare il dottorato, iniziate già ora ad adocchiare un prof" (con lei avevo molta confidenza, per questo mi ha detto ste cose).

Il dottorando di chimica, invece, mi disse che, si, il concorso è una buffonata e che se volevo iniziare un dottorato, dovevo dirlo al prof in questione almeno 6 mesi prima della mia laurea. Lui disse al suo attuale relatore che sarebbe rimasto a genova solo se fosse stato lui a seguirlo e solo se avesse avuto una  borsa.

@blaabaer hai ragione che il mio discorso è da prendere con le pinze perché io ho fatto un discorso su base teorica. In italia regna lo sfruttamento e in qualunque lavoro vieni visto come "appassionato" se fai più ore dell'orologio e come "scansafatiche" se lavori le tue ore, quindi figuriamoci che cosa potrà mai accadere a un povero dottorando che non ha un numero di ore entro cui deve lavorare e che non viene riconosciuto come lavoratore.

Qui in italia pare ci sia una perenne rincorsa alle pubblicazioni, quindi è ovvio che prima finisci e prima scrivi; però, per finire prima, devi dedicare più tempo al lavoro che alla tua vita.

Prima mi interessava l'idea di fare il dottorato e di lavorare in campo accademico, ora non più. Di studiare tutta la vita, guadagnare una miseria, per poi, FORSE, diventare prof. all'età di 40anni, non ne vale proprio la pena.

Edited by Sokka99
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6 hours ago, schopy said:

Nel mio vecchio dipartimento raccomandazioni non ne ho viste; se vi siano dei talenti sopravanzati da laureati mediocri non saprei dirlo, magari non sono molte le occasioni di confronto in cui i talenti possano mettere in luce le loro capacità. Noi italiani dovremmo invece studiare come voi riuscite a finanziare la ricerca, e magari copiarvi un po'.

Anche se non vi sono raccomandazioni il fatto di far diventare professore chi ha studiato e dottorato nella tua universita' indica che non si e' fatto un concorso a cui ha partecipato chiunque da ogni parte del mondo e in cui si e' scelto il migliore tra i candidati. Questo portera' inevitabilmente a una stagnazione nella qualita' della ricerca e dell'universita' stessa.

i finanziamenti nelle uni svizzere arrivano da soldi della nazione e delle regioni.

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12 minutes ago, marco7 said:

il fatto di far diventare professore chi ha studiato e dottorato nella tua universita' indica che non si e' fatto un concorso a cui ha partecipato chiunque da ogni parte del mondo e in cui si e' scelto il migliore tra i candidati. 

Non sempre succede; però se la mobilità in dottorato e ricerca è un pregio, allora vale nei due sensi...anche il laureato italiano che vince il concorso in Svizzera dovrebbe essere felice di lasciare l'ateneo in cui ha studiato...

 

 

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29 minutes ago, Sokka99 said:

Devi passarci 3 anni della tua vita e lavorarci assieme tutti i giorni, quindi è logico che il prof si scega una persona che conosca già

Questa, a quanto so, è una cosa fondamentale in ambiti in cui si lavora a contatto stretto: laboratori e ricerca sul campo. In ambiti in cui le relazioni di lavoro non sono troppo strette se non in alcuni periodi, tipo i dottorati in letteratura, ha un peso relativo.

Lì mediamente contano di più i progetti di ricerca del dipartimento e il modo di inserire il lavoro dei singoli dottorandi all'interno del quadro generale. 

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12 minutes ago, schopy said:

Non sempre succede; però se la mobilità in dottorato e ricerca è un pregio, allora vale nei due sensi...anche il laureato italiano che vince il concorso in Svizzera dovrebbe essere felice di lasciare l'ateneo in cui ha studiato...

Per me la mobilita' non e' un pregio e un valore per se stessa. Un pregio invece e' scegliere il migliore per un dottorato o per diventare professore o postdoc. Solo scegliendo i migliori ci sara' una ricerca migliore per la quale cui tutta la societa' avra' dei benefici.

scegliendo quelli del proprio entourage invece ci sara' un'universita' fine a se stessa impegnata solo a servire se stessa e non a migliorarsi.

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50 minutes ago, schopy said:

D'altro canto vale (quasi) lo stesso per la ricerca di un lavoro qualsiasi 😄 è utopico pensare che tutto andrà subito bene perché sei bravo (non dubito tu lo sia).

In realtà non sono nemmeno così bravo, mi mancano molte abilità che sono importanti per uno che voglia fare ricerca nel mio campo. 

Il punto è che un dottorato in Italia non è un lavoro qualsiasi. Perché ti pagano molto poco per lavorare un sacco e senza avere alcuna prospettiva oltre i 3 anni. 

Quindi andare a tentoni, col rischio di entrare a caso in un dipartimento a caso che non ha i mezzi o l'intenzione di supportare la tua ricerca, ha poco senso. 

Considerando quanti pochi soldi ci sono, per non far dilapidare energie alla gente e alle facoltà bisognerebbe puntare su una selezione chiara e spietata in entrata.

Ti interessa la storia degli Stati Uniti? Sai che il dottoraro puoi realisticamente farlo solo nei dipartimenti di storia e scienze politiche di (la butto lì) Modena, Pavia e Bari, ché lì si occupano di USA. Cazzi tua se non entri in questi tre posti.

 

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2 hours ago, Bloodstar said:

inutile che pigli per il culo, per me avere ancora sul groppone un mese di iscrizione al conservatorio è stato un problema da gestire.

veramente non lo stavo facendo affatto; anzi, ero rimasto basito per l'assurdità della cosa..

se poi te c'hai la coda di paglia, problema tuo

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AndrejMolov89
1 hour ago, schopy said:

 

Il nostro comune conoscente è un genio della paraculaggine, siamo tutti troppo riservati anche solo per immaginare di fare quel che ha fatto lui :D oltretutto il ragazzo è riuscito ad ottenere 3 lauree magistrali diverse in 5 anni...quasi sicuramente molti esami rientravano in settori scientifico disciplinari comuni ai 3 corsi di laurea, ma lode all'ingegno.

Il mio progetto di dottorato (quello per cui poi m'hanno escluso...sono arrivato decimo o undicesimo su sei posti) riguardava A. N. Whitehead, un piacevolissimo filosofo ed epistemologo inglese del primo novecento sconosciuto ai più, e mi chiedo talvolta se dedicarvi tre anni di energie sarebbe stato più o meno idiota che occuparmi di sessualità kinky.

Capisco la frustrazione, magari per i relatori occuparsi di kinky gay sex o di rave culture potrebbe portare a qualche pubblicazione digeribile anche per un pubblico un po' più vasto di quello accademico, ed idealmente favorire una comprensione più allargata di fenomeni che l'occidentale medio non conosce affatto (a meno che non frequenti il nostro forum s'intende)...ma è solo una mia congettura.

Vero; io trovo che se i dipartimenti esplicitassero la linea di ricerca per quel tal ciclo di dottorato pure i laureati saprebbero verso quale Ateneo indirizzarsi...perché sennò come dici tu questa presupposta "oggettività" diventa una foglia di fico.

No, non lode all´ingegno. Semplicemente ci sono alcune aree dell´universitá che sono completamente dei carrozzoni che non hanno sistemi di controllo. Nulla contro alla ricerca in campo umanistico, ma se bisogna finanziare alcuni progetti del genere per essere maggiormente pop, mi dá noia.

 

1 hour ago, Bloodstar said:

1) In un certo senso tutti i dottorati umanistici sono futili. Le mie linee di ricerca andrebbero a toccare o la letteratura di consumo italiana di fine '800, oppure la vita di un esploratore italiano fallito... stiamo parlando di cose completamente scollegate dalla realità e non spendibili nel mondo reale, forse pure peggio di una ricerca sui kinky o i rave.

Il fatto che passerei molto tempo in biblioteche polverose leggendo roba di 150 anni fa non renderebbe meno inutile il mio lavoro.

Già. Bandi fumosi uniti a burocrazia fuori controllo creano delle situazioni da "vale tutto". Gente che voleva entrare a un dottorato in antropologia alla Sapienza mi ha raccontato dei veri e propri assurdi logici spacciati per valutazioni trasparenti. I grandi feticci: l'oggettività e la trasparenza. 

 

L'unico consiglio sensato che mi diede la mia relatrice in merito fu: tenta il dottorato in più università possibili. Praticamente significa: spara nel mucchio alla cieca, forse riesci a pigliare qualcosa. Anche per questo ho evitato di provarci fino ad ora. 

La prospettiva migliore è fare un dottorato in un posto a cazzo in cui si è entrati perché quell'anno c'era nell'aria un progetto vagamente in linea con proprie ricerche (o perché banalmente c'erano meno candidati del previsto).

E' uno spreco di tempo e risorse enorme.

 Il tema del dottorato non é importante in sé e per sé. E´ il metodo con cui si conduce la ricerca ad esserlo. Magari parlare di crosta archeana non é utile in termini produttivi, ma se dico che ho studiato questo problema usando strumenti informatici, e ho ampliato il pool metodologico per svolgere ricerca che puo´ essere applicata altrove é lodevole. Il punto fondamentale é che la ricerca in campo umanistico - in Italia- é ferma ad un idea storicista ed idealista. Quindi magari le potenzialitá di un dottorato in lettere non vengono pienamente sfruttate e ci si ritrova a fare qualcosa di assolutamente controproducente per sé stessi. Per esempio mi é capitata una discussione surreale con uno che si vantava di aver tradotto Tuclide per capire meglio la citazione usata da un filosofo americano, usandolo come qualitá per distinguersi positivamente dagli americani considerati idioti. Alla mia domanda: era necessario che tu traducessi tutto tuclide per il tuo percorso di ricerca? ed é la tua traduzione migliore di quelle 9000 pre-esistenti e ha permesso nuove sfumature di emergere? Non mi ha risposto.
In ogni caso il mio consiglio é sempre il solito: avere le idee chiare sin dall´inizio. Molte persone iniziano un dottorato senza sapere che scopo ha nella sua vita, e soprattutto senza avere una chiara idea di come funzioni l´ecosistema accademico. L´ecosistema accademico é la cosa piu´ inefficiente partorita dalla mente umana: unisce tutti i lati distorsivi di una azienda, e li unisce al mondo fumoso accademico, generando una sorta di mostro incestuoso ed orrendo privo di significato.



La questione é la seguente: le universitá imho collaseranno inevitabilmente. Prima cosa i docenti sono imprigionati in una selva burocratica, la maggior parte delle risorse viene investita in personale amministrativo e legale, e sostanzialmente l´idea che una persona deve ipotecare 20 anni della propria vita prima di avere una posizione permanente é di fatto poco appealing. Le persone veramente brave se ne vanno dall´universitá perché primo hanno il 99% di possibilitá di non diventare professore, secondo, anche se volessero provarci, gli stati hanno messo anche un limite di tempo per essere un dottorando/post doc. Cioé dopo 6 anni sei fuori da tutti i canali. Bella roba, eh.
 

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3 hours ago, Bloodstar said:

Dove hai fatto tu il dottorato, non c'erano attività di formazione per un lavoro extra-accademico?

Io mi sto mezzo informando sul dottorato in Francia e, accanto a tutto quello che hai detto tu, sono previste anche ore di formazione per andare a fare l'insegnante nella scuola superiore, o il ricercatore dentro qualche museo, o per buttarsi nell'editoria etc.

progetti come quelli a cui alludi non ce n'erano sicuramente. Però l'università è storicamente partner di alcune aziende (es. nel petrolio) che prendon su apprendisti tramite programmi appositi per chi ha appena finito il dottorato. Là dipende dal tuo ramo, per me non c'era proprio niente

3 hours ago, Bloodstar said:

Quindi si tendono sempre e comunque a prediligere le logiche spartitorie (io metto qui un mio uomo, tu ne metti lì uno tuo, per non pestarci i piedi) al miglioramento del dipartimento.

neanche questa è una prerogativa italiana

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1 hour ago, AndrejMolov89 said:

Il punto sostanziale é che quando fai un dottorato sei in balia di te stesso, e fidati, molte volte senza un supervisore che ti aiuta a dare un ritmo ti ritrovi una vita completamente disordinata. Inoltre, se devi impararti da solo quel che ti serve per proseguire nell´attivitá di ricerca lavori anche 14 ore al giorno 7/7

Questa è una grande verità: l'ideale sarebbe la possibilità di svolgere un'attività di ricerca in modo rilassato, indipendente e potendo contare sulla collaborazione del gruppo.
La realtà di molti gruppi di ricerca è che sono guidati da persone che non sanno o non vogliono fare management in modo corretto e va tutto in merda

1 hour ago, AndrejMolov89 said:

non puoi auspicare di avere un posto fisso quando vuoi, sostanzialmente sei un nomade per gran parte degli anni ruggenti della tua vita. Io non posso neppure immaginare di avere una casa da arreddare come voglio perché so che dopo due anni potrei andarmene a meno di fare la scelta della vita e stanziarmi con un altro lavoro fuori dall´universitá.

Tutto verissimo. Quella del nomadismo precario è una cosa che prima di cominciare il dottorato in un certo modo sai ma della quale non ti rendi davvero conto.

Noi stiamo in Germania da agosto dell'anno scorso, non abbiamo comprato un divano, metà pareti sono completamente disadorne e abbiamo ancora un buon 20% delle nostre cose in scatoloni.

2 hours ago, AndrejMolov89 said:

Oggettivamente, fanno dei concorsi per assumere chi vogliono. CHE E´ GIUSTO. Semplicemente siccome all´interno delle universitá italiane ci sono corporazioni e spesso si mettevano i nepotini, si é deciso di passare ad una sorta di mostro burocratico che é talmente incontrollabile che alla fine dei salmi si hanno le stesse logiche.

anche questo va tenuto in conto quando si parla di procedure di selezione (e nemmeno questa è una cosa solo italiana): a volte un gruppo di ricerca ha bisogno di assumere precisamente una persona in particolare - perché si sa che è qualificata per svolgere un certo lavoro - ma l'unica via è quella di bandire un concorso. Una perdita di tempo per tutti.

Però è un problema che riguarda più che altro i ricercatori ad uno stadio più avanzato nella carriera accademica, e molto meno chi vuole cominciare un dottorato.

1 hour ago, AndrejMolov89 said:

si fanno concorsi promiscui con diversi ricercatori provenienti da diverse aree, per far finta di essere oggettivi, e al contempo, si sa benissimo la linea di ricerca del dipartimento per quel quinquennio. Sostanzialmente non permettono di esplicitare le direzioni di ricerca e si fa finta di essere allegramente meritocratici. A questo punto direi che sarebbe meglio selezionare per coptazione i candidati, e far si che siano i docenti a decidere quali ricerche effettuare. 

questa è una carognata

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23 minutes ago, Bloodstar said:

L'unico consiglio sensato che mi diede la mia relatrice in merito fu: tenta il dottorato in più università possibili. Praticamente significa: spara nel mucchio alla cieca, forse riesci a pigliare qualcosa. Anche per questo ho evitato di provarci fino ad ora. 

E' un atteggiamento del tutto anti-economico.

In realtà è un consiglio validissimo. L'autonomia di far ricerca su quello che vuoi è una cosa che di solito si ottiene gradualmente: da studente di dottorato ne hai poca, da postdoc di più, eccetera. A me hanno sempre detto apply wherever you wouldn't say no if they offered you a job

--

9 hours ago, marco7 said:

Se sei veramente bravo (e con veramente bravo intendo forse uno su 10'000 dottorandi) le universita' o gli istituti di ricerca vengono a cercarti e ti offrono un tuo gruppo di ricerca o di iniziare la carriera di professore da loro.

ho degli esempi di italiani che sono stati contattati direttamente da centri di ricerca svizzeri e hanno fatto la loro bella carriera [...]

questa gente non ha avuto il problema di mandare i CV e le lettere per cercar dove andare perche' e' stata contattata lei da chi li voleva. Se hanno accettato di venire in svizzera e' perche' la svizzera da loro condizioni per continuare le loro ricerche che l'italia non da loro.

In italia verrebbero ostacolati dai ricercatori mediocri che fanno carriera per anzianita' e amicizie e che non permettono a quelli bravi di essere valorizzati, oltre che dai mezzi materiali minori che le universita' italiane hanno rispetto agli altri paesi 'ricchi'.

vorrei aggiungere delle sfumature a quello che racconti, che è sicuramente una valida testimonianza ma scritta così mi sembra che possa dare delle idee non realistiche o perlomeno molto parziali su come funzioni la carriera accademica

gli istituti di ricerca non vengono mai a cercarti. Semmai sono i singoli gruppi di ricerca all'interno di un istituto che possono essere interessati a te

se sono interessati a te è perché ti conoscono, perché nel tuo ambiente ti sei fatto conoscere tramite le tue pubblicazioni e la partecipazione a conferenze. Normalmente comunque non è che una mattina si svegliano e dicono, ehi mi servirebbe una persona intelligentissima, chiamiamo blaabaer (lol) e offriamogli un lavoro. No, molto più banalmente un ricercatore in gamba che si è costruito una larga rete di collaborazioni è in contatto con molti istituti e quindi le possibilità vengono discusse in anticipo (s'apre una posizione l'anno prossimo, cose così)

la possibilità di fare carriera, di essere considerati, eccetera comunque dipende da molti fattori e non solo dall'essere "veramente bravi". Faccio un esempio a caso: tu con la tua ricerca diventi un esperto in qualcosa; puoi essere anche "bravissimo" ma se poi non ci sono gruppi di ricerca che fanno ricerca in quel qualcosa, o se ce ne sono pochissimi, la tua carriera più o meno finisce o ti devi reinventare in qualche modo

viceversa conosco persone che non sono scarse ma neanche dei geni che sono andate avanti con la carriera per il semplice motivo di essersi trovati al posto giusto nel momento giusto

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2 minutes ago, freedog said:

veramente non lo stavo facendo affatto; anzi, ero rimasto basito per l'assurdità della cosa..

se poi te c'hai la coda di paglia, problema tuo

Pensavo fosse una perculata poco brillante. Comunque sì, è una regola completamente assurda e inutilmente castrante. 

3 minutes ago, AndrejMolov89 said:

E´ il metodo con cui si conduce la ricerca ad esserlo.

Tu stai ragionando da scienziato, temo. Cioè, molte delle nuove frontiere della metodologia di ricerca in ambito umanistico sono proprio quelle paraculate tipo gli studi (auto)etnografici. 

La mia metodologia di ricerca (cioè, la metodologia che ho scelto di seguire e che ho aggiustato per trattare alcuni determinati argomenti) incentrata sulla multidisciplinarietà e sull'uso delle interazioni fra discipline ha una qualche applicazione nel mondo reale? No, non ce l'ha, è una polverosa speculazione come tante. 

Avrebbe (forse) senso se ci fosse la possibilità di raccordare questo tipo di approccio alla ricerca con l'insegnamento umanistico nelle scuole superiori, ad esempio. Ma sappiamo che non è una cosa che si fa.

5 minutes ago, blaabaer said:

L'autonomia di far ricerca su quello che vuoi è una cosa che di solito si ottiene gradualmente: da studente di dottorato ne hai poca, da postdoc di più, eccetera.

Ma il problema è che in Italia resti comunque legato al tuo progetto.

Io sarei contentissimo di potermi accodare a dei progetti già in essere e di dedicarmi a una piccola parte di essi, anche se questa non collima esattamente con ciò che ho studiato fino ad ora. 

Però, almeno in ambito umanistisco, i dipartimenti non palesano minimamente i loro piani di ricerca. Uno si presenta alla cieca. Magari viene preso, poi, però non è affatto detto che il suo progetto (che magari alla lontana rientra nell'alveo della linea comune del dipartimento però non abbastanza) poi sia minimamente supportato. 

Magari entri, ti fai un culo così per essere un bravo dottorando, ma poi col tuo progetto fuori fase resti un "emarginato".

Ci vuole un grande culo o una grande lungimiranza per occuparsi della cosa giusta nel giusto dipartimento. E quindi inserirsi nella corrente della ricerca.

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1 hour ago, Sokka99 said:

La prof in questione, per giustificare il tutto, disse: "è noormale che un prof si scelga il dottorando. Devi passarci 3 anni della tua vita e lavorarci assieme tutti i giorni, quindi è logico che il prof si scega una persona che conosca già; quindi, se volete fare il dottorato, iniziate già ora ad adocchiare un prof" (con lei avevo molta confidenza, per questo mi ha detto ste cose).

è vero. Non è nemmeno un discorso sbagliato in sé, è che appunto non si concilia benissimo con il sistema dei concorsi.

Ma è pure la scoperta dell'acqua calda, nel senso, quando mandi il tuo cv e la lettera di presentazione devi allegare delle referenze - le persone con le quali hai lavorato - e se sei all'inizio della carriera queste persone sono nel 99% dei casi i tuoi relatori della magistrale

1 hour ago, Sokka99 said:

Qui in italia pare ci sia una perenne rincorsa alle pubblicazioni, quindi è ovvio che prima finisci e prima scrivi; però, per finire prima, devi dedicare più tempo al lavoro che alla tua vita.

anche questa ovviamente non è una cosa solo italiana

1 hour ago, Sokka99 said:

Prima mi interessava l'idea di fare il dottorato e di lavorare in campo accademico, ora non più. Di studiare tutta la vita, guadagnare una miseria, per poi, FORSE, diventare prof. all'età di 40anni, non ne vale proprio la pena.

secondo me il punto è che bisogna avere delle aspettative ragionevoli.

un dottorato non lo si fa solo perché è un passo obbligatorio per conseguire una carriera accademica. Ovvio che se uno va a impegolarsi in un ambito del tutto teorico, autoreferenziale e senza collegamenti con il resto del mondo del lavoro (tipo me), è facile finire in un vicolo cieco in cui o ricominci da zero (ma a trent'anni) o sei costretto a continuare con la carriera accademica

ci sono posti in cui il dottorato non paga così male. In Italia mi pare siano 1100-1200 euro netti al mese. A me l'ultimo anno pagavano l'equivalente di circa 2800 euro al mese netti, più una sorta di tredicesima e quattordicesima, ossia infine quasi tre volte tanto. (Sì, Bergen è più cara di Padova, ma non il triplo!)

il problema non è studiare tutta la vita - perché alla fine il lavoro di ricerca non è proprio di studio - né in fin dei conti lo stipendio (non è che il ricercatore se la passi tanto peggio di molti altri impieghi). Il problema è la precarietà, il fatto che se vuoi continuare nella ricerca sei costretto a traslocare continuamente ovunque nel mondo, non hai certezze, sei in balia della corrente. La precarietà di questi tempi la soffrono in molti, quella dei ricercatori secondo me ha un sapore un po' diverso perché nella ricerca uno in genere ci investe tantissimo. Fai un dottorato (3-4 anni), fai un postdoc (un anno), fai un altro postdoc (2 anni), ma al terzo postdoc qualcosa non va, la ricerca si inceppa, il progetto non ha successo e hai un buco di due anni nel cv senza pubblicazioni, oppure non riesci a partecipare a conferenze e la gente si dimentica di te: game over. Perché tu fai il tuo lavoro benissimo ma come te tanti altri

L'esempio sopra sicuramente non è la realtà di tutti ma non è nemmeno estremo

secondo me partire col dottorato con l'obiettivo di diventare professori è proprio sbagliato di per sé. Si fa un dottorato, si cerca di tenere aperte più porte possibili, e poi si vede quello che succede.

21 minutes ago, Bloodstar said:

Ci vuole un grande culo o una grande lungimiranza per occuparsi della cosa giusta nel giusto dipartimento.

sì! Il fattore culo conta molto più di quello che ci faccia piacere ammettere

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@blaabaer

avevo premesso che gli esempi che portavo riguardano riguardano un dottorando su diecimila.

Ho ripensato all' 'essere veramente bravo': due degli esempi che ho portato hanno fatto qualcosa che era la prima volta al mondo che veniva fatta. Sono stati poi richiesti proprio per questo e non perche' si inserivano bene in un gruppo di ricerca gia' esistente. Quando quel matematico italiano a zurigo vinse il suo famoso premio mondiale gli venne chiesto come mai gli fu dato a lui quel premio rispose proprio che e' perche' ha fatto qualcosa che nessuno prima di lui aveva mai fatto.

il medico romano chiamato a bellinzona in un'intervista riporto' che fu chiamato per formare un gruppo nuovo di ricerca a bellinzona perche' un oncologo ticinese che sopravisionava il nuovo centro biologico a bellinzona sapeva dei suoi studi a roma e lo chiamo' personalmente.

anche su questo forum c'era un utente che si chiama losvedese e che ha raccontato che era indeciso se iniziare un dottorato o se entrare a lavorare nell'industria. Era un italiano in giappone e la mitsubischi (credo) lo contatto' tre volte perche' volevano proprio lui. Le prime due volte lui addirittura non rispose alle loro sollecitazioni perche' era indeciso, ma lo contattarono ancora loro una terza volta prima che lui ebbe un colloquio con loro.

se sei veramente bravo, ti contattano gli altri, se sei un pochino meno bravo un posto lo trovi di sicuro.

il problema e' pero' che la maggior parte della gente sta nella media e questi devono arrancare per sopravvivere.

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