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La psicologia


nulla

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Non sbagli, Nihil.Uno psico-qualsiasi-cosa deve a sua volta obbligatoriamente fare alcuni anni (non ricordo esattamente quanti e come) di psicanalisi, non solo nel senso di praticantato ma proprio nel senso che si sottopone egli stesso a una terapia proprio per appurare la sua idoneità alla professione.Ciò non toglie che le pecore nere possano esistere in questa come in qualsiasi altra categoria professionale.

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senza dubbioma se dovessi immaginare una pecora nera nel ramosenz'altro mancherebbenell'entusiasmo lavorativoe nelle motivazionie non certo nella professionalita'almeno questo e' quello che ho sempre riscontratoe che mi porta ad essere cosi scetticonei confronti della storiella qui sopra narrata :look:mha saluti scappo all'anima a copulare XDDD :look:

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  • 2 years later...
Guest Staralfur_84

in questo topic si è parlato tanto ma poco di esperienze personali..

 

io sono in terapia da uno psicologo, e per mia fortuna credo di aver trovato persone in gamba.. a dispetto di tante storie scritte anche qui di professionisti che il proprio lavoro non lo sanno fare.

 

la mia esperienza ha avuto alti e bassi.. è un percorso ad ostacoli dove ci possono anche essere momenti in cui si sta male, non ci si sente aiutati e si ha la tentazione di voler mollare tutto.

 

c'è anche da dire che io seguo un orientamento che non lavora con la diagnosi.. rispetto ad altri che ti bollano in qualche modo: disturbo della personalità, ansia tot tipo, depressione tot tipo ecc.. gabbie rassicuranti in cui ti infili e ci stai bello comodo. invece dove vado io questo non lo fanno.. e alle volte è anche un pò disorientante, devi affrontare tutte le tue paure senza avere sotto di te il bel cuscino dove ti puoi sempre riappoggiare. dall'altro è anche rassicurante.. non ti fanno sentire un "malato" di qualche tipo di disturbo.

 

altro fattore secondo me importante è il mondo che ti circonda, gli amici e gli affetti: il percorso di terapia è una cosa intensa e dolorosa, il cui obiettivo è quello di spogliarti delle difese inutili che ci portiamo dietro, e ci sono momenti in cui quando le difese si abbassano dove ci possiamo sentire fragili o avere paura e voler scappare. avere vicino delle persone che provino a capirti, sostenerti e a darti fiducia è una cosa molto importante..

Spesso c'è molta ignoranza sul tema.. per esempio mi sono sentito dire: secondo me non ti serve la terapia, puoi trovare altrove quello di cui hai bisogno; oppure amici che non mi hanno neanche chiesto come mai ho preso la decisione di andarci; oppure, secondo me esageri -.-''; insomma sostegno zero!

alle volte diventa un vero è proprio coming out.. con tutte le paure che ne conseguono.

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Io ho conosciuto... quattro, sì, quattro psicologi e due psichiatri. Degli psicologi solo uno mi è stato utile, ma disgraziatamente ho dovuto interrompere la terapia proprio con lui. Gli altri sono stati utili solo nella misura in cui parlando con loro potevo dire qualunque cosa, ma per lo più sono stati superflui. Degli psichiatri, uno si è limitato a prescrivermi dei farmaci; con l'altro invece ho avuto anche poche ma significative discussioni che mi sono servite.

Ora che non ricorro più a nessuno dei due, ho l'impressione che mi abbiano fatto più bene i farmaci che gli psicologi.

 

Se parliamo di psicologia in generale, invece, semplicemente non la considero una scienza. Al più una specie di arte, una pratica simile alla medicina, ma di "scienza psicologica" per me non si parla mai o quasi.

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dopo aver passato le ultime ore a leggere i vecchi topic, vorrei chiedervi qual'è il vostro rapporto con questi professionisti, diverse volte nei vari topic è stato toccato l'argomento ma non se n'è mai parlato in maniera organica (o quanto meno se lo avete fatto mi è sfuggito il topic  :D ). Ho visto che ci sono diversi studenti di psicologia nel foro, mi piacerebbe avere un commento anche da loro. Cosa fa di preciso uno psicologo? Ad esser sincero ancora non l'ho capito, di definizioni ne ho trovate tante, ma mi sfugge cosa possa fare concretamente per una persona che sta male. Puo' uno psicologo cane rovinare una persona invece che aiutarla? Come si dovrebbe scegliere uno psicologo?

grazie a chiunque vorrà condividere le sue esperienze!

 

alla facoltà di scienze motorie che ho seguito per primi 2 anni ma che non ho finito per motivi lavorativi molto più convenienti ho fatto degli esami relativi a psiiologia e pedagogia, la mia più cara amica è psicologa e dallo psicologo ci sono andato per 2 mesi buttando un bel po di soldi...  :asd:

 

in generale posso dirti che andare dallo psicologo a me PAOLO non è servito a una mazza... . Andavo da lui parlavamo e alla fine lo riempivo di domande e con la mia esuberanza lo tempestavo di domande... . Certo io sono uno che ragiona molto e che trova sempre da solo le soluzioni ai propri problemi o incertezze però nel complesso posso dirti che in base all'esperienza che ho avuto è stato come parlare ad un amico... e quindi... smisi di andarci.

 

Possono rovinare la vita dei pazienti? Dipende... quando gli dissi al mio ex psicologo che ero omosessuale e che lo avevo capito da relativamente poco tempo lui cominciò a cercare di guarirmi perché in fondo non sembro gay, non vesto gay e non parlo gay... . Insomma aveva frainteso la mia paura di voler essere libero  e resettare la mia vita da finto etero per un'incertezza diciamo "sbandata" dovuta a una paura intrinseca delle donne... . mah...

:D:asd::D

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premesso che io ho studiato psicologia a livello personale e scolastico, in quanto mi attrae da sempre, credo che a volte gli psicologi non offrano soluzioni a problemi, ma involontariamente possano crearne... ci sono persone che vanno dallo psicologo per mesi, anni per avere delle soluzioni relative a dei problemi personali. soluzioni che spesso trovano. ma a volte possono anche non trovare ciò che cercano nello psicologo, ovvero un aiuto. un supporto. a volte può esserti di aiuto più un estraneo che conosci a malapena, oppure un  amico o anche un parente, piuttosto che uno psicologo. riguardo al tema dell'omosessualità, alcuni psicologi la vedono come una fase, altri come un problema, altri come una "malattia", rifacendosi alla scuola di pensiero dello psicoterapeuta Nicolosi che sostiene di guarire le persone dall'omosessualità con la famosa "terapia riparativa", altri invece vedono l'omosessualità per quello che è veramente e per quello che l'OMS definisce, ovvero una variante naturale della sessualità umana...  :asd:

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Il problema è il cd. "setting" psicoanalitico dell'omosessualità del

paziente. Arrovesciando cioè il discorso consueto il punto è che ci

sono persone che si rivolgono agli psicologi o a psicoterapeuti perchè

vogliono sentirsi dire che la propria omosessualità è una fase, o è qualcosa

di riparabile, oppure pongono una valanga di domande nel presupposto che

la soluzione ai loro problemi stia in una serie di semplici risposte ( il chè

ovviamente può essere vero nella misura in cui il problema sia che si ha

bisogno di parlare con lo psicologo per il fatto che di quella cosa non

si riesce ancora a parlare con gli amici...ed allora lo psicologo si presta a farne

le veci  :asd: Perchè quello è l'unico problema vero )

 

Un buon psicoterapeuta sa, che non deve istituire una relazione di tipo

direttivo ma deve anche evitare il rischio di essere collusivo col paziente.

 

Non è detto in poche parole, qualora dopo pochi colloqui vi siate

convinti che tornare dallo psicologo fosse inutile, che lo psicologo

non abbia fatto un buon lavoro. Tutto sta nel vedere quale fosse

la vostra domanda...

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scusate una cosa, ma lo psicologo non OFFRE soluzioni. intendiamoci, perché non vorrei che traspaia questo "ho un problema, sono a disagio, vado in terapia psicologica e mi aspetto di risolvere". assolutamente no: andare da uno psicologo non è come fare la spesa. per quanto professionista, è pur sempre una persona, e molte cose contano, l'alchimia iniziale, l'empatia, il sentirsi a proprio agio. e in ogni caso, anche trovando il terapeuta che può mettervi in condizioni di parlare (e che non sia condizionato da sentimenti personali come la religione, ad esempio, cosa che tra l'altro è vietata dal codice deontologico in barba ai tanti "psicologi cattolici"), ricordate sempre che il percorso parte e finisce sempre e solo con voi. lo psicologo non farà altro che aiutarvi ad aiutare voi stessi. voglia di fare, in primis, anche una minima scintilla, e poi umanità dall'altra.

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sono discorsi complessi che non si possono facilmente generalizzare

ciò detto ecco che generalizzo subito e dico una cosa un poco tranchant  :D

 

a mio avviso un gay non dovrebbe mai rivolgersi a uno psicologo freudiano

ma, nel caso ne avvertisse la necessità (lui e lui solo, e non i suoi genitori o chiunque altro), a uno junghiano

questo perché è certamente più facile imbattersi in un freudiano che tratterà il tema della (omo)sessualità

in chiave di trauma, rimozione, desideri incestuosi repressi, etc.

 

cito la dichiarazione di Massimo Fagioli, personaggio controverso ma comunque freudiano "tuttodunpezzo" e "celodurista"

arrivò perfino a dire a Radio Radicale non molto tempo fa

che lui non voleva avere nulla a che fare con Jung perché lo considera nazista, enorme bestialità  :D

comunque il personaggio Fagioli, circondato da gurismo e da un culto della personalità imbarazzante,

ha dichiarato che

 

“Secondo me la pulsione omosessuale non esiste, è pulsione di annullamento. Per me il desiderio è solo nel rapporto uomo-donna”; e ancora: “Se uno ha problemi con la propria sessualità. Io devo intervenire. Faccio lo psichiatra. È un dovere d’ufficio”.

 

ora mi pare estremamente chiaro, al di là di una eventuale indagine su cosa egli intenda per "Pulsione di annullamento"

cosa ci si possa aspettare da questo tipo di psicoanalisi

 

gli psicologi junghiani viceversa sono portati ad un'osservazione "neutra" e valorizzante

delle problematiche (anche sessuali) legate al "processo di individuazione" di cui vengono individuate le simbologie e le tracce in ambito onirico

 

 

sono stato chiaro?  :D

lascio ai più esperti di me puntualizzazioni e correzioni eventuali

 

:look:

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La psicanalisi di per sé non prende posizione sull'omosessualità; basti pensare all'influsso che ha avuto Freud sul pensiero di Mario Mieli. Il problema della psicanalisi è un altro: non funziona.

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Distinguiamo i piani, altrimenti si fa confusione.

 

Un discorso sono i ciarlatani che pretendono di convertire i gay

all'eterosessualità, caso limite che neanche Freud avrebbe avallato.

( in quel caso se non si tratta di minori costretti dai genitori sono

  i gay che cercano una "collusione omofoba" con lo psicologo )

 

Altro discorso è cosa pensava Freud dell'omosessualità ed il pericolo

di incappare in un freudiano ortodosso per il setting dell'omosessualità

del paziente. Questo pericolo può essere scongiurato subito da un

paziente adulto gay, che metta bene in chiaro la sua posizione sulla

omosessualità e chieda al terapeuta di fare altrettanto.

 

Discorso parzialmente diverso sono queste personalità "originali" tipo

Fagioli, ma ci sono anche junghiani e lacaniani eretici, che hanno la

pretesa addirittura di avere delle idee tutte loro.

 

Infine, problema del tutto distinto, è stabilire se la psicanalisi funzioni

o meno. Nel caso il paziente gay abbia messo in chiaro che la propria

omosessualità non è il problema da risolvere, ovviamente dobbiamo

supporre non sia stato risolto altro. Bisogna anche chiarire se la domanda

posta dal paziente era una domanda lecita ( la psicanalisi non è buona a

tutto...e per tutti )

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il problema è che esistono omosessuali che vanno dagli psicologi per diventare etero, credendoci realmente. abbiamo visto qualche caso del genere pure qui nel forum.

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si ma il solito annoso problema è che la gente non vuole essere gay per colpa degli altri, non per altri motivi. le persone non vogliono essere gay perché sanno che verranno prese in giro, discriminate, abusate e quant'altro. la psicoterapia, di un buon psicoterapeuta, dovrebbe in questo caso orientarsi non tanto ad un processo di accettazione, quanto ad un percorso che crei l'autostima. non è l'omosessualità il problema: è il non saper reagire alle avversità, siano esse causate da un orientamento sessuale, qualche kg di troppo o un problema di acne.

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...

 

Altro discorso è cosa pensava Freud dell'omosessualità ed il pericolo

di incappare in un freudiano ortodosso per il setting dell'omosessualità

del paziente. Questo pericolo può essere scongiurato subito da un

paziente adulto gay, che metta bene in chiaro la sua posizione sulla

omosessualità e chieda al terapeuta di fare altrettanto.

 

...

 

Ti ringrazio delle precisazioni davvero necessarie.

Vorrei scavare questo aspetto di Freud e l'omosessualità perchè esiste un episodio della sua vita, tenuto in qualche modo nell'oscurità dalla psicoanalisi ufficiale, che però a mio avviso è fondamentale.

Parlo della sua amicizia con il dott. Fliess. Ne “L’interpretazione dei sogni”, Fliess è senza dubbio la persona più citata in assoluto. Freud conobbe Fliess nel 1887: era sposato da poco più di un anno. Fliess si sposò nel 1892. La rottura dell’amicizia cominciò nel 1897: Fliess aveva elaborato una teoria che si basava sull’idea che gli esseri umani fossero basilarmente tutti bisessuali. Freud criticò questa idea apertamente, ed è interessante cosa rispose Fliess alle sue critiche: egli disse che Freud “leggeva i propri pensieri in quelli degli altri”.

Freud compì alcuni sforzi per ripianare i contrasti, arrivando ad offrire la sua collaborazione a Fliess per la scrittura di un saggio sulla bisessualità. Ma Fliess rifiutò. A quel punto accadde un fatto oscuro e spiacevole: alcuni giovani ricercatori della cerchia di Freud pubblicarono un testo in cui venivano espressamente citate alcune idee sulla bisessualità che erano parte delle speculazioni di Fliess e di cui Freud era a conoscenza. Fliess, indignato, accusò Freud di plagio, e di aver apertamente parlato ai suoi allievi delle sue idee. Le repliche di Freud, per quanto apparentemente precise, ammettono in modo reticente e mascherato che egli aveva effettivamente parlato del tema della bisessualità con i suoi discepoli, e ci lasciano il sospetto che egli avesse agito in modo non molto migliore rispetto a quanto paventato dall’ex amico. La rottura fu inevitabile e clamorosa. Freud bruciò le lettere ricevute da Fliess e, dopo la morte di Fliess, dispiegò la massima determinazione possibile per entrare in possesso delle lettere che gli aveva scritto, con il dichiarato intento di distruggerle. Solo l’intervento di Marie Bonaparte, che godeva di immunità diplomatica, riuscì a salvare queste lettere dal destino cui le aveva condannate Freud.

 

Il mio personale sospetto (e non solo il mio...), leggendo questa vicenda in controluce e se vogliamo con le medesime categorie freudiane, è che Freud provasse un amore omosessuale latente verso questo suo amico. La rottura avvenne quando Fliess volle manifestare pubblicamente le sue idee sulla bisessualità, cosa dalla quale Freud (omofobo) dovette sentirsi minacciato. In lui si scatenarono fortissimi impulsi censori (impulsi, curiosamente, di cui egli ha infarcito le sue teorie).

 

Aggiungo, per chi non lo sapesse, che Freud aveva una figlia lesbica, Anna, il cui orientamento sessuale fu tenuto a lungo nascosto.

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Conrad ha ragione.

 

Per la psicoanalisi freudiana l'omosessualità è una malattia: in soldoni, un arresto e una deviazione dello sviluppo

normale della personalità, che si arresta a uno stadio arcaico del suo sviluppo; e questo per chiunque si dica

freudiano, perché questo sta scritto nel cuore del freudismo: l'Edipo.

 

Precisazione: per i discepoli di Fred, vale lo stesso.

 

E' solo con Jung che cessa l'eziologia dell'omosessualità. L'omosessualità è un dato di fatto; la psicoanalisi non ne

ricerca le cause e non ha nulla da dire su di essa.

 

E' una pura illusione credere di poter fare un'analisi senza che la propria omosessualità sua investita dal processo

analitico: quindi chi va da un freudiano anche eterodosso lo fa a suo rischio e pericolo. Io credo che oggi, a

differenza di 20 o 30 anni fa, ci siano freudiani che rispettano l'omosessualità dell'analizzando, 3 su 1000:

ma aspetto di leggere un solo rigo da essi pubblicato in cui si ricusi la teoria freudiana sull'omosessualità.

 

Non lo possono fare, perchè dovrebbero distruggerla fin dalle fondamententa.

 

 

Altro discorso è cosa pensava Freud dell'omosessualità ed il pericolo

di incappare in un freudiano ortodosso per il setting dell'omosessualità

del paziente. Questo pericolo può essere scongiurato subito da un

paziente adulto gay, che metta bene in chiaro la sua posizione sulla

omosessualità e chieda al terapeuta di fare altrettanto.

 

Hai esperienze dirette in proposito, o parli in astratto?

Perché quello che forse vale per una straminima percentuale di analisti tu lo stai presentando

come un dato di fatto. Ti assicuro che non puoi farlo.

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Esiste oramai una discreta bibliografia su psicanalisi e omosessualità

anche a cura di psicanalisti di scuola freudiana il primo libro che mi

viene in mente mi pare si chiami Ipotesi gay, ma ce ne sono altri.

 

In particolare oramai dalla fine degli anni '80 si è formata una nuova

generazione di terapeuti post-freudiani che accogliendo l'idea affermativa

dell'omosessualità hanno svincolato l'orientamento sessuale dalla ricerca

delle cause e quindi dall'edipo ( si ragiona nei termini del piccolo gay e

dello sviluppo della "propria" sessualità: cioè l'Edipo come condizionamento

della sessualità e non dell'orientamento sessuale ) Non dico che non bisogna

stare accorti, tanto è vero che sconsiglierei ragazzini e persone non solide

e diffiderei di terapeuti di vecchia scuola. Ma direi che in 30 anni di passi avanti

se ne siano fatti ( ovviamente il conto dei Freudiani affidabili non c'è...ma non

sono più l'esigua minoranza degli anni '80 )

 

Poi bisogna stare attenti agli "strani" ( informarsi su chi ritiene di avere una

sua teoria o una sua scuola tipo Fagioli anche se sostiene di essere contro il

"freudismo" il chè di fatto non esclude rischi per i gay )

 

Anche alcune teorie di junghiani, pur essendo neutrali rischiano di far danni,

se usate male. L'idea che un omosessuale debba integrare la propria eterosessualità

è neutrale rispetto a quella che l'eterosessuale debba fare il percorso inverso ed integrare

la propria omosessualità. Ma partendo dal presupposto che una omosessualità "fissata" sia

patologica come puoi ben capire risulta di fatto più pericolosa nelle mani di un incapace che

la applichi ad un giovane gay.

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In particolare oramai dalla fine degli anni '80 si è formata una nuova

generazione di terapeuti post-freudiani che accogliendo l'idea affermativa

dell'omosessualità hanno svincolato l'orientamento sessuale dalla ricerca

delle cause e quindi dall'edipo ( si ragiona nei termini del piccolo gay e

dello sviluppo della "propria" sessualità: cioè l'Edipo come condizionamento

della sessualità e non dell'orientamento sessuale )

 

Scusa, ma non capisco che cosa significhi «idea affermativa dell'omosessualità».

Puoi spiegarmi? Di per sé, non significa niente. Come anche svincolare l'Edipo

dall'orientamento sessuale ma tenerlo come condizionante la sessualità: mi sembra

un concetto molto più fumoso e arbitrario dell'Edipo freudiano che almeno ha un significato

ben preciso e a modo suo coerente (anche se sbagliato).

Quanto all'Edipo, per Freud è positivo se è risolto in favore dell'orientamento eterosessuale, è

negativo se è risolto in favore dell'omosessualità.

Questo principio-cardine del freudismo è stato revocato da costoro?

 

Anche alcune teorie di junghiani, pur essendo neutrali rischiano di far danni,

se usate male. L'idea che un omosessuale debba integrare la propria eterosessualità

è neutrale rispetto a quella che l'eterosessuale debba fare il percorso inverso ed integrare

la propria omosessualità. Ma partendo dal presupposto che una omosessualità "fissata" sia

patologica come puoi ben capire risulta di fatto più pericolosa nelle mani di un incapace che

la applichi ad un giovane gay.

 

Tutto usato male può rischiare di far danni: in primis una psicoterapia o un'analisi...

 

Qui bisogna aver chiari i fondamenti in sé delle rispettive teorie. Altrimenti il discorso diventa confusivo.

 

Per Jung uno scopo della terapia è integrare non l'eterosessualità o l'omosessualità, ma il maschile e il femminile.

In particolare l'uomo dovrebbe integrare il proprio femminile, cioè l'Anima.

E' un concetto molto diverso.

Il passaggio di alcuni junghiani da questo principio è all'eterosessualità e all'omosessualità, non alla sola omosessualità;

e "fissato" è ciascuno di questi due orientamenti nella sua forma primaria, basata su un'immagine psichica

di sé ridotta. Ma non è «patologica»: è solo immatura, compulsiva. E lo è se è presentata dall'analizzando come tale e

come fonte di infelicità, malessere e sofferenza. Se non la vivi così nessuno te la tocca

e nessuno junghiano considererà «malati» un etero o un gay fissati.

Per Freud invece l'omosessualità è in sé patologica. Tra l'altro Freud non si preoccupa nemmeno di avere una

fenomenologia dell'omosessualità, perché non l'ha mai neppure studiata: essa è solo il risvolto negativo dell'eterosessualità.

 

Sono differenze capitali.

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Circa le teorie di Schellembaum puoi leggere Tra maschi -

La dinamica nella psiche maschile ( si parla proprio di omosessualità

fissata ed eterosessualità fissata ) non sarebbe facile per me fare un

estratto e sarebbe arbitrario citare una passaggio.

 

E' certamente una lettura interessante ( comunque ho precisato che

si tratterebbe in gran parte di un problema di capacità del terapeuta

quindi non trovo il mio intervento confusivo, era solo per dire che il

messaggio non può essere : Junghiani sì STOP.  Junghiani, sì  ma referenziati

se ovviamente si può scegliere, altrimenti si becca quel che passa il convento

ASL ovvio ) Ma questo non significa affatto equiparare junghiani e freudiani

che nel mio intervento tratto distintamente.

 

Non posso riassumerti facilmente 20 anni di letteratura su psicanalisi e

omosessualità, fra l'altro sono cose lette nel corso degli anni, dovrei

riprenderle in mano etc. etc. Certamente oggi nessun serio psicanalista

sostiene che l'omosessualità sia una malattia e semmai la tesi prevalente

è quella della bisessualità originaria. Certamente nessuno ritiene più a livello

teorico che l'Edipo dovrebbe essere risolto a favore dell'eterosessualità.

Mi sembrano precisazioni per certi versi ovvie, questo di per sè non revoca

problemi e pericoli di altra e più sottile natura, che pure ci sono.

 

L'idea affermativa dell'omosessualità è semplicemente la presa d'atto del

fatto che i gay si affermano come omosessuali, con una loro identità e quindi

nasce il bisogno di trovare strumenti di analisi adeguati a questa realtà storica,

che Freud non poteva avere. Ecco che si comincia a ragionare nei termini della

psicologia e dello sviluppo psicologico infantile, "del gay", il cui orientamento sessuale

viene acquisito come un dato di fatto, superando così l'ipoteca eterosessista.

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Circa le teorie di Schellembaum puoi leggere Tra maschi -

La dinamica nella psiche maschile ( si parla proprio di omosessualità

fissata ed eterosessualità fissata )

 

Lo conosco benissimo, ed è il testo che ho per l'appunto riassunto

spiegando che costui non parla solo di omosessualità fissata, come appariva dal tuo post,

ma di eterosessualità ed omosessualità entrambe fissate.

 

 

Certamente oggi nessun serio psicanalista

sostiene che l'omosessualità sia una malattia e semmai la tesi prevalente

è quella della bisessualità originaria. Certamente nessuno ritiene più a livello

teorico che l'Edipo dovrebbe essere risolto a favore dell'eterosessualità.

 

Dimmi dove questa legione di psicoanalisti freudiani ha scritto queste cose,

dimmi dove l'Edipo è stato criticato e accantonato: nessuno lo ha fatto.

Questo è il punto.

Un omosessuale non si può certo accontentare di una vaghezza come "oggi nessun serio psicoanalista

sosterrebbe...". Ce ne sono migliaia che sostengono il contrario

e con alcuni di essi io ci ho parlato e li conosco.

 

L'ipotesi della bisessualità originaria comunque era di Freud.

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Nel mio intervento io ho scritto chiaramente che la teoria di Schellembaum

è neutrale ed implica un percorso inverso da parte dell'eterosessuale, ho solo

specificato però che può essere più pericolosa per un giovane gay qualora

venga usata da un analista "incapace".

 

Essendo il mio intervento, come i precedenti, volto ad individuare il vero

problema pratico. Cioè il setting analitico dell'omosessualità in un paziente

che abbia dei problemi ( che non si esauriscano nella mera accettazione

di sè ) e debba rivolgersi ad un terapeuta.

 

Freaky, su Lettera ad una madre americana io ti risponderei che è una lettera

che dimostra come Freud fosse contrario alla criminalizzazione della omosessualità

il chè ovviamente è qualcosa che in ogni caso gli fa onore, dati i tempi in cui scrisse

quella lettera ( 1935 ). Secondo me dimostra anche che Freud non fosse incapace

di empatia nei confronti degli omosessuali.  Non entrerei nel merito di quanto ne ha

inteso ricavare Isay Richards e la letteratura revisionista degli anni '90 ( che cerca di

distinguere Freud dai Freudiani americani ) perchè temo che la discussione scivolerebbe

su di un piano storico non forumistico.

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La lettera a una madre americana è una lettera, personale, di consolazione.

 

E' una lettera che appartiene alla biografia di Freud: non è un documento scientifico.

I documenti scientifici sono le opere di Freud.

 

Soprattutto, non entra nella teoria relativa all'omosessualità: non la tocca, non la scalfisce,

non la mette in discussione.

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Be', nella lettera dice chiaramente che l'omosessualità non è da curare, e non è né una malattia né una perversione e via dicendo. Mentiva per consolarla? E poi, diciamoci la verità, se anche la teoria freudiana sull'eziologia dell'omosessualità fosse esatta, questo non basterebbe a trarne giudizi di qualità sulla condizione omosessuale in sé.

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Be', nella lettera dice chiaramente che l'omosessualità non è da curare, e non è né una malattia né una perversione e via dicendo.

 

FreakyFred, il punto che devi aver chiaro è che l'omosessualità è una condizione per Freud di ritardo e fissazione della

psiche, una condizione di immaturità psicologica, e finalmente di inversione psichica, nonché di risoluzione negativa del complesso di Edipo.

 

Il termine malattia non è solo insufficiente, ma soprattutto improprio per designare tutto questo pesantissimo armamentario di negazioni.

 

Freud in quella lettera privata a una madre (nemmeno a un consesso di scienziati) può benissimo dire che essa non è una «malattia» nè una « perversione» senza per questo dover ritrattare una sillaba di quanto ha scritto, e che sta ancora vergato nei suoi scritti, i quali sono libri di testo obbligatori nelle Scuole di Psicoanalisi dove si formano i psicoanalisti freudiani.

 

Per Freud l'omosessuale maschio non è in grado di amare. Il suo amore per gli uomini è autoerotismo, e narcisismo.

 

L'omosessuale è dominato dalla fantasia della castrazione, e ricerca il rapporto con gli uomini non per ragioni d'amore, ma per la sola presenza rassicurante del pene (dell'altro,) che lo difende e protegge dal timore della castrazione. Dire che è dominato dal terrore della castrazione significa anche dire che c'è stato un arresto nel suo normale sviluppo psichico (nessuno potrà contestare che il normale sviluppo psichico è quello dell'eterosessuale, per Freud).

 

Identificandosi con la madre, il ragazzo "gay" si mette in una condizione impossibile, impossibile da sostenersi, impossibile

da sviluppare, quindi regressiva e immobilizzante, perché l'amore per la madre non può prendere parte al successivo sviluppo della sua persona (è un uomo) cosciente ed è quindi anche destinato alla rimozione. «Il ragazzo rimuove l'amore per la madre ponendo sé stesso al suo posto, identificandosi con la madre e prendendo a modello la propria persona, e a somiglianza della madre sceglie i suoi nuovi oggetti d'amore. E' così diventato omosessuale: in realtà è di nuovo scivolato nell'autoerotismo» [...] diciamo che egli trova i suoi oggetti d'amore sulla via del narcisismo» (S. Freud, Un ricordo d'infanzia di Leonardo da Vinci, Opere, volume VI, p. 244).

 

Si potrebbe continuare. Ma mi sembra sufficiente per illustrare la dottrina psicoanalitica sull'omosessualità.

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Be', ma è comunque un dato indubitabile che gli psicanalisti moderni in gran parte non concordino con questa visione. La America Psychoanalitic Association ha accettato ormai la nozione che l'omosessualità non debba essere considerata una patologia, ad esempio; e anche l'attuale presidente dell'American Psychologic association di cui mi sfugge il nome, è psicanalista ed è assolutamente nostro alleato. Correggimi se sbaglio  :look:

L'omosessuale è dominato dalla fantasia della castrazione, e ricerca il rapporto con gli uomini non per ragioni d'amore, ma per la sola presenza rassicurante del pene (dell'altro,)

Ma le "ragioni d'amore" quali sarebbero invece?

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Io ho parlato di Freud e della concezione psicoanalitica freudiana e riconfermo punto per punto ciò che ho molto succintamente detto: naturalmente non sto qui a scrivere trattati, né a risparmiare ai gay di andare a leggere le opere originali.

 

Poi mi sembra che tu faccia delle confusioni.

 

Il freudismo è rappresentato in America dall'American Psychoanalitical Association. La Bibliografia di opere sull'omosessualità che l'APA fornisce ai suoi iscritti (= i freudiani) contempla gli scritti di Freud sull'omosessualità, come quelli di cui io ho citato un paio di stralci. Come ho detto, e come vorrei cercar di far capire a chi non ha le idee chiare sull'argomento, non un rigo di quanto ha teorizzato Freud sull'omosessualità è stato espunto, negato, contraddetto, e messo in soffitta. La teoria sta tutta lì, a disposizione di chi se la vuole andare ad assorbire, e a mettere in pratica. E infatti ci sono migliaia di psicoanalisti freudiani che tuttora la pensano come lui. Indubbiamente ci saranno altri che hanno fatto passi oltre: dicessero però il loro nome e cognome e fondassero un'Associazione freudiana (se lo possono) che respinge le tesi di Freud sull'omosessualitò; ma non c'è.

 

Ti informo che nella Bibliografia dell'APA sono comprese anche le opere di Joseph Nicolosi:

 

Nicolosi, J. (1991). Reparative Therapy of Male Homosexuality: A New Clinical Approach, Northvale, NJ: Jason Aronson.

 

Nicolosi, J. (1993). Healing Homosexuality: Case Stories of Reparative Therapy. Northvale, NJ: Jason Aronson.

 

Ci siamo capiti?

 

Quella che ha depennato l'omosessualità dalle «malattie» è l'American Psychiatric Association, che è tutta un'altra cosa:

non è l'organo dei freudiani, che tra l'altro non sono per tradizione degli psichiatri (Freud non era psichiatra), ma vi confluiscono tutte le scuole psichiatriche oggi esistenti. Ed è questa associazione che nel 1973 ha eliminato dal DSM-IV (il manuale dei disturbi mentali che fa testo e scuola nel mondo) l'omosessualità, con la motivazione che non in tutte le culture e subculture essa viene considerata un aspetto patologico.

 

Quello che pochi sanno, ma che bisognerebbe sapere, è che tale eliminazione fu decisa a votazioni, e che gli abolizionisti prevalsero per una percentuale di 5 mila 816 voti contro 3 mila 817 voti: una vittoria certo non schiacciante. Che fu ottenuta anche e soprattutto perché le Associazioni gay americane (alle quali dobbiamo tutto) chiesero fin da 1968 e infine ottennero nel 1973 di poter partecipare alle votazioni, che avvennero «per corrispondenza».

 

Ancor una volta sono i gay organizzati, i movimenti gay, ma anche gli intellettuali antifreudiani come Foucault in Europa,

come i revisori gay del freudismo di un certo spessore come Hocquenghem, che hanno fatto tutto o l'essenziale.

 

Ancora una cosa diversa è l'American Psychological Association che raduna tutti i terapeuti e operatori psicologici di, credo, almeno 23 tendenze. Comunque le associazioni che fanno ricerche empiriche (perché il punto fondamentale è che si passi alla fenomenologia, all'osservazione) e che hanno aiutato a sfatare pregiudizi contro l'omosessualità sono, a mia conoscenza, la

Psychiatric e la Psychological Association. Se oggi qualcuno si adegua, anche provenendo dal campo avverso, ben venga.

 

Ma le "ragioni d'amore" quali sarebbero invece?

 

 

A te ti liberano, ti tolgono le catene, e tu, condizionato come sei, continui a porre la domanda dei perseguitati, dei negati,

dei "malati".  :look:

 

Non ci sono. Sono quelle che valgono per tutti, omo, etero, che siano.

 

Questo significa abbandonare l'eziologia dell'omosessualità.

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La svolta e con questo tornerei al tema da me già sollevato avviene nel momento in

si capisce che la psicanalisi è una disciplina ermeneutica in cui il lavoro congiunto di

terapeuta e paziente determina una "costruzione narrativa" funzionale alla ricerca di

"significati" e non di cause esterne al discorso analitico.

 

Nel momento in cui accade questo ovviamente cade il pericolo che esista una teoria

eziologica dell'omosessualità riferibile ad un conflitto, che è esattamente ciò che era accaduto

e si era verificato a seguito della nascita della scuola Freudiana. E' il superamento della teoria

del conflitto come causa dell'omosessualità, sistematizzata da Bieber e generalmente accettata

finchè i gay non sollevano sul piano storico e politico la questione omosessuale, a determinare

la stigmatizzazione dell'omosessuale come malato.

 

Per questo è importante essere sensibili e diffidenti nei confronti di ogni discorso eziologico

sull'omosessualità ( perchè fra l'altro come questo forum dimostra l'eziologia PIACE in primo

luogo agli omosessuali )

 

In questo quadro è essenziale la vicenda degli psicanalisti gay. Richard Isay ad esempio è uno

di questi, credo il primo ad aver fatto CO e, dopo anni di lotta, a riuscire a produrre dei risultati:

http://en.wikipedia.org/wiki/Richard_Isay

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ho letto con molto interesse tutti gli interventi davvero di altissimo livello e vi ringrazio dei molti spunti,

ricchi di riferimenti bibliografici alcuni dei quali non conoscevo

pur avendo "lanciato il sasso" sulla "questione Freud", non sarei stato francamente in grado di sostenere una discussione a questo livello

(la mia conoscenza si basa su alcuni testi di Freud ed è invece maggiormente approfondita e centrata su Jung)

fondamentale a mio avviso quanto detto sia da Hinzelmann che da Isher sulla necessità di abbandonare l'approccio eziologico all'omosessualità

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No, Isher, non ho fatto nessuna confusione :look:

Tanto la Psychiatric che la Psychological hanno rilasciato dichiarazioni ufficiali sull'argomento. Riguardo alla Psychoanalitical, invece, ho dato un'occhiata alla sua rivista, Il Journal of The America Psychoanalitical Association, e gli studi che ho visto tendono tutti al "revisionismo" sul tema dell'omosessualità. Di solito tali studi sono basati sul fatto che, pur volendo accettare la teoria di Freud sull'eziologia, il passaggio che egli fece dal piano descrittivo a quello prescrittivo ed etico è scientificamente ingiustificato, e dunque può essere rigettato. Di fatto, come ho detto prima, io non ritengo che il problema eziologico sia così rilevante; potrebbe anche venir fuori che molti (anche se di sicuro non tutti) gay provengano effettivamente da situazioni familiari in cui la figura materna è molto presente eccetera, ma questo non produrrebbe comunque giudizi di qualità.

 

Comunque, Isher, io non chiedevo quali fossero le "ragioni dell'amore" secondo te e me (io sono per la teoria triangolare riguardo a quell'argomento :look:), mi chiedevo quali fossero per Freud, e il perché dell'incompatibilità con l'omoerotismo.

 

Ciò detto, io ho sempre odiato la psicanalisi, come ho sempre odiato tutte le discipline che pretendono di capire e controllare il presente guardando al passato.

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Il merito storico ce l'hanno gli psicanalisti freudiani gay che rifiutano l'eziologia freudiana... :look:

Il discorso sulla eziologia è fondamentale per capire se un freudiano può essere un analista

affidabile ( a parte i guru "pazzi" tipo Fagioli che attaccano Freud dicendo che era omosessuale

e lo criticano perchè dicono che non esiste neanche la pulsione omosessuale, ma questo è un

ulteriore problema: se ci si rivolge a gente che segue proprie teorie informatevi bene, prima!! )

 

Per uno che non vuol guardare al passato, ti piace troppo l'eziologia... :look:

 

Comunque gli junghiani sono molto proiettati sulla relazione presente-futuro, più che sulla relazione

presente-passato. Quindi da questo punto di vista, fermo rimanendo che il presente è anche memoria

del passato, potresti trovarti meglio con degli junghiani ( a meno che il tuo problema non sia il "controllo" )

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