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C'era una volta la psicoanalisi...


PietroUomoDiPietra

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PietroUomoDiPietra

... a cui per fortuna oggi sono rimasti in pochi a darle credito ma che quando ero un teen-ager (quasi quarant'anni fa) aveva un'influenza e un impatto molto più vasti di queli che ha oggi. Come giovane gay, all'epoca solo e completamente sprovveduto, ne subii un'influenza veramente disastrosa, soprattutto anche per la sfortunata circostanza di essere incappato in un libro di Edmund Bergler, "Omosessualità" che ebbe su di me un'impatto semplicemente devastante, che riuscii a recuperare solo dopo quasi dieci anni quando, ormai abbondantemente adulto, cominciai a conoscere e frequentare altri gay in maniera un po' più consistente del fortuito e occasionale e ad avere a che fare con gay reali e non soltanto "libreschi".

 

La mia domanda è: quanti di voi, soprattutto se non più giovanissimi, si sono "incontrati" (o scontrati) con la psicoanalisi e che influenza ha avuto sulla vostra vita? Quali segni e riflessioni vi ha lasciato nella vita? E oggi quale punto di vista avete su di essa? Per quel che mi riguarda posso dire che è per fortuna una "malattia" da tempo guarita ma anche una malattia che purtroppo non se ne è andata senza lasciare le sue brave cicatrici.

 

A voi la parola....

 

Ciao

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PietroUomoDiPietra

di per se non credo che sia la psicanalisi il problema, ma lo psicanalista che non si aggiorna e lavora con teorie antiquate.

 

All'epoca non c'era questa differenza tra aggiornato e antiquato: le teorie della psicoanalisi erano QUELLE teorie e  basta. Il resto erano soprattutto messe a punto specialistiche che però non rimettevano veramente in discussione quasi nulla dei suoi postulati fondamentali.

 

Ciao

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si, volevo solo puntualizzare che di per se non credo sia un problema della psicanalisi come strumento ma di chi lo applica.

 

20 anni fa andai UNA volta da uno psicanalista freudiano che mi sisse: l'omosessualità è una perversione, io lavoro con freud (e non mi aggiorno ma seguo gli insegnamenti originali di freud), la sessualità umana va per fasi e l'omosessualità è una di queste che poi ci si evolve verso l'eterosessualità......

 

un mucchio di cazzate insomma e poi non mi ha più visto.

Edited by marco7
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Il problema dell'efficacia della psicoanalisi riguarda certamente lo psicanalista ma probabilmente anche il fruitore, nel senso che non tutti quelli che la iniziano sono realmente così pronti a mettersi in gioco forse perchè la affrontano in una fase della vita in cui non sono abbastanza maturi o può anche darsi che alcuni ne siano refrattari

Edited by prefy
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L'analisi della psiche, dopo Freud, ha conosciuto importanti cambiamenti e adoperato nuove prospettive. La triangolazione edipica, poi, è diventata un problema filosofico decisivo, con il post-strutturalismo francese.

Ad ogni modo, se non ci fosse stata la psicoanalisi, molti gay oggi crederebbero di essere un terzo sesso che l'umanità non ha mai voluto riconoscere, con un proprio sistema cognitivo e una specificità di origine genetica, perseguitato dai tempi biblici per motivi razzistici...alcuni gay continuano a credere a questa fuffa, e cercano di convincere la maggioranza gay che la psicoanalisi è una stronzata, in modo da rassi-curare (e rassi-curarsi) su un'identità nella quale si sono istituzionalizzati, per dare un senso alla propria esistenza...credere di essere speciali perché piace la banana anziché la pèsca, fa parte di quel "pat pat" di gender che non risolve il problema (esistenziale) ma aiuta tanto... Il vittimismo, fomentato dai professionisti dell'anti-omofobia, è il cemento finale che tiene su il muro del ghetto. In realtà se piace la banana, anziché la pèsca, il motivo c'è e risale, spesso, alla prima infanzia. La psicoanalisi ha dato delle indicazioni decisive a riguardo. Ma l'ignoranza, diciamolo, semplifica la vita, e chi vive nell'ignoranza ha quella serenità della mucca vegetante, degna, peraltro, dello stile di vita che conduce.

La favoletta del "c'era una volta la psicoanalisi" è dunque quella che si racconta al bambino gay per farlo dormire sereno. Tanto c'è la mamma che ha capito tutto, ninna nanna ninna ò

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PietroUomoDiPietra

Guarda, io ho lasciato da tempo perdere la psicanalisi NON perché sarebbe una "stronzata" (la si può criticare di essere un'ideologia, questo sì, e magari, per alcuni aspetti ANCHE una stronzata ma non soltanto una stronzata, altrimenti non se la sarebbe filata nessuno) ma perché sono ormai vent'anni che su "cos'è l'omosessualità (e da dove protrebbe venire)" sto seguendo una mia strada che mi ha pure portato ad alcuni riscontri e, finalmente, anche a qualche "conto" che torna. Me la tengo per me comunque perché è ben lungi dal potersi considerare una "teoria" (in effetti non è più teoria di quanto un mattone da solo si possa considerare una casa... ma intanto per me è un mattone con cui lavorare).

 

Peraltro non sono molto in sintonia con le tesi che puntano a far risalire tutto alla famigerata prima infanzia: ritengo anzi che le cose siano un bel po' più complicate... e che se si vuol provare a risalire ai meccanismi che in una data famiglia possono portare a "produrre" una persona omosessuale, bisogna ricostruire la storia di quella stessa famiglia per almeno un buon secolo prima della sua sua venuta al mondo.

 

Quanto al ritenersi un "terzo sesso" sono  d'accordo con te che è una belinata colossale ma lo era anche ben prima di Freud e dell'invenzione della psicoanalisi. Questo peraltro non mi toglie il forte sospetto che in forme estreme di omosessualità com'è il transessualismo vi siano parecchie chiavi per poter capire anche altre omosessualità meno estreme (soprattutto maschili che, non casualmente, è da sempre stata la più combattuta e per la quale, sempre non casualmente, medici, psicologi, psicoanalisti ecc. si sono sbattuti a più non posso per dare la caccia a una "cura" per una "malattia" che nessuno finora si è minimamente posto il problema di definire quanto meno PERCHE' sarebbe una malattia - a parte il fatto che "fa vivere male la gente", tacendo alla grande il fatto che il "viver male della gente" non è dovuto all'omosessualità in sé ma piuttosto al vivere l'omosessualità IN QUESTA SOCIETA', che al momento purtroppo è anche che conosciamo ma è tutt'altro che l'unica possibile o pensabile possibile).

 

Insomma, la faccenda, per come la vedo io, non solo è meno semplice di come è stata finora dipinta da buona parte dei "santoni" della psicanalisi ma con tutta probabilità la sua meccanica interna non c'entra un tubo con quello che loro pensano che sia. Questo però è un discorso molto lungo da affrontare come si deve e in effetti la mia domanda era più semplice e diretta e la ripropongo:

 

"Quanti di voi, soprattutto se non più giovanissimi, si sono "incontrati" (o scontrati) con la psicoanalisi e che influenza ha avuto sulla vostra vita? Quali segni e riflessioni vi ha lasciato nella vita? E oggi quale punto di vista avete su di essa?"

 

Ciao

Edited by PietroUomoDiPietra
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PietroUomoDiPietra

Mi è sufficiente ciò che disse Popper sulla non scientificità della psicoanalisi.

 

Anche senza tirare in ballo Popper, che la psicoanalisi non centri nulla con la scienza è evidente a chiunque si interessi di scienza anche solo per hobby. Per me è e rimane solo un'ideologia. Ma è appunto per questo che ha avuto l'infuenza che ha avuto e ha anche procurato un sacco di danni a tanta gente. Come del resto fanno tutte le ideologie che pretendono di "svelare" e "capire" le complessità del mondo usando una sola chiave per tutte le porte.

 

Ciao

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Ho iniziato una psicoterapia a 19 anni, è durata meno di 2 anni, la mia impressione è che abbia avuto un impatto quasi insignificante sulla mia vita e posso dire che non ha risolto i problemi (ma d' altra parte non posso neanche sapere come starei se non l'avessi fatta)

I problemi per cui decisi di inziare il percorso non riguardavano il mio orientamento sessuale anche se poi rientrò nel lavoro psicoterapico insieme a tutti gli aspetti della mia vita ma più dal punto di vista dei "risvolti sociali"

Il fatto che con me abbia fallito non mi porta a bocciarla tout court: come ho detto prima può darsi che io fossi immaturo, non abbastanza motivato o che un metodo non funzioni con tutti, fatto sta che non ho più trovato l'i input per iniziarne un' altra

Edited by prefy
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la mia esperienza, esperienza di studio più che di pratica clinica, è maturata non con la psicanalisi ma con la psicologia analitica (dietro le due dizioni si nascondono rispettivamente Freud e Jung): l'incontro con la psicologia analitica è stato di gran lunga il fatto culturale più importante e decisivo della mia vita dopo i quarant'anni

 

considero poco attendibili gli psicologi freudiani che si esprimono sull'omosessualità in termini di "fase" o di malattia, perché lo stesso Freud non avrebbe condiviso affatto questo punto di vista, aveva una posizione molto più aperta di quanto non si ritenga (e una figlia lesbica molto amata) e lui stesso ebbe a dire che era inutile trovare una cura dell'omosessualità, e che non ci sono maggiori probabilità di convertire un omosessuale all'eterosessualità rispetto a quelle che ci sarebbero di convertire un eterosessuale all'omosessualità

 

riguardo all'origine dell'omosessualità, argomento enormemente dibattuto, io oscillo tra un approccio cognitivista legato a esperienze infantili a un approccio strettamente genetico, senza aver tuttavia ancora maturato un'idea chiara al riguardo (onestamente però più passa il tempo e più ritengo plausibile il "fondamento" genetico)

interessante anche quello che dici @PietroUomoDiPietra che immagino si rifaccia alla teoria delle costellazioni familiari

infine trovo l'entusiasmo di @akinori per il costrutto edipico eccessivo e totalizzante; rimanendo nell'ambito del mito greco, credo sia invece da rivalutare l'approccio platonico all'ermafrodito originario, che poi è quanto afferma velatamente la stessa Genesi con il (duplice) racconto della creazione della donna

in un certo senso la condizione dell'ermafrodito originario è la condizione divina, che l'omosessuale avverte e vive come sessualità e che viene condannata dalle religioni rivelate proprio perché è la condizione stessa di Dio, dunque interdetta agli uomini

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Io credo che il problema della maggior parte degli approcci alla questione dell'origine dell'omosessualità, principalmente quello psicanalitico ma anche quelli di natura biologica, ormonale, genetica eccetera, sia che considerano l'omosessualità come originatasi dall'istinto riproduttivo. Se si entra in questa prospettiva, non si può che considerarla una "deviazione", perché l'istinto riproduttivo ha ragion d'esistere solo fra sessi opposti. E trattandosi di una deviazione, anche in senso evolutivo, riesce davvero difficile spiegarla. 

Io invece penso che essa vada interpretata no come un rivolgimento dell'istinto riproduttivo ad un oggetto sbagliato, ma come il rivolgersi ad un oggetto appropriatissimo di tutta un'altra serie di pulsioni biologiche, come gioco, socialità e gerarchia, che si esprimono attraverso un piacere di tipo fisico. E' quello che succede nei famosi bonobo, perché non dovrebbe esserci qualcosa di simile anche in noi? 

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PietroUomoDiPietra

Io sono da due anni e mezzo in psicoterapia e ne ho beneficiato molto, e trovo le parole di Popper una stronzata colossale.

 

Le due cose (scientificità della psicanalisi e il fatto che tu abbia tratto beneficio dalla psicoterapia) non centrano nulla l'un con l'altra. In ogni caso buon per te, almeno non sono stati soldi buttati via.

 

Ciao

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PietroUomoDiPietra

Il fatto che con me abbia fallito non mi porta a bocciarla tout court: come ho detto prima può darsi che io fossi immaturo, non abbastanza motivato o che un metodo non funzioni con tutti, fatto sta che non ho più trovato l'i input per iniziarne un' altra

 

Sicuramente non è un metodo buono per tutti... e la motivazione è fondamentale anche perché alla fine della fiera il VERO psicoanalista di te stesso sei tu; l'altro (quando funziona) è giusto un aiuto. Un aiuto di cui non tutti hanno bisogno perchè non tutti abbiamo lo stesso rapporto con la nostra "ombra". Anche questo comunque è un discorso abbastanza lungo e troppo personale per poter essere affrontato in un forum.

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PietroUomoDiPietra

Io invece penso che essa vada interpretata no come un rivolgimento dell'istinto riproduttivo ad un oggetto sbagliato, ma come il rivolgersi ad un oggetto appropriatissimo di tutta un'altra serie di pulsioni biologiche, come gioco, socialità e gerarchia, che si esprimono attraverso un piacere di tipo fisico. E' quello che succede nei famosi bonobo, perché non dovrebbe esserci qualcosa di simile anche in noi? 

 

Penso proprio che, IN NATURA, fosse per noi esattamente la stessa cosa... A guardare da vicino le cose in effetti il problema non è l'omosessualità ma piuttosto come questa è vista dalla cultura della nostra società e dai significati di cui questa la carica. Sono peraltro concorde con te che, almeno in natura, l'omosessualità non fosse affatto una sessualità in alternativa con l'eterosessualità ma proprio un'altra cosa mirata a soddisfare altre esigenze - un qualcosa che potremmo anche vedere, volendo, come una specie di "super-grooming" volto, tra le altre cose, anche a mitigare la competizione (etero)sessuale quando questa si fa troppo aspra e violenta (e che tante volte rende i maschi umani assurdamente fratricidi ANCHE per queste ragioni).

 

Ciao 

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Non ho mai sentito il bisogno di ricorrere alla psicoterapia, e ammetto di non avere una conoscenza molto approfondita della psicoanalisi. Sulla base di quello che so condivido alcune perplessità di PietroUomoDiPietra, nel senso che il limite principale delle teorie freudiane mi pare quello di voler usare la stessa chiave per tutte le porte. Ho trovato interessante anche l'ironia con cui Italo Svevo tratta la psicoanalisi.

Sarei comunque interessato ad approfondire le mie competenze in materia.

Riguardo all'origine dell'omosessualità... Be', in questo momento per me è la madre di tutte le domande ^^ Ma per ora la psicoanalisi non ha posto nelle mie riflessioni in merito.

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PietroUomoDiPietra

Riguardo all'origine dell'omosessualità... Be', in questo momento per me è la madre di tutte le domande ^^ Ma per ora la psicoanalisi non ha posto nelle mie riflessioni in merito.

 

Sulle mie riflessioni in merito la psicoanalisi un suo posto l'ha avuto in passato... fin quando non ho cominciato a vivere veramente la mia vita per quello che era e a incontrare altri gay nei loro "habitat naturali" (se mi posso esprimere in questi termini) e a rendermi conto che, sul campo, i conti della psicoanalisi sull'omosessualità proprio non tornavano. E mica di poco!  Il minimo che si possa dire della psicoanalisi è che semplicemente ha visto solo quel che gli faceva comodo vedere, omettendo tutto quanto invece faceva a pugni con i suoi dogmi.

 

Ciao

Edited by PietroUomoDiPietra
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La psicanalisi e' stata superata da vent'anni dalla Psicologia Cognitiva ma non per questo la psicanalisi perde il titolo di scienza così come qualunque altra teoria scientifica superata da nuove scoperte. Il ripetersi di costanti e l'estrapolare regole ad esse sottointese e' di per se un atto scientifico.
La struttura stessa della psicanalisi pone questa scienza su un piano critico e scivoloso poiché fondata sull'introspezione e l'analisi di comportamenti presi ed analizzati singolarmente alla ricerca di regole macro condivise.
Personalmente già al primo anno di università avevo abbandonato l'idea di divenire uno psicanalista perché, a mio avviso, la psicologia gestaltica e la psicoterapia sono di gran lunga più efficaci ma, bisogna ammettere che la psicanalisi è il fondamento di molte teorie moderne e ancora oggi un'arma potente per determinate patologie.

Come detto, non sono un sostenitore di questo ramo della psicologia e non consiglierei quasi a nessuno un approccio puramente psicanalitico perché lungo ed estenuante, ma a livello teoretico la ritengo una tappa obbligata per qualunque tipo di analisi.

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Ho capito che qui si parla soprattutto di psicoanalisi rispetto all' omosessualità ma non mi è chiaro a quale scopo, forse per accettarsi? O forse per capirne le "cause"?

Magari in questi contesti non è una scelta mlto valida, in ogni  caso, per la mia esperienza debbo dire che l'approccio del terapeuta rispetto ad essa fu quello largamente condiviso dalla psichiatria moderna: nessuna malattia o fregnacce del genere

 

 


Come del resto fanno tutte le ideologie che pretendono di "svelare" e "capire" le complessità del mondo usando una sola chiave per tutte le porte.

Sì, questo lo penso anch'io, ad esempio rispetto all'analisi dei sogni: come può esistere una simbologia uguale e valida per tutti?

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PietroUomoDiPietra

Sì, questo lo penso anch'io, ad esempio rispetto all'analisi dei sogni: come può esistere una simbologia uguale e valida per tutti?

 

In effetti non c'è. Un aspetto su cui in genere si sorvola è che in effetti il paziente viene in realtà INDOTTRINATO a classificare e vedere i suoi sogni secondo un simbolismo codificato. Simbolismo che semplicemente impara inconsciamente come qualsiasi altra lingua e la usa per comunicare quanto deve all'analista e anche a sé stesso. Di "spontaneo" non c'è praticamente niente.

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Chi ha proposto questo post ha frainteso la psicanalisi freudiana. Lungi dal volerla osannare, ammetto che essa ha rappresentato una grandissima rivoluzione in ambito scientifico (con tutte le limitazioni da porre al termine "scienza" quando si parla di psicanalisi) e in ambito culturale. Il grande problema che tutti i critici della psicanalisi si trovano ad affrontare può essere riassunto in questa formula: essa tendenzialmente funziona, ma non ha una base scientifica forte e indistruttibile come quella che hanno le altre scienze, dunque come mai dà dei risultati? Chi ha proposto questo post deve imparare a dividere tra ciò che la psicanalisi è nella teoria e ciò che la psicanalisi è nella pratica e, ancora, all'interno di questa, tra ciò che la psicanalisi è nella pratica dello psicanalista x e ciò che la psicanalisi è nella pratica dello psicanalista y e, assolutamente, ciò che la psicanalisi fu nella pratica del suo fondatore. Ora, l'omosessualità è una questione sicuramente difficile, le psicanalisi (mi sento di dovere utilizzare il termine al plurale) offrono spiegazioni di varia natura sull'argomento. E' sicuramente errato dire che Freud considerasse l'omosessualità una fase della vita che va superata e che se si ripresenta rappresenta una deviazione. Certo, nei saggi sulla teoria sessuale usa spesso il termine "deviati", ma bisogna saper collocare anche le personalità geniali nel loro tempo. Detto questo, per Freud la questione è ben più complessa: giusto per fare un esempio semplice, Freud pensa che si nasce essenzialmente bisessuali, o meglio, dotati di una forte e non ammaestrata pulsione sessuale che spinge l'infante verso ciò che gli provoca piacere. Lo stesso complesso di Edipo viene venduto sempre secondo la forma: il bambino maschio ama la propria mamma, odia il papà e poi superato il complesso per l'intervento del principio di realtà capisce che non può amare la mamma e che deve prendere il papà come modello. In realtà Freud non ha mai detto nulla di simile: per l'esattezza, Freud pensava che inizialmente il complesso edipico fosse altamento contraddittorio, cioè il bambino maschio ama entrambi i genitori e odia entrambi i genitori. A un certo punto, interviene una scelta tra i due, la quale non viene spiegata da Freud, ma solo presentata come fatto. L'omosessualità, per Freud, è un fatto, un semplice fatto che si stabilisce nell'epoca del complesso di Edipo.

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PietroUomoDiPietra

essa tendenzialmente funziona, ma non ha una base scientifica forte e indistruttibile come quella che hanno le altre scienze, dunque come mai dà dei risultati? 

 

Anche molte pratiche di sciamani e stregoni nei loro limiti funzionano. Ma non per questo diventano scientifiche a meno che il loro funzionare sia riscontrato INDIPENDENTE dalla volontà delle persone coinvolte. Un passaggio che in una psicoterapia non può essere attuato in quanto la volontà del paziente di arrivare a un risultato è TUTTO, è il motore stesso della terapia: senza quella (o all'insaputa di quella) non si va da nessuna parte.

 

 

Chi ha proposto questo post deve imparare a dividere tra ciò che la psicanalisi è nella teoria e ciò che la psicanalisi è nella pratica e, ancora, all'interno di questa, tra ciò che la psicanalisi è nella pratica dello psicanalista x e ciò che la psicanalisi è nella pratica dello psicanalista y e, assolutamente, ciò che la psicanalisi fu nella pratica del suo fondatore.

 

Cosa devo imparare lo decido io, grazie. Per quanto riguarda la pratica ne esistono di migliori, soprattutto meglio coinvolgenti la volontà del paziente che, come già detto prima, è il motore propulsivo di tutta la terapia. La pratica può avere mille risvolti ma il fine è unico: stimolare il paziente a darsi da fare ad essere medico di sé stesso e a "ripararsi" il più possibile da solo, perché è l'unico in grado di farlo...  Pratiche che peraltro esistevano in nuce anche prima: gli psicologi  e gli psichiatri esistevano da ben prima della psicoanalisi. No, mi spiace, il portato fondamentale della psicoanalisi avrebbe dovuto essere proprio la teoria scientifica, esattamente il punto su cui invece essa è rimasta sempre molto debole (e lo testimonia proprio il fatto che si deve parlare di psicanalisi AL PLURALE e non al singolare come si fa in qualunque altra materia scientifica realmente corroborata dai fatti: quando vi sono dei "plurali" significa che quantomeno mancano DATI CONCRETI per decidere in un senso o nell'altro).

 

 

Ora, l'omosessualità è una questione sicuramente difficile, le psicanalisi (mi sento di dovere utilizzare il termine al plurale) offrono spiegazioni di varia natura sull'argomento. E' sicuramente errato dire che Freud considerasse l'omosessualità una fase della vita che va superata e che se si ripresenta rappresenta una deviazione. Certo, nei saggi sulla teoria sessuale usa spesso il termine "deviati", ma bisogna saper collocare anche le personalità geniali nel loro tempo. Detto questo, per Freud la questione è ben più complessa: giusto per fare un esempio semplice, Freud pensa che si nasce essenzialmente bisessuali, o meglio, dotati di una forte e non ammaestrata pulsione sessuale che spinge l'infante verso ciò che gli provoca piacere.

 

A parte che da questo punto di vista si dovrebbe parlare di tanti "Freud" almeno quanti sono i decenni della sua vita (e che solo nell'ultimo, quando ormai era a fin di vita, è arrivato a vedere le persone come fondamentalmente "bisessuali" posizione che peraltro appare trovare pochissimi riscontri nella realtà: i bisessuali, sono in effetti ancora più rari degli omosessuali mentre se davvero esistesse questa famosa "bisessualità" non dovrebbero essere rari ne l'una ne l'altra), il difetto principale di queste speculazioni psicoanalitiche (di Freud come di altri) è proprio il supporre questo famoso infante come una sorta di micro-adulto a suo modo senziente e in grado di decidere razionalmente le sue posizioni in merito agli adulti con cui a che fare e alle emozioni che prova nei loro confronti, quando in realtà, anche neurologicamente, un bambino è almeno per tutto il suo primo anno di vita, ancora troppo elementare dal punto di vista cerebrale per articolare le sue reazioni a questi livelli (reazioni di cui in ogni caso, prima di costruirci sopra delle teorie,andrebbe verificata l'esistenza, cosa ancora molto difficile oggi, figuriamoci ai tempi di Freud in cui appare molto più probabile che, più che riscontrare queste dinamiche nei bambini, ce le PROIETTASSE lui a forza - dopotutto chi di transfert ferisce, di transfert perisce, concedimi la battuta...)

 

 

A un certo punto, interviene una scelta tra i due, la quale non viene spiegata da Freud, ma solo presentata come fatto. L'omosessualità, per Freud, è un fatto, un semplice fatto che si stabilisce nell'epoca del complesso di Edipo.

 

E meno male che non viene spiegata perché questa storia del complesso di Edipo, assieme all'altra del cosiddetto complesso di castrazione è proprio di quelle che più di altre fanno gridare "alla  cacata pazzesca" di fantozziana memoria nei confronti della psicanalisi. Ai bambini del complesso di Edipo non importa una beata cippa e se mai vi è una "gelosia" e un "odio" nel triangolo tra padre, madre e figli (indipendentemente dal loro sesso) non sono affatto diretti dai bambini verso il padre ma semmai esattamente L'OPPOSTO e cioè DAI PADRI VERSO I BAMBINI - e per motivi che, se si guarda alla sessualità femminile per quella CHE REALMENTE E' (e cioè NON una caccia al cazzo speculare alla maschile caccia alla vagina) e le finalità a cui è ISTINTIVAMENTE guidata, non ci vuole molto a capire: una volta che una donna ha avuto dei figli VOLUTI praticamente perde interesse per almeno tre o quattro anni (i primi anni di vita di un figlio!) per quasi ogni altra cosa, marito o compagno incluso che ovviamente, del ritrovarsi una moglie "scippata" dal suo ruolo di madre, molto contento non è, anche quando si tratti comunque di persone molto equilibrate e mature. Figurarsi quando invece si tratta di un coglione (e abbondano purtroppo!).

 

Ti dirò di più: visto che in questa dinamica un bambino può (fondatamente!) temere per la propria incolumità lo svilupparsi di inclinazioni omosessuali (almeno nei maschi: con le femmine le cose sono decisamente più complicate anche se, alla fine, il motore che accende le predisposizioni all'omosessualità nei figli è sempre l'aggressività del padre, latente o palese che sia) non è altro che un tentativo di venire a patti e di "ingraziarsi" questo "nemico" che, nel caso lo diventi tout court senza virgolette, sfocia nell'età adulta o in omosessualità conclamata, in cui l'ex bambino continua a cercare inconsciamente di "rabbonire" il suo vecchio antagonista, oppure in quella che non saprei definire meglio che come "para-eterosessualità", in cui rientrano più o meno tutti i "tombeur de femme" seriali i quali con le donne fanno tutto TRANNE che assumersi qualunque impegno o responsabilità che possa sfociare in una procreazione e quindi nel diventare a loro volta padri - una dinamica tendenzialmente PSICOPATICA questa sì diffusa a livello del 20 e passa per cento della popolazione, altro che gay e devianti all'acqua di rose!

 

E' ormai tardi e il discorso è parecchio lungo (e aspro!) da sviluppare ma, per quel che riguarda un bel po' di aspetti della psicanalisi classica di Freud andrebbero visti meglio anche capendo Freud come persona reale e non come una sorta di nume "super-partes" rispetto ai problemi che voleva "curare" negli e che, traslati e camuffati (questo sì molto freudianamente secondo la logica del suo "interpretazione dei sogni") non erano altri che problemi suoi e del tipo di uomo che rappresentava nel suo tempo. Senza nulla togliere al valore di persone come lui che, nel bene e nel male un'impronta nella cultura dell'umanità l'hanno lasciata, gli andrebbe almeno resa la giustizia di essere alleggerito (almeno alla memoria) del fardello di essere stato fatto "santo (laico) subito" e restituita la dignita e il diritto di essere (sempre alla memoria) un semplice essere umano, con tutte le contradizioni che come tale può aver vissuto e soprattutto subito.

 

Ciao

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La psicanalisi e' stata superata da vent'anni dalla Psicologia Cognitiva ma non per questo la psicanalisi perde il titolo di scienza così come qualunque altra teoria scientifica superata da nuove scoperte. Il ripetersi di costanti e l'estrapolare regole ad esse sottointese e' di per se un atto scientifico.

 

 

mi sembra molto importante ribadire questo aspetto: la psicologia o in generale tutte le discipline basate sull'osservazione di fatti in un contesto sperimentale controllato, da cui vengono dedotte regole (che poi sono "regolarità" di comportamento osservate in un contesto di causa - effetto), sono scienze a tutti gli effetti, e i modelli psicologici risultanti sono verificati e validi finché non contraddicono apertamente l'esperienza

questo è vero "in generale"

nello specifico della sterminata produzione freudiana, è vero che esiste un'evoluzione del pensiero di Freud che spesso viene trascurata dai suoi stessi sostenitori, che sono molto più rigidi del loro maestro finendo per esperimersi in termini dogmatici, cosa di cui Freud stesso non sarebbe affatto contento imho

l'approccio dello psicoterapeuta è "maieutico": non è uno che ti propone delle soluzioni, ma un professionista che offre un sostegno metodologico e funziona da sponda "oggettivizzante" per mettere il paziente in grado di fare una sorta di autoanalisi superando gli inganni della mente

l'analisi è essenzialmente autoanalisi, nessuno la può fare al posto del paziente, e il terapeuta freudiano è addirittura divenuto leggendario come "l'uomo che tace" (spesso generando reazioni stizzite nel paziente, che invece cerca "l'uomo che svela", il "deus ex machina")

 

Sì, questo lo penso anch'io, ad esempio rispetto all'analisi dei sogni: come può esistere una simbologia uguale e valida per tutti?

 

qui c'è da fare chiarezza: la simbologia uguale e valida per tutti non esiste, ogni simbolo onirico ha un significato personale che può essere individuato solo dopo un duro lavoro di scavo tra terapeuta e paziente

ma il discorso è ancora più complesso: il sogno è una macchina simbolica nel suo insieme, il singolo simbolo non ha alcun valore se non in un contesto in cui è messo in relazione contemporaneamente con tutti gli altri

il significato è nell'insieme delle relazioni tra simboli, altrimenti basterebbe il libro della Smorfia napoletana per interpretare i sogni, mentre come è noto i cosiddettti "vocabolari" dei simboli sono quanto di più inutile esista e non aiutano ad interpretare i sogni

i sogni esprimono delle meccaniche simboliche di relazione che creano significato, e sono quelle che devono essere svelate

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qui c'è da fare chiarezza: la simbologia uguale e valida per tutti non esiste, ogni simbolo onirico ha un significato personale che può essere individuato solo dopo un duro lavoro di scavo tra terapeuta e paziente

Questo sembra logico anche a me: le variabili sociali e personali sono infinite eppure mi pare di ricordare che il terapeuta (freudiano)  affibbiasse ad essi significati precodificati

boh?

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Vero è che Freud seguiva la moda del suo tempo di parlare di "scienza" anche laddove di scientifico non c'era niente. Come framework di ipotesi e schemi guida da adattarsi, ed eventualmente rigettarsi, nell'approccio ai singoli casi, la psicanalisi può avere un senso. Nell'espressione di "leggi" della psiche è una sciocca e nociva presunzione. E su questo non credo sia possibile scagionare Freud, perché fu il primo a parlare delle sue teorie quasi immancabilmente come di fatti accertati e "scientifici". 

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PietroUomoDiPietra

credo che jung la pensasse diversamente.....

 

Di Jung va detto però che più che fare psicanalisi stava USANDO la psicoanalisi, per cercare, forse senza rendersene pienamente conto, l'origine della mente. E in questo il ritrovare una sorta di "fossili mentali" comuni a tutta la specie un suo senso ce l'ha. Poi che Jung abbia trovato qualcosa o, probabilmente, abbia solo grattato la superficie di un mondo ancora tutto da esplorare andrebbe ovviamente sottoposto a verifica.

Di sicuro vi è che Jung aveva rapporti più solidi e profondi con la propria mente inconscia (che è in realtà una vera e propria coscienza a sé stante per quanto subordinata a quella principale) di quanto non li avesse Freud e questo - il fatto cioè di avere con la propria mente inconscia un rapporto più o meno esplicito di collaborazione anziiché il considerarla sterilmente un'antagonista -  può portare ad una maggior capacità di "vedere" cose che con un approccio puramente razionale (come nonostante tutto era quello di Freud) ti sfuggono. Il rovescio della medaglia è che la conoscenza che acquisisci per questa via è di fatto non trasmissibile ad altri che non abbiano lo stesso genere di introspezione (che non è per tutti e anzi per alcune persone può essere mentalmente destabilizzante).

 

Ciao

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Sono stato «addestrato» psicoanaliticamente dal mio ex professore di filosofia; ho letto svariati libri di Freud e la conosco piuttosto bene. Io la vedo così: è un sistema che spiega correttamente alcuni funzionamenti degli automatismi psichici (le azioni che avvengono automaticamente come lapsus, atti mancati, associazioni libere, attivazione dei meccanismi di difesa) e alcuni funzionamenti dei sogni. Pertanto è imprescindibile, qualora ci si voglia analizzare, avere almeno la conoscenza di come funzionano questi automatismi mentali. Io la trovo ottima per scovare soprattutto i meccanismi di difesa del mio interlocutore. Dal meccanismo che attiva ne comprendo i punti deboli, le cose di cui non vuole parlare o che devo evitare per evitare che la conversazione decada.

 

Penso che Freud abbia un merito nell'avere emancipato l'omosessuale. In un'epoca in cui Oscar Wilde ci faceva passare per poveri disgraziati decaduti, condannati per sempre alla sfiga più totale, delicati e intoccabili, Freud ci ha tolto quel fastidioso alone che ci rendeva «malati» e ci ha umanizzati. E mi riferisco naturalmente al Freud descritto dagli altri utenti, non certo al primo Freud dei tre saggi sulla teoria sessuale.

 

Ho però anche letto «pragmatica della comunicazione umana» di Watzlavick (anche qui sotto la guida del mio professore) e diversi libri di Giorgio Nardone, che insieme a Watzlavick elaborò un metodo fantastico per curare gli attacchi di panico e svariati tipi di nevrosi (che la psicoanalisi impiegherebbe anni per curare, semmai li curasse): l'approccio strategico. Penso che il loro sia il metodo migliore per curare gli stati nevrotici e parte di quelli psicotici.

 

Jung mi affascina, ma non lo riesco a capire perché non ha un corpus organizzato e non saprei proprio da dove cominciare. Ho letto solo «le sinconicità» e «archetipi dell'inconscio collettivo».

 

In sostanza, la psicoanalisi non è da buttare affatto; va solo elaborata e decostruita.

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