Jump to content

Una Runa per Ania - Uno dei miei mille racconti ;D


Aquarivs

Recommended Posts

Sul mio blog ne ho scritti a decine. Spesso negli ultimi anni ho, stile romanzo di appendice, pubblicato una paginetta o due alla volta per poi proseguire con la pura ispirazione e immaginazione.

 

Adesso tocca trasporre un po' di Irlanda nei miei racconti per cui ho deciso di iniziare questa nuova storia..

E come sempre, non ho idea di dove possa portarmi.

Ogni qual volta pubblicherò il seguito sul blog, ricopierò tutto qui per voi. Magari a qualcuno piacerà.

 

 

Una Runa per Ania

 

R.

 

Se ne stava allegra con le gambe in sù mentre il vento le accarezzava i capelli scompigliandoli e le mani stringevano un manubrio impazzito mentre una vecchia bici logora dalle tante pioggie correva giù per la collina.

Pareva volesse tagliare la terra a metà e volare dritta verso quel mare scintillante che spezzava le verdi e cristalline insenature sparse a perdita d’occhio.

Erano settimane, no che dico, mesi che aspettava una giornata come questa!

 

Il sole era finalmente sovrano di un intero cielo sgombro da nuvole. “Nemmeno una!” Aveva pensato uscendo di casa, Ania. “Sarà una giornata magnifica per correre a vedere le navi dalla spiaggia.. sì ce ne saranno tantissime, lo so!”

Così si era precipitata paonazza per l’eccitazione fuori di casa senza nemmeno sentire la mamma indaffarata dirle che sarebbe dovuta essere di ritorno entro due ore. In sella alla bici che il padre le aveva riparato troppe volte, diede a stento due pedalate prima di scendere giù col favore del pendio.

Fu così che prossima alla spiaggia iniziò a rallentare quando si accorse che una palla di pelo le stava per tagliare la strada rotolando da parte a parte. Ania, che sapeva di non poter contare su un mezzo efficiente, sterzò violentemente per evitare lo scontro con il batuffolo ambulante rimanendo con il manubrio per le mani mentre con le scarpe poco resistenti per lo scopo tentava di frenare la sua corsa. Fu tutto inutile. Pochi attimi dopo si ritrovò china per terra, con la gonna vistosa all’insù e i lunghi capelli biondi sparsi in ogni dove sulla sua faccia ormai piena di fango che intanto se ne stava morbidamente appoggiata sul passante malcapitato mentre in lontananza il resto della bici se ne andava per conto proprio come in un ultimo atto di ribellione.

 

Quando il passante scalciò per liberarsi, Ania si alzò di scatto temendo di averlo schiacciato. Appena fu seduta come una brava signorinella, in mezzo al campo e completamente ridotta ad un colabrodo e dopo aver fatto quel gesto che tanto di rito andava fatto e cioè sistemarsi i capelli alla buona e riprendere un certo tono nelle espressioni, guardò quel morbido cuscino con l’aria di una che volesse una seria spiegazione all’accaduto.

 

Quello che vide fu tenerissimo.

 

Due occhi scuri scuri la fissavano in una cornice di pelo grigio e bianco contornato di orecchie, lingua penzolante e una coda vistosamente impazzita. Ania riempi quell’attimo con un sorriso più splendente del sole stesso e subito si avvicinò per toccarlo.

In quel momento quel buffo cagnetto sì alzò in un battibaleno e abbaiandole e scodinzolando fece due scatti verso la strada e poi riprese a correre veloce con in mente il medesimo piano che aveva prima del disastroso scontro.

Ania lo imitò quasi istintivamente alzandosi in piedi e gridando: “Ehi! Razza di teppistello! Ti sembra il modo di attraversare la strada questo?” Agitando il braccio destro in aria come in segno di protesta, cosa che poco dopo si tramutò in un dolore terribile che le ricordò quanto fosse appena successo. Completamente presa dalla curiosità, e come era solita fare, dimenticò ogni buon proposito e la vecchia decapitata compagna di avventure chissà finita in quale vallata e corse dietro al terrorista stradale deviando per i campi.

 

La distesa di campi infiniti iniziava, lungo la corsa, ad interrompersi per far spazio a piccoli sprazzi di terra grigia e a grossi cespugli di un verde vigoroso che, vistosi, si stagliavano solitari in mezzo a della sabbia bianca. Ci volle poco perchè ogni filo d'erba divenisse cosa rara mentre quel groviglio biondo aveva del tutto dimenticato perfino di essere giunta là dove voleva essere solo qualche tempo prima. Tutto ciò a cui teneva era il non perdere di vista quello che ormai sembrava un puntino nero in mezzo ad un mare bianco oro e che puntava dritto verso le scogliere.

Una tale distrazione fu una vera sfortuna: Ania non notò nessuno dei tre velieri che si muovevano lenti lungo l'orizzonte nel loro splendore eterno e che, probabilmente, erano tra i più belli che avesse mai potuto vedere.

 

Sfinita dalla lunga corsa si fermò lentamente in prossimità di Saint Goèl, la più grande scogliera della zona che, in tutta la sua maestosità, gettava un ampio e freddo braccio su tutta la spiaggia ai propri piedi e dentro il quale, la curiosona esausta, stava per addentrarsi.

Link to comment
Share on other sites

Grazie Marco.. sei gentile..

Continuo dove avevo lasciato..

 

In quella meravigliosa giornata di tarda primavera risuonava la vita su quella spiaggia selvaggia. Le onde che ricalcavano le dura strada fatta nel loro lungo cammino stridevano in un risciacquo dolce e lento mentre grandi gabbiani affamati completavano in cielo quell'orchestrale musica aggraziata; questi, come i grandi velieri fagocitati da un chiarore cristallino, non parevano giungere alle orecchie di Ania che, intanto, spariva nell'ombra.

Quando la scura sagoma che ella proiettava sulla sabbia fu completamente scivolata e inghiottita dallo sguardo possente della scogliera ogni suono cessò come in un risucchio pesante e goffo. Non c'era più un alito di vento, nè lontani uccelli girovaghi, soltanto il suo respiro ancora veloce e concitato a scandirle il battito che via via lasciava spazio alla calma.

Era rimasto tutto com'era, ogni piccolo tassello di quella meravigliosa cartolina stava ancora là immobile, eterno, ma completamente muto. Una bolla silenziosa pareva avvolgere quella parete scura e che, ormai vicina, lasciava intravedere una profonda e grottesca insenatura.

Alcuni massi quadrati stavano gettatì lì dal tempo e dal destino e si facevano più grandi e ravvicinati man mano che Ania si inoltrava sotto Saint Goèl.

Quando fu entrata vide nuovamente con chiarezza il piccolo batuffolo starsene seduto in cerca delle fastidiosissime pulci sulla zampa destra. Era lì, in mezzo ad un'adunanza di pietre e sabbia che correvano tutte intorno al cucciolo e, in piedi, si erigevano acciaccate dagli anni e dalla stanchezza. Qualcuna pareva in frantumi, altre inattaccate dal lento scorrere del tempo.

 

Fu uno scenario inusuale per Ania che mai si era accorta di un posto simile nè aveva mai visto da vicino uno dei tanti chiacchierati cerchi di pietra sui quali, di tanto in tanto, suo padre fantasticava narrando di luoghi lontani nel tempo, di magici avvenimenti e rituali propiziatori. Qualche volta aveva pure immaginato che la loro casa fosse stata, un tempo, luogo di eventi importanti e che il pozzo di pietra nel giardino sul retro fosse il tanto segreto passaggio per il mondo della magia. Sorrise sentendosi sciocca. Del resto aveva ormai quattordici anni e come le diceva sempre la mamma, era tempo di comportarsi da signorina cresciuta e matura. Però, pensava, mi sono messa ad inseguire questo pulcioso cagnetto come una stupida.. chissà cosa dira papà quando saprà che sono entrata in questo posto.

 

Mentre la mente le correva veloce, si accorse di essere più in grado di sentire niente. Nemmeno la palla di pelo che le abbaiava vistosamente.

Presa dal panico, iniziò a toccarsi le orecchie farfugliando tra i capelli cercando, a modo suo, di sturarle. Soffiò più volte a naso chiuso e strizzando gli azzurri occhi monelli che intanto lacrimavano per la fatica.

Ancora in preda ai vani tentativi si accorse di un'ombra lesta passare da pietra a pietra. Strizzò gli occhi un altro po'. Il cane stava ancora al centro di quello strano cerchio e non si era mosso. Eppure aveva visto qualcosa! O la sordità le stava giocando un brutto scherzo?

Si voltò per tornare sui propri passi, all'aria aperta in cerca di altri suoni che sarebbero giunti a tranquilizzarla quando nuovamente una sagoma nera strisciò da una pietra ad un'altra.

 

Era sicura questa volta! Il pulcioso non l'aveva notata? Se ne stava calmo per conto proprio mentre qualcuno si muoveva furtivo.

Il cuore riprese il ritmo che aveva appena perso mentre il fiato ricorreva veloce. Con un piede pronto alla fuga e l'altro in attesa allungò le mani per fare segno al cucciolo di raggiungerla per poter, insieme, correre via.

Mentre questi la ignorava fu la lenta sagoma nera ad attirare la sua attenzione. Si muoveva lenta da parte a parte lungo una delle rocce più grandi.

Indicava, o forse no.. sembrava umana. Era alta ma non troppo e sbiadiva con i movimenti in un antro forse troppo buio perchè si potesse manifestare meglio. Alcune gocce d'acqua in un angolo in lontananza diedero ad Ania, con il loro cadere lento, nuovamente il senso dell'udito.

Incredula e ancora spaventata disse a voce limpida:

 

"Chi sei? Dove sei? Vedo la tua ombra sulle pietre e io e il cane ti stiamo guardando per cui esci subito e fatti vedere! Non sono scherzi da farsi questi!"

Ma nessuno le rispondeva. La sagoma scura si mosse nuovamente allontanandosi e tornando alla roccia sulla quale stava prima che, insieme ad altre due, formava lo stipite di una strana arcata con una porta, a priva vista, assente.

Stava indicando quella roccia? Sì pareva volesse chiamarla per dirle: E' questa qui.. Non le altre sparse per la sala. Proprio questa qui.

 

Presa dalla sua solita curiosità e troppo grande per dare retta ormai a certe paure, con una smorfia di dubbio, si avvicinò a quel catasto di pietre.

Quando superò il centro di quel grande cerchio e il cucciolo che ci stava seduto sopra Ania ritornò sorda a qualsiasi suono, ivi compreso l'abbaiare affannato dell'amico che, vedendola camminare in quella direzione, seguitava a richiamarne l'attenzione.

Lo sguardo di Ania si spense poco dopo le sue orecchie. Gli occhi azzurri divennero vitrei mentre avanzava lenta come colei che a sè la stava chiamando.

Alzò il braccio sinistro per raggiungere quella colonna ancor prima dei suoi piedi che intanto si erano fermati a poco dall'arcata e, in attesa, la contemplava assente.

L'ombra fatua si mosse al centro dell'artefatto in pietra e tra le due colonne, in mezzo al nulla sparì. Pochi istanti dopo le labbra di Ania si schiuserò in un timido consenso: "Sì." E in un deciso movimento passò tra le due colonne e lì, in un battito di ciglia, si dissolse come all'ombra di Saint Goèl ogni suono aveva, poco prima, cessato d'esistere.

Edited by Aquarivs
Link to comment
Share on other sites

Silverselfer

.. che bello! Un viaggio fantastico di una moderna Alice nel mondo delle meraviglie epiche irlandesi?

 

Senti ... devi metterci più virgole, nel senso che ci sono periodi di tre righe senza una virgola. Praticamente si deve sperare in un virgolettato per riprendere fiato. Tu sai suonare, vero? Quindi comprendi il valore di una pausa in una buona partitura. In prosa serve anche per rallentare a far meditare, per esempio su una bella descrizione ... e tu ne fai molte e parecchio carine. La punteggiatura serve anche a dare forma al pensiero logico della prosa, come se le idee espresse fossero un po' l'arrangiamento di una melodia, scandita appunto dalla metrica del punto e virgola.

 

Gli irlandesi in tal senso sono prosatori asciutti e senza troppe smoccolature romantiche. Visto che destreggi la lingua, potresti imparare molto da loro. Che poi noi latini, al contrario, abusiamo spesso della metafora fino a farla diventare allegoria. Insomma, se non l'avessi letto ancora, ti consiglio Gente di Dublino di Joyce ... racconti veramente mirabili.

 

Vabbuò, la pianto di fare la maestrina dalla piuma rossa che mi vado sulle palle da solo. Però, ecco, visto che l'arrosto c'è, perché non lavorarci sopra e renderlo ancora più buono?

 

Ti seguirò con attenzione ... voglio sapere come va avanti la storia, eh!

Link to comment
Share on other sites

Grazie Silver.. hai indubbiamente hai ragione e lo sapevo gia xD

Il motivo per cui non è attenzionato al meglio questo particolare è che scrivo di getto e pubblico xD

 

Provo a mijorà

Link to comment
Share on other sites

Beh, i complimenti te li ho già fatti ieri in shoutbox ma te li rifaccio volentieri. In più, mi piace molto il nome che hai scelto per la protagonista.

Link to comment
Share on other sites

Grazie Ale.

Ho scelto il nome per un motivo oltre che per una sua musicalità. Vedremo poi di spiegarlo.. xD

Scrivo poco stasera, scusatemi, ho un casino di cose da faree! Ma intanto devo metterlo sto pezzo perchè è fondamentale.

 

 

Non c'era traccia alcuna di Ania nè dell'ombra che ella, forse completamente ignara, aveva seguito con tanta dovizia.

Echeggiava ancora un flebile "Sì" per ogni dove, come un ricordo lontano ancora aggrappato ad un luogo vecchio, vuoto e buio.

Il centro del cerchio di pietre era deserto. Anche il piccolo fiocco di cotone si era apparentemente dissolto fra gli abbai insistenti e, al suo posto, sorgeva un piccolo cubo in legno contornato da lunghi rami intrecciati e rinsecchiti. Pareva essere stato realizzato con cura ed attenzione per poi essere dimenticato lì in un angolo del mondo antico. Non era l'unico oggetto ad essere apparso come dal nulla: una gran quantità di ceste stavano rintanate in un angolo traboccanti di foglie e piccoli frutti rossi gettati all'interno alla rinfusa e sovrastati da un numero imprecisato di stuole bianche che, dalla parete, penzolavano morte e depresse.

 

Pochi istanti dopo un leggero e quasi istantaneo bagliore corse lungo le pareti indugiando su quei drappi appesi quanto basta per mostrare ciò che erano in realtà, delle tuniche elaborate e delle lunghe tovaglie di lino purissimo contornato da un'infinità di ricami dorati. Quindi tutto si spense nuovamente lasciando una presenza nei pressi dell'architrave in pietra incriminato.

 

Poco per volta, l'etereo appannaggio prese le sembianze di una ragazzina dall'abito vistoso e una coltre di ricci biondi e una carnagione giovane e viva.

Ania stava in piedi felice. Il suo sguardo pareva quello della vittoria, una speranza rinata a nuova vita. Uno scopo portato a compimento pur senza un motivo a spingerne l'ardore. Non c'erano pensieri in quella mente così troppo spesso vispa, non c'erano ricordi nè raccomandazioni genitoriali: tutto era incredibilmente nuovo; o almeno lo era in parte. Non passò molto che un fiume torrenziale prese a correre fra quelle due pupille gelide che in un turbinio arrogante schiacciava il vivido azzurro sotto una coltre giallo oro, a tratti violentemente rossa, fino a quando questi non cedettero alla sfida e, arresi a nuovi ricordi, ad una nuova mente, ad una nuova, vecchia vita si arrestarono sotto un sole morente e lì presero vita.

Ania era tornata cosciente, il posto era ancora quello e lei era ancora lì, sparita solo per pochi attimi e inconsapevole dell'eternità trascorsa.

 

Cos'era accaduto?

Si voltò velocemente in cerca di una risposta, sperando di sapere già cosa fosse accaduto ma, stupita e preoccupata, si accorse che nessun altro era passato attraverso il Mèn-an-tol. Era soltanto lei. Sollevata, voltò verso l'uscita correndo verso i grandi drappi bianchi e, afferratone uno, uscì spedita verso la spiaggia che intanto era crollata in una notte affollata di nuvole. Una grande luna gettava con difficoltà il suo chiarore sul viottolo che riportava in cima alla collina lasciando intravedere la lunga serpentina a tratti irta e tortuosa. Una sagoma bianca scivolò veloce sulla sabbia lasciando intravedere solo un viso pallido e pochi riccioli sembrando correre con una premura concitata. Per un breve istante Ania diede uno sguardo al cielo stringendo addosso la fredda tunica e, come in un attimo di grande preoccupazione disse: "E' già tardi.. non avrei certo immaginato fosse tanto difficile tornare indietro.. devo affrettarmi!" e, gettanto un occhio alla caverna buia, un freddo sorriso accompagnò quei nuovi occhi estranei e dorati..

Edited by Aquarivs
Link to comment
Share on other sites

"L'incantesimo ha funzionato hai visto?" disse una vocina all'interno della caverna.

"Sì, ma lo sai che io non ero d'accordo fin dall'inizio. Questa storia è pericolosa, se non ce l'ha fatta la prima volta perchè dovrebbe farcela adesso?" le risposero due occhietti piccoli e vispi sotto due ciuffi arruffati.

"Perchè adesso sa! Comunque sì sono d'accordo, non credo finirà bene neanche stavolta" intervenne una terza personcina non più alta di un palmo.

"Oh sciocchezze! E' una ragazza forte ed intelligente! Piuttosto non perdiamola di vista" concluse la piccoletta e immediatamente tre piccoli esserini saltarono via dalle ceste dentro le quali erano nascosti e seguirono Ania lungo la spiaggia.

 

Tantissimi passi più avanti una giovane ragazzina stava correndo affannata guardandosi in ogni dove mentre all'orizzonte, dietro una piccola montagnetta ormai vicina, una coltre di fumo grigio si stagliava in un cielo rosso e cupo proprio là dove sorgeva il suo piccolo paesino.

Preoccupata accelerò il passo che, in salita, pareva sempre più in difficoltà e in preda alla stanchezza. Gli infuocati occhi gialli di Ania vibrarono tra il riverbero delle fiamme che l'accolsero quando ella fu arrivata nei pressi del villaggio di Ballynogh.

Uno scenario pareva ripetersi crudelmente per una seconda volta. Era tutto come l'aveva lasciato prima di fuggire verso la scogliera dei druidi mentre grida disperate miste a voci crudeli si innalzavano dietro di lei penetrandole l'anima e il cuore.

Il Rito del Tramonto era stato compiuto e le sue sei sorelle erano state imprigionate per sempre in preda all'oblio che solo quel crudele atto magico poteva dare. La mano del grande re ne aveva strappato l'anima una dopo l'altra eccetto lei, l'unica ad essere riuscita a raggiungere quel luogo che avrebbe dovuto proteggerla e che invece l'aveva tramutata in spirito, in un misero riflesso intrappolato fra quelle fredde pietre.

 

Adesso che aveva di nuovo modo di muoversi tra di loro, adesso che indossava le spoglie di qualcun'altro, qualcuno estraneo ai loro occhi, avrebbe potuto cercare vendetta, avrebbe potuto mandare in frantumi i pazzi desideri di un uomo corrotto dal potere e affascinato dal proprio desiderio di dominio sulle genti e sul potere magico delle veggenti a cui ella stessa apparteneva e che adesso stava rinchiuso in una piccola magica gemma sulla quale era inciso il simbolo runico del potere e che, incastonata e prigioniera, stava appesa al collo del suo aguzzino.

Link to comment
Share on other sites

Restavano poco più di una manciata di case malconce ai lati della via principale. Il resto era diventato men che cenere in una landa divenuta desolata e vuota. L'odore del legno bruciato era diventato l'odore della morte che si dispederva in ogni direzione visibile ad occhio nudo.

Non c'era più nessuno a testimoniare l'accaduto, nessuno che si fosse salvato.

La stada sterrata piena di macerie si muoveva dietro l'appannaggio del fumo in mezzo al quale Ania tentava, con un braccio sugli occhi e una mano sulla bocca, di attraversare alla ricerca di un qualche sopravvissuto.

Quale scempio!

Più di ogni altra cosa, ella voleva scoprire al più presto in che stato fosse casa propria, se il fuoco fosse addivampato fino alle scogliere ad est dove alcuni suoi amici vivevano insieme alle sue sorelle, Prese per un viottolo scosceso in un punto in cui l'aria limpida faceva breccia tra le fiamme mentre tre piccoli ciuffetti continuavano a seguirla con molta difficoltà e decisamente accaldati.

 

Pochi minuti dopo, quando Ania fu giunta presso la collina bruna dove viveva insieme alla propria famiglia, lo scenario cambiò improvvisamente. Rovine in fiamme riversavano il proprio dolore ardente in ogni luogo eccetto che per una piccola zona tondeggiante e ancora immacolata che pareva resistere agli attacchi insistenti dei carboni accesi che, come sotto un'incantesimo protettivo, si accatastavano su un'invisibile cupola al centro della quale un piccolo scrigno se ne stava adagiato accanto ad un cagnetto terrorizzato e un piccolo specchio logoro e sporco.

Ania accennò ad un lieve sorriso accelerando il passo verso quell'unico punto rimasto incolume e, senza esitare per un solo istante, vi entrò passando attraverso quella materia incorporea che, al contatto con il suo corpo, vibrò come una supeficie d'acqua increspata dal vento.

 

Il peloso aveva un viso familiare! Era stato proprio lui a richiamare Ania verso Saint Goel ed ella adesso lo riconosceva.. era Tolèh, il piccolo paggio del santuario e suo amico carissimo spesso venutosi a trovare nei guai proprio con lei e per lei. Si precitpitò ad abbracciarlo e lo prese in braccio guardandosi attorno alla ricerca di altri volti noti. Non vi era nessun altro. Non c'era spazio sufficiente se non per loro, spazio che si rimpiccioliva ad una velocità allarmante mentre l'esterno premeva sulle loro teste per annientarli fra il fuoco e le fiamme.

Cosciente dell'urgenza Ania diede una grossolana spolverata allo specchio che se ne stava abbandonato per terra e preso anche lo scrigno in mano poggiò un dito sulla superficie vitrea e disse: "Temeo, Fugae, Savem!"

La vecchia cornice cominciò a linearsi dappertutto cedendo ad una luce bianca e intensa proveniente dall'interno fino a che essa di spezzò e frantumò in mille pezzi rilasciando un'energia violenta che colpì il viso di Ania liberando i suoi capelli dal pesante drappo bianco lasciandoli vibrare frenetici in tutta la loro meravigliosa lunghezza e inghiottendola in un bagliore talmente vasto da occludere la vista di ogni cosa all'interno della ormai fragile cupola che, ormai al limite, implose sotto la furia delle macerie un attimo dopo che tutto ciò che vi era all'interno si era velocemente dissolto.

Link to comment
Share on other sites

Silverselfer

Ania accennò ad un lieve sorriso accelerando il passo verso quell'unico punto rimasto incolume e, senza esitare per un solo istante, vi entrò passando attraverso quella materia incorporea che, al contatto con il suo corpo, vibrò come una supeficie d'acqua increspata dal vento.

 

<<Ania accennò un lieve sorriso. Senza esitare, accelerando il passo verso l'unico punto rimasto intatto, attraversò quella materia incorporea, che vibrò al contatto del suo corpo come fosse la superficie di uno stagno increspata dal vento>>

 

Lo so che è molto fastidioso quando qualcuno mette le mani nelle tue cose ... volevo solo dimostrarti che si può dire la stessa cosa in modo diverso ... magari meno pesante da leggere. .

 

Comunque mi sto appassionando, eh!

Link to comment
Share on other sites

Silver devi prendere tutto come prima stesura.. la scrittura di getto senza revisioni incappa nelle difficoltà di essere scritta come la mia mente partorisce le idee senza alcun filtro xD

 

E ce ne sarebbero di revisioni da fare! :D

 

Sono contento che nonostante ciò ti stia appassionando.. grazie per i consigli.

Link to comment
Share on other sites

In un profondo ed opprimente blu, il cielo si stagliava spettatore silente di quello che era stato un massacro. Ballynogh non esisteva più nè c'erano più strade dritte a separare le piccole casupole con il tetto in paglia.. quella stessa paglia che, traditrice, era stata tanto lesta ad assecondare il maleficio del re. Quest'ultimo aveva lanciato il sortilegio oscuro con il solo scopo di impedire ad Ania la fuga verso le cave druidiche non curante delle centinaia di vite che questo gesto avrebbe strappato via. Del resto, cosa importava a re Brahams? Non aveva forse Egli domato la forza degli spiriti delle cinque colline? Non aveva, nella sua astuzia, stretto un patto con il Gancanagh, re di tutti i Lepricauni per il dominio sulle terre di smeraldo?

Le vite di quei miseri contadini contavano assai poco ai suoi occhi. Tutto ciò che Egli bramava era il potere, ed esso non guarda negli occhi di coloro i quali sono chini con le loro schiene ricurve sui duri doni della terra in cerca di un pasto per saziare i propri ventri. Il potere non si cura di quelli che non lo ricercano!

 

Sì, il suo piano era perfetto! Ogni razza sarebbe stata soggiogata ai propri desideri che da tempo coltivava ansioso nel profondo della propria concupiscenza e le sette veggenti erano state l'ultimo baluardo da superare e sconfiggere. Ogni runa sarebbe stata messa sull'altare del dominio eterno e con l'ultima, Egli avrebbe suggellato il proprio trono per sempre.

L'ubiquità di Ania però era un potere difficile da domare. Ella, come le altre sei sorelle possedeva un dono unico che nessun'altra di loro possedeva. Tutte erano chiamate Le Veggenti poichè erano in grado di profetizzare e vedere il futuro, cosa in cui invero Ania peccava fortemente, ma ella sapeva manipolare lo spazio ed il tempo in modo da poter essere in ogni luogo e da nessuna parte allo stesso tempo. Questa sua capacità le salvò la vita mentre fuggiva dal palazzo etereo e le permise di giungere sana e salva al cerchio di pietra.

 

Pochi attimi dopo che essa venne smaterializzata da sotto la fragile cupola un piccolo lampo dorato era apparso in mezzo alla foresta elfica proprio alle spalle del grande ingresso che portava a palazzo. Aveva emanato poche forti folgore a diversi metri dal suolo e si era poi brutalmente spento.

Un bignè ricoperto di panna se ne stava stramazzato per terra con due gambe ciondolanti e un miscuglio di ciuffi dorati e grigi sbucavano da sotto.

Ania era apparsa in aria dal nulla precipitando al suolo e spalmandosi per terra era finita con la vistosa gonna al contrario sulla testa che intanto se ne stava di nuovo comodamente appoggiata su Tolèh. Dello specchio non c'era traccia mentre lo scrigno se ne stava scomposto su una punta ficcato nel terreno.

 

"E' diventata un'abitudine quella di schiantarmi con la faccia per terra... " lamentava.. "Di questo passo assumerò la faccia di qualcun'altro e sarò irriconoscibile!"

 

Si ristemò in terra, prese in braccio l'amico d'avventure e cominciò a formulare un piano. Si guardava intorno cercando di capire perchè quel posto le sembrasse diverso. Effettivamente non era come lo aveva sempre ricordato. La foresta adesso non era più fitta fino al passaggio reale ma una coltre di rose rosse come il sangue versato a Ballynogh si estendeva a vista d'occhio. Qua e là qualche rosa scura, quasi nera, si stavagliava in quel tappeto purpureo.

 

"Sai Tolèh, non mi ricordavo fosse così il passaggio reale. Non mi pare ci siano mai stati fiori su questo lato del castello.. "

 

Si alzò in piedi decisa sul da farsi. Diede due sberle al vestito che stava diventando sempre più malconcio e sporco, sdradicò lo scrigno da terra e si mise in cammino verso la coltre rossa.

Intanto i tre piccoli lepricauni avevano perso di vista Ania durante la smaterializzazione presso la cupola e cercavano di scoprire dove potesse essere andata. Fu allora che Lugh, il maschietto, vide una flebile figura, un rimasuglio magico muoversi dove prima se ne stava rannicchiato Tolèh.

Puntando il dito in quella direzione esclamò:

 

"Lea, Rea! Là, un residuo d'ubiquità.. Ania è ancora qua per una parte! Seguiamola prima che si dissolva!"

 

I tre esserini si lanciarono velocemente verso la sagoma ormai quasi dissolta e con essa sparirono nel nulla.

Quando la magia fu cessata del tutto i tre si trovarono anch'essi in mezzo alla foresta elfica mentre il cielo cominciava a schiarire.

Trovandosi di fronte al castello presso il passaggio reale compresero quale potesse essere il piano di Ania ed avanzarono veloci verso l'ingresso quando una scena terrificante si palesò dinnanzi:

 

La ragazza stava immobile riversa per terra su un letto di rose mentre tortuosi rami irti di spine si insinuavano lungo il suo corpo stringendosi ad essa in una presa dolorosa. La mano ed il braccio destro erano rimasti raggelati in un'ultimo tentativo rimasto impresso in quella prigionia nel disperato intento di recuperare lo scrigno rotolato più avanti. Il corpo era bianco come il drappo che portava indosso e sembrava come fosse stato privato d'ogni goccia di sangue mentre, come in una definitiva vittoria, le rose brillavano dissetate di un rosso violento e profondo.

Edited by Aquarivs
Link to comment
Share on other sites

Lugh guardava impietrito quella scena devastante. Non era possibile che tutta la fatica per dare ad Ania una seconda occasione fosse diventata inutlie così presto, ancor prima di giungere nelle stanze interne. Lea e Rea guardavano in ogni dove in cerca di un aiuto, di un'idea che potesse riportare indietro quel triste avvenimento, che potesse salvare quella povera ragazza.

Era chiaro che non potessero andare oltre. Il letto di rose era stato di fatale incontro per Ania e sarebbe stato lo stesso per loro che, seppur piccoli, non avrebbero potuto sfuggire all'effetto mortale di tale magico artificio:

 

"Sapevo che non avremmo dovuto perderla di vista un secondo!" disperava Lugh

"Re Brahams deve aver richiesto l'aiuto dei 3 saggi. Non c'è altra spiegazione! Come avrebbe potuto ottenere un simile potere altrimenti?" chiedeva Lea ancora in cerca di vane risposte.

"Dunque è finita?" interruppe Rea con un tono visibilmente spezzato dalle lacrime.

 

"No!" disse una voce familiare alle loro spalle. "Non è ancora tempo di disperare!"

 

I tre si voltarono mutando il dolore in gioia immensa allorchè il dolce viso di Ania si chinò a sorridergli. Era proprio di fronte a loro, sorridente come sempre l'avevano saputa essere.

 

"Ma, ma.. " balbettava Lugh "tu eri lì io ti ho vista" mentre con il ditino faceva cenno ad una sagoma che stava scomparendo dissolvendosi.

Sì, Ania era riuscita, seppur per un brevissimo istante a percepire ciò che le sarebbe successo non appena avesse valicato i confini rossi del triste oblio. Fu così che diede forza al proprio potere proiettando se stessa pochi attimi nello spazio intorno e lasciando che l'incantesimo divorasse una mera parvenza di sè.

Sapeva che quello scenario era un artificio malvagio. Il castello non era mai stato circondato da nulla se non dal bosco elfico lungo il quale si snodava l'ingresso per il passaggio reale che i sovrani usarono in passato per fuggire dall'ira degli dei. Tutto ciò che si parava innanzi a quel piccolo gruppetto era una pura finzione magica atta ad ingannarli e nel buio della morte confinarli per sempre.

 

Molto poco distante, in cima al cuore della fortezza sovrana due viscidi e pomposi uomini strisciavano nell'ombra per presentarsi al cospetto del re portando quelle che parevano, all'inizio, delle buone notizie. I due mostravano un innegabile contrasto tra la povertà dei propri lineamenti ed il lusso dei loro abiti, tra il declino inesorabile dei loro visi logori e corrotti dalla malvagità e il fasto dei colori che i drappeggi mostravano ad ogni piega dei loro vestiti.

Una terza figura stava in piedi con lo sguardo rivolto su una vecchia e stretta feritoia con in mano un calice finemente intarsiato nell'oro più puro e sul quale brillavano riflessi due occhi azzurri come il cielo d'Irlanda.

 

"Avanti dite, che aspettate!" tuono una voce secca mentre il pugno chiuso intorno al calice si faceva ancor più stretto.

"Mio signore, " iniziò una voce nell'ombra con un fare viscido e adulatorio "La ragazzina è tornata.."

"Bene.. " rispose re Brahams insolitamente soddisfatto "Dove si trova adesso?"

"Ecco mio signore.." continuò il secondo Saggio che intanto era venuto fuori alla luce che la feritoia proiettava all'interno della torre, "giace riversa sui gradini che portano al passaggio reale.. a metà tra la vita e la morte".

"E' ciò che mi aspettavo. Del resto, le sue sorelle sono qui, in mano mia, parte della mia futura divinità. Il suo ritorno a questo mondo è fonte di gioia per me. Una volta in possesso della sua anima, il mio desiderio si potrà dire compiuto" e il re sorrise avido portando il calice alla bocca ingerendo quello che sembrava uno scuro liquido purpureo. "Portatela nella camera fatua! Ma badate! Non deve morire! Se così fosse mi occuperei dei vostri resti personalmente!"

 

Ed in eco a queste parole i due Saggi, a metà tra il terrore ed il malefico consenso tornarono sui propri passi lasciando il sovrano in compagnia della pregustazione di una vittoria a lungo bramata e finalmente vicina.

Edited by Aquarivs
Link to comment
Share on other sites

se è la mia mente che vuoi conosco un'incantesimo perchè io sia tuo.. xD

Sono contento che stai seguendo pure tu.. mi mette un senso di.. sicurezza..

Link to comment
Share on other sites

dai racconti che scrive una persona si capiscono tante cose di essa;) poi Lea è il mio diminutivo!!! hahahahah!!!!

 

 

ps: L'incantesimo deve essere reciproco altrimenti non vale!! uahahahah!!

Link to comment
Share on other sites

"Oh no!" gridò Celestia nel cuore della notte alzandosi velocemente dal letto in preda al panico.

Quel sogno che aveva fatto ogni notte, da diverse settimane, adesso pareva avere un senso!

Le rune disposte in cerchio su una grande pietra piatta sulla quale era inciso un triangolo a sei punte; fiumi di sangue versati in ogni dove l'occhio potesse scorgere; sette teche di cristallo scintillavano in una camera oscura illuminata da miriadi di candele ed un'immensità di magnolie sparse ovunque morivano in un odore dolciastro che, insieme a quello della morte, diveniva nauseabondo.

Un vecchio uomo aveva appena perduto il duro peso degli anni trascorsi e le uniche rughe che erano rimaste erano quelle ricreanti un ghigno malvagio quanto il suo cuore, quanto l'atto di sacrificio appena commesso. Due profondi e assassini occhi blu, quasi vitrei, erano tornati quelli di un ragazzo e i lunghi capelli grigi si erano tramutati in vigorosi filamenti castani.

Il sortilegio era stato compiuto! Il re aveva recuperato il proprio vigore giovanile ed in esso custodiva un potere vasto come l'universo, cacciatore di ogni essere magico aveva adesso in sè la potenza di un dio.

Stormi di corvi neri come la desolazione su cui la morte giace vittoriosa volavano per le lande che un tempo erano verdi e rigogliose raccogliendo ciò che il loro sovrano aveva lasciato lungo la propria scia di dominio fra corpi esanimi e abbandonati.

 

"E' successo di nuovo? Hai di nuovo fatto quel brutto sogno?" Chiese Revelia

.

"Sì sorella.. lo stesso di ogni notte.." e nell'angoscia delle proprie rivelazioni Celestia respirava a fatica mentre, passo dopo passo, ogni tassello prendeva il giusto posto.

 

"Sta tranquilla.. calmati" la esortava la sorella, "Dimmi, c'è qualcusa di nuovo che hai visto? Io continuo a vedere del fuoco all'orizzonte e il cerchio di Saint Goel, non capisco come queste cose siano collegate.."

 

"Non lo so Revelia, non so se stiamo sognando parti diverse della medesima profezia.. quello che posso dirti con sicurezza è che ho capito!" e gli occhi di Celestia accennarono ad un lieve bagliore trasformatosi presto in calde e copiose lacrime. Sotto le attenzioni della sorella continuò:

"Il re Brahams ha evocato il rito sovrano. Non so come sia accaduto che un uomo possa" aggiunse notando lo stupore della sorella alla notizia, "ma ha trovato il modo di attuarlo. Deve essere entrato in possesso di qualche potere magico. No, questa non è opera dei tre saggi. E' lui che lo evoca. Per se stesso".

 

"Questo significa che ha sottratto il potere a qualcuna delle 5 razze magiche. Noi siamo ancora qui, deduco che abbia sottratto la linfa vitale magica ai lepricauni o agli elfi.. no, di sicuro i lepricauni.. sono così deboli.. e poi mi sembra di aver sognato tre di loro al cerchio di pietre.. ma non sono sicura c'entri" commentava l'altra in cerca di risposte.

 

"Sorella! Non capisci! Non conta il come abbia potuto ma il fatto che, per compierlo, si sia servito di noi. Siamo noi il sugello, il prezzo da pagare perchè il rito abbia effetto, ricordi?" le rammentava l'altra.

 

"Oh santi numi! Il rito va compiuto per il solstizio d'estate! E' tra due giorni!" concitò l'altra portando le mani alla bocca.

 

"Prendete le vesti bianche presto! Dobbiamo scendere al Mèn-an-tol!!" disse Demetria irrompendo nella stanza con le altre sorelle.

 

"Che succede?" chiese Revelia già visibilmente agitata.

 

"Come se non lo sapessi!" rispose la penultima delle veggenti, "dobbiamo andare ad avvertire Silmeria. Nostra sorella sta svolgendo da una settimana l'intreccio dei roveti, potrebbe essere questa la sola nostra occasione per fuggire"

 

Fu così che le sei donne, indossate le lunghe vesti bianche si inoltrarono, nel buio della notte, lungo la strada tortuosa che portava alla grande scogliera nel vano tentativo di impedire l'avverarsi di quella triste profezia.

 

 

Intenta ad incastrare ogni ramo al giusto posto, Silmeria intanto, ignara dell'imminente pericolo, sussurrava dei leggeri ritornelli, quasi evocativi, che ricreavano una serie di formule magiche che cambiavano ogni qualvolta ella si pungeva con una spina. A quel punto lasciava cadere le poche gocce di sangue in una piccola ciotola di legno e ricominciava da capo. Il cerimoniale dell'eroe era richiesto alla più giovane delle sette veggenti e serviva a portare in vita in una determinata epoca un eroe leggendario che avrebbe dovuto compiere un atto o un gesto importante per poi ritornare tra le schiere divine sotto i servigi delle valchirie. Silmeria aveva ricevuto in sogno quella che le sorelle chiamarono poi "la chiamata" poche settimane addietro proprio mentre le altre avevano iniziato ad essere tormentate da quegli oscuri presagi e, a causa di ciò, era costretta, ogni notte, per tutte le ore di buio, ad intrecciare roveti che sarebbero poi stati deposti su ogni pietra disposta nel circolo.

Quando il cerimoniale fosse stato compiuto, un piccolo essere vivente sarebbe apparso dal Mèn-an-tol che, secondo la leggenda, sarebbe poi divenuto un uomo nel pieno delle proprie forze e pronto a compiere il destino per il quale era stato evocato.

 

Pochi istanti dopo aver ripreso l'ennesima cantilena, Silmeria si bloccò impetrita e con lo sguardo perso nel vuoto. I suoi occhi mostravano immagini velocissime e sconnesse tra di loro che si ripetevano a perdifiato. D'improvviso ella disse alcune frasi prive di qualunque intonazione:

"Portatemi le sette.. mio signore sapranno.. portatele poichè in ogni caso verranno da me.. mio signore.. verranno al cerchio".

Poi il nulla.

 

Silmeria recuperò coscienza in preda allo spavento. Si guardò intorno rovesciando il penultimo intreccio e corse all'ingresso da dove potè scorgere affannati drappi bianchi correrle incontro. Diede uno sguardo al cerimoniale consapevole di non aver ancora terminato e, in un impeto irrazionale ma necessario, corse indietro disponendo tutti le corone intrecciate su ogni pietra del cerchio, prese una manciata di foglie di peonie da un cesto e le sparse in ogni dove. "Presto, presto" esclamava tra sè e sè e intanto intingendo un dito nella ciotola di legno disegnava per terra dei simboli runici col proprio sangue.

 

"Sugello.. presto presto.. Chiamata.. com'era poi? Sì.. sì ehm.. Destino.." e mentre ella si accingeva a dipingere Salvezza, l'ultimo simbolo runico rimasto, Revelia e le altre entrarono nella caverna. Si tolsero le vesti e la più grande, Demetria, capì che il cerimoniale non era stato completato benchè Silmeria stesse per concluderlo col proprio sangue. Contò in fretta gli intrecci.

 

"No! Silmeria.. Manca una corona! Non puoi! Il numero delle corone.." ma fu troppo tardi. Ella aveva appena sigillato quell'atto magico causando un tremore in tutta la caverna che si arrestò dopo che un piccolo lampo ebbe attraversato il cerchio di pietre e acceso, per un'istante, il passaggio attraverso il quale era giunta Ania.

 

"No Silmeria, il numero delle corone rappresenta l'anno in cui l'eroe deve giungere. A ritroso dal futuro eterno in cui dimorano gli dei! Lo hai mandato nell'anno sbagliato!" esclamò Revelia disperata.

 

"Non c'è tempo! Io l'ho visto! Stanno arrivando, sono a pochi minuti da qui. Non possiamo più fuggire." replicò Silmeria in tono di resa.

"Non possiamo più fuggire"

Edited by Aquarivs
Link to comment
Share on other sites

Commento dallo scrittore:

 

Quest'ultima parte è stata non poco complicata da scrivere. Il racconto, che pareva essere partito semplice e lineare, diventa sempre più complesso e strutturato fra salti nel tempo a livello narrativo e nel binomio causa/effetto.

Scoprire che il primo pezzo non è affatto l'inizio di un'avventura ma la conseguenza di scelte fatte ancor prima che noi lo sapessimo.

Ania, questa bambina quasi collegata ad Alice per la sua spensieratezza e vivacità, non inizia il nostro racconto. Questo personaggio è quasi vittima degli eventi, così come Tolèh.

Il cerchio di pietre, i drappi bianchi, l'errore di Silmeria tutto riconduce ai primissimi momenti in cui scopriamo questo racconto, quando ogni cosa pare non avere un motivo.

Manca ancora qualche pezzo come, ad esempio, il rapporto fra Ania e Silmeria e il rapporto tra Ania e l'eroe. Non posso spiegarlo ancora perchè devono accadere un paio di cose ma posso dire che, al momento, tutto sembra possibile e la cosa mi piace. E' possibile credere che Ania sia o che l'Eroe sia (anche se, invero, lungo la storia ci sono elementi sufficienti per capire chi è chi e, di conseguenza, comprendere che mancano ancora dei match, dei riscontri) ma lasciamo che la storia ci racconti.

 

Ps. il racconto a ritroso dà una strana sensazione a me che sono lo scrittore: mi infonde sicurezza (so che certe cose sono accadute già, come la morte delle sorelle) e mi fa sentire soddisfatto quando cose diverse e lontane tra loro si connettono all'improvviso dando la soluzione.

Per il lettore sarà lo stesso?

Edited by Aquarivs
Link to comment
Share on other sites

Silverselfer

Quello che sta succedendo è che il tuo racconto si sta trasformando in un romanzo. La "fabula" semplice di cui è composto il racconto si limita a narrare un evento o comunque una serie molto circoscritta di nessi causali che sfociano nello stesso fatto (racconto lungo). Tu sei partito da un racconto breve, ma poi hai sviluppato tutta una serie di nessi cronologici e ora ne stai delineando anche le causali, cioè hai formato una trama.

 

Ma a quanto pare il tuo progetto letterario è più ambizioso e quello che si sta delineando è un vero e proprio "intreccio narrativo". La differenza con la fabula sta nel fatto che un intreccio si svincola dall'ordine cronologico lineare della trama. Lo scrittore usa degli artifici letterari per ordinare in maniera "artistica" gli eventi che compongono la narrazione. Esempio pratico: tu ricorri spesso a delle anacronie mascherate da visoni divinatorie, con le quali introduci le causali che ti servono per costruire il proseguo della storia.

 

Mi fermo qui anche se avrei anche da dire sul racconto iniziale che definirei "behaviorista"; sì, deriva dal termine inglese, significa che il racconto si limita alla descrizione delle azioni, senza mai soffermarsi sul pensiero dei personaggi. Ora, invece, direi che sei diventato autoriflessivo, cioè indaghi quanto accade con riflessioni, stile tipico dei romanzi gialli. Secondo me dovresti uniformare lo stile per evitare che si formino nuclei narrativi disomogenei. Ok, adesso la pianto o mi dirai di nuovo di parlare come mangio e stasera ho mangiato bieta all'agro e bastoncini di soia ... te capì?

 

In onore ai bastoncini di soia ... riguardo all'ultimo capitolo, un triangolo si chiama così perché ha tre angoli acuti, se avesse sei punte, le stesse costituirebbero altri tre angoli, e non potrebbe essere più chiamato "triangolo" ma una roba tipo "esangolo". La tua credo che sia possa definire stella a sei punte che sì, si può ottenere con la sovrapposizione capovolta di due triangoli equilateri ... stop.

Link to comment
Share on other sites

Allora, cominciamo da qui:

 

Grazie per l'interesse Silver e per la cura con cui segui tutto. Che sia un passatempo o no comunque mi dà una gioia immensa creare con la fantasia questi mondi "paralleli" in cui ogni cosa è possibile. Riuscire a farlo "meglio" grazie a dei consigli non può che rendermi più entusiasta nel continuare.

 

Sì il racconto è cambiato. Sarebbe dovuto durare poco, forse essere già finito, ma la trama era impossibile da contenere e ho dovuto seguire l'istinto. Non si è semplicemente allungata (sai il trita e ritrita per allungare il brodo) ma si è proprio estesa in ogni direzione al punto che ho dovuto creare delle domande e ad esse fornire delle risposte.

 

Una fine c'è già nella mia testa, è ovvio ed anche un percorso narrativo ma il come ha preso vita non me lo chiedere. Io semplicemente metto mani alla tastiera e lascio che siano i personaggi a dirmi cosa scrivere. Alle volte ho come l'impressione perfino che mi scombinino i piani programmati (ad esempio non era prevista nessuna visione onirica da parte delle sorelle però c'era qualcosa nella mia testa che mi diceva: perchè Ania dovrebbe sentire tanta premura per qualcosa di cui io stesso non so niente? E d'improvviso compare questo nome: Celestia. Io avevo programmato di scrivere quello che sarà il pezzo successivo e cioè il tradimento di uno dei saggi ma non ho potuto oppormi. xD Lo so sono pazzo ma sono convinto che tu mi capisca).

 

Infine la roba del triangolo. Bell'appunto. L'ho fatto anch'io a Celestia ma questo è quello che ha visto. Non l'ho mica visto io.. per lei era un triangolo a sei punte (secondo me erano due sovrapposti di 180 ma lei questo non lo sapeva) probabilmente perchè tre delle punte erano collegate dalle tre rette formando, appunto, un triangolo mentre le restanti tre erano isolate dal resto (e io credo di sapere perchè ma questo non lo posso dire, anche se posso anticipare che tutte insieme sono sei proprio come le sei sorelle già sacrificate).

 

Sull'evoluzione dello stile non sono d'accordo (ma non insisto). L'inizio del racconto subisce la velocità e la "narratività" di quello che dev'essere un racconto breve mentre il resto cambia perchè, come dici tu, sta divenendo un romanzo. Ma questa cosa oltre che essere funzionale è intenzionale. Dapprima volevo si avesse un'idea veloce del tutto, le scene, le dinamiche ma poco sui personaggi perchè ci sarebbe stato tempo. Inoltre il protagonista di questa storia non Ania o, quantomeno, non il suo spirito per cui a parte un lieve accenno al carattere indipendente e sbarazzino non c'era molto da dire.

Probabilmente in una stesura di massima aggiungerei qualcosa perchè di sicuro renderebbe tutto più, appunto, omogeneo.

 

Bacio.

Domani sera (o forse stasera stendo il seguito xD)

Link to comment
Share on other sites

"Mi chiedo come faremo a passare.." si interrogava Ania non riuscendo a scorgere nessuna via per il passaggio reale che non fosse stracolma di rose.

 

"Ma, non capisco.." - sussurrava Lugh a Rea perplesso - "Lei possiede il dono.. per quale motivo non lo usa?" -

 

"Secondo me non è ancora abbastanza cosciente.." - interruppe Lea.

 

"Se così fosse non si sarebbe salvata da quella trappola" - replicò Lugh - "Di fatto è in grado di teletrasportarsi. E' sempre stata in grado di farlo" -

 

"Proabilmente lo spirito di Ania è talmente forte da impedirle di agire coscientemente" - concluse Rea.

 

Mentre i tre continuavano a confabulare un lamento arrugginito venne fuori dal piccolo portone in ferro che teneva chiuso l'ingresso per questa via secondaria. Da quella distanza riuscivano ad intravedere solo la sagoma di un uomo, giovane in apparenza e vestito con abiti di un certo valore e decoro. Indossava dei guanti di daino finemente ricuciti e un lungo mantello verde scuro gli solcava le spalle correndo fino agli stivali anch'essi dettagliatamente decorati in filamenti di bronzo.

Nessuno di loro accennò ad una sola parola. Erano rimasti ad osservare pronti alla fuga o all'attacco se fosse stato necessario.

 

Quando quest'uomo iniziò a scendere gli scalini che lo separava dal piccolo gruppetto le rose iniziarono ad andare in frantumi essiccandosi come sotto la luce intensa di un sole impavido e crudele con una leggiadria tale da dare l'illusione che non toccasse il suolo.

Giunto molto vicino ad Ania si fermò in silenzio guardandola con un fare sereno e contemplativo..

 

"Chi sei?" - chiese Ania spezzando finalmente quel lunghissimo momento.

"Oh mia bellissima divinità" - rispose in un sussurro melanconico.. "A lungo ti ho attesa, bramandoti.." - e i suoi occhi iniziarono a riempirsi di lacrime morbose. "Mia Silmeria.."

 

Gli occhi di Ania sgranarono inauditi.

Indietreggiò di scatto allorchè egli tentò di sfiorarle il viso in un gesto di romantico abbandono comprendendo che tutto ciò che le si parava d'innanzi era una pura finzione, frutto di una mente manipolata dalle oscure forze di Brahams che intanto le parlava da ogni dove come se la sua voce provenisse dal cielo e dalla terra contemporaneamente:

 

"Perchè sei fuggita via? L'eternità è ciò che è destino per noi. Fonderci insieme in un oceano di luce e onnipotenza perchè noi così potessimo amarci per sempre.."

 

"Non è destino ciò che hai ottenuto con la forza e l'inganno mio signore" ed Ania rallentava sarcasticamente e carica d'odio su queste ultime parole. "Non sono mai stata tua, nè lo sono state le mie sorelle.. il tuo sogno è un incubo del quale ti renderai schiavo soltanto tu!"

 

"Oh, piccola dolce ragazzina.. tu non puoi opporti a me.. rimani solo tu. Non hai nessuno che possa più proteggerti" - e uno sguardo pietoso e soddisfatto cadde su quei tre piccoli puntini che intanto se ne stavano nascosti inutilmente dietro una gamba di Ania. "Verrai tu stessa da me, quando il tempo sarà compiuto ed allora mi implorerai di prenderti.. mi implorerai di darti la tanto amata fine nella quale ti crogiolerai per sempre nell'intimità del mio cuore"

 

"No! - reclamò la piccola Ania mentre un feroce turbinio rosso iniziò a tormentare quei grandi occhi color dell'oro. "Maledirai quell'unica Runa che non ti è mai appartenuta e che non sarà mai che ad un passo da te senza che tu possa toccarla. E gemerai nell'ombra disperandoti ed illudendoti dei tuoi stessi sogni finchè nella solitudine della tua follia essa ti consumerà uccidendoti poichè questa è la mia profezia!" e in un gesto d'impeto Ania si inginocchiò toccando i tre lepricauni sparendo e riapparendo lontano, alle spalle di quella proiezione astrale malefica, su in cima alle scale e, dopo aver dato ad essa un ultimo sguardo di disgusto e odio, Ania corse dentro l passaggio reale.

Link to comment
Share on other sites

  • 2 weeks later...

Come lo aveva sempre saputo essere, il passaggio reale era un labirinto di scale e corridoi completamente al buio con piccoli bagliori quasi divorati dalle tenebre che mestamente spargevano qua e la il leggero scoppiettare del fuoco sui ceppi accesi dai quali venivan fuori.

Ogni passo pareva moltiplicarsi nel silenzio della via e il fiato concitato accompagnava il suono metallico che le gocce filtrate dalle mura facevano cadendo in terra.

La fuga dalle mani del re iracondo era avvenuta velocemente, quasi in un battito d'ali ed Ania non ricordava assolutamente nulla del cammino che, a ritroso, aveva fatto per scampare al pericolo. Ogni direzione era plausibile, ogni corridoio pareva quello giusto in una giungla di cuniculi e traverse molti dei quali sfuggivano alla vista perchè completamente al buio.

 

"Ania usa la proiezione!" - gridò Lea - "Prova a trovare la strada in questo modo.."

 

"Non finiremo da nessuna parte.. questo posto è noto per essere sconosciuto a chiunque se non ai reali" - aggiunse Lugh

 

"Non posso usare la proiezione! Potrei finire ovunque e nei tentativi rischierei di apparire in mezzo a gente nemica!" rispose Ania che intanto aveva afferrato un ciuffo di steppaglia dal muro per farsi luce in un antro oscuro. "Non mi ricordo di questo posto.. è come se non ci fossi mai passata.."

 

"Questo passaggio fu creato per la fuga dei reali dal castello quando essi progettarono la ribellione contro gli dei. Se gli angeli della morte si fossero presentati per portarli via loro avrebbero intrapreso questo lungo labirinto per poi finire in salvo dentro la foresta elfica.. per cui dubito che riusciremo mai a trovare l'uscita" - replicò Lugh - "Questo posto è fatto proprio per far perdere chi non lo conosce".

 

Intanto i quattro avevano rallentato stanchi e confusi continuando a brancolare in cerca di un segno che li potesse aiutare..

 

"Se non facciamo in tempo, Lugh, che ne usciamo vivi o no non sarà più importante! La luna è quasi completamente piena e io sto cominciando a sentirmi stanca.. Ania inizia a comprendere ogni cosa.. comincia a prendere il controllo.."

 

"Silmeria?" - chiese Rea

 

"Sì?" - rispose Ania.. "sono ancora io.."

 

"Forse se liberassi Farafel riusciresti a resistere più a lungo.." si inserì Lea preoccupata ed intanto Ania si era accostata nei pressi dell'ennesimo bivio. Una via sembrava fredda e maleodorante mentre le altre due erano come tutte quelle che avevano attraversato fino a quel momento. Eppure una di queste mostrava un piccolissimo bagliore in movimento.. lontanissimo.

 

"Farafel non è ancora pronto.. sono io che sto per cedere. Il mio corpo ha quasi perso conoscenza. Non manterrò questa proiezione ancora a lungo. Guardate! C'è un bagliore in fondo.. In mezzo al nulla, forse è l'unica cosa che dovremmo seguire.. Andiamo!"

 

E nella lentezza della fatica e dell'angoscia il gruppo si rimise in modo sotto un velo di terrore che torturava i tre lepricauni inermi e senza alcun potere che potesse aiutarli.

Quando furono abbastanza vicini da vedere meglio, quella piccola luce, in effetti, non era come tutte quelle che illuminavano qua e là il labirinto. Questa si muoveva come avanzasse verso di loro ma se ne stava sospesa per aria senza che nessuno la reggesse. I tre ciuffetti ripresero a camminare stretti dietro le gambe di Ania che si muovevano lente e deboli fin quando queste cedettero alla disperazione e fecero crollare Ania.

Una mano lesta la afferrò per un braccio e la tirò su sulla propria spalla mentre una luce agitata illuminava a caso il portatore mostrandolo solo in parte.

 

"Mia Signora.. non perdetevi d'animo. C'è ancora tempo! Purtroppo cinque delle sue sorelle sono state prese dall'oblio del sonno eterno e i loro corpi giacciono già dentro le teche di cristallo, ma Silmeria e Celestia sono ancora vive. Le loro rune sono spente. Via, mia Signora.. si desti.. " esortava una voce nascosta da un vistoso cappuccio nero sui quali brillavano delle meravigliose rifiniture in oro.

 

"Noo.." - sussurrò Lea terrorizzata. "E' uno dei tre maghi! E' uno di quelli che hanno evocato il male su tutti quanti noi!"

 

I lepricauni si strinsero vicini con gli occhi sgranati e il terrore impresso nei loro cuori. Erano in mano al nemico, un nemico tanto malvagio da fingersi caritatevole..Lugh strinse i pugnetti pelosi e mutando il proprio sguardo esclamò:

 

"Con o senza magia difenderemo la nostra Silmeria ad ogni costo!" e si scaglò verso il mago chino a tener Ania picchiandogli le caviglie, cercando in tutti i modi di impedirgli di prendere la sua eroina. Lea e Rea lo seguirono a ruota arrampicandosi sulle sue lunghe vesti decorate e risalendo sul cappuccio Lea e su un polso Rea, iniziarono a scalciare e mordere.

 

"Calma, Calma piccolo esercito di guerrieri! Non sono un vostro nemico!" - disse forte il mago. "Sono uno dei tre potenti, ma io sono il più giovane dei tre. Sono colui il quale veniva chiamato "l'apprendista". Ma non sono malvagio come loro. Non è mai stato nei miei piani far accadere tutto questo!"

 

"Ci vogliono tre maghi per compiere il rito sovrano!" - replicò dal basso Lugh continuando a dare pugni e calci.

 

"Sì, ma non ho partecipato a quell'incantesimo. Non avevo le conoscenze adatte. E' lo stesso re uno dei tre Maghi. Lo è sempre stato. Io, prima che lui divenisse il nostro sovrano, ero solo uno studente di alchimia e rune antiche. Adesso non perdiamoci in chiacchiere! E' tardi. Il corpo di Silmeria è già avvolto in una bozza cristallina. A breve la sua Runa brillerà e sarà davvero troppo tardi!" esclamò deciso l'ex apprendista.

 

Non avendo alcuna speranza di sopraffarlo e nel vano desiderio d'essere aiutati, l'esercito smise di lottare e, deposte le armi, seguirono il giovane mago mentre, in braccio, portava Ania con sè nelle dimore interne.

Link to comment
Share on other sites

Commento dallo scrittore:

 

E' sempre complicato giungere al punto in cui occorre dire tutto ma continuare a non dire troppo.

In effetti c'erano molti quesiti ai quali occorreva rispondere ma ho preferito fossero i protagoinsti a rispondere, magari involontariamente, piuttosto che pianificare una sorta di resa dei conti.

Credo che le rivelazioni siano più spontanee e autorevoli quando provengono dagli attori di questa storia.

Il ruolo di Ania ormai è chiaro. E' un tramite. In vero è Silmeria (nome dato non a caso) che agisce per conto proprio ma, ovviamente con dei grandi limiti.

Ho cominciato a svelare anche il perchè ci sia una certa fretta e il perchè Ania non sia sufficientemente forte o non riesca a compiere certe cose.

Cambia adesso la prospettiva di certe frasi. Lo stesso discorso fra lei e Brahams sul tappeto di rose.

Entrambi proiezioni astrali, entrambi con una scadenza, entrambi a metà tra il vivo e il morto.

Silmeria sta effettivamente andando da lui.

Non è la salvezza delle sorelle quindi a premerla (che a quanto pare sono già spacciate) ma l'impedire che il suo corpo sveli l'ultima Runa.

Resta ancora da comprendere il perchè del passaggio attraverso la porta di pietra, l'incontro con Ania e un paio di cosette, ma ormai ci avviciniamo alla fine..

Vedremo..

Edited by Aquarivs
Link to comment
Share on other sites

Il mio migliore amico è un mago del disegno e della grafica.. si è innamorato della storia e stamani mi ha dato questo lavoro immaginando un libro illustrato su Ania:

 

silmeria.jpg

Link to comment
Share on other sites

  • 2 weeks later...

Era intuibile che quel giovane mago sapesse esattamente quale fosse la chiave dell'intrigato e oscuro labirinto. Si muoveva, seppur con il carico di Ania sulle spalle, con decisione e fermezza. La risolutezza pareva intimidire oltre modo i tre lepricauni che lo seguivano a distanza preoccupati di cotanta determinazione: che li stesse conducendo con premura verso le stanze reali, in mano al malefico re?

Pochi minuti dopo aver oltrepassato l'ennesimo bivio, il piccolo gruppo si trovò dinnanzi ad un piccolo tunnel che si torceva duramente verso l'alto e infarcito di scalini grossolanamente squadrati e scivolosi che portavano ad una piccola camera piena zeppa di libri e cianfrusaglie sparse in ogni dove.

Quando vi furono dentro, il mago chiuse dietro di sè la cigolante porta in legno e adagiò il corpo stanco di Ania su un piccolo letto sgualcito dai tanti pensieri fatti nel cuore delle notti.

 

"Presto, abbiamo davvero pochissimo tempo. Dobbiamo affrettarci!" - ansimava il giovane agitando il lungo mantello in ogni angolo della camera. "Dev'esserci, da qualche parte, una difficile formula per il trasferimento dell'anima.. dobbiamo trovarla subito! Datemi una mano piccoli soldati!"

 

"Formula per il trasferimento dell'anima?" chiese Lug perplesso.

 

"Sì.. Silmeria non è più in grado di prendere possesso del proprio corpo ormai. La sua coscienza sta per dissolversi tra i pensieri confusi di Ania!" rispose il mago rovistando alla rinfusa. "Quando saremo nella sala del rito dovremo fare in fretta. Silmeria dovrà tornare nel proprio corpo prima che la sua runa si accenda!"

 

In quell'istante un grande fragore si sparse nell'aria penetrando le mura in un silensioso boato. Un piccolo bagliore illuminò un cielo lontano e visibile dalle tre feritorie poste ai tre angoli di quella piccola camera mentre gli occhi del giovane vi guardavano attraverso raggelati dalla muta notizia.

 

"No! No.. non ancora!" girdò disperato ricominciando ad annaspare tra i mille fogli e pergamene sparse in ogni dove.

 

"Che cos'è stato?" domandò Lea turbata

 

"Celestia.." rispose il mago visibilmente scosso. "Celestia ha acceso la sua runa.. Silmeria adesso è la sola rimasta.. Ecco! Il rituale dell'ascensione! Presto, Presto!

 

Ania si svegliò di scatto mentre il provvidenziale aiuto stava caricando i tre lepricauni sulle proprie spalle.

 

"In inme, fatua, ed termine.." ripeteva la ragazza privata d'ogni senso della realtà. Si alzò velocemente senza curarsi di coloro che stavano inermi a guardarla e, velocemente, aprì la porta e corse lungo la stretta scalinata seguita a ruota dal gruppetto fedele.

Il gonfio vestito tanto amato dalla propria madre urtava su ogni profilo di quelle mura oscure mentre Ania scorreva fra le ombre fitte che le avvolgevano i lunghi capelli ribelli. Con tanta difficolta Lug, Rea e Lea riuscivano a scorgerla dalla cima del risoluto mago che, intanto, la seguiva senza esitare giacchè ella pareva conoscere esattamente la strada da compiersi.

Il suolo iniziava a dare segni di cedimento nella loro disperata corsa verso la fine mentre un sibilo insistente e doloroso aveva iniziato ad espandersi in ogni direzione, un grido malefico, un eco di morte e devastazione come mai era stato udito.

 

"Per tutte le lepri salterine, mi sta per scoppiare la testa!!" Gridava Lugh trotterellando sulla spalla destra. "Cosa sta succedendo? Io.. " e improvvisamente Lea sparì senza finire la frase mentre pochi attimi prima, con le mani alle orecchie, anche Lea si era dissolta nel nulla. Lug le seguì poco dopo, appena in tempo per lanciare uno sguardo di terrore al giovane che, intanto aveva iniziato a piangere copiosamente".

 

Ogni essere magico stava cedendo al potente incantesimo ordito dal re. Ogni residuo di magia, di forza vitale stava fluendo verso un uomo dal cuore corrotto, avido di domino e sete di potere. Una dopo l'altra, ciascuna creatura moriva per sua mano.

 

"Perchè ogni cosa mi appartenga, perchè io sono il dominatore di ogni male e di qualunque bene!" urlava soddisfatto il re Brahams al centro della grande camera dove il rito sovrano stava per essere ultimato. Il corpo di Celestia giaceva morto, imprigionato in una lussuosa teca di cristallo come le altre cinque sorelle e una piccola pietra piatta e aguzza fluttuava nell'aria di fronte ad essa brillando di un rosso vivo come il sangue che ella aveva versato nella lunga agonia. Una grande lastra nera spezzata in più parti giaceva al centro sotto il peso dell'arcigno sovrano e le crepe illuminate da una luce sanguigna gli illuminavano il viso mentre le sette parti in cui essa era divisa iniziavano a fondersi nuovamente come era stato nella notte dei tempi.

Una volta che il cerchio degli dei fosse stato riportato a nuova vita, ogni cosa sarebbe appartenuta per sempre al suo detentore, il malvagio sovrano di Eiren.

Link to comment
Share on other sites

Arriva subito il seguito!!!!

Spero non vi deluda.. siamo quasi alla fine!

 

 

Ogni cosa tremava. Ovunque l'acuto suono della morte spezzava i vetri in miriadi di cocci inermi che con forza si infilzavano nei pesanti drappi scuri che oscuravano enormi finestre sparse lungo il perimetro di quella grande camera malvagia.

Il cielo aveva preso a turbinare fra nubi e lampi minacciosi mentre un bagliore prepotente era disceso fra le crepe di un tetto ormai distrutto puntando proprio sul sovrano che intanto stava a braccia aperte attendendo il grande momento.

Due sagome gli si stagliavano ai due lati, in terra e privi di vita, circondati da miriadi di petali di magnolie dall'odore nauseabondo. Quelli che erano stati servi e maghi devoti alla causa oscura adesso erano vittime della loro stessa bramosia, defraudati dal loro stesso compagno di malefatte con il quale il potere non poteva essere diviso.

 

Venne il momento in cui il grande ingresso dorato venne spalancato presentando al sovrano l'adempimento di ogni sua volontà.

Silmeria stava in piedi, ancora in grado di vivere nel corpo di Ania, mentre il proprio se ne stava, morente, quasi del tutto intrappolato in un cristallo freddo e spietato. I suoi vispi occhi rossi agitavano il furente odio della vendetta e urlavano quanto i profondi occhi vitrei e blu del suo nemico che, dal suo canto, la desiderava di un amore morboso, malato.

 

"Vieni mia amata! Disfati di questa fin troppo giovane sciocca e unisciti al corpo nel quale sei nata e nel quale morrai per mano mia.." e egli allungò un braccio verso Ania lontanissima da lui.

 

Silmeria si voltò indietro e vide arrivare il giovane mago che con tanta dovizia l'aveva seguita verso il cuore della battaglia.

La sua anima era affranta e stanca. Era cresciuto nella consapevolezza che Silmeria non sarebbe mai stata la protagonista di tutti i suoi sogni. Tutti quegli anni passati insieme, in un'adolescenza ancora priva di responsabilità parevano un lontano ricordo. Le fughe verso le spiaggie dorate, le sere di nascosto a Ballynogh accanto ad un fuoco con gli anziani del villaggio a sentir di vecchie storie e leggende delle quali loro non avrebbero mai creduto potere farne parte. Ma il tempo li aveva costretti ad un addio. Silmeria era la prescelta delle sette veggenti. Lui sarebbe divenuto un mago di corte. Non c'era un fato comune, non ci sarebbe stato comunque. Ma il destino che stava per compiersi era intollerabile ancor più di quello progettato.

I loro occhi si incontrarono ancora una volta. Un'ultima volta.

Silmeria sapeva chi fosse quel giovane dallo sguardo brillante. E quest'ultimo sapeva d'amarla tanto quanto sapeva chela fine stesse per giungere.

Silmeria si voltò nuovamente a guardare il proprio corpo morente mentre una piccola runa fluttuava già di fronte ad esso.

 

"Tu, piccolo insolente moccioso! La tua testa dovrebbe essere a marcire in un angolo delle segrete!" Urlo il re alla vista del mago. "Adamante, guardami negli occhi quando ti parlo!" Insistette tuonando Brahams, e stingendo la mano destra in un pugno costrinse il giovane a chinarsi sotto un dolore lancinante mentre il suo volto si muoveva da solo, inarrestabile verso il re iracondo.

 

Ania chiuse gli occhi per un istante e una piccola luce le illuminò il viso mostrando qualcosa che ella aveva sapientemente nascosto. Quel tanto difeso piccolo scrigno le si materializzò davanti ed ella lo afferrò prontamente tra le mani. Lo sguardo del sovrano impallidì. Egli sferzò la mano sinistra violentemente scagliando Ania contro un durissimo muro tramortendola mentre il prezioso artefatto rotolò in terra ai piedi del re.

 

"Nessuno verrà a salvarti!" E con un duro gesto della mano portò Ania su lungo il muro che intanto le strappava il vestito lungo le spigolose insenature.

 

"Pre..pre.. " disse Adamante tentando di pronunciare una formula magica.."Pre.. pre tizia vitae in ma.. magico exodus" e prese delle goccie di sangue dalle vistose ferite che la resistenza alla magia del re gli stava provocando e si toccò la spalla destra e la sinista.

Tre esserini comparvero dal nulla quasi incorporei esattamente nella stessa posizione in cui erano spariti. Si muovevano liberamente senza il gioco onnipotente di Brahams. "Lo sc.scrigno Lea.. " aggiunse con dolore e fatica

 

I tre Lepricauni compresero in un istante tutto ciò che era appena accaduto. Ania era in balia del re tanto quanto il suo fedele mago. Non c'era nessuno che potesse aiutarli. Erano soli. erano indifesi. Erano piccoli. Forse troppo piccoli perchè il sovrano si preoccupasse di scorgerli. Fu così che scivolarono veloci lungo il mantello di Adamante e corsero indisturbati ai piedi di Brahams che intanto rideva di gusto alla vista del proprio predominio.

Quando egli si accorse dei tre lepricauni fu troppo tardi. Rea stava già a testa in giù con il coperchio dello scrigno aperto all'indietro mentre Lugh e Lea lo reggevano da sotto.

Un meraviglioso cucciolo bianco e peloso venne fuori dal quel piccolo tesoro e correndo verso Adamante, che intanto stava per cedere alle forze del re, lo inondò di una luce calda e abbagliante che lo avvolse in un'esplosione di energia liberandolo dal sortilegio.

 

"Piccoli infimi esseri insignificanti!!" urlò Brahams tramutando la propria aurea in tenebre oscure. "Avete fatto giungere l'eroe fin qui, in questa stanza! Nel mio mondo! E' il mio mondo ed in mano mia deve rimanere!" Ed un'inaudita forza esplose dalle sue mani investendo ogni cosa stesse a pararglisi d'innanzi. Ania scivolò di nuovo sul pavimento arrestandosi pochi istanti prima di toccarne la superficie sotto il diretto controllo di Adamante che intanto stava in piedi a difesa del corpo inerme e prigioniero di Silmelria.

 

"E' giunta l'ora del trasferimento! Silmeria, amica mia.." disse Adamante guardandola teneramente per un solo istante. "E tempo che tu sia libera!"

Edited by Aquarivs
Link to comment
Share on other sites

  • 2 weeks later...

Le sei teche di cristallo nelle quali le veggenti avevano perso ogni alito di vita iniziarono ad incrinarsi sotto la furia del potere del re Brahams che, inaudito, schiantava ogni cosa al suolo e stritolava ogni oggetto gli si parasse contro.

Aveva desiderato ardentemente il dominio su ogni essere vivente e così sarebbe stato. Non avrebbe permesso a nessuno di ostacolarlo, nemmeno la più nefanda delle profezie.

 

Eppure Adamante pareva resistere a quella furia omicida. Continuava a proteggere a braccia aperte il corpo di Silmeria ormai giunto alla fine mentre Ania se ne stava priva di sensi alle sue spalle adagiata ad un muro. Lea, Rea e Lugh avevano trovato protezione dietro le gambe del giovane mago che intanto stava portando a sè tutta la forza e il coraggio che Tolèh gli aveva infuso dissolvendosi intorno a lui.

 

Pochi istanti dopo, i suoi morbidi capelli bruni diventarono ancora più scuri, neri come la notte mentre infinite scie luminose lo attraversavano mutando i suoi abiti in intrecci preziosi color dell'oro puro. Il suo viso divenne quello di un uomo fatto ed adulto mutando in fermezza e vigore e, per un breve istante, una corona di rovi si formò sul suo capo colma di piccolissimi fiori bianchi dai quali spuntava un piccolo cristallo blu che, solitario e brillante, pendeva al centro della fronte.

Una sagoma vitrea, bella come una giornata di primavera e dolce come lo sguardo di una fanciulla gli si accostò accanto baciandolo teneramente su una guancia e, dato un ultimo sguardo a colei che l'aveva fin lì condotta, disse piano:

 

"Mio Fàrafel, guerriero di pace e salvezza.. è tempo di riportare la vita.."

 

Ed essa si mosse verso Silmeria dissolvendosi all'interno della teca nella quale quest'ultima giaceva abbandonata ad un triste destino.

Fu in quell'istante che la runa sospesa davanti ad ella scomparve nel nulla e gli occhi della piccola veggente si aprirono in un oceano di luce distruggendo completamente quel freddo sarcofago che lento l'aveva quasi uccisa.

 

Il grande disco di pietra sotto i piedi dell'adirato sovrano di spense ed egli comprese che Silmeria era appena tornata in vita privandolo della settima, importantissima runa. La sua furia divenne tremenda. Egli fece ricorso ad ogni residuo di magia avesse in corpo e, sceso dal cerchio degli dei, si diresse verso Fàrafel e Silmeria che stavano decisi di fronte a lui pronti allo scontro.

 

"Ho giocato abbastanza! E' ora di porre fine a questo idillio d'amore. Mi sono stancato!" E uno spaventoso boato si schiantò sull'eroe colpendolo alla spalla destra al punto da denudarla e ferirla in un copioso rivolo di sangue. "Ti ho aspettata, tu, piccola fattucchiera insolente, tu che hai prolungato oltre modo i miei piani con le tue fughe.. ti strapperò quel guizzo di vita dagli occhi come ho fatto con le tue sorelle.. Tu mi appartieni!" E ad un altro cenno del re un'altra furia si abbattè su Silmeria costringendola ad accasciarsi sulle ginocchia.

"Non c'è alcun eroe qui, la tua illusione folle ti ha fatto credere che un mago da quattro soldi potesse salvarti dalla mia ira!" Ed intanto egli procedeva avvicinandosi a loro in un'onnipotenza incontrastata. "Abbandonatevi al doloroso oblio della morte!" Ed egli materializzò una spada scintillante e fredda nella sua mano destra pronta a scagliarsi su Silmeria. Adamante intervenne in un ultimo cenno di forze colpendo duramente il sovrano al braccio destro che, in balia del dolore procuratogli, abbandonò la presa dell'arma che pesante cadde in terra dietro di lui.

 

Quello fu l'ultimo gesto ai due consentito. L'oscuro sovrano era divenuto un vortice di rabbia e follia dalla quale scaturiva ogni potere e malvagità. Il quell'istante egli strinse in alto i pugni portando in alto Silmeria ed Adamante sotto una presa magica soffocante:

"E' finita. Guarda Silmeria il tuo eroe mentre ti muore accanto.. l'eroe che credevi potesse salvarti, eccolo morire accanto a te!"

 

"Sono io Fàrafel!" gridò una voce alle spalle del sovrano poco prima che la sua lunga e fredda lama lo infilzasse alle spalle trafiggendogli il cuore.

 

La dura presa si spense e i due caddero in terra liberi dal gioco nemico mentre Brahams tentava, in stentati accenni di voltarsi.

Una piccola giovane donna dalla ribelle chioma dorata e dai profondi occhi azzurri reggeva ancora con forza quella grande spada fino a pochi attimi fa appartenuta al nemico mentre una corona di fiori le cingeva il capo e mostrava tutto il vigore di un eroe che con disperazione da Silmeria era stato invocato la notte della grande fuga.

Ania lasciò la presa dell'arma permettendo al re di accasciarsi al suolo morente mentre, con ancora i pugni chiusi, guardava con un ultimo guizzo di desiderio e malvagità, la sua bramata Silmeria.

Link to comment
Share on other sites

Commento dallo Scrittore:

 

"Ormai siamo giunti alla fine. Manca un ultimo scritto per concludere l'intera vicenda che, a tratti, mi pare esser finita troppo presto.

Ma questa sensazione la conosco bene. Ci sono stati diversi racconti che ho iniziato e finito con l'idea di aver avuto la possibilità di fare di più ma, in effetti, questo voleva essere un racconto e non un vero e proprio interminabile romanzo.

Volevo solo dare sfogo un tantino a quella magia che sento sempre dentro e che non fa altro che farmi immaginare posti, luoghi, persone, poteri alle volte fin troppo reali e altre volte fin troppo fantastici.

Ho un romanzo sul quale lavoro da diversi anni ormai. Era il 2009 quando l'ho iniziato e mi ha preso, all'inizio, tantissimo tempo. Mi sono momentaneamente fermato perchè la struttura è talmente complessa che mi ha fatto smarrire un paio di volte e questo non va bene. Ho bisogno di conoscere meglio i miei personaggi, imparare a capire chi sono e cosa pensano, imparare le loro storie e saperle fare riaffiorare quando, più in là, occorre un riscontro coerente.

In racconti brevi come Una Runa per Ania, questo può essere relativamente semplice. Il riscontro tra il prima e il dopo, gli artificiosi flashback sono facili da far combaciare perchè ciò che si è scritto lo si è scritto da poco e poche pagine prima. Lungo il percorso si aprono strade che devi decidere se intraprendere o no. Io sapevo fin dall'inizio che Ania era il cuore del racconto ma non sapevo come e in che modo sarebbe venuto fuori. C'è stato, per tutto il tempo, una sovrapposizione di ruoli: Ania era Silmeria e Ania era l'eroe chiamato da lontano. Eppure finchè Silmeria dominava il corpo di Ania non c'era modo di consentire a Fàrafel la rinascita. "Non è ancora pronto" più volte Silmeria ha detto. Sì, in effetti non lo era. IO non ero ancora pronto a far emergere l'eroe. Un eroe che magari tutti si aspettavano maschio, che sembrava essere Tolèh (mentre lui rappresentava lo spirito dell'eroe).

 

Quando Tolèh scompare dalla storia non tutti lo avranno notato ma è proprio quando Silmeria si trova in difficoltà per la prima volta, sulle scalinate del palazzo. Quando i tre lepricauni irrompono nella scena tutto è cambiato. C'è solo Ania e uno scrigno. Il resto è sparito. E' qui che cade il primo indizio.

Poi le vicessitudini mi consentono di spostare l'attenzione su altro ma, in questo modo, ho avuto il tempo necessario per fare crescere l'attenzione su Silmeria così da rendere poi stupefacente l'idea che l'eroe sia la stessa Ania, senza poteri, l'unico essere umano che ha tra le sue risorse solo il coraggio, l'intraprendenza che tanto mi ricorda l'inizio mentre lesta correva a tutta birra su quella bicicletta malandata.

 

Ad ogni modo, è tempo di concludere. Ania deve tornare a casa..

 

Ps. Spero di avervi dato dei momenti di piacevole lettura. Non ho riscontri da un pezzo (a parte gli mp xD)."

 

- Ro.

Edited by Aquarivs
Link to comment
Share on other sites

Join the conversation

You can post now and register later. If you have an account, sign in now to post with your account.

Guest
Unfortunately, your content contains terms that we do not allow. Please edit your content to remove the highlighted words below.
Reply to this topic...

×   Pasted as rich text.   Paste as plain text instead

  Only 75 emoji are allowed.

×   Your link has been automatically embedded.   Display as a link instead

×   Your previous content has been restored.   Clear editor

×   You cannot paste images directly. Upload or insert images from URL.

×
×
  • Create New...