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Rapporto con la fede


wasabi

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ma quindi voi parlate di religiosità, ora ho capito cosa volete dire. Cioè che molte persone non seguono una religione specifica ma comunque danno un senso religioso alla loro vita. ok ok, ora mi è chiaro.

@@Dogville certamente non sei cattolico ma comunque non è che esiste solo quella fede, si può essere spirituali o religiosi in tanti modi.

 

@@Almadel : tu non puoi cercare di capire la reincarnazione secondo i tuoi parametri occidentali, la reincarnazione è una religione orientale e chi ci crede ha tutt'un'altra forma mentis rispetto alla tua. Innanzitutto loro sostengono che il corpo si divida in vari strati e quello che tu chiami identità fa parte dell'Ego, che per loro è proprio l'ultima cosa, infatti le religioni cercano di contrastare l'ego sviluppando il sè superiore. E poi l'induismo, che crede nella reincarnazione, è una religione molto compassionevole (anche se il sistema delle caste non mi è mai andato molto a genio). Non è vero che la reincarnazione nega la compassione.

 

Ovvio che a te la reincarnazione, toalmente avulsa dal suo contesto, sembri una cavolata. Ma me lo immaginavo.

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sull'idea di Karma ho anch'io, probabilmente da occidentale, qualche dubbio

con alcuni amici buddisti discutiamo spesso su questo punto, perché noto una certa inerzia ad intervenire attivamente su se stessi e la propria vita

per dire: situazioni e blocchi che fanno soffrire, che si potrebbero (forse) risolvere con una psicoterapia, vengono "anestetizzati" dall'idea religiosa del Karma

Jung non si stancò mai di "mettere in guardia" gli occidentali dall'abbracciare sistemi religiosi non confacenti alla nostra storia e mentalità

 

La questione è che per me memoria e identità coincidono.

Un cervello cyborg che avesse tutti i miei ricordi: sarei io.

 

ti pongo la domanda a cui personalmente risponderei di no:

di fronte a un te stesso con i tuoi stessi ricordi accetteresti di venire ucciso, tanto vive l'altro che sei sempre tu?

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Conrad65, la tua domanda - mi dispiace - ma è sbagliata.

Perché il mio istinto di conservazione si applica comunque alla mia memoria.

 

La domanda efficace l'ho già suggerita.

Preferirei perdere totalmente la memoria e continuare a vivere

o morire trascrivendo tutti i miei ricordi altrove? La seconda.

 

Divine, non nego che il sistema induista sia più complesso

di come io lo banalizzi; ma io non sono assolutamente in grado

di immaginare una coscienza diversa dal mio ego.

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l'inerzia è tipica del taoismo, si sa che i taoisti hanno la filosofia del non agire, però anche quello va contestualizzato.

a me non piace dare giudizi morali su cose, persone o religioni, preferisco riflettere e capire.

 

non conoscendo persone orientali di persona, a parte un ragazzo dello sri lanka induista, non so dirvi di preciso come gli orientali intendono il karma (cioè se è presente o no questa "inerzia " di cui voi parlate), ma non mi sembra, anche perchè dai miei studi mi sembrano,al contrario, molto attivi attraverso la meditazione, lo yoga e gli esercizi, nel liberarsi dal karma.

 

io ho inglobato questa credenza ma senza la rassegnazione (tranne se proprio è necessaria) anche perchè se uno nasce con certe caratteristiche e/o le sviluppa vuol dire che le deve usare, anche perchè se non le usi.. poi accumuli altro karma da scontare :lol:

 

per dire: situazioni e blocchi che fanno soffrire, che si potrebbero (forse) risolvere con una psicoterapia, vengono "anestetizzati" dall'idea religiosa del Karma

io non la vedo così, tant'è che tuttora vado dallo psicoterapeuta, ho sempre cercato di risolvere i miei problemi e l'idea del karma non mi ha fermato, semmai mi ha aiutato a vedere le cose diversamente. Non riesco a capire dove vedete l'inerzia. Credo che vediate la cosa dall'angolazione sbagliata.

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Io nel karma non credo, ma credo, come ho già detto, nella reincarnazione.

Il karma mi sembra esattamente ciò che sembra ad Almadel, che poi sia dovuto alla mia occidentalità o ad altro non so.

 

Io non credo che l'idea della reincarnazione debba necessariamente essere collegata al karma, alla ricerca del nirvana ecc...

Semplicemente da miscredente vedo il 'riciclo' di un anima (sempre che esista) come soluzione più ovvia e funzionale, ma sempre casuale...

Insomma, finisci nel primo posto che s'è liberato, qualunque esso sia.

 

Questo sempre che l'anima esista, ovviamente.

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Ho l'impressione che credere nella reincarnazione e credere nella vita dopo la morte siano due facce della stessa medaglia. Si tratta del non accettare che il nostro essere ad un certo punto abbia una fine. Qual è la promessa fondamentale che si trova nel Vangelo? La prospettiva della vita eterna.

La reincarnazione è un altro modo di credere nella vita eterna, sotto altre forme.

Credo che la vera difficoltà che abbiamo sempre incontrato come esseri umani sia l'accettazione della nostra condizione mortale, del nostro essere da questo punto di vista, assolutamente pari ai vermi.

Parlare di anima, di un'entità che supera il concetto di insieme di ricordi, di un quacosa che costituisce l'essenza dell'essere umano, separata dal corpo, sia funzionale a trovare qualcosa che sopravviva anche quando il corpo cessa di esistere. Perchè in definitiva facciamo troppa fatica a pensare che niente di noi rimane per sempre ...

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Credo che il 90% della saggezza risieda

nella completa accettazione della natura mortale:

trovo che nulla somigli di più all'Illuminazione

del rifiuto di ogni prospettiva ultraterrena.

 

Penso che l'esperienza più illuminante in tale proposito

siano gli occhi di una madre davanti al figlio morto.

In essi brilla perfettamente un perfetto ateismo:

non c'è prete o bramino che possa dire a una madre:

"Non ti preoccupare ora avrà una vita migliore!"

La madre sa - anche quella più devota - che sono sciocchezze;

persino la pietosa Maria davanti al figlio morto non pensava

che davvero "sedesse alla destra alla Padre".

Era morto e non lo avrebbe rivisto mai più.

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freud_sucks

quoto in pieno!

l uomo rifiuta l'idea di "fine", sia questa intesa come morte che come fine di una relazione dove si ha amato

per questo si aggrappa a ogni minima credenza che annulli il concetto di Fine.

la società occidentale, stanca della vecchia e tradizionale idea di paradiso cristiano cerca sempre piu idee nuove e affascinanti quali la reincarnazione e mondi paralleli, non ultima l'idea di prosecuzione della specie mediante gli alieni.

la paura porta a credere a tutto e a cercare appigli in ogni minima idea che coltivi tali vie di salvezza.

in ogni creatura naturale c'è un altra creatura naturale, quando ho sotterrato il mio gatto investito in giardino poi vicino ci ho coltivato le carote, ma non per questo il mio gatto si è reincarnato in una carota. è materia come tutto e materia è anche quella materia grigia che muove le vite umane e le emozioni, e che viene chiamata poeticamente "anima".

il karma non è un concetto metafisico è semplicemente una realtà, in un mondo pieno di vite che si scambiano, si incontrano e dove tutto interagisce col tutto è normale che gli eventi accadano e riaccadano; come lanciare mille volte un dado, prima o poi cadrà piu volte sullo stesso numero.

Edited by Loup-garou
Eliminato quote integrale del post precedente
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Penso che l'esperienza più illuminante in tale proposito

siano gli occhi di una madre davanti al figlio morto.

In essi brilla perfettamente un perfetto ateismo:

 

E' la fede messa alla prova più dura, prova che non viene quasi mai superata.

Certo farebbe comodo riuscire a trovare consolazione pensando ad un futuro "ricongiungimento" con chi ci è caro in un aldilà.

Peccato che questi placebo funzionano solo quando li si vuole suggerire agli altri. Quando si tratta di noi stessi di solito non sono ammessi sconti di pena ...

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Ma la domanda è: se non funzinano con noi, perchè cerchiamo di farli funzionare per gli altri?

(o, meglio, perchè la frase principe quando muore qualcuno è sentirti dire: è in un posto migliore ?)

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l'asserzione che la vita eterna, la reincarnazione, il paradiso o come vogliamo chiamarla sia una favola consolatoria parte da un ben preciso punto di vista, che si basa sulla ovvia constatazione che, da quanto risulta dall'esperienza, nessuno continua a vivere dopo morto o ritorna dalla morte

 

ma in realtà questa è una spiegazione che non chiarisce il punto essenziale

la vita eterna non nasce come qualcosa cui possono accedere tutti: è anzitutto il mito della morte e resurrezione del dio, e poi in seconda battuta una estensione di tale mito (una sorta di sua democratizzazione) che si attua con la diffusione del culto di Osiride

quindi il mito non nasce con scopo consolatorio: è solo dio, ad ogni latitudine ed in ogni cultura antica, che accede alla vita eterna, l'uomo comune ne è ben lontano, nasce vive lavora e crepa

inoltre non si tratta davvero di "vita eterna": i miti e le religioni non parlano di vita eterna in senso di "non morte", bensì di morte e resurrezione

dio è sempre uomo e sempre mortale, soprattutto nei miti più antichi: però si rinnova, rinasce (si reincarna, o muore in croce e risorge, ma questi sono dettagli)

 

certo, potrebbe trattarsi del mito del rinnovamento della natura, ma mi lascia dubbioso che tale mito si sia espresso in una forma così bizzarra

d'altra parte, se lo scopo era puramente consolatorio, sarebbe stato più facile inventarsi la favola di un dio davvero immortale, non di un dio che "si rinnova" attraversando il regno della morte

 

io credo che il significato vero ci sfugga, ne sono rimaste sparse tracce e "rovine antropologiche" che spuntano un poco ovunque e che si rifanno tutte a una ancestrale matrice comune, ma il senso vero è andato perduto

 

insomma la questione, sintetizzando, non è sulla realtà o meno della vita eterna (questa è materia di fede e ognuno se la vede in privato): la questione è perché mai la paura della morte avrebbe avuto come ovvia/inevitabile conseguenza (presso tutti i popoli del mondo) la creazione di un complicato mito comune in cui dio muore e risorge?

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Hai scritto un buon post, un ottimo post, Conrad. Però non ti sporgi e non azzardi una tua interpretazione al quesito che tu stesso sollevi (e concludi che il significato vero di tale mito ci sfugge).

 

Ci sono due linee di riflessione nel tuo post.

 

L'una è l'esatta considerazione che il mito della reincarnazione è un mito di tipo aristocratico: sono i buoni, i virtuosi, i filosofi che, forse, si reincarnano. Forse seguendo questa linea puoi guadagnare qualche indicazione di risposta in più.

 

L'altra è la domanda perché mai si sarebbe costruito questo complesso mito secondo cui un dio muore e risorge. Ma io non credo che sia un mito tanto complicato. L'origine è certamente nell'osservazione del ciclo della notte e del giorno: il sole che va a "morire" (occidente) e che "risorge" (oriente).

 

Il Mito è troppo preciso e rigoroso per inventare una teoria del tutto "astratta" (sia detto nel senso negativo dell'aggettivo), che negherebbe la realtà, laddove il Mito la invera semmai.

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non azzardo un'interpretazione per quanto anch'io sarei propenso, se ben capisco l'ultima parte del tuo post, a dare al mito un carattere di "realtà" che gli deriva proprio dalla sua precisione, dal fatto che dice delle cose e non altre

ma sulla natura di questa realtà non ho la benchè minima idea, o meglio non ne ho una soltanto, ne ho tante, ma tutte sembrano allontanare verso analogie

l'origine potrebbe partire come tu dici dalla semplice consapevolezza dell'alternanza di giorno e notte, quindi di veglia e sonno, espressione del ciclo vitale dell'organismo, eppure non sono convinto che tale fenomeno "alla portata di tutti" richiedesse l'elaborazione di un mito così complicato: che senso ha creare un mito se basta il linguaggio? il mito serve ad esprimere il simbolico e l'indicibile

si possono trovare molte altre possibili spiegazioni, si potrebbe addirittura scrivere una "storia dell'idea di vita eterna" introducendo elementi via via più complessi e raffinati, per approdare all'eros e thanatos di Freud oppure all'inconscio collettivo di Jung, eppure mi sembra che rimanga un fondo di persistente elusività e di sostanziale inattingibilità del mito (altrimenti non staremmo ancora qui a parlarne)

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l'origine potrebbe partire come tu dici dalla semplice consapevolezza dell'alternanza di giorno e notte, quindi di veglia e sonno, espressione del ciclo vitale dell'organismo, eppure non sono convinto che tale fenomeno "alla portata di tutti" richiedesse l'elaborazione di un mito così complicato: che senso ha creare un mito se basta il linguaggio? il mito serve ad esprimere il simbolico e l'indicibile

 

E' proprio perché un tale fenomeno è alla portata di tutti, ricade cioè nell'esperienza di tutti, che si è potuto formare un mito, e un mito potente. Il giacere dell'esperienza mitica nella coscienza di tutta l'umanità è la condizione di possibilità stessa del mito.

 

Il mito serve a «esprimere il simbolico e l'indicibile» è un'interpretazione moderna (nobilissima per carità) del mito, ma non corrisponde di certo alla funzione del mito nell'epoca in cui si è formato. Siamo noi oggi che utilizziamo quei miti per scopi conoscitivi/esplorativi o della psiche umana, o di una condizione culturalmente, psicologicamente, antropologicamente più remota dell'umanità.

 

mi sembra che rimanga un fondo di persistente elusività e di sostanziale inattingibilità del mito

 

Sicuramente. Avere individuato la genesi di un mito non significa averlo esaurito o pretendere di convertirlo in questa vera o presunta sua genesi, che però resta un fattore primario d'interpretazione del mito stesso. La materia del mito è poi tale che si piega docilmente alle nostre reinterpretazioni e proiezioni, in un processo infinito, teoricamente. Per questo l'àncora assicurata dall'approccio storico-religioso è tanto importante.

 

Venendo a quel che ne penso io, l'importanza di avere capito che il mito dela reincarnazione nasce come effetto sperato di una vita di perfezionamento o di perfezione, ne svela (almeno ai miei occhi: è ovvio che che la rencarnazione può essere vissuta in chiave religiosa; ma questo riguarda «i molti» :D) la sostanziale laicità: siamo nell'ottica di quel che Foucault avrebbe chiamato del «souci de soi», della vita come, anche, opus, cioè come costruzione di sé e non solo di sé. Ma con questo non intendo dire l'ultima parola...

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Anch'io come @@SaintJust credo nella reincarnazione ma non nel karma, non credo che le due cose debbano per forza essere collegate, non credo che ciò che sarò nella mia prossima vita sarà determinato da quello che faccio in questa. Credo che qualcosa della nostra anima si conservi e che duri per sempre. Ci credo fermamente perché ho sentito più volte, sulla mia stessa pelle, il ricordo di cose che in realtà in questa vita non ho mai vissuto, la sensazione che certe anime, certi luoghi, certi odori, li conoscessi da molto più tempo di quello che credevo. Ma è effettivamente una cosa molto difficile da spiegare se una persona non ci crede, un po' come cercare di far credere ad un ateo che Dio esiste o che Gesù ha veramente fatto tutte le cose scritte nel NT/VT.

 

Comunque esistono diversi modi anche di vedere il karma, non per forza chi crede in esso pensa che come vive in questa vita influirà sulla successiva, ci sono moltissime persone che credono che il karma influenzi solo la vita attuale, ovvero ad ogni azione positiva fatta corrisponde un'azione positiva ricevuta, o altrimenti si può dire che: chi fa del male riceve solo del male, chi fa del bene riceverà spesso del bene perché se trasmetti energie positive avrai indietro, nella maggior parte dei casi, delle energie positive. Ma io ne parlo da miscredente solo perché il mio ragazzo crede molto in questa teoria e quindi me la sono fatta spiegare a grandi linee da lui.

 

Il mio rapporto con la religione è di odio/amore, continuo a starnutire ogni volta che si tratta l'argomento ma poi non posso fare a meno di essere curiosa.

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E' la fede messa alla prova più dura, prova che non viene quasi mai superata.

 

Beh, vogliamo aggiungerci anche un bel "meno male"?

Considererei snaturata (o impazzita dal dolore)

una madre che davvero gioisse perché suo figlio è in Paradiso:

mi piace credere che di fronte alla Morte di chi si ama

ogni illusione si sciolga nel grido di dolore della scimmia.

 

ma in realtà questa è una spiegazione che non chiarisce il punto essenziale

la vita eterna non nasce come qualcosa cui possono accedere tutti: è anzitutto il mito della morte e resurrezione del dio, e poi in seconda battuta una estensione di tale mito (una sorta di sua democratizzazione) che si attua con la diffusione del culto di Osiride

 

Cosa ti sfugge di preciso?

Si trattava originariamente solo di un evidente mito solare.

Estremamente complesso e su alcuni punti a noi ancora oscuro.

 

In seguito la casta sacerdotale - intenzionata a vivere senza lavorare -

ha promesso al Faraone di poter fare risorgere anche lui.

 

Il processo di "democratizzazione della resurrezione"

si è esteso durante tutta la storia d'Egitto,

attraverso pratiche costose per semplice business.

 

Un business sempre verde dal momento che è l'unico

nel quale si spacci qualcosa la cui qualità l'acquirente non può controllare.

Le religioni che promettono l'immortalità (direi "tutte le religioni")

sono molto meglio della Magia; perché di quest'ultima

si dovrebbero quantomeno vedere dei risultati

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Almadel: ma vuoi i risultati subito? Aspetta che sia la tua ora e li vedrai XD

 

Alex. Uhm mm no. Io non credo si possa ricordare niente delle proprie vite passate, non credo assolutamente in queste cose, credo che i deja vu siano un tilt chimico del cervello e così via (nominare qualsiasi cosa possa avere una (anche non valida) spiegazione scientifica e io crederò alla spiegazione, non alla sensazione).

 

Il mio discorso è diverso, ammesso che l'anima esista (in questo sono agnostica, non atea) non è possibile, a livello razionale che esista un contenitore di anime nuove da cui si prendono ad ogni nascita ed un contenitore di anime vecchie che raccolga tutte le anime di ogni essere vivente dalla nascita del mondo.

È una questione proprio terra terra... Troppo spazio sprecato, meglio credere vengano ripulite e riusate.

 

In sostanza quando distribuivano la fede io facevo la fila per la nerdaggine, più volte.

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inoltre non si tratta davvero di "vita eterna": i miti e le religioni non parlano di vita eterna in senso di "non morte", bensì di morte e resurrezione

dio è sempre uomo e sempre mortale, soprattutto nei miti più antichi: però si rinnova, rinasce (si reincarna, o muore in croce e risorge, ma questi sono dettagli)

 

d'altra parte, se lo scopo era puramente consolatorio, sarebbe stato più facile inventarsi la favola di un dio davvero immortale, non di un dio che "si rinnova" attraversando il regno della morte

 

Interessante l'idea della tensione al miglioramento insita nella "rinascita". Lo scopo effettivamente non è solo consolatorio ma anche di spinta al rinnovamento.

 

Però il fatto che nei miti più antichi dio sia sempre uomo e mortale, che quindi debba morire per rinascere, non è una semplice questione di "prossimità" con la realtà? L'uomo si è sempre relazionato con la morte, l'ha sempre avuta sotto gli occhi. Come si poteva creare un mito prescindendo da essa?

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che senso ha creare un mito se basta il linguaggio? il mito serve ad esprimere il simbolico e l'indicibile

 

1) secondo me state a fare confusione.

permettetemi dei chiarimenti:

 

in antropologia culturale il mito è una narrazione sacra, per lo più sull'origine del mondo. Lo scopo del mito è quello di dare un senso a ciò che viene a nascere. Il mito DEVE avere degli elementi simbolici perchè in realtà quei miti partono da esperienze mistiche che erano troppo forti per poter espresse a parole perciò sono state espresse attraverso i miti (simboloci). Il mito ha la funzione di smuovere qualcosa nella nostra coscienza, tant'è che il termine mito sembra che significhi proprio "parola efficace".

 

Ora secondo me con questi miti stiamo andando un po' off topic per il fatto che quello sulla reincarnazione non è un mito!!! Per le società induista/giapponese ecc. la reincarnazione è reale, per loro è proprio la realtà, è così che funziona la vita perchè loro hanno l'idea di un tempo ciclico, non lineare. E nell'idea della reincarnazione non c'è alcuno scopo consolatorio, almeno per gli orientali. Semmai siamo noi occidentali che ci siamo appropriati di questa "credenza" PER consolarci, perchè, diciamocelo pure francamente, viviamo in una società fortemente arida.

 

2) @@Alex : è successo anche a me quello di cui parli tu. La reincarnazione è considerata infatti, dagli induisti, un'eredità psichica. A livello di sensazione secondo me è possibile avere l'impressione di ricordare luoghi o persone. Non a caso nell'ambito della reincarnazione si parla di anime gemelle e compagne che ci accompagnerebbero in tutte le nostre vite.

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Nella mia ignoranza, direi che il karma secondo me

ha a che vedere con un altro filone.

 

Qualità morale --Giudizio

 

La morte crea disordine in qualunque comunità, interrompe

in modo traumatico la ciclicità del tempo e porta con sè un

bisogno di ristabilimento dell'ordine ( forse è un approccio

un po' giuridico, ma un qualche diverso filone morale-normativo

potrebbe affiancarsi ) per questo ci si proietta sopra bene-male.

 

Al di là del dolore dei cari, la collettività nel suo complesso sente

un senso di ingiustizia ed è destabilizzata ( la prefigurazione della

morte nel ciclo veglia-sonno va ristabilita )

 

Vi è l'esigenza di rendere la morte un momento di passaggio

come il risveglio dal sonno, quindi di reinserirla nella ciclicità con

una serie di riti che mantengono l'armonia ( da qui poi ci si può

immaginare anche la speculazione di una casta che si appropria

di un sapere magico-iniziatico e si legittima un ruolo sociale ma

sarebbe una possibilità posteriore )

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Alex. Uhm mm no. Io non credo si possa ricordare niente delle proprie vite passate

 

Infatti non ho detto che abbiamo la stessa idea di reincarnazione, ma che sono d'accordo con te su ciò che hai espresso sulla relazione tra reincarnazione e karma ;)

 

Se c'è una cosa che mi affascina del credere in "qualcosa" è che non troverai mai una persona che crede esattamente nella stessa cosa in cui credi tu, il credo è una cosa totalmente personale e irripetibile, per questo sono contraria alle religioni con tanti adepti, mi sembra impossibile che così tante persone credano nella stessa identica cosa senza avere un punto di vista diverso su alcune cose che la riguardano, mi sa tanto di lavaggio del cervello e perdita della propria capacità di pensiero.

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Cosa ti sfugge di preciso?

Si trattava originariamente solo di un evidente mito solare.

Estremamente complesso e su alcuni punti a noi ancora oscuro.

 

mi sembra più probabile il contrario: che la ciclicità naturale del sole e dei giorni sia servita come immagine simbolica della morte e resurrezione dell'uomo - dio: egli muore e risorge come il sole sorge e tramonta etc.

 

il primo racconto epico dell'umanità è l'Epopea di Gilgamesh, ed è tutto incentrato sul fatto che Gilgamesh cerca l'immortalità che lui non possiede, nonostante sia principe e semidivino da parte di madre

 

non è sorprendente che la letteratura dell'umanità sia inaugurata da un mito sulla ricerca della vita eterna? come se fosse qualcosa di "perso da poco"?

 

Però il fatto che nei miti più antichi dio sia sempre uomo e mortale, che quindi debba morire per rinascere, non è una semplice questione di "prossimità" con la realtà? L'uomo si è sempre relazionato con la morte, l'ha sempre avuta sotto gli occhi. Come si poteva creare un mito prescindendo da essa?

 

la prossimità con la realtà è inevitabile ed ha due lati: si può considerare o il realismo della favola o l'espressione simbolica di un fatto o di una possibilità concreta

ora, il realismo della favola non è interessante, quindi non lo prenderei neanche in considerazione: se il mito merita un'analisi, è solo per esplorarne il possibile fatto nascosto dietro l'espressione simbolica

il problema è che non sempre siamo in grado di ricostruire il fatto espresso dal simbolo che lo esprime, anzi spesso spieghiamo il simbolo evidente con un altro simbolo latente, a noi più affine, e ci fermiamo lì, senza vedere che abbiamo soltanto trovato un altro schermo, da superare anch'esso

 

Ora secondo me con questi miti stiamo andando un po' off topic per il fatto che quello sulla reincarnazione non è un mito!!! Per le società induista/giapponese ecc. la reincarnazione è reale, per loro è proprio la realtà, è così che funziona la vita perchè loro hanno l'idea di un tempo ciclico, non lineare.

 

questo attiene già alla fede, e non possiamo discuterlo in alcun modo: se vogliamo tenerci su un piano di stretta razionalità non possiamo parlare di "realtà della reincarnazione", pur nel rispetto di chi questa realtà avverte come vera

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sì però vi posso dire una cosa?

stiamo dicendo che quando uno muore ci disperiamo e di certo non pensiamo subito "sta in un posto migliore".

 

ma noi perchè ci disperiamo?

 

ci disperiamo per noi, non per lui.

Noi piangiamo perchè quella persona ci ha lasciato, perchè NOI ci sentiamo persi senza di lui. Perchè per NOI sarà tutto diverso, tutto più difficile.

 

Noi piangiamo per noi stessi. La nostra disperazione è focalizzata su noi stessi, sul nostro dramma.

E' importante capire questo concetto.

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non è sorprendente che la letteratura dell'umanità sia inaugurata da un mito sulla ricerca della vita eterna? come se fosse qualcosa di "perso da poco"?

 

Era quello che sottolineavo io. La tensione verso la vita eterna è presente in tutte le culture da sempre.

Si presenta sotto forme sfaccettate, si possono incontrare immagini cicliche, di morte e rinascita: di rinascita in forma diversa, in forma fisica o solo spirituale.

C'è sempre una qualche sorta di merito coinvolta in queste idee, di conquista di questa nuova forma. Come se l'uomo dovesse faticare per riconquistare quell'eternità che gli è stata strappata e alla cui perdita non riesce a rassegnarsi.

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Interessante lo spunto di Conrad. Io non ci avrei mai pensato. Ma svela di più il tuo pensiero, Conrad, che cosa intendi dire

con quel bellissimo «perso da poco»? Quella di Wasabi è già uno scarto dialettico: «conquista di una nuova forma». Riguarda

il poi, mentre tu accennavi al prima.

 

Per non fare solo domande, dò anch'io una indicazione positiva: forse «persa da poco» rimanda all'avvenuta formazione

dell'anima. Ancora in Omero l'uomo non ha un'anima. Ammettiamo ora che: anima=coscienza della mortalità. Finché non aveva

l'anima, l'uomo avrebbe potuto sentirsi non dirò non-mortale, ma in una situazione indistinta.

 

Che ne pensate?

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Per non fare solo domande, dò anch'io una indicazione positiva: forse «persa da poco» rimanda all'avvenuta formazione

dell'anima. Ancora in Omero l'uomo non ha un'anima. Ammettiamo ora che: anima=coscienza della mortalità. Finché non aveva

l'anima, l'uomo avrebbe potuto sentirsi non dirò non-mortale, ma in una situazione indistinta.

 

A proposito di questo, ricordo delle pagine dal Saggio di Cassirer sul tema della morte. Stando a quanto riportato dal professore, in età molto antiche, approssimativamente ai tempi dell'organizzazione tribale delle società, la morte era vista non alla maniera razionale dei nostri giorni, sarebbe a dire come completamento naturale di un semplice percorso biologico: al contrario, l'unica interpretazione era lo scandalo. L'effetto di una causa non naturale, la risultante di una qualche pratica magica o misterica, addirittura più tardi un'invidia degli dèi.

Viene spontaneo di pensare la perfetta inutilità del concetto di anima, laddove l'uomo è intrinsecamente immortale, salvo l'intervento esterno di un rito o una forza o, in ogni caso, un agente positivo. Si tratta di un'immortalità profondamente diversa da quella dell'anima propria dei socratici, per i quali era bastevole la conservazione della coscienza al di là dei sensi in qualche spazio ideale: per quelle civiltà rudimentali conservarsi era un tutt'uno con la continuità del tempo, coscienza e corpo, se non radicalmente solo e soltanto corpo, in quanto 'privi di anima'.

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Jordanintheforum

Io credo, ma non credo nella chiesa, cioè avendo studiato un po a scuola i vari meccanismi (tipo, mo non ricordo bene, che le cerimonie religiose furono rese molto spettacolari per sopperire alla censura degli spettacoli teatrali che la chiesa aveva fatto..na cosa simile), le varie vicende insomma, sinceramente la vedo na buffonata. Po', da piccolo ero "molto religioso" (cioè mia mamma mi faceva veni gli scrupoli se non andavo a messa) e la vivevo male in tutto, se dicevo parolacce mi sentivo in colpa, se non andavo in chiesa mi sentivo in colpa ecc ecc e ho capito che tutte ste limitazioni che mette non fanno altro che inguaiarmi più che migliorarmi >_> Per questo ho un odio particolare verso questa istituzione politica, contraddittoria. Ah poi un prete per lungo tempo c'ha provato con me..cioè alla fine ho pensato "perché seguire una Chiesa??" Lo dimostra pure il fatto che ci sono 3000 religioni diverse, ognuno pensa na cosa..insomma un bordello...tipo chi non è battezzato non va in paradiso.. Gandhi allora andrà in inferno??? hahahah

 

Alla fine io credo nell'ultraterreno, nel mistico, paranormale (anche se cmq penso che sono cose rarissime, quindi, strano lo so sono contraddittorio haha, ma sono una persona molto scettica haha) ecc ecc ecc, ma non seguo nessuna chiesa U__U)

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La tensione verso la vita eterna è presente in tutte le culture da sempre.

[...] C'è sempre una qualche sorta di merito coinvolta in queste idee, di conquista di questa nuova forma. Come se l'uomo dovesse faticare per riconquistare quell'eternità che gli è stata strappata e alla cui perdita non riesce a rassegnarsi.

 

certo, perchè secondo alcuni religioni, ma anche su alcuni libri di storia delle religioni, l'uomo è per natura propenso verso l'assoluto. Ognuno di noi si fa delle domande.

L'interpretazione che alcune religioni danno è che ci siamo separati dalla scintilla divina (proprio quella a cui l'uomo tende, seguendo vari percorsi spirituali e religiosi) e siamo caduti nella materia, degradandoci sempre di più dal punto di vista spirituale (non a caso la nostra era sarebbe, secondi alcuni calendari maya e hindù, la più involuta dal punto di vista spirituale).

A questo punto, cadendo nella trappola della materia e dell'illusione (e del velo di maya, per dirla con gli orientali) l'uomo si sarebbe fatto sedurre e da lì inizia il ciclo infinito di reincarnazioni.

In questa visione, la morte è vista come passagio verso una vita che, si spera, permetta all'anima di evolversi un po' di più: ogni incarnazione sarebbe un tentativo disperato di "purificazione" per poter tornare a ricongiungersi a Dio, quel Dio a cui una volta eravamo uniti e di cui ora abbiamo "nostalgia".

 

Il problema è che ogni azione crea nuovo karma da scontare (bello o brutto) perciò la ruota delle reincarnazioni è eterna.

 

Per questo motivo gli orientali si danno a pratiche meditative, di yoga, o ascetiche, per "abbreviare il percorso".

 

Questo è quello che so dai miei studi.

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Ammettiamo ora che: anima=coscienza della mortalità. Finché non aveva

l'anima, l'uomo avrebbe potuto sentirsi non dirò non-mortale, ma in una situazione indistinta

 

Per me:

 

l'uomo, avendo coscienza della propria mortalità, ha nel tempo elaborato un sistema di idee per superarla.

 

Quindi direi:

 

anima = possibilità di immortalità.

 

Lo schema potrebbe essere:

 

prima di avere un'anima l’uomo era mortale;

il concetto di anima è funzionale ad identificare una parte dell’uomo non soggetta alla morte;

quindi, acquisita un'anima, l'uomo può avere una vita eterna.

 

"Persa da poco" mi dà l’idea di nostalgia verso qualcosa che non abbiamo mai avuto ma avremmo sempre voluto avere.

 

Questo discorso mi ricorda ciò che dicono i Cristiani (sarà che questa è la mia formazione, e sempre lì vado a cadere): “L’uomo ha nostalgia di Dio”.

Per me è la stessa cosa: non ne ha nostalgia, ne ha desiderio. E non trovandolo gli sembra che gli sia stato tolto.

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Interessante lo spunto di Conrad. Io non ci avrei mai pensato. Ma svela di più il tuo pensiero, Conrad, che cosa intendi dire

con quel bellissimo «perso da poco»? Quella di Wasabi è già uno scarto dialettico: «conquista di una nuova forma». Riguarda

il poi, mentre tu accennavi al prima.

 

Per non fare solo domande, dò anch'io una indicazione positiva: forse «persa da poco» rimanda all'avvenuta formazione

dell'anima. Ancora in Omero l'uomo non ha un'anima. Ammettiamo ora che: anima=coscienza della mortalità. Finché non aveva

l'anima, l'uomo avrebbe potuto sentirsi non dirò non-mortale, ma in una situazione indistinta.

 

Che ne pensate?

 

forse Isher ho suscitato in te troppe aspettative: non ho davvero idea

trovo solo stupefacente che la letteratura cominci con il rimpianto per la perduta immortalità (Gilgamesh)

l'uomo inventa la scrittura più o meno nel 4.000 a.C. e la prima cosa che fa è riproporre il tema della "caduta"

è forse un mito ancestrale? certamente è un contenuto che si pone subito come sacro e religioso, perché se è il primo ad essere scritto vuol dire che è quello sentito come più urgente da tramandare

ma cosa tramanda davvero? io non credo parli in modo letterale, dicendo che "prima" gli uomini campassero di più (diciamo :) )

e non credo neanche che parli in termini troppo astratti, perché presupporre un sofisticato grado di astrazione mentale e di complessità del pensiero in un'epoca "iniziale" sarebbe forse presupporre troppo: queste sono tutte conquiste successive

certo deve parlare di una qualche eternità infranta, di una continuità non più garantita

oltre questo trovo difficile spingermi

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