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Deficit di Padre


Isher

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Ti trovo molto aggressivo,

fino a essere controproducente

verso le tue stesse ragioni.

 

A me sarebbe bastato che cominciassi questo topic

parlando del tuo "deficit di padre"

così avrei capito meglio cosa intendevi

e non avrei avuto la malizia di pensare

che tu lo chiedessi a noi per non rispondere tu

(malizia che non nasce certo da questo thread

e che ha contagiato anche Casper

che mi rimprovera di chiederti cose

delle quali non vuoi parlare....

ma allora perché le chiedi?)

 

Prendo atto che in anni di forum

"ne avrai parlato almeno una volta",

ebbene non me ne ricordo.

 

Io non ho mai pensato che la teoria freudiana

potesse adattarsi a me, per il semplice fatto

che - se una causa dev'essere - la mia

la rintraccio in esperienze precocissime e sgradevoli.

 

Sono andato ancora fuori tema

rispetto alle tue obiezioni?

L'effetto "hai qualcosa da nascondere"

(quello che io chiamo mia malizia)

lo ravviso in chi è eloquente a chiedere

ed elusivo nel rispondere.

(Io mi limito ad evitare ciò di cui non voglio parlare;

non chiedendo per primo, nessuno mi chiederà di rispondere :ok:)

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Ti trovo molto aggressivo

 

E' la tua nota tattica in questo Forum.  

Attacchi gli altri, e poi quando giustamente

i forumisti ti rispondono, fai la vittima.

 

E' vecchia...

 

A me sarebbe bastato che cominciassi questo topic

parlando del tuo "deficit di padre"

così avrei capito meglio cosa intendevi

e non avrei avuto la malizia di pensare

che tu lo chiedessi a noi per non rispondere tu

 

 

Lo avrei fatto, quando si fosse cominciato a parlare di deficit di padre,

e non di assenza di padre collegata alla presunta causazione dell'omosessualità...

Credevo e credo di aver portato un buon contributo al forum già con il fatto di

partorire questo topic: molte persone me lo hanno detto in privato.

 

(malizia che non nasce certo da questo thread

e che ha contagiato anche Casper

che mi rimprovera di chiederti cose

delle quali non vuoi parlare....

 

 

Noto che le tue formulazioni sono sempre sleali.

Credo che Casper ti abbia detto principalmente di "non rivangare in

questioni personali", perché hai dato l'idea di scatenare attacchi

e fare le tue puntate maligne per questioni tue d'ordine personalistico. Per il resto,

Casper ha richiamato un principio di accortezza e di stile forumistico, ma parla per sé,

come moderatore.

 

L'effetto "hai qualcosa da nascondere"

(quello che io chiamo mia malizia)

 

Tu la chiami malizia, e come al solito sei molto tenero con te stesso. :ok:

 

In realtà quello che tu prendi, a volte, è un atteggiamento requisitorio accompagnato a un

malcelato (molto malcelato  :ok:) senso di superiorità e fondato sul

presupposto indimostrato della malafede o della inadeguatezza del tuo interlocutore,

che sono probabilmente proiezioni di tue istanze non riconosciute, che quindi proietti su altri.  

In tal modo ti dai un'importanza e un ruolo nel Forum che dubito nella vita

reale tu abbia. Nessun altro fa questo sul Forum.

Solo tu lo fai, probabilmente per una ipertrofia del tuo Io.

Freud ha però insegnato che un Io ipertrofico è in realtà un Io inflazionato.  

 

Inoltre, se vuoi sapere il mio parere, prendere questo atteggiamento ti nuoce.

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Vista la discussione che si è sviluppata successivamente, mi viene il dubbio di aver fatto anche io un intervento non del tutto centrato sul topic.

Vorrei capire meglio cosa si intende per "deficit" di padre, se possibile :ok:

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Accidenti!

Non saprei davvero cosa aggiungere

e devo anche cercare di non sembrarti "vittimista" :ok:

Nessuno ha capito la tua distinzione

tra "deficit" e "assenza"? Scusaci!

Ti ripeto che se tu avessi cominciato per primo

tutto sarebbe stato più facile.

 

Non voglio neanche pensare

a quale orrendo mio solito trucco retorico io stia ora ricorrendo

(Vittimismo? Autoindulgenza? Proiezione? Cambiare argomento?

O semplicemente compenso nel forum i miei fallimenti personali?)

 

In ogni caso credo che sia un bene

che tu abbia avuto il motivo per sfogarti

e la possibilità di dire pubblicamente

quello che probabilmente pensi di me da molto tempo.

(anche se in un clamoroso - ma perdonabile - OT)

 

Per quel che vale - a questo punto e nonostante tutto-

devo dire che la mia stima per te non è cambiata:

paradossalmente se avessi dosato meglio le parole

avrei rischiato di credere che la stima fosse - almeno in parte - reciproca.

 

Il forum è grande,

speriamo di riuscire a ignorarci.

:ok:

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Per quel che vale - a questo punto e nonostante tutto-

devo dire che la mia stima per te non è cambiata:

paradossalmente se avessi dosato meglio le parole

avrei rischiato di credere che la stima fosse - almeno in parte - reciproca.

 

Anch'io ti stimo.  :kiss:

 

 

*****Per riportare il topic IT, dopo un lungo OT, e per ritornare a quello che era lo scopo originario*****

di questo thread, voglio dare un esempio più preciso di quello che intendo con deficit di padre.

Non ho niente di particolarmente intelligente o trascendentale da dire e immagino che se altri forumisti

vogliono seguitare, su un argomento del genere si possono aggiungere mille osservazioni.

 

Il senso della mia osservazione di partenza l'ho esplicitato discutendo con Schopy. Il discorso sull'assenza

(che tra l'altro è un concetto che di per sé non dice niente, controverso, scivoloso) ci rimanda a un mitico

ieri di cui non sappiamo nient'altro che quello che ne diciamo oggi, ed è assodato che nell'oggi noi

riformuliamo e rinarriamo continuamente il nostro passato. Il discorso sul deficit rimanda invece a come siamo

e ci avvertiamo noi oggi, e se osserviano in noi carenze di qualcosa che in parte possiamo plausibilmente

legare al modo in cui abbiamo vissuto la relazione con il padre, ma che ormai, e da tempo, è diventato parte di noi,

ed è legato a tutt'altre esperienze e incroci di esperienze. Inoltre, parlare di deficit significa inevitabilmente

parlare di un bisogno, e il bisogno può rinviare a, può mettere in moto, un processo trasformativo,

acquisitivo.

 

Lasciando completamente da parte i discorsi mitici sulla causazione edipica dell'omosessaulità, è un fatto

che moltissime persone, gay ma non solo gay, non hanno avuto un rapporto pianamente soddisfacente col padre.

Nel mio caso, questo è successo dopo che io ho avvertito le mie prime pulsioni omosessuali, a 15 anni.

Avendo percepito l'omofobia di mio padre, il quale me la espresse apertamente in un'occasione, quando

avevo circa 17 anni, io dopo di allora non ho più avuto con lui contatti molto profondi, né il rapporto che avevo

con lui nell'infanzia e nella prima adolescenza.  Ne ho fatto a meno. L'ho probabilmente sostituito in parte con i miei

maestri di musica, che sono state figure molto positive per me, in parte con altre figure, e per il resto ho fatto da me.

 

Ora dai 20/25 anni in poi si va molto speditamente avanti con le proprie forze, i propri desideri, con i propri impegni,

ma non per questo non ci si avverte inadeguati, a volte, di fronte al tema fondamentale della vita: la

realizzazione di sé, nel lavoro, nel gestire i rapporti con il gruppo sociale, nel relazionarsi con gli amici più intimi.

E forse un gay più che un etero può anche avere un effetto di ritorno, molto sottile e pericoloso: ingigantire

il proprio senso di inadeguatezza, proprio perché intimamente pensa di non avere ricevuto in dono

abbastanza "padre", col risultato che si immobilizza, oppure si critica spietatamente. E alla realizzazione è legata

anche l'espressione di sé, che apre un versante ancora diverso del discorso.

 

Personalmente, per me è stata piuttosto difficile la conquista della risolutezza, non quella della realizzazione,

e quindi di una valida dose di autostima, e l'abbandono di "tentennamenti" nella valutazione di svariati

aspetti della vita. Anche se ho sempre avuto una buona capacità di fare io stesso da "padre" alle persone che

nella vita me l'hanno chiesto: amici, per un lungo periodo mia sorella, per un altro periodo il figlio adottivo

di un'altra mia sorella, e quando ero tra i 28-33 anni un delizioso bambino, figlio della mia migliore amica,

divorziata. Anche lo spendere molte energie, quasi un eccesso di energie (un «costo molto alto», psichicamente),

per raggiungere un determinato obiettivo, lo lego a questa non alta sicurezza primigenia, che sono solo col tempo

riuscito a ridurre, sostanzialmente in due modi: da un lato con l'impegno e il prendere atto dei risultati, per cui

ho dovuto riconoscere alla fine io stesso che "valevo" (come dice una pubblicità), dall'altro tramite la dissoluzione

di quei fantasmi che spesso denotano non la mancanza di qualcosa, che non c'è, ma l'intrusione di qualcosa, che

sta in più. E che disturba.

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Ok... dopo il lunghissimo OT, tentiamo di riprendere la retta via di questo topic, che affronta un tema insolito.

 

Sulla base delle ultime osservazioni, verrebbe da domandarsi in cosa potrebbe ravvisarsi il deficit di padre, ossia come lo si "imputa".

Mi spiego meglio:

- un padre troppo dedito al lavoro è un padre deficitario?

- un padre troppo freddo (il classico padre-patriarca di antica memoria che in famiglia portava i pantaloni senza eccedere in smancerie) è un padre deficitario?

 

Credo che sia l'unione di più fattori a rendere più o meno sentita la insufficienza del rapporto con un genitore e questi fattori secondo me sono diversi a seconda dell'età del figlio: un bambino si sente trascurato se il genitore non gioca mai con lui, ad esempio... mentre un adolescente si sente trascurato quando (magari alle prese con i primi drammi adolescenziali, le prime inquietudini amorose) vorrebbe vedere nel genitore prima di tutto un amico.

 

Che ne pensate?  :kiss:

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Io vedo in mio padre un padre deficitario non perché non dedito a attenzioni ma perché incapace di aiutarmi a plasmare me stesso e imponendomi un metodo di vita e ragionamento che ha caratterizzato la sua crescita. Difatti ricalca totalmente la figura di suo padre e i deficit dei quali ha lui stesso sofferto (incapace di trasmettere il suo affetto che rimane parzialmente inespresso, radicato nella sua concezione di pilastro della famiglia ma non centro essendo il centro affettivo la figura di sua madre e adesso di mia madre, pretesa di ubbedienza senza spiegazioni, incapacità di accettare una visione diversa dalla propria). E'  una persona che cerca di ricoprire il ruolo di suo padre ma ne risulta capace solo all'apparenza, mentre in realtà possiede un forte desiderio di sicurezza affettiva e stabilità pacifica; pertanto ne esce una figura contraddittoria e quindi che non corrisponde ad un mio modello.

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Oh cavolo!!! Ma dove e chi ha mai sostenuto la tesi "deficit di padre = figli omosessuali" ?!?  :kiss:

E dal primo post di Isher che tentiamo proprio di non cadere in questo equivoco e di cercare di portare avanti una discussione che esuli da questo aspetto e ora giriamo di nuovo la discussione in tal senso?!? Nooo!!!  :D

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Credo che sia l'unione di più fattori a rendere più o meno sentita la insufficienza del rapporto con un genitore

 

Hai ragione. Uno dei più importanti di questi sono le esigenze del figlio, quindi, in ultima analisi, non solo i

bisogni, ma anche la valutazione che il figlio dà, in prima persona, del padre. Il post di Dreamer

 

Io vedo in mio padre un padre deficitario

 

 

è un'analisi di grande maturità e molto lucida soprattutto per l'età che ha Dreamer: sembra che lui sia già

un po' "padre" del padre. E in effetti, anche se Dreamer scrive piccolissimo, non mi è sfuggito il suo «Io»

con maiuscola e grassetto  :kiss:

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La tua espressione "padre del padre" mi ha fatto balenare alla mente quello strano concetto degli "anziani che ritornano bambini", vuoi per senilità vuoi per un (inconscio ?, morboso ?) tentativo di tenersi vicini o riavvicinare i flgli .

Anche io, pur essendo i miei genitori abbastanza giovani ed "energici", a volte li vedo perdersi nel classico bicchiere d'acqua, ad esempio per espletare banali formalità, solo perché non l'hanno mai fatto prima o perché sono cambiati i modi di fare tali cose.  :kiss:

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simply_dreamer

l'argomento è piuttosto complesso a mio avviso. mi limiterò ad esprimere la mia forse "semplicistica" ed opinabile, ovviamente, opinione...

 

non credo nella teoria di Freud, anche se lo rispetto e lo reputo una grande mente. non credo che la sua teoria, relativa allo sviluppo psico sessuale del bambino, sia così sacrosanta, come sostengono alcuni... perchè ciò equivale a dire che un omosessuale è un etero che ha in qualche modo "fallito" il passaggio da una fase ad un altra, oppure un etero "anomalo" ecc.

 

premesso che io credo che omosessuali si nasce e non si diventa, il discorso del deficit di padre è complicato. perchè la vita e la crescita di un omosessuale, come di un etero è influenzata dal contesto familiare e sociale in cui si vive. e di conseguenza anche la personalità e la sessualità, che fa parte di essa subisce tale influenza...

 

ma non credo che l'assenza o la distanza fisica e/o affettiva di un padre rendano un figlio gay, semmai ne influenzeranno la personalità, ma non ti rende gay un padre assente, ne un padre "padrone", ne un padre dolce e comprensivo.  :kiss:

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Ricordo quei giorni in cui a scuola si organizzavano i "tornei di calcio per i papà".

Mio padre non ha mai partecipato a nessuno di questi. Non era certo una persona atletica. Laureato in Fisica a Padova, aveva però un cervello pazzesco. E' stato un ottimo supporto per come meglio poteva. Quand'ero piccolo era sempre via per lavoro, di conseguenza ho avuto modo di attaccarmi di più a mia madre che a lui. Mio padre era una persona pacifica, decisa, di cui ci si poteva fidare. Era anche molto preciso in tutto ciò che faceva. Mio padre mi incoraggiava per i miei sogni e le mie ambizioni, appena prendevo carta e matita per disegnare mi incoraggiava. Io provavo sempre un bellissimo imbarazzo, era un'autorità in casa. Un'autorità molto buona.

Non ho mai avuto un rapporto confidenziale con lui se non negli ultimi dieci anni (anzi, gli scorsi dieci anni, da quando lui è andato in pensione all'età di 61 anni, io ne avevo 10). Ho avuto la sfortuna/fortuna di avere un genitore abbastanza avanti con l'età. Fortuna perché offriva a nostra disposizione, mia, di mia sorella (ora 24enne) e di nostra madre, tutta la sua vita senza mai vantarsene in maniera eccessiva. Sfortuna perché non è stato come i padri dei miei coetanei, che attualmente avranno all'incirca dai 45 ai 50 anni e sono ancora tra noi.

Certamente se lo avessi conosciuto che era più giovane, avrei avuto un rapporto diverso da quello che ho vissuto con lui.

 

Ma le nostre vite ci hanno riservato delle sorprese e molteplici colpi di scena, che avrebbero trasformato tutti noi di punto in bianco.

 

Il 20 giugno del 2007 (avevo 17 anni), lui fa per dirigersi al lavoro (aveva trovato un lavoro come insegnante di matematica, fisica ed elettronica in una scuola per il recupero degli anni scolastici). Prende la ventiquattr'ore, fa per uscire di casa ma la mamma lo blocca.

"Alberto, fermati un momento..." La prima frase di quella maledetta mattinata fu questa. Mi svegliai proprio con questa frase.

"Che c'è cara?"

"Fatti guardare...Sara, vieni qui un momento.."

Tutti e tre nell'ingresso, mi alzo e li raggiungo, ancora un pò intontito per il sonno.

Mio padre aveva assunto quel maledetto colore. Aveva la pelle di una strana tonalità giallognola.

Mia madre: "Avvisa l'ufficio, andiamo al pronto soccorso" .

 

Tumore alle vie biliari, risolto con un intervento di 12 ore. L'estate passata in terapia intensiva con lui a volte in coma, altre volte no. Il lento risveglio, e la comprensione che qualcosa in lui era accaduto. E' arrivato anche un ictus che l'ha reso un anziano letteralmente con la mentalità da infante.

 

Ancora 17enne non riuscivo a calamitare la mia attenzione su questi Problemi. Poi te ne rendi immediatamente conto.

 

Non ho più visto mio padre in piedi reggersi sulle sue gambe da solo e camminare, facendo la vita di tutti i giorni.

 

Quell'anno, il 2007, era proprio quello in cui pensavo alla strada dell'omosessualità. La sentivo dentro di me. Ma ho deciso di tenere a bada questa faccenda fino a quando qualcosa non si fosse risolto. Tre anni dopo anche mia madre è stata ricoverata.

Tumore al pancreas. Il 20 dicembre lei se n'è andata, lui il 2 febbraio. Il ricordo che mi hanno lasciato, la missione della mia vita penso sia un vitale ricordo di tutto l'amore e l'energia che mi hanno trasmesso nonostante le difficoltà incontrate (potete leggerlo in "Coming Out">"Emozioni & Sfoghi")

 

Dopo la loro scomparsa mi sono trovato con più tempo a disposizione per me, e ho ripreso il discorso lasciato in sospeso quasi quattro anni prima.

 

Sono un ventenne con gusti totalmente differenti dai miei coetanei, sopratutto dai miei amici, ma non me ne faccio una colpa.

La strada dell'omosessualità la sto intraprendendo da solo, evitando stereotipi o frasi fatte.

Non conoscevo questo mondo, lo sto conoscendo, sto imparando e ne vado fiero.

 

Sarò banale e scontato, ma è un post meraviglioso. Non mi riferisco naturalmente ai contenuti (che vanno anche aldilà della mia comprensione, non avendo ancora provato un dolore simile), ma al modo in cui il tutto è raccontato. Con delicatezza, in modo diretto ma leggero.

Un abbraccio grande.

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coraggio, la vita ti ha provato, ma sei un ragazzo forte e troverai di sicuro qualcuno con cui intraprendere la tua nuova strada. se avessi bisogno di un sostegno virtuale, non farti scrupoli a chiedere. ciao, andrea

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Forse c'è un grosso non detto in questa discussione, forse preferiamo

avere a che fare con una teoria ( Freud ) e tornare ad essa, piuttosto

che affrontare un altro discorso, che a questo punto non può che essere

un discorso, per noi, tendenzialmente più scomodo.

 

Potremmo ipotizzare che sia il confronto fra maschilità e tra maschi.

 

In effetti quando Casper prova ad elencare delle caratteristiche che potrebbero

essere deficitarie in nostro padre ( troppo impegnato nel lavoro, troppo freddo )

identifica caratteristiche di eccesso di animus e suggerisce implicitamente una

domanda di anima al maschile: un padre più comunicativo sul piano emotivo, più

capace di cura. Idem direi Dreamer.

 

Questo tipo di discorso, l'ho sentito diverse volte, a volte l'ho lamentato pure io

nel corso della mia vita, ci è familiare o più facile...ci viene incontro.

 

Isher invece identifica caratteristiche di animus ( il difetto di risolutezza, di capacità

di decidere etc. ) che forse son più facili da individuare se il padre è stato molto aderente

ad uno schema patriarcale tradizionale. Questo secondo tipo di discorso inoltre può andare

"contropelo" rispetto ad una serie di paure o inadeguatezze più esteriori ( e quindi mediamente

più riconosciute da noi )

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E' la tua nota tattica in questo Forum.  

Attacchi gli altri, e poi quando giustamente

i forumisti ti rispondono, fai la vittima.

 

Noto che le tue formulazioni sono sempre sleali.

 

Credo che Casper ti abbia detto principalmente di "non rivangare in

questioni personali", perché hai dato l'idea di scatenare attacchi

e fare le tue puntate maligne per questioni tue d'ordine personalistico.

 

Tu la chiami malizia, e come al solito sei molto tenero con te stesso. :look:

 

In realtà quello che tu prendi, a volte, è un atteggiamento requisitorio accompagnato a un

malcelato (molto malcelato  :D) senso di superiorità e fondato sul

presupposto indimostrato della malafede o della inadeguatezza del tuo interlocutore,

che sono probabilmente proiezioni di tue istanze non riconosciute, che quindi proietti su altri.  

 

In tal modo ti dai un'importanza e un ruolo nel Forum che dubito nella vita

reale tu abbia. Nessun altro fa questo sul Forum.

 

Solo tu lo fai, probabilmente per una ipertrofia del tuo Io.

 

Inoltre, se vuoi sapere il mio parere, prendere questo atteggiamento ti nuoce.

 

 

Devo dire che seguo spesso Almadell e quasi sempre non mi trovo accordo con le sue idee (troppo di sinistra per i miei gusti  :kiss: ), ma credo queste accuse siano non solo false ma anche ingenerose...

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Mi permetterei di far notare che un OT morto e sepolto (per fortuna) sarebbe quanto meno opportuno non riesumarlo... indipendentemente dalla propria opinione in merito

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Mi permetterei di far notare che un OT morto e sepolto (per fortuna) sarebbe quanto meno opportuno non riesumarlo... indipendentemente dalla propria opinione in merito

 

E io mi permetteri di far notare che non tutti leggono i post del forum ogni giorno per poter rispondere in tempo e quindi per non essere messi tra i "morti e sepolti".

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i figli sono sempre ingenerosi con i padri, e questo fa parte delle regole del gioco

almeno finché non diventano padri essi stessi

quello che forse davvero un padre non perdonerà mai al figlio gay

è proprio il fatto che il figlio in qualche modo nega a sè stesso di poter ritrovare il proprio padre "dall'interno", assumendo su di sè la paternità

che a quel punto diventa comune destino e che permette di riabbracciarsi davvero

è come se il figlio di fronte alla disillusione sulla figura del padre (tipica dell'adolescenza)

invece di scegliere di proseguire un confronto, anche aspro, e di lottare anzitutto con sè stesso per essere migliore del proprio padre

scelga la fuga definitiva dalla figura paterna, accomiatandosi da essa sia fuori che dentro sè stesso

fuga che forse, nelle situazioni contingenti, è la cosa meno dolorosa da fare

chissà forse il figlio gay proietta sul padre un commiato che avviene anzitutto dentro sè stesso

non è forse anche questo essere gay?

e non è forse un far corrispondere a un deficit di padre un deficit di figlio?

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sarebbe più facile ma secondo me coglierebbe solo un aspetto della faccenda

c'è il fallimento nell'investimento genetico che è comune anche alla madre

ma per il padre c'è un sovrappiù di fallimento e "deficit"

nel non aver potuto insegnare o trasmettere al figlio il "grande segreto" della virilità

questo è un fallimento affettivo e sociale: è un fallimento totale

è un fallimento che colpisce anche la propria essenza di padre, appunto la propria virilità, che in quanto non trasmessa "muore" simbolicamente nel figlio

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Non credo infatti che l'omofobia paterna

sia più grave di quella materna;

credo semplicemente che si manifesti

in modi più diretti (violenza fisica o verbale)

e meno subdoli (pianti e ricatti emotivi)

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certo, ci sono diverse modalità di manifestazione

ma a mio avviso l'omofobia paterna è un "addio" spesso definitivo, irreversibile

non tanto alla persona, ma al "figlio maschio"

invece l'omofobia materna (da quel che vedo) sembra più facilmente superabile

 

nel caso di figlia le cose ovviamente cambiano e in una certa misura sembrano rovesciarsi

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Come mai state dando come certezza che l'essere omosessuali implichi in modo assoluto in non essere padri?

Prescindendo dal concepimento, in cui comunque anche un gay può comunque essere "donatore" del seme, c'è sempre l'adozione e poi... io associo il concetto di paternità all'esperienza che un adulto maschio affronta durante il percorso educativo e di crescita di un bambino a lui "affidato".

Spero di spiegarmi... intendo dire che potrebbe essere altrettanto "padre" un ragazzo che magari cresce i fratellini più piccoli per assenza dei genitori o cose del genere.

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secondo me in una larga maggioranza di gay c'è la tacita accettazione di non diventare padre

è questo un sincero desiderio di "non paternità" oppure un condizionamento sociale interiorizzato?

lo sapremo forse tra un paio di generazioni, ovvero tra una quarantina d'anni, vedendo cosa accade in quei paesi in cui, per un gay, risulta possibile diventare padre, esprimendo liberamente la propria omosessualità, senza che questa sia di ostacolo all'affidamento del figlio

 

come vive il "nonno" questa particolare paternità del figlio gay?

è esattamente lo stesso della paternità di un figlio etero?

oppure c'è un deficit di "virilità", che comunque impatta sul "nonno" da un punto di vista psicologico?

non saprei, occorrerà verificare

ma non darei per scontata una risposta in un senso o nell'altro

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per il padre c'è un sovrappiù di fallimento e "deficit"

nel non aver potuto insegnare o trasmettere al figlio il "grande segreto" della virilità

questo è un fallimento affettivo e sociale: è un fallimento totale

è un fallimento che colpisce anche la propria essenza di padre, appunto la propria virilità,

che in quanto non trasmessa "muore" simbolicamente nel figlio

 

 

Questo avviene nel padre che non è stato capace di vedere nella paternità altro che

la funzione riproduttiva eterosessuale dal lato del maschio. Solo una funzione implica

la perennità e assoluta trasmissibilità della funzione stessa. Un computer reso umano potrebbe

sentire e pensare così. Con questo non voglio dire che moltissimi padri non la vedono così,

ma sono padri-computer. Ancora una volta il trauma omosessuale - il fatto che esiste

l'omosessualità - può mettere in moto la conquista di un'umanità superiore, e il bello è che questo

rilancia la virilità, intesa come Ulisse, o Edipo.

 

 

non è forse anche questo essere gay?

e non è forse un far corrispondere a un deficit di padre un deficit di figlio?

 

 

Si, se avviene quello che hai detto tu (ho quotato male, avrei dovuto citare di più),

cioè se nel figlio gay avviene un commiato da se stesso frutto del fatto che egli non riesce

a pensarsi altro che come un figlio (non riconosciuto peraltro) di un padre. Ma per quanto

potente possa essere l'imago paterna questo non si verifica se il figlio dispone di una forte

identificazione dei suoi fini nella vita. Cioè di Sé stesso, del suo destino. Se disponi di

questo, vai avanti come un vascello, magari con qualche paratia ammaccata, ma voli.

 

a mio avviso l'omofobia paterna è un "addio" spesso definitivo, irreversibile

non tanto alla persona, ma al "figlio maschio"

 

 

L'omofobia "incurabile" del padre è esattamente questo. Il padre è ferito e non potrà

mai più guarire; il figlio, ferito a sua volta a morte da un simile padre e atto abbandonico, se non

muore risorge, conquistandosi una visione più elevata del senso della vita umana

e degli investimenti - d'amore, d'identificazione, di legame e di continuità - che vi si fanno.

Un simile gay sarà pronto, per esempio, ad adottare.

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La tua espressione "padre del padre" mi ha fatto balenare alla mente quello strano concetto degli "anziani che ritornano bambini"

Piccolo OT:

E' qualcosa che ho riscontrato nella maggioranza degli adulti che tendono alla vecchiaia. Come in una parabola gli adulti regrediscono ad uno stadio in cui le capacità psichiche sono limitate, la capacità di giudizio è fortemente limitata da una visione egocentrica del mondo, quindi vengono a crearsi una serie di abitudini prive di senso ma piacevoli, capricci e negazione delle imposizioni altrui (a quest'ultimo bisogna aggiungere che la vita passata come parte del gruppo d'età dominante li rende reticenti ad ascoltare i più giovani).

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