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Deficit di Padre


Isher

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Circola da molto tempo la voce che l'omosessualità maschile sia «causata» da un'assenza di padre,

e molte volte ho letto in questo Forum anche vari gay che la pensano così. Questa tesi deriva

da Freud che inscatola fin dall'inizio, e andandoci con l'accetta, una mancanza di identificazione

mimetica col padre, con lo schema causativo, e così partorisce la figura dell'omosessuale come

un etero mancato, un invertito - non una persona a sé, cooriginaria all'eterosessuale.

 

Tutto ciò è da rifiutare senza esitazioni.

 

Un tema di riflessione molto diverso sarebbe parlare di "deficit di padre":

se uno lo ha avuto, "quanto" ne ha avuto, come lo vive o ha vissuto, cosa gli fa pensare di averlo avuto,

come ha reagito a ciò, a condizione di

 

1. tenere questo discorso del tutto separato da un presunta causazione dell'omosessualità

2. parlarne per tutti, maschi e femmine, etero, gay e bisessuali.

 

Questo porterebbe a porsi alcuni quesiti positivi e interessanti:

 

- che cosa identifico col padre? (in termini di qualità, modo di autopercepirsi)

- come posso restituirmi, o fabbricare io, un po' di padre?

- non è troppo gigante, questo padre che penso di non aver avuto? o col quale

io non riesco a identificarmi? Non sto esagerando?

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Nessun deficit di padre,

anzi è stato anche troppo ingombrante

e lo è anche adesso che è debole e malato

(seppur per altri motivi).

 

Mio padre è un perfetto stereotipo

di una virilità difficile:

molto aggressivo e molto fragile,

incapace di riconoscere i propri errori,

in crisi per ogni minima critica.

 

Tutto il mio potenziale istinto paterno

l'ho riversato da subito

su un fratello molto più giovane di me

che non nasconde di considerarmi

la sua figura maschile di riferimento;

pur con tutti i miei evidenti limiti.

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Anche io non ho avuto nessun deficit di padre. Anzi, mio padre è senz'altro la figura più di riferimento per me.

E' l'esempio che ho sempre seguito, un uomo buono ma allo stesso tempo forte e deciso. Si è sempre fatto in 4 per dare il massimo a noi figli, non ci ha mai fatto mancare l'affetto.

 

Io cerco di imitarlo, non non lo nego affatto, per me è un esempio di vita. Se un giorno avrò mai un figlio mi comporterò esattamente come lui è stato con me: buono e gentile, ma allo stato tempo severo e deciso.

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Mio padre è stato per me l'"assassino",.....

...."Non somigliare - ammoniva - a tuo padre". U Saba

 

Questi versi sintetizzano quel che per molti anni ho sentito. Mio padre c'è sempre stato, ma era un gigante muto e distante. Quand'ero ragazzino mi parlava solo per rammentarmi i miei doveri e farmi capire, nel sottinteso, che non ero mai all'altezza della situazione: mai abbastanza bravo a scuola, mai abbastanza sveglio da capire come va la vita, mai abbastanza maschio....

Mi sono sentito esiliato dal suo amore, ho imparato a non chiedergliene, a costruire una mia identità nel non essere come lui. In questo ha purtroppo collaborato anche mia madre: per tanti anni durante la mia infanzia e la mia adolescenza lei mi ha reso partecipe della sua insoddisfazione coniugale: quelle parole non le ha mai pronunciate, però erano implicite in tutti i suoi discorsi.

Oggi mi ritrovo, paradossalmente e con mio stupore, a vedere sempre di più mio padre in quello che faccio e in quello che penso. Nonostante parliamo poco, pian piano sta maturando in me il desiderio di far spiegamento di me prima con lui che con mia madre.

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Me lo chiedo molte volte..se mio padre fosse stato più presente nella mia vita sarei diverso? Sinceramente non credo che lo saprò mai..

 

Dal mio canto posso dire di aver sentito la mancanza di mio padre molto..veramente tanto..non c'è stato mai alcun tipo di dialogo, nessun segno di affetto. Era lì ma era come se non ci fosse, mai una partita a pallona, mai una domanda su come fosse andata la giornata..eppure io gli volevo un bene dell'anima, e l'ho capito solamente adesso che l'ho perso per sempre.

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il problema non credo sia deficit di padre nel senso di mancanza della presenza o del ruolo. Nel mio caso mia madre ha ottemperato ad entrambi i ruoli e mio padre è per me un fratello maggiore introverso, depresso, poco istruito, collerico, impulsivo, testardo, privo di interessi e di obiettivi. Sono stato educato fin da bambino con la finalità esplicita di non assomigliarli, quasi ci fosse il rischio che divenissi un suo temuto clone. Per forza di cose non lo si può vedere come esempio positivo.

 

Quindi non parlerei di deficit di padre, ma di un esempio negativo in cui è impossibile immedesimarsi perché troppo diverso dal sistema valoriale e dal carattere del figlio. Nel mio caso riesco ad immedesimarmi di più con mia madre, e sono costernato ma anche arrabbiato con lei per le scelte che ha fatto nella vita. Il passaggio successivo è perdonarli.

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Sono stato educato fin da bambino con la finalità esplicita di non assomigliarli,

quasi ci fosse il rischio che divenissi un suo temuto clone.

 

Da chi sei stato educato così? Da tua madre? O anche da altri?

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Da chi sei stato educato così? Da tua madre? O anche da altri?

 

Da mia madre, ma comunque tutta la parentela dal lato paterno lo ha sempre identificato come un debole.

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se mio padre c'entrasse qualcosa con la mia omosessualità, a quest'ora avrei due fratelli maggiori gay: invece sono tutti il perfetto stereotipo dell'etero qualunquista e presuntuoso... manco fossero usciti con lo stampo

 

Credo di aver fatto di tutto, sin dalla mia prima infanzia, per distinguermi dagli altri componenti maschi della mia famiglia.

Se essere omosessuali è il prezzo per essere più sensibili, allora sono contento di esserlo.

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@debussy: secondo me l'associare sensibilità e omosessualità è puramente uno stereotipo, almeno questa è la mia esperienza. Proporrei di smettere di identificare determinati caratteri come femminili o maschili, o assegnare peculiarità intrinseche a gruppi sociali. Secondo me sei sensibile, o almeno ti ritieni tale (non conoscendoti), per tua natura o per l'humus in cui hai vissuto, non certo a causa di chi ti piace esteticamente.

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Credo di aver fatto di tutto, sin dalla mia prima infanzia, per distinguermi dagli altri componenti maschi della mia famiglia.

Se essere omosessuali è il prezzo per essere più sensibili, allora sono contento di esserlo.

 

 

Secondo me questa è un'ottima conclusione a questo primo giro, perché porta alla luce un significato

che molto spesso, per non dire sempre, rimane nascosto, e anzi è negato, ovvero che

l'omosessualità (se c'è entrata qualcosa) può essere una risposta attiva, l'elaborazione di un diverso carattere,

rispetto a una maschilità rappresentata da un padre omofobo, o un padre debole, o un padre violento, o

avvertito come non riuscito

 

introverso, depresso, poco istruito, collerico, impulsivo, testardo, privo di interessi e di obiettivi.

 

 

era un gigante muto e distante.

 

 

Mio padre è un perfetto stereotipo

di una virilità difficile:

molto aggressivo e molto fragile,

incapace di riconoscere i propri errori,

in crisi per ogni minima critica.

 

 
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fujimoto: ho un problema comprovato... che a quest'ora non mi vengono mai le parole e che rischio di tagliare corto e sembrare qualunquista pure io.

 

Una volta ho letto un articolo che mi trova molto d'accordo. Si diceva che gli omosessuali sviluppano una maggiore percezione della realtà poiché sono abituati sin da piccoli a farsi l'analisi introspettiva, da quando cioè cominciano a rendersi conto di essere differenti da tutti gli altri e a farsi mille domande sulle possibili cause, o sul come.

E' un esercizio da non sottovalutare, che ci dona pure la possibilità di guardare il mondo da più prospettive, o con occhi diversi... e da qui la creatività dei gay, e tutti gli altri stereotipi che ci appartengono ma che in un certo senso ci permettono pure di distinguerci dall'etero comune

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...ritengo che lo svluppo psico-sessuale sia talmente complesso che non lo si può ridurre ad un semplice decifit di padre = alta possibilità di diventare gay...  sicuramente i genitori giocano un ruolo chiave per lo sviluppo psicosessuale del figlio, tuttavia in ciò entrano in gioco tanti fattori come anche la predisposizione genetica.

 

Però posso dire che osservando bene (sia i gay che le trans) ho osservato, come se anche in certi casi il padre fosse presente, è mancata gioco forza tra padre e figlio quel legame di unione particolare che talvolta (non sempre) li unisce...  probabilmente la sessualità differente è gioco-forza una barriera insuperabile per instaurare quel tipo di legame, che cmq non è proprio di tutti i genitori e tutti i figli.

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Se penso a mio padre mi vengono in mente due cose principalmente: :)

 

1) Lavorava ininterrottamente ed era assente; poi era assente anche quando era presente. :D

 

2) Gli urli continui appena si vedeva con mia madre e la scontrosità (ancora urli) verso chiunque "osasse" aprire bocca. :D

 

Sono passati gli anni ed è sempre rimasto così, seppure l'età lo ha reso un pochino (pochino pochino) più mite.

 

Durante la terpia che feci, emerse che la mia omosessualità derivava da una mancata accettazione da parte di mio padre (così disse la psicologa...). :)

 

Credo che anche mio fratello per un periodo della sua vita ha avuto qualche dubbio sulla sua sessualità (lui è eterosessuale), come io di contro ho avuto dubbi sulla mia omosessualità, tanto che da gay all'improvviso sono passato ad andare con le trans, poi con le donne e alla fine sono tornato ad andare con gli uomini...con i quali vado tutt'ora. :D

 

Non so se è stata la mancata accettazione da un modello che si è reso inavvicinabile, irragiungibile, negativo... Ma i presupposti, se così fosse, nel mio caso specifico ci sarebbero tutti... :D

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Ricordo quei giorni in cui a scuola si organizzavano i "tornei di calcio per i papà".

Mio padre non ha mai partecipato a nessuno di questi. Non era certo una persona atletica. Laureato in Fisica a Padova, aveva però un cervello pazzesco. E' stato un ottimo supporto per come meglio poteva. Quand'ero piccolo era sempre via per lavoro, di conseguenza ho avuto modo di attaccarmi di più a mia madre che a lui. Mio padre era una persona pacifica, decisa, di cui ci si poteva fidare. Era anche molto preciso in tutto ciò che faceva. Mio padre mi incoraggiava per i miei sogni e le mie ambizioni, appena prendevo carta e matita per disegnare mi incoraggiava. Io provavo sempre un bellissimo imbarazzo, era un'autorità in casa. Un'autorità molto buona.

Non ho mai avuto un rapporto confidenziale con lui se non negli ultimi dieci anni (anzi, gli scorsi dieci anni, da quando lui è andato in pensione all'età di 61 anni, io ne avevo 10). Ho avuto la sfortuna/fortuna di avere un genitore abbastanza avanti con l'età. Fortuna perchè offriva a nostra disposizione, mia, di mia sorella (ora 24enne) e di nostra madre, tutta la sua vita senza mai vantarsene in maniera eccessiva. Sfortuna perchè non è stato come i padri dei miei coetanei, che attualmente avranno all'incirca dai 45 ai 50 anni e sono ancora tra noi.

Certamente se lo avessi conosciuto che era più giovane, avrei avuto un rapporto diverso da quello che ho vissuto con lui.

 

Ma le nostre vite ci hanno riservato delle sorprese e molteplici colpi di scena, che avrebbero trasformato tutti noi di punto in bianco.

 

Il 20 giugno del 2007 (avevo 17 anni), lui fa per dirigersi al lavoro (aveva trovato un lavoro come insegnante di matematica, fisica ed elettronica in una scuola per il recupero degli anni scolastici). Prende la ventiquattr'ore, fa per uscire di casa ma la mamma lo blocca.

"Alberto, fermati un momento..." La prima frase di quella maledetta mattinata fu questa. Mi svegliai proprio con questa frase.

"Che c'è cara?"

"Fatti guardare...Sara, vieni qui un momento.."

Tutti e tre nell'ingresso, mi alzo e li raggiungo, ancora un pò intontito per il sonno.

Mio padre aveva assunto quel maledetto colore. Aveva la pelle di una strana tonalità giallognola.

Mia madre: "Avvisa l'ufficio, andiamo al pronto soccorso" .

 

Tumore alle vie biliari, risolto con un intervento di 12 ore. L'estate passata in terapia intensiva con lui a volte in coma, altre volte no. Il lento risveglio, e la comprensione che qualcosa in lui era accaduto. E' arrivato anche un ictus che l'ha reso un anziano letteralmente con la mentalità da infante.

 

Ancora 17enne non riuscivo a calamitare la mia attenzione su questi Problemi. Poi te ne rendi immediatamente conto.

 

Non ho più visto mio padre in piedi reggersi sulle sue gambe da solo e camminare, facendo la vita di tutti i giorni.

 

Quell'anno, il 2007, era proprio quello in cui pensavo alla strada dell'omosessualità. La sentivo dentro di me. Ma ho deciso di tenere a bada questa faccenda fino a quando qualcosa non si fosse risolto. Tre anni dopo anche mia madre è stata ricoverata.

Tumore al pancreas. Il 20 dicembre lei se n'è andata, lui il 2 febbraio. Il ricordo che mi hanno lasciato, la missione della mia vita penso sia un vitale ricordo di tutto l'amore e l'energia che mi hanno trasmesso nonostante le difficoltà incontrate (potete leggerlo in "Coming Out">"Emozioni & Sfoghi")

 

Dopo la loro scomparsa mi sono trovato con più tempo a disposizione per me, e ho ripreso il discorso lasciato in sospeso quasi quattro anni prima.

 

Sono un ventenne con gusti totalmente differenti dai miei coetanei, sopratutto dai miei amici, ma non me ne faccio una colpa.

La strada dell'omosessualità la sto intraprendendo da solo, evitando stereotipi o frasi fatte.

Non conoscevo questo mondo, lo sto conoscendo, sto imparando e ne vado fiero.

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Mio padre è un uomo che si è "fatto da solo". Con un semplice diploma è riuscito ad andare avanti e a fare carriera!

E' culturalmente abbastanza inferiore a mia madre (laureata in lettere), quindi tra loro due spesso ci sono screzi e incomprensioni, ma penso che succede spesso in famiglie di questo tipo.

 

Per il resto è una persona buona, sempre presente per i figli, ma meno per la famiglia.. e ci vuole un mondo di bene, farebbe di tutto per me e mia sorella.

 

Per altri versi assomiglia un po' al padre di Almadel:

è incapace di riconoscere i propri errori, e se li riconosce dice: "pazienza, sono fatto così"

quindi è superficiale e non cerca di migliorarsi.

è permaloso e ultimamente si agita per ogni stronzata.. (immaginate se dovessi fare CO..)

 

posso concludere che non sento deficit di padre.

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Ho letto la teoria dell'omosessualità di Freud su una rivista a 16 anni e ho creduto per un po' di tempo che fosse la causa della mia omosessualità, poi abbandonai questa ipotesi che avvertivo inesatta e ho smesso di cercare altre cause.

L'errore che si commette è che si cerca una condizione di causa ed effetto tra il desiderio di normalità familiare e quello sessuale, quando in realtà sono due mondi paralleli.

Volevo avere un padre sufficientemente colto e intelligente da dare al figlio un supporto alla sua realizzazione senza plagiarlo e inibirlo, attraverso continui stimoli. Un padre che trasmettesse sicurezza per affrontare la vita, ma questo sicuramente è chiedere troppo.

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Se devo dire la mia, penso mio padre non c'entri niente con la mia omosessualità. Devo dire, anche lui è un padre molto mite e un po' distante, ma di certo non posso considerarlo assente. Il problema del dialogo un po' c'è, ma quello è proprio un lato del suo carattere e con mamma lo prendiamo sempre in girp  :look: Penso che la mia omosessualità derivi da altro...

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Circola da molto tempo la voce che l'omosessualità maschile sia «causata» da un'assenza di padre,

e molte volte ho letto in questo Forum anche vari gay che la pensano così. Questa tesi deriva

da Freud che inscatola fin dall'inizio, e andandoci con l'accetta, una mancanza di identificazione

mimetica col padre, con lo schema causativo, e così partorisce la figura dell'omosessuale come

un etero mancato, un invertito - non una persona a sé, cooriginaria all'eterosessuale.

 

Isher, devo dire che se questo topic aveva come obiettivo smentire questo mito, finora non lo sta facendo granché! :lol:

 

Secondo me è stato un grave errore intitolare questo topic "deficit di padre". Temo che molti utenti, che non si sono soffermati a leggere con attenzione il tuo primo post, si sono troppo fissati su quella parola, "deficit", e l'hanno interpretata brutalmente come "assenza".

In realtà, come introduci giustamente nel tuo post, il punto centrale non è l'assenza del padre, ma la mancata identificazione del figlio con il padre, quale modello di maschilità, che quindi impedisce di superare il complesso di Edipo, che porta invece all'identificazione con la madre.

 

Ora, finora non vedo in questo topic nessuno che abbia avuto tale identificazione paterna, con le uniche eccezioni di Akira, Sissy e Fantom (e gli ultimi due solo perché non hanno raccontato nulla della propria esperienza  :look: ).

Anche alcuni utenti che sostengono di non avere "nessun deficit da padre" delineano una figura paterna con cui manca una qualsiasi comunicazione: aggressivo e incapace di accettare le critiche, di mettersi in discussione. Tale e quale sputato mio padre.

 

Ora, con una persona del genere come ci si identifica? Con mio padre, con tutta la sua aggressività e egocentrismo, io non ho avuto nessun legame, per me è stato un assente, anche se fisicamente e come conflitto caratteriale c'era.

Nel mio caso poi, con l'inizio di una separazione molto conflittuale tra i miei, io mi sono trovato a schierarmi totalmente con mia madre e a dare battaglia senza sosta a mio padre, finché adesso, finalmente maggiorenne, mio padre non lo vedo né sento più.

E anche per mia sorella mio padre è stato assente, tanto è vero che sono diventato mio malgrado una figura paterna per lei.

 

Con questo non voglio dire che Freud avesse ragione, anche perché ritengo che la figura paterna sia in sé problematica, e quelli che hanno avuto un buon padre li considero una specie di casta di eletti. Se tutti quelli che hanno avuto una mancanza di comunicazione con il padre fossero gay, probabilmente saremmo più degli etero. :lol:

Però mi sembra che il problema vada inquadrato in questi termini.

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Tenendo conto delle osservazioni di Loup-garou mi permetto di ripostare il post

d'entrata sottolineando qualche punto che potrebbe essere importante tenere presente,

fermo restando che ognuno è libero, naturalmente, di scrivere quello che gli urge di

più. In realtà in questo topic ci sono vari aspetti, e io mi sono sforzato di indicarli, sia

pur sommariamente, nel post iniziale.

 

 

Circola da molto tempo la voce che l'omosessualità maschile sia «causata» da un'assenza di padre,

e molte volte ho letto in questo Forum anche vari gay che la pensano così. Questa tesi deriva

da Freud che inscatola fin dall'inizio, e andandoci con l'accetta, una mancanza di identificazione

mimetica col padre, con lo schema causativo, e così partorisce la figura dell'omosessuale come

un etero mancato, un invertito - non una persona a sé, cooriginaria all'eterosessuale.

 

Tutto ciò è da rifiutare senza esitazioni.

 

Un tema di riflessione molto diverso sarebbe parlare di "deficit di padre":

se uno lo ha avuto, "quanto" ne ha avuto, come lo vive o ha vissuto, cosa gli fa pensare di averlo avuto,

come ha reagito a ciò, a condizione di

 

1. tenere questo discorso del tutto separato da un presunta causazione dell'omosessualità

2. parlarne per tutti, maschi e femmine, etero, gay e bisessuali.

 

Questo porterebbe a porsi alcuni quesiti positivi e interessanti:

 

- che cosa identifico col padre? (in termini di qualità, modo di autopercepirsi)

- come posso restituirmi, o fabbricare io, un po' di padre?

- non è troppo gigante, questo padre che penso di non aver avuto? o col quale

io non riesco a identificarmi? Non sto esagerando?

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Per recuperare il tema dell'identificazione col padre, il padre "eroico"

il modello di maschilità da imitare, bisogna regredire all'infanzia e saltare

a pie' pari l'adolescenza e la pubertà. E' richiesto questo sforzo di memoria

altrimenti si proietta sul padre dell'infanzia una memoria successiva, che è

quella dell'adolescenza, età in cui in ogni caso il rapporto col genitore del

proprio sesso cambia radicalmente ( ed in cui si è già omosessuali )

 

Aspetto completamente differente è il chiedersi : cosa accade ad un bambino

che si è identificato col padre, se e quando realizza di essere gay ; cosa accade

ad un bambino che non si era identificato col padre, se e quando realizza di essere

gay.

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Guest I_am_igor_stravinskij

Per quanto mi riguarda la figura che per me è stata di maggior riferimento durante l'infanzia è stata mia madre, pur avendo entrambi i genitori molto presenti nella mia vita. Crescendo, tra me e mia madre è nata una certa affinità, come per mio fratello e mio padre. Tuttavia non ho mai sentito il bisogno di avere una figura paterna diversa da quella che ho vicino. E' stata una persona che mi ha saputo dare molto e non gli rimpiango niente. Certe volte mi sembra addirittura di non essegli grato abbastanza e di dare troppi suoi gesti per scontati.

Per rispondere ad Hinzelmann: quando ho realizzato di essere gay, ho avuto il tempo di collegare abbastanza presto il fatto che prendevo mia madre come punto di riferimento piuttosto che mio padre. Nel mio caso, credo si tratti più di eredità di fattori caratteriali che di altro, ci troviamo d'accordo quasi su tutto.

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Non riesco a parlare molto con mio padre. Sono piuttosto timido quando mi affeziono alle persone, quindi cerco dirimanere distante. Mio padre è stato abbastanza presente per quanto potesse. Le sue assenze le ho causate io, col mio carattere... con i miei genitori ho un rapporto un po' assurdo, anche se sono persone buone, mi fanno paura, ho paura del loro giudizio... però, credo che sia solo pigrizia d'affrontare le conseguenze ... ultimamente sto cercando di recuperare il rapporto. Con cose idiote, tipo esporre oralmente materie universitarie, sto cercando di avvicinarmi come meglio posso... x.x ma va da sè, che sono come una steppa brulla e arida.-.

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Io sono sempre andato d'accordo più con mio padre che con mia madre. Quindi non ho mai creduto a questa teoria che trovo francamente tediosa-.-

Freud ha fatto troppi casini :look:

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Mike in the Breeze

L'idea di Freud era geniale, perché compilava il Puzzle perfetto che era la sua idea di Psicanalisi. (Ora decisamente superata, in molte delle sue parti)

Non è completamente corretto quello che Isher dice dell'idea di Freud,

nel primo saggio sulla Teoria Sessuale, distingue tra  "oggetto sessuale", ovvero la persona dalla quale parte l'attrazione sessuale, e "meta sessuale", ovvero l'azione verso la quale la pulsione spinge.

Ora, secondo Freud, si possono verificare delle deviazioni sia nei confronti dell'oggetto che della meta sessuale. (Deviazioni non in senso negativo, deviano dalla norma)

La deviazione riguardante l'oggetto per eccellenza è l'omosessualità, viene definita INVERSIONE (notare, anche questa non intesa in senso negativo).

Piu' che assenza del padre, Freud la vede originata da una fissazione intensa ma breve sulla donna (nb ovviamente la madre), dopo avere superato questa fase, "gli individui invertiti si identificano con la donna e assumono se stessi come oggetto sessuale (ecco il significato di INVERSIONE), vale a dire, partendo dal narcisismo, cercano uomini simili alla loro persona che li vogliano amare come li ha amati la loro madre".

Poi precede con affermazioni più fastidiose :lol:, affermando che più volte uomini invertiti provavano attrattiva femminile ma lo trasponevano sull'oggetto maschile, ripetendo per tutta la vita il meccanismo da cui è sorta l'inversione sessuale.

Ancora, arriva addirittura ad affermare che secondo la psicoanalisi, anche l'interesse sessuale dell'uomo esclusivo verso la donna è un problema da chiarire e che non è spiegabile chimicamente.

L'opinione definitiva è: la decisione sul comportamento sessuale definitivo è in parte di natura costituzionale e in parte anche di natura accidentale.

Vorrei anche ricordare che Freud scrisse queste cose alla fine del 1800, il chè denota una libertà di pensiero veramente eccezionale.

Inoltre, Freud era anche avanti anni luce rispetto agli psichiatri al riguardo della concezione di patologia/sanità,

infatti affermava che vi fosse continuità tra psicopatologia e psicologia, "che gli invertiti non rappresentano un gruppo speciale di individui, che la mente di ciascuno contiene tutto: la normalità e allo stesso tempo l'elemento che da essa devia o SEMBRA deviare", di più, Freud arriva a mettere in discussione le idee condivise e date per scontate circa l'ETEROSESSALITA'.

Vorrei ricordare che lui, come Fliess, sosteneva la bisessualità originaria dell'essere umano.

 

Tornando alla domanda originaria del topic,

mio padre non è stato un esempio negativo.. Piuttosto ero io che volevo essere diverso da lui

non volevo camminare a papera come lui (questo lo ricordo benissimo :look:), non volevo avere i capelli come lui,

non volevo avere le rughe così pesanti come le sue ed essere così scuro di pelle.

In più, cosa piuttosto rara, ho dei buoni ricordi del periodo del complesso edipico, in particolare ricordo molto bene l'odio per mio padre volto alla conquista di mia madre :D, anche se non ricordo di aver mai paura di essere evirato (?! e per questo, secondo me, Freud qui ha cannato, non vedo perchè avrei dovuto dimenticare questo e non tutto il resto).

 

In più ho anche parecchi ricordi della mia sessualità infantile,

all'asilo avevo 3 fidanzatine, ma ricordo benissimo di aver voluto anche il mio migliore amico come fidanzatino :lol: e vorrei far notare che a 3 anni non ero attaccato nè a mia madre, nè a mio padre, ma a mia nonna.

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Non so se si può parlare di "deficit" quando questo non è percepito.

Dopo il divorzio dei miei (avevo 7 anni) mio padre è completamente scomparso dalla mia vita, per sua scelta e senza alcuna pressione da parte di mia madre. Per poi riapparire a i miei 18 anni, dopo l'iscrizione in Università.

Con il tempo ho imparato a capire che l'assenza di persone del genere e tutto quello che rappresentano è stata solo che positiva. Un continuo scontro, tanta rabbia repressa e troppi "non detti" sono il condimento del nostro rapporto.

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Come mi ero ripromesso, tento di dare il mio contributo a questo topic: proverò a seguire i punti che Isher ha evidenziato, ma non garantisco di essere così ligio al dovere né di essere esaustivo o chiarissimo... ho un po' di idee da metter giù, vediamo se le rendo comprensibili!  :look:

 

Che cosa identifico col padre?

Uhm... allora... direi che la mia idea di padre è quella di una figura che, nella famiglia, dovrebbe rappresentare il porto sicuro nella tempesta, la roccia a cui il resto della famiglia sa di potersi aggrappare quando ci sono problemi, colui che dona certezze agli altri elementi nel nucleo famigliare più "deboli" (inteso senza nessuna accezione negativa).

Un buon padre io lo identifico con colui che fin dall'infanzia sa ritagliare il giusto tempo da dedicare ai propri figli (naturali o meno... un buon padre, in fondo, è l'unione di un buon educatore e di una figura forte a cui il giovane sa di potersi appellare nei momenti di difficoltà), nonché alla propria moglie o compagna: la serenità "coniugale" ha anch'essa grande rilievo nel permettere ad un figlio di crescere in serenità.

 

Come posso restituirmi, o fabbricare io, un po' di padre?

Questo punto non saprei bene come interpretarlo, ovvero ritengo praticamente impossibile autocompensare le carenze di una persona che teoricamente dovrebbe essere mio punto di riferimento. E' un'inversione dei ruoli che costringe il "debole" a farsi "forte"... ma per dare sostegno a chi?

Ho osservato che alcune persone che hanno vissuto un'infanzia un po' problematica poi, credo per effetto di reazione, crescendo sviluppano caratterialmente un forte desiderio di autonomia, unito a volte a rapporti ostili con la famiglia di origine e ad un forte senso di responsabilità e del "dovere". All'opposto, altri individui si lasciano invece andare ad una vita più volta a precarietà e (apparente?) disinteresse per il loro futuro.

Ovviamente ogni persona risolve (o almeno ci prova) i suoi conflitti interiori in modo diverso e, per quanto riguarda i maschi omosessuali, penso non sia del tutto sbagliato pensare che un giovane gay che cerca esclusivamente partner più grandi stia, in modo più o meno conscio, cercando una sorta di figura paterna surrogata.

 

Non è troppo gigante, questo padre che penso di non aver avuto? o col quale io non riesco a identificarmi? Non sto esagerando?

Questa domanda (anzi, serie di domande) rimanda un po' all'iniziale identificazione di cosa, per noi, è, oppure avrebbe dovuto essere, un buon padre, quindi la risposta non può che essere molto soggettiva.

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E' una cosa alla quale penso molto negli ultimi tempi... Mio padre ha enormi difficoltà a esprimere l'affetto che prova, è totalmente incapace di avere uno scambio emotivo. Mai un apprezzamento, un incoraggiamento, mai la minima gratificazione.

Non voglio dire che questa sia stata la causa della mia omosessualità, ma sicuramente ha amplificato quelle che potevano essere determinate situazioni di partenza.

Come se il mio bisogno di cercare conferme, attenzioni, affetto, amore in uomo, fosse in gran parte dovuto a questo vuoto pazzesco causato dai forti limiti caratteriali di mio padre, che credo non mi abbia mai amato davvero, a prescindere dal mio essere gay, ma in generale.

Il problema è che sto sviluppando un rancore incredibile nei suoi confronti, perché questo suo limite, da lui non riconosciuto, mi ha tarpato decisamente le ali.

Non ha mai accettato la mia fragilità, se ho un problema la colpa è mia, della mia "labilità mentale", e lo dice con una punta di soddisfazione, perché sono debole, quindi in pratica ho ciò che mi merito! Che poi, quelli che io chiamo problemi, per lui sono cose "filosofiche", cioè che non stanno nè in cielo, nè in terra, specie se la colpa è sua. Non ne vuole sentire parlare. Sono io che sono fatto male.

Tutto per me è stato molto difficile e il non sentirsi amati, riconosciuti, porta dei problemi incredibili, anche se sei bello, simpatico e intelligente. Anche se al di fuori della famiglia sei sempre accolto alla grande, non basta l'affetto di un mondo intero a colmare quello che rimane un dolore attaccato nell'animo e che non riesci mai a recuperare. Con tutta la fatica che fai per vivere, alla fine te la prendi con chi doveva amarti e non l'ha fatto. Con chi non capisce il tuo dolore, con chi ti sminuisce e ti umilia quotidianamente con la presunzione e l'indifferenza.

 

Ti odio, papà. Spero tu abbia un dolore così forte da non poterti difendere e da annullarti ogni aspettativa di vita, come è stato per me a causa tua. Spero tu possa capirmi e spero che un giorno ti possa perdonare.

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Anche alcuni utenti che sostengono di non avere "nessun deficit da padre" delineano una figura paterna con cui manca una qualsiasi comunicazione: aggressivo e incapace di accettare le critiche, di mettersi in discussione.

Frena! Ora non so cosa volessero dire gli altri, ma io non ho detto che non ho comunicazione con mio padre.

Il fatto che sia incapace di accettare critiche è un aspetto negativo del suo carattere, ma con questo io non deduco che comunicazione non ce ne è.

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Sono il quarto di quattro figli e, tra questi, l'unico omosessuale.

I miei genitori hanno sempre avuto una grande presenza nella mia vita e sicuramente hanno influenzato tantissimo il carattere di tutti noi. In casa non era presente tutto il giorno, ma anche nelle ore in cui non era in casa, la sua presenza era sempre nell'aria, tanto è forte il suo carattere.

E' sempre stato una parsona decisa, con idee chiare, organizzatissimo, colto e dal carattere forte, che nel suo lavoro ha saputo "arrivare". Partendo da una famiglia modesta, si è diplomato, laureato in medicina, preso 3 diverse specializzazione e diventato primario. Insomma, una persona "con le palle" (ma con un'emotività forte e nascosta), che da ragazzo era ammirato dalle ragazze e di certo non ha perso occasione per diverticisi. E con noi figli ha sempre cercato di tirare fuori da dentro di noi tutta la determinazione e la volontà per "arrivare". Forse pretendendo molto, ma crescendoci nell'idea che avevamo tutte le carte per riuscirci.

Mia madre invece è sempre stata una donna dolcissima che bilanciava il carattere di mio padre e sicuramente ha addolcito anche i tratti caratteriali di noi figli, troppo simili a mio padre.

 

I miei fratelli lo definirebbero nella stessa maniera. E loro sono tutti etero.

Quindi il problema non credo sia nel padre (tutti noi figli siamo stati trattati esattamente nella stessa maniera), visto che lo stesso padre ha avuto un impatto completamente diverso nella definizione dell'orientamento sessuale rispetto ai miei fratelli.

 

Piuttosto non era facile per un figlio che si sentiva "differente", crescere con un modello di virilità eterossessuale così forte e definito. Ma non perchè fosse mio padre ad avere avuto peso nel mio orientamento, ma perchè io, che già percepivo la mia identità sessuale come diversa, vivevo nell'imbarazzo di non poter adempiere al modello di eterosessualità che era lui.

 

Sono sicuro che se facciamo un'indagine tra gli etero, leggeremmo risposte molto simili. Perchè gli uomini fragili, o insicuri, o poco espressivi, etc sono tanti. E sono padri. Ciò che è diverso dai casi di figli etero, è appunto questo: che noi siamo omosessuali. E come tali reagiamo in maniera diversa ai nostri modelli di genitori. La nostra omosessualità, in genere, è una causa del nostro modo di reagire ai nostri genitori, non una conseguenza.

Altrimenti tutti i gay avrebbero solo fratelli gay (ripeto, tutti siamo sempre stati trattati allo stesso modo), e tutti gli etero descriverebbero i loro padri come presenti e sane figure genitoriali. E così non è.

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