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Amministrative 2016


Rotwang

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Apro il topic sulle elezioni comunali. Nella primavera 2016 andranno al voto migliaia di Comuni, tra questi alcuni tra i principali centri metropolitani italiani: Milano, Torino, Bologna, Bolzano, Trieste, Cagliari, Napoli e Roma.

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Il Post http://www.ilpost.it/2015/11/09/la-candidata-sindaca-del-m5s-a-milano/

 

Gli attivisti e i sostenitori del Movimento 5 Stelle di Milano hanno scelto Patrizia Bedori come loro candidata sindaca per le elezioni comunali del prossimo aprile. Bedori è stata scelta con delle elezioni primarie, le cui votazioni si sono svolte domenica 8 novembre e a cui potevano partecipare solo gli iscritti al M5S residenti a Milano: c’erano in tutto 8 candidati (7 uomini e una donna), ma non sono stati diffusi i dati sui voti raccolti da ognuno di loro, né quelli dei voti raccolti da Patrizia Bedori. Anche il numero dei votanti non è stato reso noto: secondo Repubblica hanno partecipato alcune centinaia di persone, ma il Movimento 5 Stelle non ha confermato il dato. Alle elezioni comunali del 2011 il Movimento 5 Stelle aveva raccolto il 3,43 per cento dei voti.

 

Patrizia Bedori ha 52 anni, è disoccupata ed è già consigliera di Zona 3 per il Movimento 5 Stelle (le Zone sono le municipalità in cui è diviso il comune di Milano: Zona 3 corrisponde più o meno ai quartieri di Lambrate e Città Studi). Spiega Repubblica che Bedori – che è iscritta al blog di Beppe Grillo dal 2007 e fa parte del M5S dal 2009– è diplomata in comunicazioni visive e ha lavorato in pubblicità e come direttore commerciale di un’azienda di arredamento fino al 2003, quando si è licenziata per la nascita di suo figlio. Parlando agli attivisti del Movimento 5 Stelle dopo la vittoria delle primarie, Bedori ha detto: «Sono orgogliosa di far parte di questa bellissima comunità, voglio cambiare questa città, la voce va data ai cittadini».

Edited by Rotwang
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Bolzano afflitta da ingovernabilità perenne, a causa delle norme che prevedono la presenza di partiti germanofoni in maggioranza e un sistema elettorale che non da in automatico il 60% dei seggi a chi vince va di nuovo al voto anticipato...

 

Sulle candidature scelte dal M5S a Torino e Milano sono molto perplesso, sembra che la strategia di Grillo e Casaleggio sia quella di puntare a non vincere, invece sarebbe ora di puntare a governare grandi città, non può la seconda (o forse prima) forza politica nazionale limitarsi a governare cittadine come Parma o Civitavecchia...

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La Stampa

Piero Fassino, potremmo azzardare, deve avere un rapporto di odio amore politico per Chiara Appendino. Perché certo non c’è nessun’altra consigliera di opposizione che ha dato filo da torcere al sindaco più di quanto abbia fatto Appendino - che da ieri è ufficialmente la candidata sindaco del M5S a Torino, scelta da 250 elettori piemontesi; ma è anche vero che nessuno più di lei è stato mai, di fatto, gratificato da Fassino del ruolo di vero oppositore, come se lui in fondo le riconoscesse da anni uno status e, nonostante tutto, ne avesse considerazione. 

Esiste una gag su Internet che i cinque stelle probabilmente faranno diventare un cult elettorale (assieme allo slogan: «L’alternativa è Chiara»). In una seduta molto accesa del Consiglio comunale Fassino - dinanzi alle obiezioni insistenti di Appendino - a un certo punto sbotta e le fa: «Un giorno lei si segga su questa sedia e vediamo se sarà capace di fare tutto quello che oggi ha auspicato di saper fare». Mormorii e anche risate in Consiglio, poi il sindaco aggiunse: «E comunque lo decideranno gli elettori». Appendino la chiama «la seconda profezia di Fassino», come ci racconta lei stessa: «Fu Fassino, ricordate?, a dire nel 2009 “Beppe Grillo fondi un partito e vediamo quanti voti prende”. Diciamo che la prima profezia gli andò male». 

In questi anni a Torino Appendino è diventata un volto noto, una Giovanna d’Arco - anche qui, fu Fassino a dire «non abbiamo bisogno di una Giovanna D’Arco in sala rossa», a lei che lo criticava per la scarsa trasparenza delle fondazioni culturali in città - molto temibile per il Pd per varie ragioni. La prima è che, se Fassino non dovesse vincere al primo turno, la dinamica del ballottaggio rende molto pericoloso ogni secondo, ma in particolare modo questa, seconda (non solo perché il M5S a Torino è dato attorno al 25 per cento). Appendino è la parte migliore del Movimento, quella legata alle origini, ai meet up, il contrario, per intenderci, di Roma e Napoli, direttori e cordate. 

E il suo profilo è politicamente competitivo perché può essere molto trasversale. Popolare - basta guardare già il lancio della candidatura, avvenuto ieri mattina alla Falchera, quartiere simbolo operaio di Torino (e molto patrocinato da Laura Castelli, storica militante no tav piemontese, e dal senatore Airola; se Appendino vincesse sarebbe una clamorosa vittoria politica di Castelli, la deputata che ha appena lanciato dalle periferie una grande operazione sul reddito di cittadinanza che si ripeterà in tutte le grandi periferie italiane). Ma anche borghese, e qui bisognerà dire due cose su chi è Chiara Appendino. 

Trentunenne, una bella faccia, fresca - sarà perfetta in tv, dove però non ama andare - figlia di un ingegnere e una professoressa d’inglese, sposata con un giovane imprenditore (da cui aspetta un figlio), Appendino ha un curriculum diverso dallo stereotipo sui cinque stelle. Esperta di contabilità e bilanci (lavora nell’azienda di famiglia e da tempo si è tagliata il gettone comunale), è laureata in Bocconi, dove ha studiato indovinate con chi? Con Tito Boeri, oggi presidente dell’Inps. Ha lavorato in Juventus per due anni e mezzo, prima di incontrare la politica. Ieri ha detto «vogliamo tagliare del 30% i costi della politica di Fassino, mettendo a disposizione le risorse contro la disoccupazione in città, una persona su dieci è a rischio povertà. Siamo pronti a governare». E Torino, a differenza di Roma, è una città che potrebbero voler governare davvero.

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La Repubblica

 

"Io mi gioco tutto al referendum. Se lo perdo, vado a casa. Questo discorso non vale invece per le amministrative. So che è una partita in salita, ma non possiamo uscire sconfitti in tutte le città". Matteo Renzi non vuole commettere l’errore che quindici anni fa costrinse Massimo D’Alema alle dimissioni. Dopo il frastuono che ha accompagnato le dimissioni di Ignazio Marino a Roma, il premier cerca allora di circoscrivere il valore della prossima tornata amministrativa. Nessun significato politico, nessun test diretto sul governo o sulla segreteria del partito. Eppure si tratta di un passaggio importante: in primavera è chiamata al voto la “spina dorsale” municipale d’Italia. Le cinque principali città, da Nord a Sud. E l’incubo dei ballottaggi con il Movimento 5 Stelle. "Ma l’osso del collo – ripete il segretario democratico ai suoi fedelissimi – io me lo posso rompere solo al referendum".

L’appuntamento con le comunali resta un banco di prova. A Palazzo Chigi e a Largo del Nazareno lo sanno bene. Ovviamente l’attenzione è concentrata sulle sfide di Roma, Milano, Torino, Bologna e Napoli. Situazioni differenti, certo. Ma accomunate da un velo di incertezza più o meno corposo.

Solo due dei sindaci uscenti sono del Pd. Poi c’è Marino, ma si è già dimesso. Gli altri sono iscritti al campo del centrosinistra, ma non democratici. Un fattore che complica la “corsa”. Soprattutto nella scelta dei prossimi candidati. Basti pensare al rapporto ormai logorato con la sinistra radicale di Sel. "In effetti – ammette ad esempio il ministro dem dell’Agricoltura, Maurizio Martina – ad eccezione di Milano, dove Pisapia esercita ancora un ruolo di collante, ci saranno quasi ovunque candidati di Sinistra e Libertà". Un dato che indurrà il Pd ad affrontare “in solitaria” la circumnavigazione di questa prima tappa. Sapendo che i casi più spinosi spuntano almeno in quattro delle città: Roma, Milano, Bologna e Napoli.

La Capitale rappresenta per il Partito democratico la questione più intricata. "Lì – ragionano ai piano alti di Largo del Nazareno – partiamo battuti. Dobbiamo recuperare". Molto, ovviamente, dipenderà da chi sarà il candidato del Movimento 5Stelle. Ma alcuni punti fermi sono stati già piantati. Il primo: "Marchini non sarà mai il candidato del PD". L’idea lanciata nei giorni scorsi dal ministro della Sanità Lorenzin, dell’Ncd, è stata immediatamente scartata da Palazzo Chigi. "Chi scenderà in campo – è il ragionamento – deve essere romano, preferibilmente un nostro uomo e deve essere un politico". Ossia, niente esterni. Né Cantone, né Sabella. Né Gabrielli, né alcuno dei “tecnici” di cui si è parlato. A Largo del Nazareno, allora, iniziano a sgranare il rosario dei possibili candidati. C’è il ministro Madia. Ma non è considerata adatta al tipo di battaglia campale nella quale si trasformerà il Campidoglio. C’è il vicepresidente della Camera Giachetti. "Può arrivare al ballottaggio. Ma poi?".

Nella lista compare un nome che fino ad ora non era mai stato preso in considerazione. Si tratta del presidente della Camera, Laura Boldrini. Un identikit adeguato a fronteggiare i grillini e a ricompattare il fronte sinistro. Ma presenta delle controindicazioni: come spiegare agli elettori che la terza carica dello Stato si dimette per fare il sindaco? E poi: chi prenderebbe il suo posto a Montecitorio? L’attuale ministro delle riforme Maria Elena Boschi o quello dei Beni culturali Dario Franceschini? "Il migliore, in teoria sarebbe Delrio – spiegano ai vertici del Pd – ma non è romano. Il più convincente allora è Nicola Zingaretti". I riflettori stanno puntando proprio sul presidente della Regione Lazio. Il suo ruolo è una forza e nello stesso tempo una debolezza. Se si iscrivesse alla gara, infatti, si dovrebbe cercare un suo sostituto alla Pisana. Di certo, è la convinzione di Renzi, chi sarà candidato dovrà mettere a punto una sorta di "campagna elettorale all’americana: trasporti, nettezza urbana e periferie. Sulla periferia ci si deve impegnare più che sui quartieri centrali. È lì che si trovano i voti". La macchina dem si metterà in moto nei primi mesi del prossimo anno. Con un'idea, appunto "molto obamiana": volontari in tutte le zone della città a illustrare gli obiettivi dem.

Poi c’è Milano. Nel capoluogo lombardo la selezione è ancora in alto mare. Sala, l’Ad di Expo, ha confermato la sua "disponibilità a candidarsi". A Largo del Nazareno lo considerano un’ottima scelta. Ma non quella perfetta e soprattutto "ancora non definitiva". Insomma, qualche dubbio resta. Anche perché porrebbe plasticamente il problema delle primarie. Renzi ha già annunciato che in partenza non vuole rinunciarci. In partenza, però. In arrivo tutto può cambiare. "La soluzione ideale – ammette ancora Martina – sarebbe quella di arrivare ad un solo nome ovunque. E così evitare le primarie o farle per lanciare la candidatura". Sta di fatto che a Milano la decisione è ancora lontana e alternative concrete ancora non si sono formate.

Si arriva a Napoli. "Un buco nero", sintetizza il ministro dell’Agricoltura. Ma anche il segretario del Pd non è lontano da questa valutazione. "Cosa succede se si presenta Bassolino?". In Campania le primarie rischiano di confermarsi un caos per il Pd. Anche se le previsioni che vengono da Largo del Nazareno fanno quasi tutte riferimento ad un unico punto cardinale: Vincenzo De Luca. Tra i “big” democratici serpeggia infatti la convinzione che alla fine scenderà in campo lui con un suo “campione”. Un timore, ma anche una soluzione.

I dubbi sono anche il segno di Bologna. La città rossa rischia di sbiadirsi. Tutti i parlamentari emiliani sono netti: "Con Virginio Merola stavolta andiamo a sbattere". L’attuale sindaco ha rotto a sinistra e dentro il suo partito, il Pd, non convince più. Viene considerato un "sopportato", "debole". Il sostituto di cui si è parlato in queste settimane è l’attuale rettore dell’università, Dionigi. Ma la vera carta segreta su cui Palazzo Chigi vuole scommettere è un’altra: Elisabetta Gualmini, politologa con una certa esperienza amministrativa, è vicepresidente della regione Emilia Romagna e assessore alle Politiche sociali.

L’ultimo comune a piena guida dem è Torino. Piero Fassino verrà ricandidato. Ma i timori non mancano. Soprattutto se l’ex segretario Ds non dovesse spuntarla al primo turno. Al ballottaggio, con il M5S i rischi sono considerati altissimi. E la probabile candidata grillina, Chiara Appendino, è giudicata un avversario con tutte le carte in regola. "Io – spiega ancora Renzi – mi butterò comunque in questa campagna elettorale. Come si dice? Ci metterò la faccia, come ho fatto anche alle precedenti amministrative. Ma si deve sapere che il differenziale per il Pd tra le comunali e le politiche sono dieci punti. Se sulla lista c’è il mio nome o non c’è fa la differenza. Non andrà comunque male. E io resterò comunque al mio posto".

Edited by Rotwang
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Matteo Renzi non vuole commettere l’errore che quindici anni fa costrinse Massimo D’Alema alle dimissioni. Dopo il frastuono che ha accompagnato le dimissioni di Ignazio Marino a Roma, il premier cerca allora di circoscrivere il valore della prossima tornata amministrativa.

 

 

dal che si capisce che Renzi ha mandato via Marino per far schiantare il Pd a Roma, che non gli era favorevole: non gli importa niente del prezzo pagato per questo, sia dalla città che dalle istituzioni

non solo non gli importa niente se i voti del PD a Roma precipiteranno, ma anzi è proprio il risultato voluto per mandare via un bel po' di gente del suo stesso partito, che è stato commissariato con la logica del "buttiamo via tutto, l'acqua sporca e il bambino"

la sorpresa viene dalla copertura mediatica che questa operazione da basso impero ha ottenuto: l'operazione è riuscita perché le ambizioni di Renzi si sono incontrate con gli interessi delle varie mafie della capitale, e tutti hanno concorso al risultato... compresi i giornali romani, che forse ne avranno dei ritorni (non so Repubblica, ma il ritorno che ne potrebbe avere la proprietà del Messaggero mi pare evidente...)

Edited by conrad65
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E' chiaro che più si indebolisce il PD a livello locale

( che Renzi non controlla ) più Renzi dirà che lui è

necessario ed il partito di Bersani-Bassolino & C non

conta niente

 

Quindi punterà molto su Milano e Sala

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Spero, l'anno prossimo, di avere già posto la "prima pietra" in una città diversa da Napoli per potere cominciare una vita diversa, fatta di senso civico e di organizzazione.

La desolante alternativa tra il riconfermare De Magistris o scegliere fra un - possibile - Bassolino, un Lettieri (o chiunque sia il candidato di centro-destra) o un "onestissimo" 5 stelle mi fa storcere il naso.

Parto da un presupposto: credo che per governare questa città non sia sufficiente né un curriculum onorevole né una fedina penale immacolata.

Nessuno ha voluto fino ad ora scardinare il sistema-Napoli, in cui governa la logica del banditismo.

Io abito in una zona elegante della città, da qualche anno oggetto di una "movida" notturna selvaggia dove si assiste all'inverosimile. Nessuna amministrazione ha voluto mettere un freno a questa inadeguatezza.

I problemi occupazionali incidono sulla vita di tutte le frange della società, la burocrazia meccanizzata e non digitalizzata è ancora una triste realtà e la qualità della vita è peggiorata, come se si fosse "imbruttita".

È triste pensare di essere una di quelle società in cui, se il cattivo paga troppo secondo la giuria popolare, il buono che si è difeso troppo deve subire la stessa sorte (vedi il caso del gioielliere di Ercolano).

 

Non sono convinto che Giggino sarà rieletto. Il suo "abbiamo scassato" è servito secondo me solo a rompere gli zebedei. La cittadinanza non ha visto risultati concreti; i grandi eventi (l'Americas Cup e la Coppa Davis, che ho visto a due passi da casa), gli interventi a città della scienza, l'apertura delle nuove stazioni della metropolitana (che nemmeno sono merito dell'amministrazione attuale), la raccolta differenziata (che, nonostante l'impegno, non è ben organizzata), non rimediano alle tantissime manchevolezze di questi 5 anni.

 

Spazio aperto per chiunque allora, facile che dopo 25 anni di governi sinistroidi sia il momento della società civile professata dai 5 stelle.

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Renzi a queste amministrative si gioca tutto, senza tante storie, si vota in ventitrè capoluoghi:

 

Novara, Torino, Milano, Varese, Savona, Bolzano, Trieste, Pordenone, Ravenna, Rimini, Grosseto, Siena, Roma, Latina, Benevento, Caserta, Napoli, Salerno, Catanzaro, Cosenza, Crotone, Cagliari e Olbia.

 

Di tutte queste solamente cinque (Novara, Varese, Latina, Caserta e Catanzaro) hanno amministrazioni uscenti del centrodestra. Un risultato insoddisfacente (e confermare diciotto capoluoghi è quasi impossibile) segnerebbe l'inizio della fine di Renzi così come cinque anni prima le amministrative hanno decretato l'inizio della fine di Berlusconi.

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La Repubblica

 

Non si sa ancora se l'Ncd sarà in coalizione con il centrodestra, ma di sicuro nella corsa per Palazzo Marino ci sarà l'estrema destra di 'Sovranità', il movimento erede di CasaPound e che ha stretto un legame politico preferenziale con la Lega Nord.

Sabato scorso come ospiti al convegno organizzato dal movimento - simbolo: tre spighe di grano e sotto la scritta "prima gli italiani" - c'erano il segretario federale del Carroccio Matteo Salvini, quello provinciale Davide Boni, l'assessore regionale forzista Giulio Gallera. Uno dei temi affrontati nella sala conferenze di Palazzo Castiglioni a Porta Venezia era 'Milano protagonista dopo l'Expo' e, come ha spiegato proprio Gallera, l'obiettivo è "riprendersi la città".

 

La connessione fra la nuova Lega salviniana e i neofascisti 'sovranisti' non è un fatto nuovo, ma è risultato chiaro come l'iniziativa fosse finalizzata a rafforzare i rapporti in vista delle prossime amministrative. L'ultima battaglia in sinergia con Salvini è quella in sostegno degli allevatori, con una campagna a favore dell'acquisto di latte e formaggio italiano.

La dirigente più in vista della nuova formazione su Milano è Roberta Capotosti, ex consigliera provinciale transitata da Msi-An-Pdl-Fratelli d'Italia e adesso approdata appunto in Sovranità. È ancora presto per capire se - come avvenuto alla tornata della scorsa primavera - verranno ospitati esponenti dell'estrema destra dentro la squadra della Lega o se il movimento avrà la forza di presentare una propria lista in appoggio al centrodestra.

Una curiosità, infine: all'incontro ha partecipato come relatrice anche Barbara Covilli, ad di Mytaxi, la app per i tassisti acquistata da Mercedes. Azienda in patria molto attenta alle proprie frequentazioni politiche...

Edited by Rotwang
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  • 2 weeks later...

L’hanno chiamata “casalinga”, “disoccupata”. Lei dice “mamma”, e questo racchiude un po’ tutto. Patrizia Bedori è l’unica candidata oggi in campo ufficialmente per le elezioni di Milano. E’ stata scelta dal Movimento 5 Stelle. E si racconta ad Affaritaliani.it a tutto campo.

 

Patrizia Bedori, ad oggi lei è l'unica candidata in campo.

Al momento sì.

 

Perché?

Semplicemente perché come Movimento 5 Stelle ci siamo mossi in tempo. E’ da un anno che stiamo lavorando con i cittadini sul programma. Quindi le persone che mi hanno votato sanno come mi sono mossa sul territorio e sanno chi sono. Non partiamo da zero.

 

Gli altri candidati, però, non sono in campo.

I miei competitor non ci sono e mi sembra di capire che è perché attendono di essere nominati. Cioè, Renzi sta nominando Sala. Sallusti negli ultimi giorni pare sia tra i favoriti di Berlusconi. E quindi la conclusione è che dalle altre parti manchi un po' la democrazia...

 

Gli altri non ci sono.

Gli altri non ci sono e mi sembra di capire che vengano nominati. Renzi ha nominato Sala. Sallusti negli ultimi giorni si fa questo nome è stato nominato da Berlusconi. Mi sembra che dalle altre parti c’è un po’ poca democrazia.

 

Due pregi e due difetti di Patrizia Bedori.

Sono una persona determinata e pratica. Voglio sempre risolvere i problemi dopo averli capiti.

 

Questi sono i pregi. I due difetti?

Sono un po’ testarda: quando sono convinta di una cosa vado fino in fondo. Sono piena di difetti: mi arrabbio quando le cose vengono prese alla leggera. Quando si spendono i soldi dei cittadini senza riflettere sulle priorità mi inquieto.

 

Come quando volevano destinare soldi alla Giornata della Memoria e lei si oppose? Ammette di aver fatto un errore?

Macché. Nessun errore: il punto è che il bilancio comunale non è una spugna che si può strizzare a piacimento. Non è un pozzo senza fondo. E in una situazione di crisi penso che si debba badare alle case, alla disoccupazione, alla sicurezza. I cittadini hanno bisogno più di questo che di un evento o di una serata.

 

Quindi, niente Giorno della Memoria.

Cerchiamo di capirci: non siamo affatto contro il Giorno della Memoria. Anzi. Abbiamo fatto un lancio virale su Facebook che è stato molto più di impatto e divulgativo che una serata che avrebbe ospitato forse 50 persone. Quello che voglio dire è che oggi esistono sistemi a basso costo per la divulgazione: le risorse risparmiate si possono dedicare alle priorità. Vuole un esempio? Ho votato contro il calendario della zona perché non mi sembra la cosa più utile. E anche contro a una mostra sulle divise militari. Oppure mi vuole dire che le divise miliari sono una priorità…

 

No, direi di no...

Guardi, glielo dico subito. Ho votato contro anche al finanziamento all’Arcigay. E dire che io sono a favore dell’Arcigay, ma bisogna iniziare a entrare nell’ottica che le risorse non possono sempre arrivare dal Comune per tutto.

 

Ha votato contro l'Arcigay: adesso diranno che è omofoba.

Io sono la prima ad andare al Gay Pride, ma non è giusto che il Comune si faccia carico di sovvenzionare associazioni che ce la possono fare da sole. Il nostro evento 5 Stelle di Imola è costato 500mila euro, ma non non abbiamo chiesto un soldo a nessuno.

 

Lei è una casalinga e una disoccupata.

Modo sbagliato di presentare una persona. Io sono una persona che per fortuna ha avuto la possibilità di dedicarsi a suo figlio, che adesso ha 11 anni. Viviamo dignitosamente facendo delle piccole rinunce per mantenerci solo con lo stipendio del mio compagno.

 

Vediamo un po' di provvedimenti. Area C alla Cerchia dei Bastioni, sì o no.

Sì. Sono favorevole. Abbiamo fatto il primo tavolo sulla mobilità e faremo un tavolo sull’ambiente. Facciamo la sintesi delle idee dei cittadini. Io però sarei favorevole. Guardi, a un convegno a Friburgo un professore ha detto che i nostri governanti sono dei criminali.

 

Addirittura.

Oltrepassiamo tutte le soglie di inquinamento, abbiamo 13 inceneritori nella pianura padana. Siamo la regione più inquinata d’Italia. Basta come descrizione? Quindi sì, ok all’Area C più allargata.

 

Riapertura dei Navigli: sì o no?

Faccio io una domanda a lei: è una priorità?

 

Dovrebbe dirmelo lei.

Non mi sembra una priorità. Secondo noi le priorità sono altre con questo bilancio. Certo, ci fossero tanti soldi da spendere, ci si potrebbe anche pensare, dopo un referendum deliberativo nel quale i milanesi possano esprimersi. Ma prima di tutto bisogna vedere le risorse. E le risorse oggi dubito ci siano.

 

P.S:  1) Il progetto per una nuova Milano non si misura con la logica delle priorità. E’ dimostrato che di questo passo vincono sempre le buche per terra e l’urbanistica dei marciapiedi.  

2) Il riferimento al bilancio è un’autentica fesseria perché il progetto, al di là della cattiva comunicazione del Progetto Politecnico, può essere realizzato a costo zero essendo un’opera pubblica finanziabile con un project financing privato.

3)  Il referendum deliberativo non c’è stato, però ritenere che il referendum consultivo votato nel 2011 e al quale hanno detto sì più di 450.000 milanesi non conti nulla è un oltraggio alla democrazia.

 

Moschee: sì o no?

Le moschee sì, quelle bisogna farle. La libertà di culto è un diritto fondamentale. Il problema è moschee grandi o moschee sul territorio dove si possono integrare più facilmente con i cittadini. Io sono per le seconde.

 

Riqualificazione scali ferroviari: sì o no?

Certo, gli scali possono essere una bellissima opportunità per far essere questa città una città degna delle migliori in Europa. Purtroppo l’accordo preliminare che ho visto non mi sembra vada in questa direzione. Andiamo a costruire: ancora cemento. Gli scali ferroviari sono ubicati intorno alla città: facciamone parchi con servizi al cittadino, biblioteche, ludoteche. Non ci serve altro cemento.

 

Diamo un aggettivo a vari nomi: Giuliano Pisapia.

La politica delle coalizioni non porta a niente. Quindi l’aggettivo è “debole”, sempre sotto schiaffo, sotto scacco.

 

Giuseppe Sala.

Manager lontano dai cittadini.

 

Paolo Del Debbio.

Il problema è che noi dove andiamo a governare otteniamo risultati. Noi quello che diciamo lo facciamo. Del Debbio lo farebbe? Non lo conosco, non so, non credo.

 

Pierfrancesco Majorino.

Ha fatto delle cose positive ma in molti casi non è riuscito a dare risposte. Ad esempio sulla questione immigrati e accoglienza, sulla questione dei disabili gravi. I centri diurni per disabili sono allo sfascio.

 

Mi dia una definizione di Expo.

Più che una definizione, ne voglio dare delle cifre. Sono stati spesi 15 miliardi e 600 milioni, gli ingressi sono stati circa 22 milioni. Ogni persona che entrava in Expo è costata agli italiani 750 euro. Basta come definizione?

 

Che cosa mi dice per il post Expo?

Siamo per i bandi pubblici, non vorremmo che decidesse una sola persona, cioè Renzi, o un solo partito, cioè il Pd. Vorremmo bandi pubblici e vorremmo fosse tutto trasparente. Ci batteremo per questo.

 

 

Solo per la parte dei Navigli merita di non ricevere neanche un voto, 'sta c******

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Molto interessante invece quello che sta succedendo a Roma, con i Radicali che hanno appoggiato il nuovo progetto di Civati (Possibile e Sinistra Italiana), il candidato sindaco sarà il neosegretario nazionale dei Radicali Italiani, Riccardo Magi.

 

Magi, 39 anni, consigliere comunale uscente nella maggioranza di Marino, è stato il promotore del registro comunale dei testamenti biologici e delle unioni civili. Se l'alleanza viene proposta anche a livello nazionale mi sembra una cosa decisamente da seguire, anche perchè, rispetto al Pd, si caratterizza come nettamente laica e potrebbe togliere dei voti al M5S.

 

http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/11/25/comune-di-roma-e-il-radicale-riccardo-magi-il-candidato-sindaco-di-pippo-civati/2251768/

 

La presenza dei Radicali nella Sinistra Italiana ho già letto che non è piaciuta per niente all'estrema sinistra neo-marxista (Prc, Fgci, Fronte della Gioventù Comunista, ecc...) che li vedono come un partito atlantista e liberista, secondo me invece il fare a meno dell'area estremista non può che giovare al nuovo progetto politico.

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  • 2 weeks later...

La Repubblica

"Servono regole chiare, non possiamo continuare a scegliere i candidati con metodi diversi in ogni città. A Roma si fa in un modo, a Bologna in un altro,
 a Milano e Torino in un altro ancora". Dopo alcuni parlamentari, è Federico Pizzarotti a schierarsi al fianco dei ribelli bolognesi contro il candidato sindaco calato dall'alto Massimo Bugani. Il primo cittadino di Parma chiede al Movimento uno scatto in avanti, verso quello che negli altri partiti sarebbe un congresso e che per i 5 Stelle è "un meetup nazionale per ridefinire le nostre regole, un luogo di confronto fisico in cui incontrarsi a scriverle".

Perché va bene diventare "di governo", ma strutturarsi, dicono da questa parte della via Emilia, non significa dimenticarsi della base. Altrimenti si rischia di andare a sbattere. "Non è possibile - spiega il capogruppo di Parma Marco Bosi, stretto collaboratore di Pizzarotti - che i consiglieri di Livorno vengano espulsi dallo staff di Milano per email, o che per difendere Bugani a Bologna arrivi Di Maio. "Candidato naturale" lo diceva Berlusconi di Alfano: non possiamo diventare come Forza Italia". E a proposito del partito di Silvio Berlusconi avverte: "Il consenso creato in televisione evapora in fretta se ai banchetti per la strada non ci va più nessuno".

I cambiamenti introdotti fin qui in casa 5 Stelle insomma non bastano a Parma, capitale storica del grillismo critico. "Il direttorio, quali risultati ha ottenuto? Sul territorio non ha risolto i problemi: c'erano e ci sono ancora adesso", ragiona il sindaco ribelle. "Si è diventati molto romanocentrici. Va bene che il timone sia passato da Milano a Roma, e nei sondaggi voliamo, ma stiamo perdendo il contatto con quello da cui eravamo partiti: i meet up, il territorio", gli fa eco Bosi. La situazione per Pizzarotti è chiara: "I raduni nazionali al Circo Massimo o a Imola vanno benissimo, sono momenti di aggregazione importanti, ma il Movimento è cresciuto e ha bisogno anche luoghi di discussione politica. Non si può sempre aver paura di chiamare le cose con il loro nome". A Bologna Bugani è stato benedetto da Grillo senza primarie, e quest'estate, prima ancora di candidarsi, ha chiesto (e ottenuto) il permesso di potersi scegliere la squadra in autonomia. "Quindi non contesteremo mai più il listino bloccato scelto dalle segreterie di partito?", sbotta su Facebook la senatrice Elisa Bulgarelli e con lei lo sfidante Lorenzo Andraghetti (ma in panchina ci sarebbe anche un terzo candidato), a cui si aggiungono i novanta firmatari della petizione che chiede "partecipazione e trasparenza", appellandosi allo statuto. Dall'altra parte, i fedelissimi di Bugani rilanciano la #cura5stelle e applaudono alle espulsioni di Livorno, invocando anche qui l'intervento dei "garanti". Tutto ciò mentre Alessandro Di Battista, che domenica doveva partecipare ai banchetti per Bugani sindaco e poi ad una cena, ha dato forfait. Una scelta che da alcuni è stata interpretata come la volontà di non invischiarsi in una partita scivolosa, soprattutto per lui che a Imola, solo due mesi fa, assicurava: "A Bologna non abbiamo ancora un candidato, lo decideremo come sempre insieme ai cittadini". Grillo e Di Maio lo hanno poi smentito a più riprese, ma non è escluso che ora Di Battista preferisca non metterci la faccia. "Io credo che nel Movimento ci siano due grandi correnti - ragiona la Bulgarelli -. Chi sostiene che qualunque cosa va bene pur di arrivare al potere e chi crede che devi dimostrare in corso d'opera come ti comporterai: con coerenza e trasparenza".

Da Parma, Pizzarotti e i suoi suggeriscono una terza via, tra il nuovo Movimento di governo e il buon vecchio "uno vale uno". Un'assemblea, un congresso. "La richiesta di poter scegliere una lista di nomi di fiducia - spiega Bosi - è comprensibile da chi come noi è in maggioranza e si rende conto che i voti servono a governare. Vero è che contrasta con i principi di democrazia diretta alla base dei 5 Stelle. Quindi non è più procrastinabile un confronto allargato anche a livello nazionale sulle regole che devono governarci". Una richiesta che non a caso arriva dall'Emilia: culla del Movimento, ma anche terra delle prime espulsioni.

Edited by Rotwang
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  • 2 weeks later...

La Repubblica

 

Si candida Francesca Balzani, e ufficializza la sua candidatura con un incontro pubblico alla Cascina Cuccagna sabato 19 dicembre, quando al fianco di Stefano Boeri darà il via alla raccolta firme. Lo ha annunciato l'assessore vicesindaco di Pisapia a Radio Popolare in mattinata dopo un incontro ieri pomeriggio nel circolo Pd Città mondo proprio con l'ex assessore - e sfidante alle primarie 2010 di Pisapia - Boeri. Appuntamento alle 15. "Sabato comincerò la raccolta firma per la mia candidatura - annunciava ieri sera - e avrò il grande onore di avere accanto a me una grande risorsa, un uomo forte libero; una risorsa per il nostro Paese oltre che per la nostra città. Sono veramente felice".

Dunque Balzani rompe gli indugi, dopo che ieri per tutta la giornata aveva fatto capire di essere pronta a correre per Palazzo Marino. "È questione di ore, presto ufficializzerò la mia decisione", spiegava la vicesindaco. E la decisione, come è diventato chiaro negli ultimi giorni, è di partire con la raccolta firme senza aspettare oltre che ci siano sviluppi nella tormentata questione della doppia candidatura di giunta, la sua e quella del collega Pierfrancesco Majorino. In quella direzione sono stati lanciati tutti i messaggi possibili, dai Comitati per Milano - o, almeno, dai quindici firmatari di un documento sulle primarie - e da Sel, che adesso si trova al bivio delle scelte.

Lunedì sera il partito che adesso rappresenta l'ala più a sinistra della coalizione (dopo l'uscita di Rifondazione) farà un'assemblea per ragionare su come andare avanti, partendo sempre dal presupposto che la coordinatrice Anita Pirovano sottolinea: "Noi lavoriamo perché la 'Politica' irrompa in queste primarie: come sostiene Nichi Vendola, "se la contesa fosse tra il partito della nazione e il polo arancione, il polo del buon governo dei sindaci, sarebbe interessante". Vogliamo costruire un progetto politico all'altezza della sfida che sappia farsi rappresentare da una candidatura riconoscibile e che ci faccia sentire tutti candidati ". Ancora, insomma, non uno strappo: nel partito le posizioni sono variegate, ma non c'è ancora la rinuncia definitiva a cercare uno spazio nella coalizione, anche in presenza della candidatura di Giuseppe Sala, che è il vero nodo della vicenda: perché all'interno del partito c'è la tentazione molto forte di strappare subito - in presenza della doppia candidatura Balzani e Majorino - per evitare poi il rischio di dover appoggiare comunque Sala, se vincesse, in ossequio a quel patto di lealtà firmato come preambolo al regolamento delle primarie.

A lui, a mister Expo, non vanno certo le simpatie della sinistra, ma il lavoro per allargare il consenso è partito in modo netto. La riunione al circolo De Amicis di mercoledì sera, preceduta dal doppio round con consiglieri di zona e gente dei circoli Pd, ha messo le basi per i confronti pubblici che Sala, quando si entrerà nel vivo delle primarie, dovrà fare, interloquendo con i mondi più diversi, anche molto lontani dal suo, e parlando di contenuti. Questi momenti di confronto lo stanno preparando alle sfide vere e proprie delle prossime settimane: fino a lunedì il commissario ha fatto sapere che resterà inabissato nei conti di Expo, per preparare la riunione del cda in cui presenterà il preconsuntivo dell'evento.

Edited by Rotwang
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  • 1 month later...

Linkiesta

Nessuno vuole fare più il sindaco. Da Roma a Milano, passando per Napoli e Torino, la campagna elettorale che sta per aprirsi fotografa un’inquietante novità. I partiti non riescono a trovare i candidati. Quello che una volta era un incarico prestigioso è diventato un ingrato fastidio. Nessuno lo dice, ma lo sanno tutti: le risorse sono poche, le rogne tante, le grandi città ingestibili. A venire eletti ci si espone più al rischio di figuracce che di grandi riconoscimenti.

E così succede l’impensabile. Nel Paese in cui tutti sgomitano per una poltrona, mancano i candidati per diventare sindaco. A Roma il centrodestra è alla ricerca di un aspirante primo cittadino da qualche mese. Le rinunce dei prescelti ormai non si contano. Il nome più atteso è quello della leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, che però ancora non scioglie la riserva. Recentemente si è fatto avanti il segretario de La Destra Francesco Storace - per stimolare un confronto che porti a celebrare primarie di coalizione - ma nessuno sembra raccogliere la sfida. Tra gli avversari le cose non vanno meglio. Dopo aver resistito a lungo al pressing di Renzi, alla fine il vicepresidente della Camera Roberto Giachetti ha ceduto. Lui sarà della partita. Ma anche il messaggio con cui ha annunciato la candidatura non nasconde le preoccupazioni: «Ci ho messo un po’ di tempo, lo confesso, e non solo per un pizzico di paura che credo sia naturale, ma per una grande forma di rispetto per un impegno che so sarà immenso, gravoso». Le primarie di centrosinistra si terranno a marzo. Caso più unico che raro, per ora nel Partito democratico non si trovano sfidanti. Completano lo scenario le candidature di Alfio Marchini e dell’esponente di Sinistra Itaiana Stefano Fassina.

Ma non c’è solo Roma, il triste fenomeno interessa tutto il Paese. Da Nord a Sud fare il sindaco è diventata una scocciatura. I primi ad averlo capito sono proprio gli uscenti, quelli che il mestiere lo conoscono per esperienza personale. Per avere conferme basta chiedere a Giuliano Pisapia, primo cittadino a Milano. I vertici del centrosinistra hanno provato invano a convincerlo, ma lui non si è voluto ricandidare. Nonostante buone possibilità di essere rieletto - o forse proprio per questo - il sindaco ha gentilmente declinato l’offerta. Alla fine a sfidarsi alle primarie saranno Giuseppe Sala, Francesca Balzani, Pierfrancesco Majorino e Antonio Iannetta. E nel centrodestra? Mistero. I bene informati raccontano che si attende di conoscere l’identità dell’avversario prima di scegliere il proprio aspirante sindaco. E già questo descrive bene la particolarità della situazione. Alle cronache resta il rifiuto del giornalista Paolo Del Debbio, che nonostante le forti pressioni ha smentito ogni interesse per Palazzo Marino (e prima di lui avrebbero detto no anche l’ex amministratore delegato dell’Eni Paolo Scaroni e l’ex Confindustria Stefano Parisi).

Raccontano che anche il Pd Piero Fassino, il sindaco uscente di Torino, avrebbe seriamente valutato l’ipotesi di farsi da parte. Al contrario di Pisapia, lui alla fine ha accettato di candidarsi. Forse per spirito di servizio. Se la dovrà vedere con l’esponente di sinistra Giorgio Airaudo, la candidata grillina Chiara Appendino e non si sa ancora con chi altro. Già, perché anche in Piemonte il centrodestra non ha ancora trovato un candidato.Come del resto non si conoscono gli esponenti del Partito democratico che correranno per la poltrona di sindaco di Napoli. Anche sotto il Vesuvio si susseguono rifiuti e rinunce, ma già nei prossimi giorni dovrebbero arrivare novità. Intanto l’unico che ha già annunciato la sua candidatura è Antonio Bassolino, non proprio il preferito dai vertici del Nazareno.

Inutile girarci intorno, il sindaco è un lavoro che non piace più. Il rischio di scandali è sempre dietro l’angolo, le inchieste giudiziarie anche. Senza dimenticare che di fronte all’attuale discredito della classe dirigente, chi accetta di candidarsi si espone anche all’imbarazzo di vedersi superare da un grillino. A Roma e Torino i Cinque Stelle possono contare su ottimi sondaggi, eppure persino loro sembrano sensibili al fenomeno del momento. L’imbarazzante vicenda di Quarto - ieri si è dimesso l’ex sindaco M5S Rosa Capuozzo - stavolta non c’entra. Nella Capitale i big pentastellati hanno deciso di non partecipare alle elezioni. Ufficialmente, e meritoriamente, ne fanno una questione di coerenza: i parlamentari non possono interrompere il mandato per candidarsi a un altro incarico. Secondo alcune maliziose ricostruzioni, invece, è solo paura di vincere. Nessuno vuole amministrare una città ingovernabile. Lo insegna la storia recente: Roma è una grana. La pietra tombale delle aspirazioni politiche di ogni sindaco. Basta vedere che fine hanno fatto Gianni Alemanno e Ignazio Marino, gli ultimi due inquilini del Campidoglio, sconfitti e scomparsi dalla scena. È la città che più di ogni altra fa venire meno la voglia di candidarsi. Mancano strumenti di governo utili per gestire la complessità della metropoli: ci sono municipi di trecentomila abitanti che hanno meno autonomia di un piccolo comune. E poi le periferie, i trasporti, l’edilizia scolastica… Persino il fenomeno migratorio è diventato molto più complesso rispetto a pochi anni fa. Il tutto con una perdurante, pressante, carenza di risorse. Abbastanza per farsi passare la voglia di diventare sindaco.

Edited by Rotwang
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  • 3 weeks later...

Il Fatto Quotidiano

 

Si sono chiusi i seggi per le primarie di Milano, i primi exit poll premiano Sala. E’ in corso lo spoglio per stabilire chi sarà il candidato ufficiale del centro sinistra tra Francesca BalzaniGiuseppe SalaPierfrancesco Majorino e l’outsider Antonio Iannetta. La pioggia non dunque ha fermato il popolo di centrosinistra chiamato a indicare il candidato alla successione del sindaco uscente, Giuliano Pisapia. Nonostante il maltempo, la seconda giornata di primarie ha riservato infatti un’alta affluenza. Già a mezzogiorno era a livelli simili alle primarie di cinque anni fa che poi incoronarono Pisapia. Alle 12 il dato segnava 18.120 votanti, nel 2010 alle 13 era di 25.497 elettori. Il dato aggiornato alle 16 era salito a quota 41.420. A favorire l’affluenza hanno concorso anche le modalità di voto che ieri potava avvenire in 9 seggi soltanto e oggi in 150 punti della città. Non solo circoli di partito, ma anche negozi e attività commerciali: spazi di coworking, librerie, bar. Le urne sono rimaste aperte fino alle 20, lo spoglio è partito subito dopo con il Comitato delle primarie raccolto  all’Elfo-Puccini per seguire le operazioni. Si stemperano, in parte, le polemiche delle ultime ore sul “voto cinese”, con il Pd che dichiara una percentuale di schede riferibili agli stranieri del 4-5%, in linea con quella di ieri.

 

Il primo exit poll: avanti Sala (39-42%)

Giuseppe Sala stacca gli altri tre candidati con una percentuale che viene data tra il 39 e il 42. Francesca Balzani, seconda, tra il 32 e il 35 per cento e Pierfrancesco Majorino terzo con il 23-26%. In attesa dello spoglio e dei dati ufficiali del comitato organizzatore delle primarie del centrosinistra di Milano, si comincia a ragionare su vincitori e sconfitti con i dati degli exit poll del condotto su un campione di tremila elettori intervistati ai seggi. La rilezione demoscopica è stata condotta in collaborazione con Candidate and Leader Selection e con PomLab – Laboratorio su pubblica opinione e social media dell’Università di Milano. Questi risultati sovvertono i risultati dell’ultimo sondaggio che indicavano un distacco molto più netto tra il primo (Sala tra il 45 e il 48) e il secondo (Majorino e non Balzani tra il 25 e il 28%).

Edited by Rotwang
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So di non dire niente di particolarmente originale, ma, dopo la conferma di Parisi, i due candidati più quotati per le Comunali a Milano saranno un ex-city manager di una giunta di centro-destra e... un ex-city manager di una giunta di centro-destra. Meraviglie della democrazia!

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  • 4 weeks later...

Corriere della Sera

 

Roberto Giachetti a RomaValeria Valente a Napoli: il popolo dem ha scelto i suoi candidati sindaco. Le primarie del centrosinistra in alcune delle principali città italiane — si è votato anche a Trieste, Bolzano, Grosseto e Benevento — confermato le previsioni della vigilia, certificano il successo dei renziani e aprono una discussione sulla partecipazione.

 

Fari puntati su Roma, dove il centrosinistra vuole ripartire dopo l’esperienza della giunta guidata da Ignazio Marino. Proprio l’ex sindaco è stato il convitato di pietra: ha ammesso di non aver votato: «Sto terminando il mio libro. Lo devo consegnare alla casa editrice per andare in stampa. E chi ha lavorato con me o mi conosce lo sa, sono pignolo: sto controllando parola per parola, virgola per virgola, nome per nome, cognome per cognome», ha spiegato. Nella Capitale sono andati alle urne circa 45 mila persone, la metà rispetto al 2013. A spoglio ancora in corso è davanti Giachetti, con il 64,16%. Roberto Morassaut, il principale sfidante, ha già ammesso la sconfitta: «Mi auguro che il centrosinistra sia più ampio e capace di riaprire un dialogo a sinistra e con tutte le forze disponibili per aprire una nuova stagione politica». Parla anche il neo-candidato sindaco, che dice: «Io intendo vincere e non è affatto scontato».

 

A Napoli vittoria di misura per Valente, solo mille voti di scarto. Quando manca un solo seggio del quartiere del Vomero al termine dello scrutinio, i dati indicano 13.250 voti per Valente, 12.650 per Bassolino, 3260 per Sarracino e 1036 per Marfella. «Napoli ha scelto di guardare avanti con una nuova classe dirigente. Grazie a tutti i cittadini. E ora tutti insieme nel centrosinistra per tornare al governo della città»: così la deputata ha annunciato il suo trionfo a Napoli. «Mi sento investita di una grande responsabilità — ha detto poi la renziana —. Gli altri candidati? Non li ho sentiti, ma abbiamo sempre detto che chiunque fosse stato il vincitore avrebbe avuto il sostegno degli altri e sono convinta che arriverà, perché abbiamo una grande sfida davanti».

 

Trieste, sfida interna tra dem: il sindaco uscente Roberto Cosolini e il senatore Francesco Russo, entrambi del Partito democratico. Dai primi dati non ufficiali Roberto Cosolini ha raccolto 4.447 voti, (il 65,02%) ed è quindi il candidato sindaco della coalizione di centrosinistra. Duello tra dem anche a Grosseto tra Paolo Borghi, vicesindaco uscente, e Lorenzo Mascagni: la spunta quest’ultimo. A Bolzano ha vinto Renzo Caramaschi. L’ex city manager, sostenuto da Sel e dai partiti della sinistra come dall’area cattolica, ha ottenuto il 43%. A Benevento, a scrutinio ancora in corso, è in testa Raffaele Del Vecchio, vicesindaco uscente.

 

A far discutere sono i dati sull’affluenza, accolti però con soddisfazione dai vertici dem. «A Napoli risultato di affluenza molto positivo: 30.000 votanti contro i 16.500 dello scorso anno per le regionali, un bel segnale di partecipazione e passione. A Roma un ottimo risultato dopo tutto quello che è successo». ha detto il vicesegretario Lorenzo Guerini .«Il Pd sceglie così i candidati: con tanti cittadini nelle piazze d’Italia grazie alla passione dei nostri volontari. Grazie a tutti», ha twittato Debora Serracchiani. «In centomila hanno partecipato alle primarie del Pd. Altri si accontentano di qualche click.», ha dichiarato il capogruppo alla Camera Ettore Rosato. Ma i numeri sono stati contestati dalla minoranza dem. «Il dato di Roma è basso e non è né serio né consolatorio usare la formula di rito “mi aspettavo peggio” senza avere prima del voto dichiarato quale sarebbe stata la soglia minima di soddisfazione», ha polemizzato Miguel Gotor. Mentre secondo Federico Fornaro, «i dati dell’affluenza alle primarie certificano un disagio che c’è ed è presente nel popolo del centrosinistra: è un disagio politico e anche di critica e di disaffezione molto preoccupante». Caustico Matteo Orfini, commissario del Pd a Roma, che al Corriere: «Affluenza? Buona. L’altra volta c’era il Pd delle truppe cammellate con i rom in fila». Intanto Matteo Renzi ha telefonato a Roberto Giachetti, Roberto Cosolini e Valeria Valente. Con loro il segretario del Pd si è congratulato per i risultati.

Edited by Rotwang
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Corriere della Sera

 

«Presidente, purtroppo non riesco più a tenere i miei sulla candidatura di Guido Bertolaso. Di conseguenza, per rimanere insieme nella coalizione di Roma, ho bisogno che ci sia dentro non solo Matteo Salvini. Ma anche Francesco Storace». Dall’altra parte della cornetta, mentre Giorgia Meloni riversa su Forza Italia l’ennesima secchiata di acqua gelida di un fine inverno maledetto, c’è un Silvio Berlusconi senza parole. Sono le sei di venerdì pomeriggio. L’ora esatta in cui, nonostante agli appuntamenti coi gazebo del centrodestra non manchi che mezza giornata, la candidatura dell’ex numero uno della Protezione civile sembra sul punto di tramontare. Lasciando spazio, a sorpresa, proprio a una discesa in campo della Meloni. Da Arcore, insomma, l’ex Cavaliere — che non vorrebbe mollare «l’amico Guido per nessun motivo» — assiste inerme all’ennesimo colpo di scena. Anche perché, poche ore prima, parlando dalla Sicilia, Matteo Salvini aveva ribadito che «Bertolaso non è il mio candidato».

 

 

Meloni chiede un rinvio in extremis delle «gazebarie»

La leader di Fratelli d’Italia, non appena aggancia la voce dell’ex premier, prova a prenderla larga. «Presidente, non tengo più i miei. Se vado separata da Salvini e da Storace, per Fratelli d’Italia è il tracollo. Ho bisogno che lei tenga tutti insieme, altrimenti le nostre strade si separano». Non solo. Meloni chiede un rinvio in extremis delle «gazebarie», tema di fronte al quale Berlusconi perde la pazienza: «Cara Giorgia, siete stati voi a chiedermi di anticiparle di una settimana e io l’ho fatto. Per mandare tutto a monte, francamente, mi sembra tardi...».

 

L’annuncio potrebbe arrivare lunedì

È a quel punto della telefonata che si rimaterializza, questa volta in maniera concreta, l’evergreen degli ultimi anni della destra capitolina. E cioè la candidatura a sindaco di Roma della Meloni. È lei stessa a dirlo, esplicitamente, a Berlusconi. «Se lei non ce la fa a tenere tutti insieme, io non posso sostenere Bertolaso. E, anche se in questo momento non è la priorità della mia vita (la leader di FdI è incinta), sarei costretta a correre per il Campidoglio...». L’annuncio potrebbe arrivare lunedì mattina nel corso di una conferenza stampa.

 

Azzurri capitolini: «Noi rimaniamo con Bertolaso

Quando chiude la telefonata, l’ex premier ha di fronte a sé lo scenario più oscuro. E cioè la «fine» del centrodestra italiano, almeno per come lo si è conosciuto negli ultimi ventidue anni. Perché, e questo ad Arcore ce l’hanno ben presente, separarsi a Roma — tra l’altro in un momento di massima crisi del Pd — vorrebbe dire aprire le pratiche per il divorzio ovunque. Gli azzurri capitolini la prendono male. «Noi rimaniamo con Bertolaso. I gazebo sono già pronti», spiega Antonio Tajani poco prima dell’ora di cena. La presenza di Berlusconi ai banchetti, data per certa, torna a rischio finché la notte non avrà portato consiglio. Solo un bagno di folla potrebbe salvare la candidatura dell’ex numero uno della Protezione Civile, che in mattinata — in tv ad Agorà — aveva chiarito che «se vince il no o se vanno in meno di 10 mila romani ai gazebo, abbandono la corsa». Fuori dal recinto berlusconiano, i vecchi delfini – come Raffaele Fitto – chiedono a gran voce «primarie vere». Ma è vecchia la storia delle stalle da chiudere. E dei buoi già fuggiti.

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  • 4 weeks later...

Corriere della Sera

 

Il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, ha fissato con un decreto la data di svolgimento delle elezioni amministrative nelle regioni a statuto ordinario per domenica 5 giugno 2016. L’eventuale turno di ballottaggio avrà luogo domenica 19 giugno. Lo rende noto il Viminale. Sono oltre 1300 i comuni chiamati al voto nella tornata di giugno: di questi, 7 sono capoluoghi di regione (Bologna, Cagliari, Milano, Napoli, Roma, Torino e Trieste) e 26 comuni capoluogo di provincia. In Trentino Alto-Adige, Regione a Statuto speciale, le elezioni sono state indette per l’8 maggio. In Friuli Venezia Giulia si voterà il 5 e 19 giugno (ballottaggio) per il rinnovo di 29 amministrazioni comunali. Stesse le date anche nella Regione Speciale Siciliana. Infine, in Valle d’Aosta si voterà il 15 maggio. Tra le novità, il fatto che saranno eletti i primi sindaci di ventisette nuovi comuni istituiti nel 2016 mediante processi di fusione amministrativa.

 

Per l’inizio della presentazione delle candidature alla carica di sindaco e delle collegate liste di candidati alla carica di consigliere comunale, bisognerà attendere il 30mo giorno antecedente la votazione. C’è tempo per questa presentazione fino al 29mo giorno che precede la data del voto; dunque gli interessati devono presentare liste e candidature tra il 6 e il 7 maggio, dalle ore 8 del 6 alle ore 12 del 7/5. Ormai si attendeva solo l’ufficializzazione da parte del Viminale. Altre date più ravvicinate sono state scartate perché coincidevano con festività religiose, non solo cattoliche. Il centrodestra a Roma avrebbe voluto una convocazione delle urne a metà maggio e ha contestato la scelta del 5 giugno perché troppo vicina alla festa del 2 giugno (secondo alcuni vi sarebbe il rischio di un ponte lungo con conseguente diserzione dei seggi). Su Facebook la Meloni ha scritto: « «Le lobby hanno dato il permesso ad Alfano di indire le elezioni. Hanno scelto il 5 giugno, in pieno ponte, sperando che la bassa affluenza agevoli il voto clientelare. Ed è vergognoso non aver consentito almeno il voto anche la mattina del 6 giugno. Ma li spazzeremo via lo stesso».

 

Ricordiamo, solo per citare le città più importanti, il quadro delle candidature per i principali schieramenti. A Roma sono in campo Roberto Giachetti (Pd), Virginia Raggi (M5S), Alfio Marchini (lista civica), Guido Bertolaso (Forza Italia), Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia e Lega), Francesco Storace (La Destra). A Milano, invece, si stanno già dando battaglia Giuseppe Sala (Pd e Sel), Stefano Parisi (FI, Lega, FdI), Gianluca Corrado (M5S) e Corrado Passera (Italia Unica). A Napoli la contesa è tra Luigi de Magistris (movimento arancione), Gianni Lettieri (centrodestra), Valeria Valente (Pd) e Matteo Brambilla (M5S).

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  • 2 weeks later...

La Repubblica

 

Sempre più teso il clima nel centrodestra. Nel giorno in cui il leader del Carroccio inaugura la prima sede della Lega e Lista Noi con Salvini in piazzale Flaminio, a pochi passi da Villa Borghese, arriva l'ennesima bordata a Silvio Berlusconi e al suo candidato,Guido Bertolaso: "Siamo stufi delle beghe politiche. Noi, rispetto agli altri, il candidato ce l'abbiamo ben chiaro: è Giorgia Meloni", ha detto. Sul tavolo per tutta la conferenza stampa in bella mostra una ruspa giocattolo. "Me l'ha regalata una mamma a Tor Sapienza - ha detto mostrandola ai presenti - durante la mia visita al campo rom di via Salviati. La donna mi ha detto: 'Salvini mi raccomando'".

 

Dritti verso il Campidoglio. La Lega Nord è in campo "per far arrivare Giorgia al ballottaggio" a Roma, ha detto il segretario, che vuole conquistare il Campidoglio "per fare pulizia". E aggiunge: la lista 'Lega - Noi con Salvini' "è sostanziamente pronta. La prossima settimana inizieremo la raccolta firme". C'è la possibilità di fare intese, ma se non dovesse accadere, non sarebbe un problema: "Se l'alleanza si estende bene. Sono i benvenuti, ma non possiamo forzare nessuno. Se non vengono bene lo stesso", ha chiarito.

Salvini dice di non pensare alla leadership del Centrodestra, ma solo al futuro della Capitale:"A me di Bertolaso o del vice di Bertolaso interessa zero. C'è in ballo Roma. Io penso che Berlusconi abbia più di un barlume di lucidità. Penso che sia circondato da gente che pensa solo alla poltrona e che se si presentasse non prenderebbe nemmeno il voto di sua sorella".

E stronca l'ex capo della Protezione Civile: "Noi andiamo avanti con Giorgia Meloni e con i romani che, secondo tutti i sondaggi, non pensano che Bertolaso possa mai diventare sindaco in questa vita mentre Giorgia Meloni sì".

 

Simbolo presente. "Io sono orgoglioso del simbolo del partito, ci metto la faccia", ha replicato Matteo Salvini all'ipotesi di un listone unico per il Centrodestra per tenerlo unito. "Il simbolo ci sarà - sottolinea - non mi chiedano di far finta di non esserci perchè ci siamo".

 

Gelo nel Centrodestra . Guido Bertolaso, candidato di Berlusconi al Campidoglio, ha ribadito la volontà di proseguire la corsa, suscitando la reazione della candidata di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, non più disposta "ad aspettare nessuno". E a Sky Tg24, la Meloni ha di nuovo ribadito: chi vuole allearsi lo faccia ora, perché al secondo turno troverà la porte chiuse.

 

Nesssun incontro con Berlusconi. Aumenta la distanza con l'ex premier: "Da Silvio Berlusconi mi sarei aspettata un guizzo, mi sarei aspettata che fosse venuto al Pincio". Invece non è successo, come non ci sarà un incontro in giornata: "francamente non è in programma e non ne ho notizia", ha precisato  Meloni aggiungendo che "ora si può parlare di tutto, ma dopo apparentamenti non ne faccio".  "Io ho detto che siamo partiti e siamo in partita, arriveremo al ballottaggio in ogni caso", ha concluso la candidata, che dice di non avere paura di nulla in questa competizione: "Non non mi spaventa niente. Penso di poter vincere. Il ballottaggio tra due donne sarebbe una cosa nuova. Il ballottaggio con Giachetti invece sarebbe più tradizionale". L'unico timore è l'allontanamento degli elettori dalla politica: "Temo l'astensionismo, il qualunquismo, il fatto che nella confusione la gente, infastidita dalla politica, e non ha torto, dica preferisco non andare a votare". Che poi "è un po' il gioco che si fa. Il gioco che fa Renzi".

 

Corsa a tre. Ma sui concorrenti non ha dubbi: "A Roma lo scenario è abbastanza chiaro e semplice. Ci sono tre persone in campo: due, diciamo a sinistra, ossia Roberto Giachetti ma anche Virginia Raggi; e poi ci sono io. È vero che ci sono altri tre candidati, ma non hanno alcuna possibilità di arrivare al ballottaggio".

 

Non è mancata una frecciata all'avversaria del Movimento 5 stelle: "C'è una differenza tra me e Virginia Raggi, io non prendo ordini da nessuno: non vado con la mia valigetta a Milano, io mi sono formata in un partito. Ho tanti alleati - Salvini oggi - più ne ho e più sono contenta, ma decido con la mia testa".

 

Bertolaso non molla. Nonostante la posizione di Lega e Fratelli d'Italia, Guido Bertolaso, forte del sostegno di Berlusconi, non arretra di un centimetro: "Se avessi solo la percezione che Berlusconi volesse staccare la spina, sarei il primo a ritirarmi. Ma non è cosi'" e quindi "io non rinuncio, io rilancio" e "ho chiesto a Berlusconi di sparigliare la situazione, cambiare le carte", ha sritto su Twitter il candidato sindaco di Roma.

 

Possibile accordo con Marchini. "Se ci sarà un accordo io ne sarò felice", ha detto l'ex capo della Protezione civile su un'eventuale convergenza con Alfio Marchini. E a chi gli chiede se l'imprenditore in corsa per il Campidoglio sarà presente alla riunione operativa a Palazzo Grazioli risponde: "Io non so nulla. Mi occupo della parte tecnica. Di quella politica se ne occupa il presidente Berlusconi".

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La Repubblica

 

Virginia Raggi, candidata M5S al Campidoglio, ha visto? Bertolaso si ritira.
"A Marchini è caduta la maschera. Diceva di essere libero dai partiti, invece aspettava solo l'offerta giusta. Addio alla finzione del candidato civico. Spero che presto finisca anche quella di Meloni espressione del nuovo. Mi piacerebbe fosse chiamata di più a rendere conto dei suoi rapporti con Alemanno, di quelli del suo partito con Buzzi e Carminati".

 

La faida a destra potrebbe favorire un ballottaggio tra lei e Giachetti.

"Vuole dire che aumenteranno i dossier anti-Raggi? Il Pd è ossessionato da me".

 

Molti dem sostengono che, a Roma, il vero candidato della destra è lei.

"Io ho sempre votato a sinistra. Una volta, Italia dei valori. Votavo in linea con i valori della mia famiglia, la solidarietà, l'attenzione ai più deboli. Con la destra di Verdini governa Renzi, in nome di un scambio di favori con Berlusconi che nessuno ha mai avuto il coraggio di rivendicare".

 

Resta il praticantato nello studio Previti. Lasciamo stare destra e sinistra, da futuro avvocato non si pose il problema di lavorare con chi aveva già condanne in primo grado per reati gravi?

"Quando sono uscita dall'università feci un colloquio con il mio professore, Pieremilio Sammarco, esperto di diritto dell'informatica, materia di cui ero appassionata. Mi disse: "Vieni a fare pratica con me". E lui all'epoca lavorava allo studio Previti. Io ci ho pensato, non lo nego, mi sono posta il problema. Decisi alla fine di lavorare con un professore che stimavo e stimo".

 

Ha anche presieduto una società in cui figuravano personaggi legati alla giunta Alemanno.

"Io ignoravo, e tutto lo studio con me, che l'azionista Gloria Rojo, nostra cliente, stesse facendo colloqui per lavorare con Panzironi (ex ad dell'Ama, l'azienda dei rifiuti capitolini, ndr). Nella professione non si applica la proprietà transitiva: non è che, se difendo un cliente berlusconiano, allora anche io voto per Berlusconi".

 

Lei in bicicletta alle Fosse ardeatine. Il M5S in Parlamento contrario alla casa di Gramsci monumento nazionale.

"Il M5S ha sempre professato i valori dell'antifascismo, su questo non arretriamo di un millimetro. Quel provvedimento era un guscio vuoto".

 

Molti elettori si chiedono: il M5S ha una squadra in grado di governare Roma?

"Siamo preparati. A tempo debito annuncerò i primi nomi della squadra".

 

Contate di recuperare più di un miliardo da sprechi e tagli. Fosse così facile, poteva farlo già Tronca nel 2016.

"Solo dalla riorganizzazione e dal censimento degli immobili comunali si recuperano 200 milioni. E se si fa pagare l'Imu alle strutture del Vaticano usate per esercizi commerciali, come anche il Papa ha detto essere giusto, ne arriverebbero altri 400".

 

Se vince un sindaco ostile alle Olimpiadi 2024, salta la candidatura di Roma. L'ha detto Renzi.

"Il premier vuole ricattare i cittadini romani? Renzi è il premier di tutti, anche il mio. E come tale deve comportarsi in modo onesto con chiunque andrà in Campidoglio. La mia contrarietà ai Giochi è contingente. Roma sta morendo: immondizia, trasporti, scuola, servizi sociali, verde pubblico. Ci sono persone in attesa di casa popolare dal 2000 e parliamo di alloggi per gli atleti? Facciamo ripartire Roma e poi, tra qualche anno, riparleremo di Olimpiadi".

 

L'edilizia è un settore vitale per l'economia romana.

"E noi non vogliamo paralizzarlo. Siamo per una visione nuova: zero consumo di suolo. Ristrutturare e rigenerare l'esistente".

 

Raggi parla e il titolo Acea perde in Borsa. L'ha sentita?

"Quante sciocchezze... Su Acea eserciteremo tutte le prerogative che il ruolo di principale azionista ci consente e per rivendicare l'importanza che ha per noi l'acqua pubblica".

 

Dipendenti del Comune: ci saranno esuberi, ha detto Grillo.

"Tra Roma capitale e partecipate il Comune ha circa 50 mila dipendenti. Con tutte queste persone noi dovremmo essere in grado di mangiare sul marciapiede".

 

Sta dicendo che non lavorano?

"Dico che sono male organizzati. Noi non promettiamo assunzioni, riorganizziamo. E chi sbaglia sarà punito, dal richiamo alla sospensione fino al licenziamento. Basta con la legge dei furbetti".

 

Lei ha già incontrato Casaleggio jr. La regia del governo di Roma risiederà a Milano?

"Davide l'ho incontrato per parlare del blog e del sistema Rousseau. La democrazia partecipata è il cuore della nostra nuova politica".

 

Di Maio candidato premier M5S. Lo sosterrà anche lei?

"Prematuro parlare di elezioni. Un candidato premier ci sarà. Per decidere chi, il mio voto varrà uno anche da sindaco".

 

Una curiosità finale: davvero ha omesso di dire che tifa per la Lazio?
"Non ho mai seguito molto il calcio. Mio marito è un grande tifoso. Sono andata all'Olimpico un paio di volte e lo spettacolo più bello erano le curve. Di quello che succedeva in campo, confesso, non capivo molto".

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  • 3 weeks later...

Gaypost

 

Le elezioni amministrative sono alle porte e tante le persone che si candidano per le varie parti d’Italia. Mai come quest’anno, tuttavia, si sono registrate così tante candidature arcobaleno. Da nord a sud sono moltissime le personalità orbitanti al circuito associativo o appartenenti al mondo LGBT che hanno deciso di scendere nell’agone politico-elettorale e di contribuire, attraverso il loro impegno e la loro testimonianza, a rendere migliore questo paese.

 

Cominceremo, con questo nostro contributo a fare un viaggio per le varie zone d’Italia – partendo appunto dal nord – per presentarvi i volti e i nomi di chi, tra i vari partiti, si presenta alle prossime elezioni. A Torino, per il Partito democratico che ripropone Fassino, si presenta Chiara Foglietta, dottore di ricerca in ingegneria biomedica e responsabile della gestione per la qualità in un’azienda privata. Sensibile sui temi di migranti e integrazione, è «attivista per i diritti lgbt, vicina al mondo politico e dell’associazionismo sin dai primi anni dell’Università», come si legge nella sua biografia, e «si candida per la prima volta».

 

Sempre nel capoluogo piemontese, ma a sostengo di Airaudo, per la lista della Sinistra, si candidano Massimo Battaglio e Alice ArduinoBattaglio, cinquantenne e architetto, si candida per la seconda circoscrizione del comune, e da sempre si è impegnato per una maggiore vivibilità del suo quartiere. Nel 2015, inoltre, è stato tra gli ideatori del Cammino dei diritti, a sostegno della legge sulle unioni civili. Arduino, invece, è laureata al Dams, ha un master in Tecnico Gestione Eventi e Servizi Turistici. Trentacinquenne e fotografa freelance, collabora con la redazione di SporTorino, è una militante in ambito Lgbt e consigliera del Comitato Spontaneo dei Cittadini di Borgo Campidoglio, Parella, San Donato. 

 

Nel capoluogo lombardo, sempre nelle file del centro-sinistra, si candidano Luca Paladini e Monica Romano. Candidato per la SinistraXMilano, all’insegna dello slogan “La Milano di tutti”, Paladini – 46 anni e impiegato presso una struttura sanitaria – è il leader dei Sentinelli di Milano, l’agguerrita realtà arcobaleno che nell’ultimo anno si è distinta per la sua presenza nelle piazze contro il pregiudizio omo-transfobico e a sostegno della legge Cirinnà. Monica Romano – consulente del lavoro per un’azienda privata, scrittrice e laureata in Scienze politiche – è una donna transgender che da quindici anni, come si legge sul suo blog, lotta per il diritto al lavoro delle persone trans.

 

Candidature arcobaleno anche a Bologna, rappresentate da Andrea Paci e Aura Cadeddu. Paci si presenta per il consiglio comunale per il MoVimento 5 Stelle, ha 29 anni, è abruzzese ma si è trasferito sotto le due torri per lavoro (e per amore, ci tiene a precisare), ha una lunga esperienza nell’attivismo Lgbt, occupandosi della prima polisportiva italiana rainbow “Bogasport asd” ed è sempre stato in prima linea nelle battaglie per i diritti civili. Aura Cadeddu, invece, ha frequentato la facoltà di Scienze Politiche della città ed è una candidata transgender per il quartiere Porto-Saragozza per la lista Coalizione Civica. Voce del pensiero radicale e antagonista, si candida – come si legge nella sua pagina Facebook – per la valorizzazione e la tutela delle differenze, vero propulsore di crescita sociale.

 

Un caleidoscopio di esperienze personali e di esempi di politica molto vario, ma indice del fatto che in Italia essere gay, lesbiche e trans è una facoltà dell’essere che, oltre a generare passione militante, si può declinare in impegno politico a più ampio spettro a servizio della cittadinanza tutta. Una politica meno grigia e più arcobaleno, insomma. Che lascia ben sperare, a prescindere da quelle che sono le nostre preferenze in cabina elettorale. A tutti e tutte loro, il nostro in bocca al lupo.

Edited by Rotwang
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La Meloni ha fatto incazzare la comunità ebraica, parecchio numerosa a Roma tra l'altro, giocandosi i loro voti con l'idea di intitolare una strada ad Almirante.

 

http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Roma-Meloni-Almirante-Comunali-40d04882-3ef3-4cc4-b7a9-4e7c50f0caa9.html

 

che poi Almirante non era altro che il Salvini degli anni '60-'70, le stesse identiche posizioni soltanto dette con un linguaggio più fine ed educato, adatto all'epoca. Comunque era davvero così antisemita il MSI, avevo letto da qualche parte di un sindaco missino di origine ebraica in un paese del Lazio negli anni '60... 

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Hinzelmann

 

 

Comunque era davvero così antisemita il MSI

 

Abbastanza, ovviamente un avvicinamento a Israele fu inevitabile ( essendo i regimi panarabi filosovietici

solo Romualdi e pochi altri continuarono ad essere anti israeliani ) ma per ragioni di "interesse nazionale"

mentre se è vero che si fece strada l'idea - pubblicamente sostenuta da Almirante nel 1967 - di una contrarietà

per "ragioni umane" alle leggi razziali, se ne sostenne la necessità politica, come d'altronde si ridimensionavano

la persecuzione antiebraica e le responsabilità "pretese" di Mussolini e poi della RSI

 

Direi che in Almirante il problema era di salvare la comunità ideale dei vinti e dei reduci di salò, piuttosto che

animare un nuovo antisemitismo ; ma d'altronde cresceva nel  neofascismo extraparlamentare il riferimento

ad un antisemitismo nuovo ( Julius Evola, Rauti e Ordine Nuovo etc )

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La Meloni ha fatto incazzare la comunità ebraica, parecchio numerosa a Roma tra l'altro, giocandosi i loro voti con l'idea di intitolare una strada ad Almirante.

 

Gli ebrei avrebbero votato una fascista?

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Le prime elezioni comunali in una grande città (8 e 22 maggio) si sono tenute a Bolzano dove ha vinto Renzo Caramaschi candidato col Partito Democratico, prima col 22,32% e poi col 55,27% contro Mario Tagnin candidato col centrodestra sostenuto da Forza Italia e Lega Nord prima col 18,39% e poi col 44,73%. Altri: Christoph Baur col Südtiroler Volkspartei 15,95%; Caterina Pifano col Movimento 5 Stelle 11,55%; Nortbert Lantschner con i Verdi e Rifondazione Comunista 8,02%; Maurizio Puglisi Ghizzi con CasaPound 6,21%; Giorgio Holzmann con Fratelli d'Italia, Partito Socialista Italiano, Conservatori e Riformisti, Popolo della Famiglia 4,83%; Cristian Kollmann col Süd-Tiroler Freiheit 1,53% e Franco Murano col Partito Pensionati 1,13%. Non cito altre liste indipendenti con numeri comunque simili a questi ultimi.

 

Le altre città italiane sono chiamate alle amministrative per il primo turno il 5 ed eventualmente il 19 giugno per il secondo turno.

Edited by Rotwang
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