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Perché leggiamo e scriviamo poesia


yrian

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funToBeFooled

Butto li una citazione che è anche una provocazione: anni fa in un intervista chiesero ad Aldo Busi perché scrivesse libri e lui rispose: "uno scrive romanzi quando è giovane per aver qualcosa di interessante da leggere quando sarà vecchio" credo che per la poesia valga la stessa regola è un bisogno (anche) nostro di fissare un attimo o una sensazione solo per poterla recuperare più avanti

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Caro Funeralblues,

avevo capito quello che volevi dire, e penso che il testo di molte canzoni può essere anche straordinariamente bello: canzoni come Avec le temps, Love for sale, Rocky Rackoon e tante altre hanno realmente un testo poetico.

Tu dici che non si tratta di paura, ma di rifiuto dovuto a cattivi o insufficientementi metodi d'insegnamento. Certamente il rifiuto può essere dovuto prevalentemente a questi ultimi: io però avanzavo un'ipotesi un po' ardita, ovvero che ci sia qualcosa nella poesia che realmente suscita paura (il termine è eccessivo, ma l'ho buttato lì per trasmettere l'idea), che sia «perturbante», che destabilizzi, che non possa essere sopportato a lungo (mentra un romanzo, e parlo anche e soprattutto di grandi romanzi, o la musica, certa musica, possono essere letti o ascoltati molto a lungo). Circa la letteratura in prosa, da romanzi a saggistica, io volevo accentuare l'elemento di formazione culturale che essa assicura, e che quindi è "attraente", perché forma un'identità culturale socialmente riconosciuta e spendibile: se tu senti parlare una persona 'colta' che ci gode un po' a essere ritenuta tale lo sentirai citare Freud e Adorno o Nietzsche o magari Macchia e Mario Praz o chi per loro, ma molto più raramente o quasi mai poeti. E' vero che ridurre la poesia a senso significa svuotarla (anche se mi concederai che per Dante è assolutamente necessario decifrare significati e costruzioni e conoscere il significato di parole desuete per orizzontarsi!) e che tutti gli altri aspetti che tu citi sono ignorati, in buona parte perché non conosciuti. Ed è anche vero che la facilità inganna: gli esempi pittorici sui quali tu ti sei spostato io non li riterrei mai facili perché credo che leggere un quadro, "vederlo", sia la cosa più difficile di questo mondo, un'operazione che richiede una cultura e una sensibilità pazzesche, e anche una grossa capacità di farsi coinvolgere.

 

E qui vengo a Geryon. Io sono d'accordo con te e Yrian che l'emozione e il sentimento non bastino: ma sono anche ineliminabili; e se tu paragoni un'emozione estetica a un colpo di martello in testa, beh stai esagerando! Forse ti riferisci a una lettura sentimentalistica? o a emozioni da jeune fille? Ma l'emozione può essere anche una scossa profonda generatrice di insight, o che apre porte dentro di noi facendoci realmente mutare, toccare, da un'opera d'arte. Verso quale direzione? nessuno lo sa, non lo si può dire prima. Dopo si cercherà di capirlo. Così come una lettura razionale, analitica, formale, basata sulla conoscenza di elementi strutturali, è sicuramente necessaria ma può anche insensibilmente diventare fredda e automatica, girare intorno a una forma compiuta e non essere in grado di intenderla veramente. Il bello è quando la comprensione razionale genera essa stessa emozione.

 

Vorrei comunque proporti una riflessione. La sensibilità non è solo passività, ma anche attività, altrimenti il passaggio da sensazione a ragione non sarebbe mai possibile, e noi rimarremmo come separati in due; e addirittura la passività stessa non è solo ricezione passiva e cieca, ma capacità di dare un fondo, un sostrato, a qualche cosa che si mostra e agisce su di noi. 

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No, Isher. Io non paragono "un'emozione estetica a un colpo di martello in testa".

 

Dico, piuttosto, che m'intristisce l'idea di un rapporto con l'arte che parte dall'emozione e nella sola emozione si esaurisce, che si risolve unicamente nella misura di quanto da un'opera si viene "colpiti" (ed ecco il perché dell'immagine della martellata).

 

E lo dico riferendomi, in primo luogo, a quanti (e sono tanti) hanno affittato la loro scatola cranica alla De Filippi, si fanno belli della loro brava emozione formato fast-food - "spicciola, comoda come un'aspirina, usa e getta, subito disponibile", per citare il bel post di funeralblues - e poi iniziano, magari, a sproloquiare di "magia" della poesia, della musica, del teatro o che so io...

 

E lo dico riferendomi, in secondo luogo, a quanti (e sono tanti) dimenticano che la nostra splendida, "ineliminabile", sicuramente essenziale, emozione morirà con noi; l'arte da cui è scaturita no. E questo vuol dire, secondo me, che se è vero che l'arte basta a sé stessa, lo stesso discorso non può valere per "l'emozione estetica".

"Considerare l'arte soltanto in funzione dei propri sentimenti [...] mi pare, più che altro, narcisismo: è proiettare sé stessi su un'opera, per poi parlarsi addosso e tenere tutto il resto sullo sfondo" (per citare - martelli a parte - il bel post del sottoscritto).

 

Insomma, tanto per parafrasarti e ribadire quanto ho già scritto: il brutto è quando l'emozione diventa una blanda scusa per evitare l'approfondimento e la comprensione razionale.

 

Quanto al resto: non volermene, ma non mi è chiaro su cosa dovrei riflettere, cosa mi contesti e in cosa differiscano le nostre posizioni (a parte il fatto che io ho scritto seicento volte la parola "emozione", si capisce :D).

Non so, forse t'è parso mi sia fatto campione del "razionalismo", ma, t'assicuro, l'intenzione non era affatto quella.

 

Buona serata!

 

:rotfl:

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Insomma, tanto per parafrasarti e ribadire quanto ho già scritto: il brutto è quando l'emozione diventa una blanda scusa per evitare l'approfondimento e la comprensione razionale.

 

 

Sì, Geryon, credo che siamo d'accordo sull'essenziale, tanto più se i tuoi obiettivi polemici sono quelli che hai detto nel tuo post. Io avevo forse surdeterminato la tua posizione pensando che essa implicasse una svalutazione della sfera della sensibilità (intesa come facoltà della sensazione) in sé. Ed era per questo che ti avevo proposto una mia piccola riflessione (niente su cui tu "dovessi" riflettere  ;)) volta a rivalutare il ruolo della sensazione e della passività stessa.

 

Però purtroppo non è vero che «l'arte basta a se stessa». L'arte - una statua, una musica, un'opera qualunque - suppone di per sé una relazione con un Soggetto percipiente e pensante che la apprende, ne apprezza l'esistenza, l'apprezza (in tutta la vasta semantica del termine) come arte. Sarebbe bello credere che l'arte basta a se stessa ma noi Soggetti umani non ci possiamo togliere di mezzo. Forse si può dire, con una punta di ischerzo, che l'arte basta a noi...

 

:ok::kiss:

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  • 1 year later...
MagoDelleNuvole

bel topic.

 

dunque, ho sempre letto tantissimo a causa della mia solitudine.

 

da un annetto a questa parte sto scrivendo tantissimo sempre a causa della mia solitudine e perché ho tantissimo da dire, inoltre ho scoperto che lo scrivere ha una funzione anche terapeutica ...

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  • 5 months later...

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