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Il lutto


cassian

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Abbiamo già un topic sulla morte e ovviamente non vorrei che questo ne diventasse un clone riferendosi al lutto come alla semplice morte di qualcuno a noi caro. E' un argomento delicato e personale ma con il quale tutti ci siamo già scontrati.

 

Perdere una persona cara, un genitore, un parente, un amico, il proprio partner non ha niente a che fare con la realtà "tecnica" del fatto. Comporta invece una forte destabilizzazione del proprio equilibrio emozionale e non sempre, o meglio non solo, la propria fede, di qualsiasi natura essa sia, riesce interamente a risanare le lacerazioni che lascia un lutto.

 

Cosa hanno comportato i lutti nella vostra vita? come li avete superati? e ora che siete riusciti ad andare avanti come ripensate (se ci ripensate) a quei momenti?

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beautiful_soul

Io purtroppo ho perso i nonni quando ero molto piccolo, quindi non credo di aver sofferto tanto dato che non me li ricordo molto bene . Però mia mamma a volte mi parla di nonno e io penso molto e diciamo che mi ricordo come era anche vedendo le foto con me insieme a lui , l'ho sempre in mente . Ogni tanto sospiro e li penso guardando in cielo, sperando che loro stiano bene. Quando posso vado anche al cimitero a trovarli .

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Avevo scritto tantissime cose ma le ho cancellate. E' un argomento delicato che mi tocca troppo da vicino. Quando avrò superato la cosa, magari condividerò.

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Qualche anno fà ho perso la mia unica nonna che abbia conosciuto bene, poichè gli altri nonni sono morti prima che io crescessi o prima che nascessi. Io l'ho presa malissimo e non basterebbero pagine e pagine per spiegare quello che ho passato e che ancora mi trascino ad oggi, sopratutto perchè quella con mia nonna era una situazione particolare. Essendo l'unica che abbia conosciuto bene tutto l'affetto era per lei, inoltre ha avuto una vita ingrata e una morte anche peggiore... Mi spiace ragazzi ma per ora non mi sento di scendere nei particolari, ho paura di stare troppo male nuovamente. Più avanti vi parlerò, perchè credo che mi farebbe bene, ma non ora... Posso solo dire che per quello che ha passato mia nonna e per come mi ha lasciato ho capito che un Dio non c'è, o che se ci fosse non è buono!!! Sono parole dure ma a cui credo veramente, un giorno capirete.

Ciao

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Io non ho perso nessuno di caro però so che quando succederà starò molto male, penso spesso ai miei nonni e sono molto affezionato a tutti e quattro.

Li sento molto vicini, mi hanno dato tutti qualcosa ed è inevitabile che riflettendo sui lutti rivolga i miei pensierii a loro per primi e ne soffra già davvero molto.

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Ricordo che quando vennero a mancare i miei nonni fu una cosa molto brutta anche perchè stavo vivendo un periodo particolare e purtoppo morirono anche a distanza di pochi giorni l'uno dall'altro soffrendo ambedue abbastanza.

Di quel periodo ricordo delle sensazioni molto forti e diverse che andavano dalla immensa tristezza alla rabbia fino addirittura alla delusione.

Probabilmente quello fu uno dei periodi più brutti della mia vita che riuscii a superare dedicandomi alle musica e alla lettura. Mi aiutarono molto a distrarmi :asd:

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non ho mai attraversato lutti.

ma sono consapevole dello stravolgimento che comporta. tante volte penso a quando dovreò affrontare la situazione. c sono andato vicino parecchie volte.

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Il mio primo lutto in famiglia è stato mio nonno 2 anni fa. Ero preparato alla sua morte poichè ce l'aspettavamo da giorni ormai. Ma vedere nell'obitorio dell'ospedale il suo corpo mi sconvolese ed uscii fuori in lacrime. Non sò se era per il fatto che quella visione era la dimostrazione che non ci fosse più. Tuttavia mi ricordo il dolore provato. Poi dopo mi ripresi anche nel funerale e durante la sepoltura

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Ho avuto diversi lutti nella mia vita. Il dolore che si prova è sempre molto alto, perché muore anche una parte di te (quella che avevi vissuto con quella persona), anche se può essere compensato, nel caso di persone anziane o molto anziane, dalla consapevolezza che esse hanno vissuto pienamente o comunque in modo altamente significativo la loro vita. Lancinante è invece il dolore per la morte di un amico di 18 anni e una cosa del genere la si supera solo attraverso un lento percorso di accettazione.

 

Ma dire che cosa è il lutto e come lo si elabora è molto difficile. Io ci sono nel bel mezzo per due ragioni, una di cui preferisco non parlare, l'altra per avere appreso da una settimana la morte di una mia grande amica, di sette anni più giovane di me, con la quale avevo perduto i contatti da circa 4/5 anni, ma con la quale avevo condiviso gioie, dolori, amori, amicizie, vacanze, viaggi, problemi di ogni tipo, altre amicizie comuni. Ignoravo che fosse gravemente malata, e lei, forse tutta presa dall'affrontare la sua malattia, forse a sua volta assorbita da altre cose, non me lo aveva fatto sapere. La prima reazione è stata di un dolore enorme; poi ho capito che il dolore era aumentato dal fatto che non mi sarebbe stato più possibile (come da tempo mi ripromettevo, senza però mai farlo) riprendere i rapporti con lei, che, ho sempre pensato, sarebbero ripresi dal punto in cui li avevamo lasciati; e infine dal fatto che moriva una persona che era stata testimone di tutta una fetta enorme della mia vita. Non so descrivere lo stato d'animo, ma è come se quel passato (un passato così vivo, nella mia memoria!) fosse esso stesso minacciato di morte.

 

Poi ho ragionato sulla sua vita. Una vita difficile, ma insieme intensa, segnata in particolare da una difficoltà, una forte fobia sociale che era insorta misteriosamente verso i 30 anni e che l'aveva condotta prima ad abbandonare il lavoro, poi ad altre limitazioni. Terapie, analisi, farmaci, per un certo periodo niente sembrava giovarle. Poi, dopo molto tempo, ne era uscita, aveva ripreso a lavorare, a muoversi, a viaggiare. Ebbene, mi sono detto, anche se breve, la sua vita ha comunque disegnato un cerchio che si è concluso vittoriosamente per lei, almeno su quel tasto. La sua vita ha conosciuto tante cose e ha avuto un senso.

 

Non ho una fede da preservare, quindi la sua morte non mi ha minacciato sotto questo riguardo. Mi ha bruscamente fatto ricordare (non dico capire perché già lo sapevo, ma ce ne si può scordare) che ciò che veramente conta nella vita sono l'amicizia, l'affetto e il sostegno, la parola in comune, il fare delle cose insieme (foss'anche andare al mare il sabato, cosa che abbiamo fatto tante volte), il raccontarsi, il tenersi per mano nella vita. Sì, il lavoro è importante e per me lo è moltissimo, ma forse in certi momenti tende a soffocarti e le persone che si incontrano sul lavoro non sempre sono quelle con cui condividiamo le cose più vere e importanti. Insomma sto cercando di vivere questo lutto ristabilendo una gerarchia di valori di tipo strettamente "umano", rendendomi consapevole che l'affetto che non posso più dare a lei lo posso dare ad altri, cercando di aprirmi e non rinchiudermi alla vita. Ma...a questa vita di cui parlo - non la vita spesso esteriore (anch'essa in certa misura necessaria, almeno come "svago") che a volte prende più spazio del dovuto.

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Al momento ho avuto due lutti alle spalle.

Il primo lutto è stato devastante, il secondo mi ha messo a gambe all'aria.

Il primo lutto mi colpi quasi 9 anni fa e per quanto a molti sembrò ridicolo (mi morì il cane) muto praticamente la vita. Adesso io sono figlio di quel lutto e l'Andrea che esisteva prima adesso non esiste più.

Ebbi una crisi pazzesca una delle tante cose che mi ricordo è che per mesi ebbi come la mente offuscata e non riuscivo a studiare ed a memorizzare perchè inconsciamente stavo ancora rielaborando la cosa. Mi fece un po' risalire la brutta situazione mesi e mesi dopo l'amore (non ricambiato) verso una ragazza della mia scuola.

Per un certo periodo di tempo mi venne anche un dolore al ginocchio che dopo accertamenti risultò infondato...ebbi conseguentemente l'intuizione di andare dalla psicologa della scuola e dopo una seduta il dolore sparì...

Sicuramente quel lutto nel mio cervello ha portato a profondi cambiamenti nello stile di vita, nell'affrontare le cose, nella comprensione del dolore degli altri, e per certi versi anche nello studio.

Il secondo lutto che mi colpì (4 anni fa) fu un fratello di mia nonna a me caro, ma che non vedevo molto.

Sono stato male anche allora, ma per vari motivi non posso dire quanto e come perchè la situazione era un po' falsata da altre situazioni.

In entrambi i casi è significativo che mi capitò di perdere il senso dell'orientamento (molto accentuato in me) addirittura credendo di prendere la strada giusta ma in realtà prendendo la strada diametralmente opposta.

O.T. Mi han detto che prendo come lutti anche le separazioni e i litigi con gli amici, chissà poi perchè, vivendoli in certi casi allo stesso modo.

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Grazie a tutti quelli che hanno risposto o che hanno tentato di farlo. Sono perfettamente cosciente che le emozioni sono molto sfuggenti, tutte quante, e si prova una certa insoddisfazione quando si cerca di parlarne; ho letto tutti i post e mi sono ritrovato in tutti quanti.

 

Ho lanciato questo sasso in nello stagno perchè in questi giorni mi è capitato di riparlare della morte di mio padre con degli amici, anche loro divenuti orfani di padre. Per uno di loro la ricorrenza della morte è un giorno che rimane velato di tristezza ad esempio e che quindi continua a condizionarlo nel presente. Il lutto del mio amico è tutto sommato recente. Per un altro ancora la morte della madre invece è stata vissuta come un abbandono (che peraltro gli ha condizionato i futuri rapporti con gli altri...ma questo è un altro discorso)

 

Io mio padre l'ho perso (strano questo modo comune di dire per evitare la parola morte vero?) ormai da 20 anni. Io ero un bambino di soli 10 anni e mi ricordo la sensazione strana come se ci fosse stato uno strappo nel tempo. Mio padre era a casa, poi il giorno dopo non lo vidi più per casa, nemmeno mamma...erano in ospedale e la sera...la notizia: papà è morto. Che colpo, eppure piangere allora fu un sollievo enorme, piangevamo io e mio fratello sulle gambe di mia madre, piangeva lei, i vicini ci guardavano con tenerezza e affetto, compassione, immobili. Tanti altri momenti sono sfumati invece, quello che venne dopo non lo ricordo.

 

Non vidi mai mio padre morto e sinceramente l'ho preferito, perchè lo ricordo ancora quando tornava a casa e gli saltavamo al collo con mio fratello, nelle domeniche al luna park o a giocare. In effetti non ho mai voluto vedere i cadaveri delle persone che sono andate per sempre, perchè dopo mio padre ho perso la nonna che viveva con noi e 4 zii (siamo una famiglia un po' sfigata in effetti :asd:). Degli altri parlerò magari in un altro post.

 

Dopo la morte di mio padre ricordo che mia madre si mise a letto per alcuni giorni, la sua stanza nel buio. Io ero preoccupatissimo, forse più di vedere lei in quello stato che non della morte di papà in se stesso: in quel momento non avevo ancora realizzato completamente. L'effetto fu che anche quando mia madre incominciò a reagire (con una forza che mai si sarebbero aspettate nemmeno le persoen che meglio la conoscevano) nella mia piccola mente scattò il meccanismo della protezione: ero io quello che doveva allontanare le sofferenze da mia madre e da mio fratello. Questo atteggiamento, per quando ormai lo abbia razionalizzato molto, permane tuttora e credo che abbia inciso molto nella formazione del mio carattere e della mia personalità.

 

In genere ho un atteggiamento molto protettivo e "genitoriale" nei confronti degli altri e per molti versi credo che il tutto sia nato come reazione al lutto per la perdita di mio padre, come a dare agli altri le attenzioni che dopo non ho avuto più io, o che mi sono sentito chiamato a dare a mia madre e a mio fratello. Un ruolo insomma che ho presto 20 anni fa e che ancora non mollo, forse perchè mi piace, forse perchè ormai mi viene istintivo e naturale, forse perchè ci vedo anche un po' di buono in tutto questo.

 

Certo dopo tanto tempo il lutto in sè è superato...più o meno però: mi capita di pensare non molto spesso a mio padre o a come sarebbe la mia vita ora se lui fosse ancora in vita; non mi vergogno più di essere orfano di padre come invece mi capitava all'inizio, quando ero ancora bambino, davanti agli altri bambini; non vado mai al cimitero, ma quando mi capita ancora mi prende un nodo alla gola e le lacrime agli occhi (forse è proprio per questo che lo evito); mi piace ascoltare tutti i ricordi belli che hanno le persone di mio padre, ha lasciato un segno nella vita di tutti quelli che ha incontrato, un seme d'affetto, e per questo credo che sia il mio eroe personale, quel modello da raggiungere o almeno a cui aspirare.

 

Non credo di poter trarre una vera e propria lezione di vita, ma sicuramente l'idea che mi sono fatto in seguito a questo evento  è che nella vita ci sia una certo fatalismo, un determinismo che segna una rotta, un tracciato, dentro il quale possiamo muoverci con il nostro libero arbitrio; per tale motivo sia poco importante come cambia la strada da seguire, ma conti soltanto la capacità di saper reagire alla dinamismo di questa esistenza e che le capacità dell'individuo siano tutte nel saper realizzare il percorso che gli è stato  assegnato di volta in volta.

 

Più scrivo, maggiore è il numero delle immagini e delle emozioni che mi vengono alla mente, ma ho scritto già tanto di questo evento luttuoso e molto centrale per la mia esistenza. Sento di poterne parlare liberamente, ma non vuol dire che io debba monopolizzare questo topic no?  :asd:

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Guest Ray_of_Light_

Nel corso della mia vita ho avuto vari lutti: ho perso i nonni materni quando avevo pochi mesi e ho sofferto per anni della loro mancanza perché vedevo sin dall'asilo i bambini che parlavano dei loro nonni e a me dispiaceva non averli accanto. Così iniziai a pensare che da lassù loro mi osservavano sempre e ogni tanto stavano accanto a me come quando avevo paura. Negli ultimi anni ho perso anche i nonni paterni morti a causa di un cancro.

Sempre negli ultimi anni ho perso uno zio a cui tenevo molto poiché era spesso a casa poiché non era sposato quindi i fine settimana li passava da noi. Inizialmente non ho preso coscienza della sua morte e ho iniziato a comprendere con il tempo. La batosta, specialmente per mio padre, è stata la morte di suo fratello per incidente sul lavoro, una morte improvvisa e inaspettata. Ancora oggi stento a credere che sia successo nonostante sia passato più di un anno.

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Continuavo a rileggere le vostre risposte e mi chiedevo se oltra a una dimensione strettamente personale del lutto ce ne sia anche una sociale. A quanto pare una morte improvvisa fa male quanto una morte attesa, perchè di fatto quello che per cui ci si sente persi è il legame affettivo.

 

Tutti noi però abbiamo delle memorie, dei ricordi molto radicati che emergono a effige di chi se ne è andato e che spesso sono poetici e secondo me addirittura più carichi di significato di quanto non fossero prima della dipartita. E' una forma di cupidigia (non necessariamente in un'accezione negativa) nel voler "accumulare" sempre di più, nel rapporto con gli altri, a livello di emozioni e quando si interrompe la possibilità allora si ritorna indietro e si subilma il tutto? Perchè nasce l'esigenza di dover cristallizzare l'esistenza passata?

 

Di sicuro il passaggio è un evento paradossalmente non finale ma centrale della vita umana, tanto che la filosofia e le religioni tutte se ne occupano. Per questo mi chiedo se tutto sommato l'importanza sociale del lutto, dell'avicendarsi delle generazioni, non si sia davvero persa o quantomeno non si sia perso l'insegnamento (se mai è esistito) a gestire le relazioni umane e sociali includendo la perdita nelle possibilità della vita.

 

Pensavo a come nella nostra cultura (prevalentemente cattolica) il lutto dovrebbe essere un atto gioioso, l'ingresso alla vita eterna, mentre invece sia vissuto comunque quasi come una punizione per chi resta (ad esempio nel meridione dove la religione è spesso vissuta quasi con superstizione il lutto mi pare si porti per un anno intero). Questo contrasta però con le istituzioni...ad esempio per il lutto mi pare siano previsti solo "3 giorni" (guarda caso) che ovviamente sono insufficienti perchè una persona ritrovi almeno un minimo equilibrio emotivo. Per non parlare poi della tristezza del rito cattolico (senza entrare nel merito della specifica religione, le altre non le conosco molto) che è ormai un processo ripetitivo, banale e tetro.

 

Conoscete altri riti o altre società in cui il lutto viene vissuto in maniera più...armoniosa?

 

Grazie ancora a tutti i partecipanti.

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L'unico lutto che ho avuto è stato quello di mio nonno, avvenuto circa due anni fa, e che in realtà non ho mai superato; che, tra l'altro, l'avvento della sua morte mi è stato detto in malomodo una mattina in mezzo alla pioggia, e non ha giovato al mio equilbrio emotivo lì sul momento. Ricordo pochissimo di quei giorni, e la cosa che mi stupì è che non piansi se non quando si applaudì mentre veniva portata fuori dalla chiesa la bara. I giorni seguenti avevo accantonato lo studio, ascoltavo musica, e pensavo a tutti pur di non far riaffiorare il fatto della sua assenza su questa terra, proprio perchè non sono in grado di superarlo.

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Non lo superi.

E' una cosa che ti resta dentro per sempre.

Dopo un po' ti rialzi, ti prendi le palle in mano e vai avanti.

Ma non lo superi.

Ti rimarrà per sempre un vuoto negli occhi e un buco nel cuore.

E le cose non cambiano.

Vai solo avanti per rispetto nei tuoi confronti e nella persona che se n'è andata.

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Conoscete altri riti o altre società in cui il lutto viene vissuto in maniera più...armoniosa?

 

 

Sì, c'è lo stupendo funerale irlandese. Il rito consiste nel posare dei bicchieri vicino alla bara del defunto. Ognuno si avvicina, ne riempie uno di alcool e poi lo beve.

Nel rito completo bisognerebbe poi gettare il bicchiere nel fuoco, ma ai giorni nostri non si fa praticamente più.

C'è molta musica, ed è una celebrazione per niente tetra, lontanissima dal funerale cattolico.

 

Non rispondo al thread principale perchè non ho ancora affrontato direttamente lutti molto grandi, ma tante delle persone che mi sono più vicine sono state colpite molte volte. Quello più recente, che mi ha condizionato di più, è stato quello della maestra di mia sorella: può sembrare abbastanza stupido, ma lei era legatissima, avevano un rapporto d'elezione perchè quella maestra riconosceva davvero la sua intelligenza e non la limitava (come invece fanno le sue professoresse tutt'ora). L'ho vista a otto anni e qualcosa dover confrontarsi con la perdita di qualcuno, e ancora oggi vedo quanto l'ha cambiata e l'ha fatta crescere.

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Quoto ciò che ha scritto Eledh.

Il lutto è qualcosa che resta dentro per sempre, a volte è nascosto in un angolo buio della propria mente, altre volte invece è uno spettro nero che urla dentro la testa ed appesantisce il cuore.

C'è chi dice che, per quanto tragici, questi eventi contribuiscano -tragicamente- a far crescere nello spirito e nella consapevolezza; personalmente, non so se sono maturato o meno, ma sicuramente dalla morte di mio padre sono uscito cambiato, consumato, forse tormentato, ma determinato ad andare avanti anche "per lui".

E l'unico sentimento che resta e mi perseguita sempre, ancora prima del senso di vuoto o di perdita, è l'angoscia legata alla consapevolezza di non essere mai stato in grado di esprimergli il mio affetto.

Al funerale non ho pianto, l'ho fatto soltanto un paio di volte tra me e me; ma di tanto in tanto mi capita di perdermi rivedendo il flash del suo corpo sottile, ormai impalpabile, avvolto in un telo bianco, in ospedale, e di accorgermi di avere gli occhi un pò lucidi.

Non so se piangere aiuti, certamente le lacrime non lavano certe cicatrici dell'anima.

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Cassian ti ringrazio per aver aperto questo topic perchè lo trovo molto commovente, sopratutto il tuo secondo intervento e quello do Wolf (non che gli altri non abbiano la stessa importortanza).

Mi ha riportato molte cose alla mente che avevo volutamente accantonato.

Grazie :pausa:

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Personalmente ho perso solo i nonni per ora, e uno zio, che però non vedevo da quando avevo 6 o 7 anni, per cui è stato più il dolore di mia madre che il mio stesso a farmi stare male per lui.

Credo che mi abbiano segnato molto, anche se di mio nonno materno non ricordo quasi nulla, è morto che avevo 4 o 5 anni, non ho capito proprio niente di quello che era successo, gli unici veri ricordi sono legati agli odori dei suoi hobby da pensionato, che tutt'ora mi commuovono... e probabilmente ho preso alcune decisioni nella mia vita, o deciso di avere i suoi stessi hobby più per una forma di espiazione che per altro; espiazione nei confronti di un dolore che non ho provato allora e che, tutt'ora, non riesco davvero a provare.

Un paio d'anni dopo morì mia nonna materna, e lo capii subito, perchè i miei genitori mi fecero portare via da alcuni vicini, ma il tono di voce e le facce di tutti mi fecero capire cosa era successo prima ancora che i vicini si facessero scappare la verità parlando tra loro... stetti male non tanto per la perdita, quanto perchè da bambina ero molto schiva, molto chiusa e per nulla propensa a nessun tipo di contatto fisico con chicchessia, nonna compresa, e avrei voluto dimostrarle almeno una volta che le volevo bene, e che non era poi colpa sua se la nipote non voleva farsi toccare.

I miei nonni paterni, invece, morirono a distanza di un mese l'uno dall'altro mentre stavo per iniziare il terzo liceo. è stato probabilmente uno dei periodi peggiori della mia vita, mi rifiutai di vedere mia nonna nella bara e riuscii a piangere solo alla fine del funerale quando un collega di mio padre si venne a scusare con me per avermi detto (per sbaglio) che mia nonna era morta prima che lo facessero i miei.

Mio nonno invece ho voluto vederlo, e non sembrava neanche più lui... e devo dire, in fondo, che dopo anni di malattia mi sono sentita quasi sollevata e contenta che fosse morto senza soffrire ancora di più... che poi è un pensiero che ha segnato buona parte della mia adolescenza, visto che lo interpretai come una forma di scarso amore nei suoi confronti.

 

 

Riguardo rituali interessanti di altre culture/religioni... la yoruba ha una specie di rito che dovrebbe servire a conciliare il sonno per cui si recita una preghiera per i propri defunti, chiedendo di vegliare sul nostro sonno, e si pone un bicchiere d'acqua davanti la testiera del letto in modo che possano abbeverarsi se vogliono.

Non ricordo la preghiera, che comunque suonava non poco cristiana direi... ma mi colpì quando me lo consigliarono come rimedio per l'insonnia.

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(Sospiro)

 

Mio padre era la mia vita.

 

Ormai sono passati 8 anni dalla sua morte, di tempo ne è passato parecchio, le cose sono andate avanti, il mondo non si è fermato.

Eppure, credo che una parte di me non sia avanzata, non sia progredita insieme al resto di me stesso. Molte volte mi sono sentito come "spezzato a metà".

Ho dovuto abbandonare un Me poco attento al mondo e molto più spensierato, per accogliere un altro Me, una versione più adulta e disincantata.

Fin da quella indimenticabile estate di 8 anni fa, ho cercato costantemente di essere attento alle cose, di valutare, di scegliere i passi giusti, di non sbagliare mai, come se non avessi più qualcuno accanto a me che mi sostenesse in caso di fallimento. Ho sempre cercato di dimostrare a me stesso di riuscire a farcela da solo.

Più di mille volte, però, le difficoltà della vita hanno fatto venir meno quella mia fragile sicurezza costruita con tanta fatica; molte volte è capitato che mi chiedessi: "Starò facendo bene? Papà sarebbe orgoglioso di quello che sono ora? Sarebbe fiero dei miei successi, delle mie vittorie, delle mie gioie?".

Non lo so. A queste domande non ho mai avuto risposte.

Ad ogni modo, mi piace pensare che lui sia in qualche modo ancora accanto a me.

 

Che sia ancora la mia vita.

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Io ho perso mia madre nel 99. La mia reazione, analizzata a distanza di anni, è stata piuttosto strana. Dopo i primi giorni di ovvio sconcerto e scombussolamento mi gettai sullo studio come avevo sempre fatto. Non mi disperavo, non mi incazzavo, non me ne fregavo di tutto, anzi, come ho detto, sempre ligio al dovere e coi "compitini" in regola come sempre. Dopo qualche tempo pero', crescendo, mi resi conto di quello che è veramente importante nella vita e cominciai a realizzare quello che avevo perso. E quei giorni tornarono nella mia mente, come se accaduti da poco. Paradossalmente, mentre il resto della famiglia si riprendeva e cominciava ad andare oltre (esempio banale: mio padre smise di andare ogni santo giorno al cimitero per ore) io vivevo la disperazione e l'angoscia che non mi aveva colto i primi tempi, ma ho tenuto tutto dentro per non dare dispiaceri ai miei cari. Chissa', forse se il percorso fosse stato piu' "regolare" avrei condiviso il dolore con gli altri e adesso avrei messo il tutto "da parte" , nella serena rassegnazione di un lutto elaborato, come almeno apparentemente ha fatto per esempio mia sorella. Invece continuo a provare quell'amarezza a volte in maniera cosi profonda da farmelo apparire come un "conto in sospeso" ancora nella mia mente. A volte mi scopro a preferire quella certa canzone o quel certo avvenimento storico solo perchè avvenuto prima della morte di mia madre, arrivando perfino, e di questo me ne vergogno, ad avere anche un interesse nostalgico anche per avvenimenti tragici di cronaca solo perchè antecedenti al fatto. A riprova che è stato un evento che ha segnato profondamente la mia vita, creando una frattura tra un'infanzia davvero spensierata e priva di particolari cose tristi e ed un'adolescenza che ha portato anche una serie di altri lutti ed eventi spiacevoli.

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il lutto che mi ha toccato di più è stato quello della nonna materna, con la quale ho vissuto per svariati anni e ho passato tutte le estati da quando ero in fasce a quando sono diventato abbastanza grande per dire "no al paese non ci sto". Un pezzo vivente della mia vita insomma.

Lei è andata via un pò così, da un giorno ad un'altro: il giorno prima ero da lei a pranzo a portarle le ricette del medico, il giorno dopo era in ospedale paralizzata. Qualche giorno ed è partita. Le volevo molto bene, ma non penso di aver mai pianto, forse un pò di commozione alla funzione, ma in quel momento era più importante l dolore di chi rimaneva quaggiù, mia madre. Ci si fa forza per sostenere chi è più debole, e il resto passa in secondo piano.

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  • 1 month later...

...ma non penso di aver mai pianto, forse un pò di commozione alla funzione, ma in quel momento era più importante l dolore di chi rimaneva quaggiù, mia madre. Ci si fa forza per sostenere chi è più debole, e il resto passa in secondo piano.

 

beh, non concordo mica. a volte fa bene abbandonarsi alle lacrime, per evitare che certi dolori incancreniscano dentro di noi. io piansi quando mio nonno materno morì; gli volevo bene, molto... e anche se di nascosto mi sciolsi in tante lacrime.

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Visto che nessuno ancora ne ha parlato, vorrei dire due parole sulla

concezione freudiana del lutto, anche tenendo a mente la domanda di Cassian

 

Conoscete altri riti (...) in cui il lutto viene vissuto in maniera più...armoniosa?

 

 

Freud ritiene che l'elaborazione del lutto (cioè la possibilità di accettarlo e supararlo)

avvenga attraverso tre stadi, che sono tutti necessari, per tale elaborazione, anche quello

che può sembrare uno stadio puramente negativo.

 

Il "lavoro del lutto" prevede dunque uno stadio di negazione, in cui l'individuo rifiuta l'idea

che la perdita abbia avuto luogo, sia definitiva (la perdita non è solo la morte di una persona cara, ma

anche la fine di un amore, l'abbandono di una persona, l'abbandono di un luogo amato in cui si è

vissuti, e altro); uno stadio di accettazione, in cui la perdita viene ammessa, viene realmente riconosciuta;

uno stadio di distacco dall'oggetto perduto che causò il lutto, con un reinvestimento di energie "libidiche"

su altre cose o persone.

 

Non è un rito, naturalmente, quello di cui parla Freud, ma riflettere sulla sua analisi del lutto

può aiutare - non certo nel momento della perdita, credo, ma in prospettiva: e il lutto è qualcosa

che si svolge nel tempo e occupa anche un lungo tempo - a uscire dal dolore,

può aiutare a conquistare quella possibilità di viverlo in una prospettiva, che è proprio quanto il dolore secco

di una perdita non può accettare.

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L'unico lutto che ho vissuto direttamente è stato quello di mia nonna.

 

Avevo 18 anni e vivevamo insieme io, mio fratello, mio padre e mia nonna; La verità è che subito non ho provato niente, ero troppo confuso e stavo in uno strano stato d'animo "ovattato" in cui c'era tutto a parte il dolore.

 

Ho cominciato a rendermi conto del vuoto che era rimasto ed a soffrirne nei mesi successivi ed ho versato le prime lacrime solo dopo un anno, quando avrei davvero avuto bisogno di lei.

 

Se consideriamo poi che io di mia nonna bene o male sapevo che sarebbe dovuta morire entro pochi anni, posso solo immaginare quanto uno rimanga sconcertato al momento (fino a bloccarsi del tutto) e per quanto tempo si possa trascinare il lutto nel caso della perdita del proprio partner, con cui si condivide un cammino futuro ed ogni giorno ci si rende conto del vuoto che è rimasto.

 

Citato da: cassian su 10 Novembre 2008, 14:28:44

Conoscete altri riti (...) in cui il lutto viene vissuto in maniera più...armoniosa?

 

In famiglia siamo atei non-praticanti :asd:, mio padre ha un particolare affetto per la tradizione ebraica ed io mi interesso molto di spiritualità ed affini.

 

C'era ancora il cadavere di là in attesa dei necrofori ma abbiamo imbandito la tavola a festa e pranzato lucullianamente, come a natale, parlando di mia nonna come se fosse lì e ricordando tutte le belle cose della sua vita, questo è un elemento del rito ebraico, mio padre ci ha raccontato un sacco di aneddoti al suo riguardo (qualcuno inedito) ed in giornata abbiamo guardato le vecchie foto e ne abbiamo inconrniciato qualcuna.

 

A distanza di tempo posso dirti che mi è piaciuto che abbiamo reagito così, quando poi ho sofferto per lei ho pensato che la ricordiamo bene e do un'occhiata alla foto che ho scelto di incorniciare quel giorno e che anche se vivo da un altra parte mi ha seguito.

E' la foto del suo matrimonio!

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Guest GMOherzen

Triste ma delicatamente dolce....

Anch'io ho sofferto maggiormente il lutto per la mia nonna materna... ma (ed è imbarazzante ammetterlo) per due ragioni principali diverse dall'attaccameto affettivo nei suoi confronti:

1) perchè litigavamo in continuazione a causa di continui furti reciproci di bulbi e piante da giardino (e questo per quanto ironico tutt'ora mi pesa moltissimo la mancanza di questi battibecchi);

2) perchè come donna anziana con alle spalle una vita di iperattività ha avuto davvero una morte opposta al suo essere (ictus ischemico) e che mi ha esposto alla comprensione dell'impotenza dell'umanità nei confronti dell'universo (delle sue condizioni e della condizione fragile del nostro involucro), nonchè del punto poco dignitoso che si può raggiungere da un momento all'altro (dopo l'ictus mia nonna per i due giorni successivi è riuscita solo a mugugnare in modo davvero penoso e a stringermi sempre più debolmente la mano poi si è spenta e mi è crollato addosso il cielo...)

 

Consiglio di scrivere in questo topic in quanto rievocare il lutto è la migliore strada per assorbirlo in modo sano e rassegnarsi serenamente al destino nostro e dei nostri affetti...

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Consiglio di scrivere in questo topic in quanto rievocare il lutto è la migliore strada per assorbirlo in modo sano

 

Vado un attimo OT, ma personalmente non sono granché d'accordo, non sempre rivangare o rielaborare certi ricordi fa necessariamente bene.

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Guest GMOherzen

Vado un attimo OT, ma personalmente non sono granché d'accordo, non sempre rivangare o rielaborare certi ricordi fa necessariamente bene.

 

Beh dipende se ti vuoi concentrare sul presente materiale o pensi di far amalgamare la tua vita terrena alla prossima, e poi se inconsciamante ti rendi conto di ciò che stai facendo ...

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