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Egokid


Orfeo

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Visto che era più di un anno che non rientravo colgo l'occasione per risalutare tutti (chi c'è ancora e chi non c'era).

 

Torno con un tema musicale, una band indipendente milanese su cui mi sembra non si sia ancora scritto nulla, gli Egokid.

Vi riporto parte di una recensione che ne ho scritto tempo fa...

 

Gli Egokid, anche loro figli di un dio minore non solo perchè froci ma anche, ed in questo caso soprattutto, perchè prodotti da un’etichetta indipendente in un mondo in cui ormai le grandi major, con la scusa della crisi e dell’avvento di questo fantomatico nemico che è il digitale si mettono prepotentemente fra l’ascoltatore e l’artista. E’ in questo scenario che già di per sé richiede oggettivamentente molto coraggio che il gruppo Milanese esordisce agli inizi dei 2000.

Minima storia curativa“, prodotto da Aiuola (www.aiuola.it) e pubblicato nell’Aprile 2008, è effettivamente un vero e proprio secondo esordio. Per la prima volta il gruppo scrive e canta in italiano un album interamente dedicato ad affetti, amori, sensazioni e stereotipi del mondo omosessuale.

 

   

Perché “minima storia curativa”?

 

Perché si guarisce dall’anaffettività, dalle crisi sentimentali, dalle difficoltà a reperire e mantenere una propria condizione esistenziale, o forse una identità, dalla finzione, dalla supponenza intellettuale, dall’invadenza dei modelli sessuali e delle icone, dai traumi infantili, dal fallimento dei sogni e dal sesso compulsivo. si guarisce giocando con suoni che spaziano dalla psichedelia alla new wave, dal brit pop alla dance, dal rock degli anni settanta alla canzone d’autore sofisticata, ma anche pescando in un improbabile immaginario glam metropolitano.

 

Così, puntualissimi in un momento storico allarmante che segnala un paese che ha un disperato bisogno di uscire da deleteri schemi e condizionamenti, sotto l’ispirazione di Arbasino cui la band dedica un’intero brano (Ci sfioravamo i corpi per far cadere il tiranno!), con ritmi coinvolgenti che entrano in testa in loop sin dai primi ascolti gli Egokid raccontano con assoluta naturalezza l’ordinarietà di un mondo ai più sconosciuto ma non molto lontano da quello che qualcuno ama definire “normale” è ["potrei anche sfogarmi, ho un amante di vent'anni..."] senza paura di snocciolarne con grande autoironia i difetti ed i più terribili luoghi comuni.

 

Così, ripensando all’articolo di Repubblica uscito il giorno dopo il RomaPride, ho pensato al modo un pò strano in cui un etero che non sappia nulla del mondo omosessuale possa vedere o non capire alcune curiose cose del nostro mondo, talvolta incomprensibili persino a noi stessi, e l’ho pensato curiosamente proprio sentendo “L’orso“, notoriamente l’animale che preferisco ["L'orso si chiude in mandrie ben recintate, segnali di vita codificati, non s'alza, non sogna, vuole dormire"], che vede la partecipazione di Francesco Bianconi dei Baustelle, ed alla quale, a meno che non si conoscano bene i (tristi) recinti fisici e mentali metaforicamente citati dalla canzone, a nessuno verrebbe mai in mente di associare l’immagine di un omone robusto e peloso, almeno non senza quella velata ironia di fondo che, fra lo stupito ed il divertito ha utilizzato il giornalista di Repubblica per definire il carro degli “indecororsi”.

 

E’ così che tutte le etichette, le foglie di fico di cui ci ricoprono e talvolta ci ricopriamo, volan via leggere dall’energia che lascia il passaggio di questa musica. Il frocio sensibile e sentimentale è sostituito da “Il Cattivo“, freddo calcolatore ed infelice e dal quantomai reale e frigido “Anaffettivo” che esaurisce la sua curiosità sacrificandosi giovane ad una storia inutile fino ad esaurire persino la fiducia in se stesso, abituato ad avere tutto subito ["La verità è che non credo di essere così appetibile per un uomo migliore"].

Ma con “La donna schermo” , quasi nella parodia di un moderno senhal, non viene risparmiata una forte critica ad una società che non lascia l’individuo libero di assecondare la propria naturale identità imponendo a tutti i suoi attori, che finiranno inevitabilmente per soffrire, un modello da perseguire a tutti i costi senza successo ["Mi dispiace ma la cura qui dovrà finire"]. E se il massimo dell’autoironia arriva sul finale con “Meta-me” ["E non riesco a guardare al di là del mio seme, al di là del mio pene..."] ho trovato molto vicine ed evocative di alcuni trascorsi, nell’evocazione di certi momenti, le due canzoni più struggenti e, immagino, autobiografiche “E” e “Milioni” ["Ho capito sei andato via perchè ti son sembrato uno che con te c'è stato per il gusto del peccato. Mi guardavi con sospetto mentre prima eri sul letto rannicchiato come un gatto ti aspettavo..."].

 

Insomma: un vero peccato che il mondo della musica sembra aver da un pò deciso di mettere da parte chi sembra ancora avere qualcosa da raccontare in favore di un commercialismo talvolta veramente becero.

Ma in fondo forse queste piccole perle non sarebbero tali con alle spalle dei grandi impresari.

Ergo lunga vita all’indie.

Intanto se volete sapere qualcosa di più sugli Egokid o ascoltare alcune delle canzoni di “Minima storia curativa” potete buttare un occhio su MySpace all’indirizzo http://www.myspace.com/egokidit

Potete restare aggiornati sugli eventi relativi agli Egokid anche su Facebook

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