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Paola Cortellesi


cranfan

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4 hours ago, schopy said:

In che senso dici? Trovi frustrante la rappresentazione di una donna che veniva picchiata dal marito nell'Italia degli anni '40?

Ma certo. Io empatizzo con lei per tutta la durata del film, e sai benissimo cosa subisce. Lei soffre e sto male anche io. A prescindere da tutto, non amo i film che mi danno questo tipo di trasporto emotivo. Non c'è nemmeno una vera catarsi, a mio parere...

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6 hours ago, Krad77 said:

A prescindere da tutto, non amo i film che mi danno questo tipo di trasporto emotivo.

Ok, quindi ti disturba proprio il nocciolo della storia 🤔

6 hours ago, Krad77 said:

Non c'è nemmeno una vera catarsi, a mio parere...

L'idea dovrebbe essere che emancipandosi come cittadina potrà poi emanciparsi pure come moglie...io la vedo così 🙂

 

9 hours ago, freedog said:

io sono spudoratamente di parte: AMO Paoletta da decenni e stimo pure Valerio

Anch'io sono un fan di Cortellesi...di recente ho scoperto però che a molti proprio non piace. Lo so che è un film retorico e didascalico, ma anche la retorica bisogna saperla far bene, ed in questo è stata straordinaria.

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33 minutes ago, schopy said:

Lo so che è un film retorico e didascalico, ma anche la retorica bisogna saperla far bene

Secondo me ha messo in pratica la leggerezza di cui parlava Calvino nelle Lezioni americane, sia in sto film che nel famoso monologo alla Luiss su Biancaneve dell'altro giorno (che tanti sta scandalizzando ; tutta invidia per il successo che sta avendo & meschinità varie)

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9 minutes ago, freedog said:

Secondo me ha messo in pratica la leggerezza di cui parlava Calvino nelle Lezioni americane, sia in sto film che nel famoso monologo alla Luiss su Biancaneve dell'altro giorno (che tanti sta scandalizzando ; tutta invidia per il successo che sta avendo & meschinità varie)

Sto leggendo fiumi di critiche a quel monologo, che forse ha l'unico difetto di essere qualcosa di già sentito...non so se sono motivate solo dall'invidia, o se c'è dell'altro; leggo che per molti la Cortellesi rappresenterebbe il pensiero dell'establishment del PD (!!!), altri per i quali Cortellesi è ambigua perché non critica a sufficienza la Meloni (!!!), altri ancora per cui Cortellesi sarebbe solo una pedina del sistema perché non suscita nessun pensiero nuovo (!!!)...

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3 hours ago, schopy said:

Sto leggendo fiumi di critiche a quel monologo, che forse ha l'unico difetto di essere qualcosa di già sentito...

è l'atteggiamento tipico da addetti ai livori (che non mancano MAI): qualcuno, in questo caso lei, ha appena avuto un successo pazzesco, per cui i complimentoni e gli elogi si sprecano. spesso son più falsi di una moneta da 3 euro, ma son dettagli.

infatti subito dopo stanno tutti belli posizionati lì in agguato a sbranarla appena dovesse fare un mezzo passo falso, anche quando poi la cantonata la prendono loro: quello di giocare con le favole è un vecchissimo divertissement che hanno fatto in tantissimi, grandi autori compresi.

segue prova

Le favole a rovescio. Gianni Rodari riscrive le fiabe classiche ...

Pure lui per gioco s'era messo a RISCRIVERE le favole classiche; ed è un libretto divertente, che io spesso regalo ai figli 8-9enni degli amici. Mi dicono che come regalo è perfino gradito, pensa un po'.

Quindi, secondo sta logica, pure Rodari è blasfemo? ma perchè devono sempre perde eccellenti occasioni per starsene zitti, cazzarola????

regà, sta gente sta messa male. E parecchio!!

Edited by freedog
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Saramandasama

Come se il fenomeno woke non esistesse… 

Un conto è riscrivere fiabe, cosa sempre  avvenuta tra l’altro , diverso invece è aderire ad una rilettura woke delle fiabe che non sta né in cielo né in terra..

 Basta un semplice  Cruciani a replicare. Del resto il livello è quello!

 

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Copincollo il racconto di chi c'era e non parla per sentito dire

---

Ritorno sull’intervento di Paola Cortellesi alla Luiss.

Lo faccio perché, a differenza delle molte persone che si sono esercitate in commenti basati sul nulla, come sempre più si usa fare nel mondo dei social, io quel discorso l’ho sentito dal vivo, essendo presente all’evento. E ho contribuito al lungo applauso finale, perché è stato un discorso ricco di ironia, brillante ed efficace, sebbene il tema non fosse certo nuovo. 

Per questo, leggere la pletora di commenti e insulti provenienti da soggetti che si sono sentiti in dovere di intervenire a difesa delle più svariate categorie (dai principi, ai nani accoglienti e ai cacciatori di buon cuore, passando per le colf sfruttate, per arrivare alle favole classiche) è stato piuttosto scoraggiante. Commenti peraltro basati su poche frasi estrapolate da un discorso di respiro certamente più ampio che rifletteva sul ruolo della narrazione per riprodurre e/o decostruire stereotipi. Un tema che ha una lunga tradizione di studi alle spalle: si è celebrato di recente il cinquantesimo del libro di Elena Gianini Belotti “Dalla parte delle bambine”, che affrontava proprio questo argomento, dedicando specifica attenzione alle caratteristiche dei personaggi femminili nelle fiabe e alle implicazioni per la costruzione di aspettative e ruoli sociali. 

 «Le figure femminili delle favole appartengono a due categorie fondamentali – scriveva allora Belotti – le buone e inette e le malvagie. […] Non esiste, per quanta cura si ponga nel cercarla, una figura femminile intelligente, coraggiosa, attiva, leale». Perché le fiabe sono (come ricordava proprio Calvino, citato in modo assai strumentale in vari commenti critici) un catalogo dei destini disponibili in una specifica cultura per le donne e gli uomini e quindi non possono che riprodurre modelli e visioni del mondo che connotano tale cultura. E fiabe come Cenerentola e Biancaneve sono state elaborate in epoche caratterizzate da situazioni e contesti in cui i ruoli di donne e uomini erano fortemente asimmetrici. Pensiamo solo alla diffusa presenza di matrigne (cattive), che ci parla in realtà di un fenomeno sociale molto diffuso: le ricorrenti morti per parto delle donne e il fatto che gli uomini tendessero a risposarsi con ragazze più giovani, che potessero prendersi cura dei figli già presenti e sfornarne altri e che forse non erano così entusiaste di farlo. 

Fiabe che in realtà sono poi state più volte modificate per adattarsi alle aspettative culturali dei tempi in cui venivano raccontate: le stesse trame dei film di Disney sono in realtà lontane anni luce dalle "versioni originali". 

L'intervento di Paola Cortellesi alla Luiss era inserito nella più ampia cornice di una cerimonia volta a riflettere sull'intreccio tra innovazione e diversità. A partire dalla consapevolezza che la diversità può rappresentare uno straordinario motore di innovazione. Ma il dibattito di questi giorni ci restituisce ancora una volta l’immagine di un paese sempre più vecchio e nostalgico, e con lo sguardo fermamente rivolto al passato e pronto ad alzare gli scudi per difendere ogni qualsivoglia tradizione e rendita di posizione che di quel passato sia anche solo pallido riflesso.

 

Barbara Poggio

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Ecco finalmente il discorso integrale di Paola Cortellesi alla Luiss.
giorni di polemiche sul nulla, perchè NULLA ha detto di quello che gli indignati speciali in servizio permanente effettivo sui social sono riusciti a dire.
imbarazzante.
per loro
"Grazie professoressa Severino, grazie a tutti voi, buongiorno agli ospiti, buongiorno ai ragazzi. Mi chiamo Paola Cortellesi, sono un’attrice, da una ventina d’anni scrivo per la radio, il teatro e la tv. Da dieci anni scrivo film per il cinema e da poco ho esordito alla regia con C’è ancora domani, uno spericolato film d’epoca, in bianco e nero che, in soldoni, tratta di prevaricazione e violenza di genere. Una mattonata, sulla carta, come diremmo in gergo. Con questi presupposti, nessuno si sarebbe aspettato un ampio gradimento della pellicola, e invece, contro ogni pronostico, questo film ha avuto un successo travolgente, ha battuto molti record e al momento è stato visto nelle sale cinematografiche da più di 5 milioni di persone", con queste parole ha esordito l'attrice, sceneggiatrice e regista, ospite all'Università Luiss.
"Io ho iniziato il mio lavoro come attrice quasi trent’anni fa, nel mio settore ho avuto molte soddisfazioni, ricevuto importanti riconoscimenti ma, ultimamente, intorno al clamore suscitato dal film, l’interesse nei miei confronti è cresciuto spropositatamente. Questo a volte genera cose anche spiacevoli, come gli adulatori - da cui bisogna sempre guardarsi - e una certa diffusa aggressività di alcuni nel tentativo di trarre vantaggio da questi miei quindici minuti di popolarità. Fenomeni passeggeri e di nessun conto rispetto a esperienze magnifiche e per me eterne come incontrare la commozione sincera delle persone in sala a fine proiezione e la condivisione spontanea di momenti importanti e a volte duri della loro vita", prosegue Paola Cortellesi davanti alla platea composta dagli studenti dell'università Luiss.
"Tra le cose belle e piacevoli, c’è la telefonata di Luigi Gubitosi (presidente della Luiss, ndr). Quando mi ha chiamata per propormi di essere qui oggi per l’inaugurazione dell’anno accademico di questa prestigiosa università, mi sono sentita fiera, onorata e... inadatta. Io che l’università l’ho lasciata a metà del percorso per andare a studiare teatro - quello l’ho studiato - che poi è diventato il mio lavoro, gli ho risposto che mi sentivo orgogliosa di parlare agli studenti ma che sarebbe forse stato meglio chiamare persone competenti in materia di legge, marketing, economia, perché le mie conoscenze non hanno molto a che vedere con i corsi di studio di questa università e che - le interpreti, le diriga o le scriva - le mie competenze si limitano a raccontare storie. E allora Luigi mi ha risposto: ‘E io questo chiedo, io questo voglio! Racconta il tema del tuo film, fai un racconto nel racconto. Le storie fanno bene, le storie fanno crescere, sono uno stimolo di riflessione’. Ha ragione, quindi eccomi qua", dice Cortellesi.
"Eccomi qua a cercare di capire insieme a voi perché questa storia di violenza e prevaricazione in bianco e nero ambientata nel passato abbia fatto breccia nel cuore di così tante persone. Perché, perché è successa questa cosa", si domanda Cortellesi.
"In breve, vi dico la trama, per chi non avesse visto il film, immagino molti di voi (sarebbe davvero presuntuoso pensare che l’avete visto tutti). Delia - che io interpreto, quindi una signora della mia età - è la moglie di Ivano, madre di tre figli. Moglie, madre. Questi sono i ruoli che la definiscono, e questo le basta. Siamo nella seconda metà degli anni Quaranta e la nostra famiglia qualunque vive nella Roma divisa tra la spinta positiva della liberazione e le miserie della guerra da poco alle spalle. Ivano, suo marito, è capo supremo e padrone della famiglia. Lavora per portare i pochi soldi a casa e non manca occasione per sottolinearlo, a volte con toni sprezzanti, altre direttamente con la cinghia. Ha rispetto solo per il suo anziano padre, il Sor Ottorino, un vecchio cattivo e dispotico di cui Delia è a tutti gli effetti la badante. È primavera e la nostra Delia è in agitazione per il fidanzamento dell’amata primogenita, Marcella, con un ragazzo di buona famiglia, Giulio. Un buon matrimonio per la figlia è tutto ciò a cui Delia aspiri. Non chiede nient'altro Delia. Accetta la vita che le è toccata e, se tutto procedesse come stabilito, la nostra storia finirebbe qui. Se non ci fosse l’ostilità dei genitori di Giulio, se non ci fosse tutto quel fermento in città, se non avesse incontrato Nino, il suo primo amore, e se non avesse ricevuto una misteriosa lettera che le toglie il sonno e che le darà il coraggio di provare a pensare a un futuro migliore", spiega Paola Cortellesi.
"Ora, detta così, sembra una delle trame di tante fiabe per bambine, sempre un po’ sinistre a dire la verità... Voi ne conoscete qualcuna immagino, no? Cappuccetto Rosso, no? Forse queste sono dei tempi miei, ma immagino che Cenerentola, Biancaneve… queste le conoscerete. Comunque, per chi non le conoscesse… Cenerentola e Biancaneve narrano di giovani sprovvedute, dotate di rara bellezza e di un’ingenuità disarmante (ai limiti della patologia), che subiscono angherie di ogni genere da altre donne malvagie. Quindi la matrigna sfrutta Cenerentola, ragazza bravissima nelle faccende domestiche (che solitamente svolge cantando). E la matrigna tiene nascosta l’avvenenza della ragazza al principe. Ma grazie a una magia, a Cenerentola basta presentarsi in tutto il suo splendore per un paio d’ore perché il principe se ne innamori perdutamente. La matrigna la tiene nascosta ma lui, scaltro, la ritrova e la riconosce… perché l’aveva vista? No: perché ha i piedi sproporzionatamente piccoli... Comunque alla fine lui la salva e la sposa. Questa era la prima cattiva, la matrigna", prosegue l'attrice, sceneggiatrice e regista.
"La regina di Biancaneve è ancora più canaglia perché lei è di fatto la mandante del tentato omicidio di Biancaneve. Perché lo fa? Perché lei vuole essere la più bella del reame. Quindi anche con l’aggravante dei futili motivi… Tentato omicidio perché il cacciatore, uomo coraggioso e di buon cuore, non ce la fa. Anche perché la ragazza è troppo bella. È bella. Fosse stata una cozza, al limite l’avrebbe squartata, ma è così bella… E poi è ingenua, perché proprio è ingenua come un cucciolo di labrador. E lui la lascia andare. Allora Biancaneve incontra i Sette Nani, presso i quali si adopera per un periodo come colf. Poi, nonostante le mille raccomandazioni, anche dei Sette Nani, Biancaneve si fida di una vecchia orrenda, con l’aspetto da strega e che infatti è la strega. Morde la mela avvelenata, muore. Risorge grazie a chi? Al principe. A un bacio del principe, che se ne innamora perdutamente perché? Perché è bella. Quindi il principe la salva e la sposa. Ecco, entrambe le ragazze, bellissime - per carità - ma un po’ stralunate, trovano la loro realizzazione nel matrimonio con il principe. Un estraneo. Un estraneo che sposano subito, senza pensarci, senza nemmeno esserci uscite una volta a cena", aggiunge Cortellesi.
"Tornando alla trama del mio film, dicevo che la vita della povera Delia è talmente ingiusta da sembrarci la versione deprimente di una favola per bambine, e invece è storia. È storia piuttosto consueta di una famiglia qualunque della seconda metà degli anni Quaranta. Scena 1: uno schiaffone in pieno viso e via, come se niente fosse. Ecco, io avevo questa immagine e il desiderio di mettere in scena - attraverso Delia - le donne che ho immaginato dai racconti delle mie nonne e delle mie bisnonne. Vicende vere, drammatiche, però narrate con disincanto, e addirittura la volontà di sorriderne. Storie di vite dure, condivise con tutte nel cortile. Gioie e miserie, tutto in piazza, sempre. In quei racconti c’erano le donne comuni, quelle che non sono passate alla storia, quelle che hanno accettato una vita di prevaricazioni perché così era stabilito, senza porsi domande. Questo è stato, questo a volte è ancora", racconta Paola Cortellesi.
"Da allora le donne hanno fatto grandi passi avanti, si sa, ma come sapete la cronaca ci racconta che in Italia si consuma un femminicidio ogni 72 ore, in media. Donne assassinate per la sola ragione per essere donne, il più delle volte da uomini che dicevano di amarle così tanto da considerarle loro proprietà. Nel nostro Paese ci sono uomini, quindi, anche giovanissimi, che non hanno la capacità di gestire un rifiuto, che non tollerano l’emancipazione, l’allontanamento della donna che credono di amare. E questo, nei casi più tragici, si traduce con : 'o mia o di nessun altro, mai più'", sottolinea l'interprete e cineasta.
"Quando ho scritto questo film insieme ai miei co-sceneggiatori abbiamo studiato le dinamiche, da lì siamo partiti: le dinamiche sempre uguali che oggi caratterizzano un rapporto tossico. La donna è isolata, allontanata dalla famiglia d’origine e dalle amicizie; è continuamente vessata da un linguaggio denigratorio, subisce percosse e rapporti sessuali non consensuali. Non è indipendente economicamente, non può scappare. La prigioniera perfetta, la preda perfetta. Questa condizione, che oggi ci ripugna, era all’ordine del giorno alcuni decenni fa, e nessuno allora gridava allo scandalo, nemmeno le donne stesse, perché quello era stato prospettato loro fin da bambine: servire, ubbidire, tacere", fa notare Cortellesi.
"Avevo intenzione di fare un film contemporaneo ambientato in un passato non troppo remoto e seguire la crescita di un germoglio spontaneo di consapevolezza in una donna che non sa nulla, che non conta nulla e che appunto si sente una nullità. Delia, la nostra Delia, non vale niente, così le hanno insegnato, ma una lettera con sopra il suo nome - il suo, non quello del marito - e l’amore per sua figlia le accendono il coraggio di cambiare le cose. Io ho trovato il riscatto di Delia, il finale del mio racconto, leggendo con mia figlia un libro per bambine sulla storia dei diritti delle donne. Ho provato a immaginare cosa abbiano provato quelle donne, quelle reali, nel ricevere una lettera in cui qualcuno, lo Stato in quel caso, qualcuno tanto più importante dei loro aguzzini domestici, certificava il loro diritto di contare", spiega.
"Con C’è ancora domani ho voluto raccontare le imprese straordinarie delle donne qualunque che hanno costruito ignare il nostro Paese. Delia è le nostre nonne e bisnonne. Chissà se loro hanno mai intravisto un domani. Per Delia un domani c’è: è un lunedì ed è l’ultimo giorno utile per cominciare a costruire una vita migliore. La nostra Delia si salva, e non grazie al coraggio del cacciatore, né tantomeno fuggendo su un cavallo insieme al principe. Si salva esercitando un suo diritto, suo e di milioni di altre donne. Si salva con la consapevolezza e un ritrovato rispetto di se stessa".
E infine Paola Cortellesi analizza come segue lo strepitoso successo che ha raccolto la sua pellicola: "Credo che - al di là dello stile e della bellezza del film, per chi lo abbia ritenuto tale - alla base di questo successo ci sia l’empatia, l’immedesimazione. Questo film trascende la fruizione cinematografica ed entra nel quotidiano, evidentemente, e questo non grazie alle mie capacità ma a causa, ahimè, di un’urgenza di riscatto. Perché le giovani generazioni dovrebbero immedesimarsi con una storia del passato? È cambiato tutto, io stessa non posso immedesimarmi in una donna del secolo scorso che è stata trattata al pari di una schiava. Ma allora cos’è che ci tocca? Cosa riconosciamo? La violenza in tutte le sue forme. E se quella fisica per fortuna è una violenza che non ci ha mai riguardato, quella violenza ognuno di noi l’ha percepita almeno una volta nelle parole, negli atteggiamenti, nei commenti sgradevoli a scuola, a casa, sul lavoro. Vive e prolifera nelle piccole cose, ci inganna piano piano. È così presente da risultare invisibile, talmente presente che la diamo per scontata e ci convince che così deve essere, come niente fosse. Noi diamo per scontato che per un ragazzo una passeggiata notturna è una passeggiata notturna mentre per una ragazza è un percorso potenzialmente pericoloso da affrontare in fretta e con mille cautele? È ingiusto, è folle, è sotto i nostri occhi ma a volte lo diamo per scontato, non lo riconosciamo perché è negli schemi", prosegue la cineasta.
"Lo sentiamo da piccoli, quando alle bambine con un’indole vivace viene dato del ‘maschiaccio’. Qualcuno ha stabilito che le femmine debbano essere composte, pacate, remissive, graziose e che la vivacità debba appartenere al maschio, a cui viene attribuita non si sa come un’innata aggressività, che infatti diventa ‘maschi-accio’ Accio, dispregiativo se associato a una bambina. lo sentiamo quando ai bambini che piangono si dice ‘non fare la femminuccia’. Come se i maschi non avessero il diritto di piangere, di essere sensibili e fragili. La fragilità è delle femmine, individui deboli. Ucce, femmin-ucce, diminutivo. Loro hanno facoltà di lamentarsi, ai maschi si impone di reagire e farlo subito, pure a cinque anni, quasi che un fisiologico tempo di delusione e di sconforto li esponga al pericolo di una qualche perdita della virilità", continua Paola Cortellesi.
"Schemi, condizionamenti tramandati in buona fede se non dalle nostre famiglie dalla nostra società. Modelli in cui finiamo per rinchiuderci pur di piacere, di accontentare, di non deludere le aspettative", illustra Cortellesi, facendo infine un augurio a se stessa, al suo pubblico e a tutta la società.
"Quello che mi auguro per voi ragazzi è che non abbiate mai paura di uscire dai condizionamenti. Che accettiate il rischio di sembrare strani o pazzi, se questo significherà scegliere. Spero, care ragazze, che non assecondiate l’idea che gli altri hanno di voi. Sono modelli che delimitano la vostra personalità e limitano le vostre prospettive. Spero, cari ragazzi, che siate parte attiva di questa lotta, praticando il rispetto, ammonendo chi non lo fa. Non siate indifferenti, l’indifferenza è una scelta, ed è quella sbagliata. Siate straordinari, concedetevi il dubbio, perché è la vostra libertà", queste le sue parole.
"Come dicevo, non ho nulla da insegnare, ma a cinquant’anni ho qualcosa da raccontare. Vi parlo con l’unico vantaggio dell’esperienza. Se alla vostra età avessi potuto contare sul vantaggio di chi era più vecchio, non avrei commesso molti errori. Fate tesoro di chi è in vantaggio, traetene beneficio. Gli errori, si sa, aiutano a crescere. Commetteteli allora, ma fatelo nel tentativo, anche maldestro, di liberare la vostra creatività, di costruire la vostra indipendenza. L’errore che invece potete evitare è fare esclusivamente ciò che si aspetta da voi e quello che gli altri decidono per voi. Siate sempre i protagonisti del vostro progetto e mai le comparse del progetto di qualcun altro. Grazie”, così conclude Paola Cortellesi inaugurando l'anno accademico all'Università Luiss.
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23 hours ago, Saramandasama said:

Come se il fenomeno woke non esistesse… 

Un conto è riscrivere fiabe, cosa sempre  avvenuta tra l’altro , diverso invece è aderire ad una rilettura woke delle fiabe che non sta né in cielo né in terra..

Ma nel suo intervento Cortellesi non stava facendo alcuna rilettura woke delle fiabe; in un discorso più ampio notava che molte fiabe contengono elementi sessisti...che è una cosa auotevidente direi 😅

Edited by schopy
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1 hour ago, schopy said:

Ma nel suo intervento Cortellesi non stava facendo alcuna rilettura woke delle fiabe; in un discorso più ampio notava che molte fiabe contengono elementi sessisti...che è una cosa auotevidente direi 😅

Vallo a far capire a chi pensa solo per sentito dire...

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