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Normale...in tutte le salse


cassian

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Di normalità ne abbiamo già parlato in tante occasioni ma quest'anno mi ha offerto un nuovo spunto di riflessione il motto del GayVillage e quello degli incursori al pride Bulgaro. Il primo recita "GayVillage - Straordinaria normalità" mentre il secondo " Siate normali, siate intolleranti ".

 

Più che un analisi terminologica di una parola che ormai è così abusata da essere diventata davvero vuota e priva di significato (è così secondo voi?), mi chiedevo che cos'è questa voglia, bisogno di normalità. E' per questo che facciamo i pride? per conformismo? Per poterci chiamare anche noi normali? ci si sente protetti dalla normalità? come?

 

Capisco il senso di provocazione che forse si è cercato, ma a me ha urtato molto il motto del village perchè non sono nè straordinario nè normale per il solo fatto di essere una persona prima di essere gay. Intorno a questo concetto noi e gli altri ci arrocchiamo su posizioni senza possibilità di dialogo perchè ogni gruppo ha la sua verità intorno alla normalità. Se ne parla come se fosse un valore, mentre a mio parere non lo è affatto, come se potesse identificare qualche aspetto della nostra società, ma quale?

 

E qui mi dovete immaginare come Mughini, sbracato e scomposto sulla mia sedia, dito puntato in alto: "Io ABORRO la normalità" :salut:

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normale è tutto ciò che è riconducibile ai valori alla cultura e alle credenze della maggioranza dei membri di una comunità,non è niente di predefinito ne di immutabile e in questa società non ha quasi più senso parlare di normalità,non è più come una volta che si era tutti uniti e simili nelle credenze,adesso ognuno di noi può avere credenze così dissimili da quelle degli altri da rendere quasi impossibile definirlo parte di questa o quella società e in questo modo come si può definire la normalità?

la normalità ormai non esiste più.

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Bene, si capisce da quello che ho detto che concordo con te Athesis. Ne approitto per rilanciare in maniera più precisa, ma solo dopo aver rispolverato un vecchio topic che mi sembra interessante e in cui si parla della normalità in maniere più estesa:

http://www.gay-forum.it/forum/index.php?topic=11711.0

 

Qui mi chiedevo qual è il rapporto personale di ognuno di noi con i concetti di normale, normalità...e a questo punto mettiamoci anche la diversità, ad esempio qualsiasi tipo di handicap psicomotorio o perchè no...l'indigenza. E il ragazzo con gli slip bucati? la ragazza con i peli sotto le ascelle? ecco...mettiamoci anche cose del genere :salut:

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Però tu di fatto fai l'eguaglianza tra normalità e omologazione. Non voglio certo entrare nelle teste di chi ha realizzato queste campagne pubblicitarie ma per me normalità indica la possibilità di vivere apertamente la propria natura senza discriminazione. In sostanza vivere con normalità, cosa che ora nn ci ho concessa perchè dobbiamo omologarci allo stereotipo etero, anche se mi pare una discussione più lessicale che non concreta.

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Proviamo a renderla concreta. La questione lessicale è proprio quello che volevo evitare, anche se è ovvio che ciascuno per poterne parlare deve necessariamente cercare di definirla. Mi pare che spesso anche noi siamo un po' oppressi da questo bisogno di essere accreditati, di avere il rispetto che è dovuto ai "normali", per questo ho citato il motto del village, come prova che quest'anno a roma si balla all'insegna di una dimostrazione di normalità.

 

Per carità, lo so benissimo che chi va a ballare se ne frega del motto, ma io la sento un po' come un'etichetta, in particolare una di quelle che personalmente non voglio avere.

 

La paura di essere presi per anormali è quella che spesso blocca i coming out e paradossalmente la cosa buffa è che pur sentendoci con noi stessi "normali", abbiamo sempre paura di non saperlo spiegare e far capire agli altri. Come mai? Sarà forse meglio non battere la strada della normalità per iniziare a capire il valore di ciascuno di noi e puntare su quello nelle relazioni con gli altri?

 

Di fatto poi io non voglio suggerire interpretazioni, quella di omologazione è solo uno dei volti più comuni forse della normalità, alla quale si aggiunge la definizione di athesis (che mi ricorda quella data nel musical wicked di verità, come quella cosa intorno alla quale tutti concordano) e la tua, legata a un ambito molto concreto direi, ma perchè dici "dobbiamo omologarci allo stereotipo gay"?

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Perché normale significa secondo la norma, affinché possiamo argomentare circa l'essere ed il non essere normale, dobbiamo innanzi tutto definire quale sia la norma applicata, chi l'abbia stabilita, con quale autorità o potestà l'imponga, perché convenga o non convenga obbedire ad essa, posto che pur si possa disobbedire.

 

Trattando, di contro, universalmente del normale e dell'abnorme, alcuni, spesso per puro timore dell'ignoto o dell'ingrato, affermeranno:

"io sono e voglio essere normale",

altri, spesso per pura concupiscenza dell'inaudito o del diverso, affermeranno:

"io non sono e non voglio essere normale";

negligendo i primi che, se tutti fossimo totalmente e perfettamente normali, saremmo totalmente e perfettamente eguali e nessuno potrebbe distinguersi quale cosa individua dalle altre;  ma negligendo i secondi che porsi costantemente e perpetuamente abnormi, se pur fosse possibile, null'altro sarebbe, che obbedire ad una norma:

quella che nega ogni norma.

 

Rimanendo, tuttavia, nell'ambito della vita civile, secondo il proposto di Cassiano, è difficile negare che una società civile, anzi, una società, pur che sia, possa essere e conservarsi senza norme certe e definite, non solo imposte coll'imperio legale, ma anche proposte coll'autorità morale, perché in tanto, in quanto alcuno voglia vivere in una certa società civile, quegli non potrà rifiutare le norme vigenti;   al più, qualora non gli siano grate quelle vigenti, potrà chiederne altre;  chiederà pur tuttavia sempre norme, perché null'altro potrà fare, se al meno voglia vivere in una società civile ovvero in un consorzio umano, cioè in una moltitudine d'uomini in qualche modo regolata.

 

E' necessità, dunque, che un uomo, il quale voglia vivere in società con altri uomini, desideri obbedire ad una norma, pur concedendo che alcun uomo possa mai vivere selvatico e solitario senza norma alcuna, posta al meno da sé per sé stesso.

 

La questione, in somma, non mi pare tanto sia:

"perché gli uomini vogliono essere stimati normali ?";

quanto piuttosto:

"è lecito che alcuni uomini repellano tutte od alcune delle norme vigenti, accettate ed obbedite dai più, ponendo essi stessi, coll'esempio della propria vità, norme nuove e diverse e quindi un nuovo e diverso stato normale ?".

 

E qui, a ben considerare, si pone l'altra questione, a questa adiacente, circa ciò che sia morale ed immorale, perché è evidente che la morale consacra ciò, ch'è norma ai più, e la norma sancisce ciò, ch'è consueto alla gran parte.

 

Ma la questione, cui è più difficile rispondere, a mio giudizio, è questa:

"quali sono i più la cui vita sia norma morale per tutti ?",

perché è parimenti facile o chiudere molti nel carcere di norme odiose e tormentose, coll'argomento debole ch'esse sono proprie della gran parte degli uomini, quasi che gli uomini siano tutti perfettamente eguali nell'animo e nel corpo;   ovvero dissolvere ogni regola di società civile, ogni norma di consorzio umano, coll'argomento non molto più forte che ogni singolo uomo abbia diritto di vivere come meglio stima per sé opportuno, a dispetto dell'opinione di tutti gli altri.

 

Alcuni pensano poter comodamente trascorrere oltre ogni difficoltà ed impedimento , affermando che ciascuno può vivere secondo il suo gradimento ed il suo consiglio, pur che non apporti danno od offesa altrui;  ma costoro dimenticano che il genere umano neppur consente circa ciò, che sia danno ed offesa per tutti e per ciascuno, così che un Cristiano od un Maomettano od un Ebreo si reputino non solo iniquamente, ma anche ingiustamente danneggiati ed offesi, se alcuno voglia lodare o peggio vivere apertamente l’amor Greco, perché essi lo stimano immondo e turpe per decreto divino.

 

In somma, siamo sempre fermi all’antica questione:

qual è il confine tra la nobile libertà, che coonesta e conferma ogni vivere umano e civile, e l’ignobile licenza, che lo dissolve ?.

 

Anakreon.

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