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Paraplegico non può sposarsi in Chiesa: impossibilitato a procreare


Roby

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Caro Cerano,

 

domandi:

 

“beh spiegatemi perchè allora la chiesa fa sposare coppie di novantenni (e non sto scherzando!) forse ignorano il concetto di menopausa?”

La risposta è nel diritto canonico, che, nel canone 1.084, statuisce:

 

"Impotentia coevndi antecedens et perpetva, sive ex parte viri sive ex parte mvlieris, sive absolvta sive relativa, matrimonivm ex ipsa eivs natvra dirimit. 

Si impedimentvm impotentiae dvbivm sit, sive dvbio ivris sive dvbio facti, matrimonivm non est impediendvm nec, stante dvbio, nvllvm declarandvm. 

Sterilitas matrimonivm nec prohibet nec dirimit.";

 

per chi ignora la lingua Latina:

"L’impotenza di congiungersi precedente e perpetua, sia dalla parte del viro, cioè l'uomo maschio ed adulto, sia dalla parte della donna, sia assoluta sia relativa, dissolve il matrimonio in virtù della natura stessa d’esso. 

Se l’impedimento dell’impotenza sia dubbio, o per dubbio di diritto o per dubbio di fatto, il matrimonio non dev’essere impedito né, stante il dubbio, dev’essere dichiarato nullo.

La sterilità né proibisce né dissolve il matrimonio."

 

Il diritto canonico distingue cioè l’impotenza di congiungersi dall’impotenza di generare, assegnando l’impedimento dirimente, che cioè impedisce il matrimonio valido, dissolvendolo senza rimedio alcuno, alla solo impotenza di congiunzione, Latinamente" impotentia coevndi".

 

Secondo il diritto canonico, dunque, la negazione del matrimonio, nel caso di cui si tratta nell’argomento proposto, è lecita senza dubbio.

 

Altra questione è se la distinzione tra impotenza di congiungersi ed impotenza di generare sia razionalmente dedotta dai principii che la dottrina Cristiana e singolarmente il magistero Cattolico Romano pongano a fondamento del matrimonio.

 

Tuttavia, dobbiamo considerare che, benché il matrimonio sia stimato dai Cristiani Romani, per sua natura, una congiunzione perpetua tra maschio e femmina della specie umana, che ha il fine primo di generare e d’educare la prole entro una famiglia sicura, come veramente ammonisce il canone  1096:

 

“matrimonivm esse consortivm permanens inter virvm et mvlierem ordinatvm ad prolem, cooperatione aliqva sexvali, procreandam”,

 

"essere" cioè "il matrimonio un consorzio permanente tra viro, uomo maschio ed adulto, e donna per procreare la prole con una qualche cooperazione dei loro apparati genitali";

 

non di meno, la Chiesa Cattolica, con acuta prudenza di vita, ha sempre concesso anche un fine secondario, qual è il cosiddetto “remedivm concvpiscentiae”, cioè il rimedio alla concupiscenza, fondandosi, se non erro, su una sentenza di Paolo di Tarso, il quale scrisse: “ meglio sposarsi che ardere”.

 

Possiamo affermare, in somma, che la dottrina Cattolica conceda il matrimonio non solo quando sia certa l’efficacia di generare, ma anche quando la generazione sia apparentemente possibile secondo la conformazione delle membra degli sposi:

ciò che interessa è che non sia, in uno degli sposi, od un impedimento delle membra precedente e perpetuo alla generazione della prole ovvero una volontà precedente e deliberata di non generare affatto, secondo che decreta il canone 1101:

 

“Si altervtra vel vtraqve pars positivo volvntatis actv exclvdat matrimonivm ipsvm vel  matrimonii essentiale aliqvod elementvm vel essentialem aliqvam proprietatem, invalide contrahit”,

 

che significa:

"se una delle due parti ovvero ambedue con positivo atto di volontà escludono il matrimonio stesso ovvero un qualche elemento essenziale del matrimonio ovvero una qualche essenziale proprietà, contraggono invalidamente".

 

D’altronde è pur vero che stabilire prima quali maschi e quali femmine possano generare figli, un tempo è certo non sia mai stato possibile, se pur ora sia:

razionale dunque che il diritto canonico ponga i soli limiti che siano concessi dall’evidenza delle membra degli sposi o dalla loro volontà dimostrata.

 

Questo esplica convenientemente anche perché la Chiesa Romana repella il matrimonio tra due femmine o tra due maschi.

 

Anakreon.

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E' una bella cosa, per una semplice questione di coerenza.

Se come 'scusante' per voler impedire a due gay di sposarsi c'è quella che non potendo procreare non sarebbero una vera coppia/famiglia, allora deve essere vietato a CHIUNQUE non possa/voglia avere figli (per qualunque motivo, fisico e non) di sposarsi.

O tutti o nessuno, insomma, altrimenti non ha senso.

E' un piccolo passo verso la coerenza.

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Cara Isabella,

 

annoti:

 

"Se come 'scusante' per voler impedire a due gay di sposarsi c'è quella che non potendo procreare non sarebbero una vera coppia/famiglia, allora deve essere vietato a CHIUNQUE non possa/voglia avere figli (per qualunque motivo, fisico e non) di sposarsi."

 

La Chiesa cattolica, come per altro tutti gl'istituti umani, posti certi principii tal volta anche assai rigidi, poi li accomoda alle necessità della vita mortale.

 

Statuito il principio, che citai nel commento superiore, essere "il matrimonio un consorzio permanente tra viro, uomo maschio ed adulto, e donna per procreare la prole con una qualche cooperazione dei loro apparati genitali", il magistero Romano poi concede che i coniugi possano validamente essere congiunti in matrimonio, ancorché non provvedano costantemente e perpetuamente alla generazione dei figli, e tollera ch'essi permangano marito e moglie, pur mancando ogni facoltà di generazione per sterilità d'uno o d'ambedue.

 

Ad alcuno potrà forse apparire un'indulgenza assurda e contraddittoria, ma dobbiamo considerare che, come ammonivano gli antichi giurisperiti "svmmvm ivs, svmma inivria", cioè "il diritto sommo, un'ingiuria somma":

il rigore dei principii deve un poco piegarsi all'imperfezione stessa della nostra natura, affinché il diritto sia la regola della vita civile e non la catena d'una vita servile.

 

Tuttavia, non si può neppure razionalmente esigere che la Chiesa romana tanto allenti e dissipi i suoi principii, che li conculchi del tutto, trasformando un matrimonio, ch'essa per quasi due mila anni ha insegnato essere congiunzione consacrata tra maschio e femmina della specie umana, per la generazione e l'educazione dei figli, in un istituto affatto diverso e nuovo:

perché dovrebbe, per altro ?.

 

La consuetudine antica e recente, universale d'ogni popolo umano e singolare del nostro ha sempre proposto che un maschio si sposasse con una femmina:

perché il magistero cattolico dovrebbe mutare gli usi aviti ?.

 

Non dimentichiamo che i Cristiani cattolici hanno opinione che la dottrina, che insegnano, sia verbo divino, dichiarato nei libri sacri giudaici e nei libelli cristiani ed interpretato secondo verità dai flamini romani di Cristo:

è possibile che il verbo divino si corrompa nei secoli, flettendosi sotto il vento mutabile delle libidini umane ?.

 

Anakreon.

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