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2003 – 2008: L’ODISSEA DEL POLIZIOTTO GAY LICENZIATO


Alecto

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Nel  settembre del 2003 un omosessuale viene pestato quasi  a morte nella sua abitazione da due ragazzi stranieri. I vicini lo trovano in un lago di sangue: ne avrà per quaranta giorni. E. è omosessuale. E poliziotto, di stanza a Roma. Nel corso dell’indagine finisce addirittura sotto inchiesta per favoreggiamento e simulazione di reato perché, secondo gli investigatori, avrebbe protetto i due ragazzi stranieri che lo avevano massacrato e mascherato da rapina un gioco erotico estremo. Sulla base di queste accuse viene anche “destituito” dalla polizia. Cioè licenziato.

 

Nel marzo del 2004 il pm chiede il rinvio a giudizio, ma il Gup Renato Croce proscioglie il poliziotto perché non sussistono elementi di accusa. E’ una vittoria sia per il giovane poliziotto, sia per il Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli, che ha seguito con particolare attenzione la vicenda  e ha  da sempre affermato che la motivazione del “licenziamento” è l’omosessualità del poliziotto, una discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale  che ha condizionato gli inquirenti fino ad arrivare ad una ipotesi di reato viziata dal pregiudizio.

 

Ma il poliziotto non si ferma qui. Attraverso i suoi avvocati e la collaborazione del consultorio legale del Circolo Mario Mieli ricorre al Tar per ottenere il totale reintegro nel posto di lavoro. Il 3 Aprile prossimo sapremo se E. potrà ritornare a lavorare.

 

Il Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli auspica un completo reintegro professionale del poliziotto discriminato e sottolinea che ancora oggi, nonostante le direttive della Comunità europea affermino il contrario, la legge italiana non ha recepito l’inversione dell’onere della prova: è la persona discriminata che deve provare il danno subito. Resta altissimo, quindi, il rischio di discriminazione sul lavoro per le persone omosessuali.

 

Andrea Berardicurti, Segreteria Politica

Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli

http://www.mariomieli.org/spip.php?article685

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Il Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli auspica un completo reintegro professionale del poliziotto discriminato e sottolinea che ancora oggi, nonostante le direttive della Comunità europea affermino il contrario, la legge italiana non ha recepito l’inversione dell’onere della prova: è la persona discriminata che deve provare il danno subito. Resta altissimo, quindi, il rischio di discriminazione sul lavoro per le persone omosessuali.

 

Mi sembra un po' pericolosa l'idea di invertire l'onere della prova. Temo diventi poi una arma di ricatto più che una fonte di diritti.

 

Credo sia più logico dover dimostrare di aver subito un danno che non dimostrare di non averlo procurato.

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Se avete visto "Il commissario Scali" giovedì scorso, episodio "La verità nascosta", si è parlato proprio di questo.

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Risposta del poliziotto per spiegare il suo punto di vista, da River-blog:

 

“Vorrei dire innanzitutto che credo che ognuno nella vita privata sia libero di fare ciò che meglio crede, nei limiti della legalità. Andare con una (o un) prostituta è perfettamente legale e non paragonabile all’uso di droga o attività illecite; ci sono migliaia di poliziotti che vanno con le prostitute, a volte anche durante il turno di servizio, abusando della divisa che indossano, spesso sono stati anche colti sul fatto (e questo lo so per certo), e nessuno gli ha mai tolto il posto di lavoro. Forse perché sono eterosessuali? Comunque in questa situazione non si parla solo di questo, ma di un’intera indagine condotta in maniera errata, in cui si è omesso di cercare i colpevoli per scavare nella mia vita e questo da quando dal mio pc si è appreso della mia omosessualità. Un’indagine condotta in maniera discriminatoria, in cui chi indagava non ha dato retta a ciò che dicevo io (vorrei ricordarvi, scusate, che io ero solo la parte lesa) - e che come dimostra il mio proscioglimento era la verità. In cui chi indagava, dopo aver spifferato ai quattro venti ciò che è venuto fuori dal mio pc (compresi i miei familiari!), da vittima mi ha fatto diventare quasi un carnefice (di me stesso però) lasciandosi travisare dalla sua mentalità retrograda, fino a denunciarmi inventandosi due reati che non ho commesso (come, ripeto, dimostra il mio proscioglimento in udienza preliminare) per potermi agevolmente buttare fuori dalla polizia. Intanto vi posso dire che il T.a.r. ha rinviato la sua decisione sul mio reintegro al 05.06.2008 e che aspetterò con ansia altri due mesi (già aspetto da 4 anni!) che si decida della mia vita, con le dita incrociate chiaramente. E che sono pronto a rispondere a qualsiasi dubbio abbiate su tutta la vicenda”.

 

Nota: il commento è stato editato e accorciato da River, laddove conteneva gli estremi per una denuncia per diffamazione verso questo blog.

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