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Si sceglie di essere omofobi???


ForbiddenLove

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Io ho questo dubbio che mi assale... una persona sceglie di essere omofoba oppure la sua repulsione verso i non-etero è qualcosa di irrazionale, che sfugge al suo controllo, anche se magari questa persona ha una mentalità molto aperta? ci sono persone che odiano i gay, che li avversano, li umiliano, li criticano... ma ci sono persone che non ce l'hanno con i gay, che teoricamente non nutrono nessun astio nei loro confronti ma sul lato pratico sono totalmente bloccate e spaventate... una persona a cui tengo molto non riusciva ad ammettere a se stessa di essere terrorizzata da me per il fatto che sono gay... io l'ho messa fin troppo con le spalle al muro e questa persona alla fine non è riuscita più ad aggrapparsi a scuse... però io ho capito che soffre, si sente in colpa per non riuscire ad accettarmi...

ripongo la domanda...

 

si sceglie di essere omofobi?

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Interessante domanda. Ma si può tentare di rispondere solo dopo aver distinto i vari significati di «omofobia». Essere bloccato e terrorizzato verso i gay perché li si avverte (poniamo) come qualcosa di strano e lontano, perché il sesso o l'amore tra uomini mettono in crisi il proprio modo di essere, è una cosa, essere avverso ai gay perché li si disprezza, li si considera anormali, è un'altra: nel primo caso la -fobia non si tradurrà necessariamente in ostilità, disprezzo, irrisione, nel secondo caso sicuramente sì. E si potrebbe continuare.

 

Fatta questa premessa, che si potrebbe sviluppare, io credo che anche a qualcosa di profondamente "irrazionale" si dà sempre, oppure non si dà, un «assenso» - questo però nel caso ci siano delle condizioni base di cultura e di intelligenza, altrimenti si rimane sul piano istintivo/istintuale e non ci si smuove da quello.

 

E' l'assenso che è frutto di una scelta. La prima volta la scelta potrà essere "istantanea" (come quando guidando a tutta velocità io devo improvvisamente sterzare per non cadere in un burrone: è una scelta, ma chi se ne accorge?) e quindi quasi istintiva - ma non la seconda terza decima volta, leggendo i giornali, vedendo e conoscendo persone omosessuali, informandosi. 

 

Le persone che subiscono se stesse, le persone incolte e prive di intelligenza, le persone che non riflettono, possono forse essere omofobe non per scelta, ma per istinto, non educato dalla "scelta" di essere (cioè di diventare) civili. Certo l'istinto è una cosa forte, questo va tenuto presente. Ma io mi domando se anche all'istinto non si dia una qualche sotterranea, tacita adesione. E' una domanda.

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In realtà l'uso stesso del termine omofobia è critico, noi lo usiamo anche per necessità di convenzione linguistica, ma può designare cose

diverse e può essere utilizzato in diverse accezioni.

 

Negli Stati Uniti sono stati condotti studi molto approfonditi, sociologici, psicologici etc. etc. ma non c'è unanimità di vedute al riguardo.

( si è cercato di testare la reazione emotiva, quella di giudizio, la possibile incidenza di omosessualità latente...negli omofobi)

Molti studiosi americani pongono la distinzione fra homophobia e homonegativity, o rifiutano l'uso del termine fobia perchè ritengono non

dimostrabile scientificamente l'origine psicologica della fobia. Per intenderci homonegativity implica un atteggiamento di giudizio negativo,

discriminante, mentre homophobia ricondurrebbe ad una paura irrazionale. Personalmente credo che questa distinzione vada accolta,

senza necessariamente disconoscere i profili irrazionali e psicologici del fenomeno.

 

E' evidente che gli attivisti lgbt preferiscono una definizione sociologica ad una definizione psicologica, perchè la definizione sociologica e

culturale consente di dire che la questione è politica. Inoltre è inutile dire che le definizioni psicologiche sono molto pericolose da maneggiare.

 

Per farvi capire: se un delitto ha un movente omofobico evidente ( es. Matthew Shepard ) le difese degli imputati cercheranno di dimostrare

che si è agito in preda al cd. "panico gay" cioè che l'omicidio non è volontario. Quindi l'omofobia come malattia psicologica rischia anche legalmente

di attenuare la colpa e la responsabilità degli omofobi. ( credo che il concetto sia chiaro senza scendere in tecnicismi )

 

Insomma, questo per farvi capire che il tema è molto complesso e ricco di implicazioni interdisciplinari ( inutile dire inadeguatamente studiato e trattato

in Italia )

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Io preferisco "diagnosticare" l'omofobia in ogni persona che manifesti anche soltanto una minima tensione teorica, per così dire, all'idea o rappresentazione di un approccio omosessuale... perché sono troppi, oggigiorno, i meccanismi difensivi che la gente attua in società e persino con sé stessi per evitare di venire considerato omofobo o comunque nemico degli omosessuali.

 

Un mio nuovo collega, ad esempio, è un etero-sessuomane e un maschlista da macchietta, che non perde occasione per gridare i suoi arrapamenti per qualunque donna decente (io non lo farei con chi conosco appena, ma tanto lui comunica esprimendo unicamente sé stesso, è lui a contattarmi più spesso per chiacchieratine e però non mi fa mai domande personali, una cosa incredibile), e però al contempo ostenta la sua repulsione per ogni tipo di approccio tra uomini, diversamente dal sesso tra donne che invece gli piace...

Cioè, si sbraccia spesso a dire cose come "e meno male che non si sono visti due uomini ecc.", e ad esempio da "Brokeback mountain" si tiene ben lontano proprio per quell'elemento, e però specifica di "non avere nulla contro i gay"... Per me questa cosa è altamente ipocrita, incongruente, e oltremodo sospetta; è allora difficile dire se la sua omofobia l'ha scelta oppure no, visto che io ho forti dubbi persino che sia reale... Voi che dite? c'è modo d'intuirlo?

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Io preferisco "diagnosticare" l'omofobia in ogni persona che manifesti anche soltanto una minima tensione teorica, per così dire, all'idea o rappresentazione di un approccio omosessuale... perché sono troppi, oggigiorno, i meccanismi difensivi che la gente attua in società e persino con sé stessi per evitare di venire considerato omofobo o comunque nemico degli omosessuali.

 

Per me questa cosa è altamente ipocrita, incongruente, e oltremodo sospetta; è allora difficile dire se la sua omofobia l'ha scelta oppure no, visto che io ho forti dubbi persino che sia reale... Voi che dite? c'è modo d'intuirlo?

 

Omofobia nasce come concetto 'politico' e tale è.

Nessuno ha mai preteso che designasse una sindrome psicologica! Una 'malattia'...

Non lo è e non è classificata come tale: né esistono medicine o trattamenti contro l'omofobia.

 

La distinzione tra omofobia e omonegatività io non l'accetterei, caro Hinz, perché mi sembra fatta apposta per disinnescare la carica politica del concetto. Inoltre dubito che le due valenze possano essere effettivamente separate: credo che ci sia almeno una coimplicazione. Tuttavia non mi sottraggo alla discussione circa questa distinzione, dico solo che è molto pericolosa e che sono molto sospettoso.

 

Sarei, sono, invece favorevole a un uso attento, da parte nostra, del concetto, a una maggiore cautela nell'usarlo, a limitarlo a espressioni indiscutibili.

 

 

Non ha nessun rilievo che l'omofobo "tale non sia realmente", come sospetta Ganimede del suo collega: proprio nessuno, e stiamo attenti a non farci sviare da ciò: ciò che conta, perché si possa parlare di omofobia, è che siano propalati pensieri e giudizi e messi in pratica comportamenti e atti

- che discriminano

- che ledono e offendono

- che usano violenza a

- che generano e provocano violenza di altri su

persone omosessuali.

 

Il fatto che sia indifferente che l'omofobo "tale sia realmente", nel senso allusivo e malizioso usato da Ganimede, è provato dal fatto che gli stessi omosessuali sono spesso omofobi o comunque devono passare obbligatoriamente per una fase in cui si confrontino con la propria omofobia per tentare di disfarsene.

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Omofobia nasce come concetto 'politico' e tale è.

Nessuno ha mai preteso che designasse una sindrome psicologica! Una 'malattia'...

Non lo è e non è classificata come tale: né esistono medicine o trattamenti contro l'omofobia.

[...]

Non ha nessun rilievo che l'omofobo "tale non sia realmente", come sospetta Ganimede del suo collega: proprio nessuno, e stiamo attenti a non farci sviare da ciò: ciò che conta, perché si possa parlare di omofobia, è che siano propalati pensieri e giudizi e messi in pratica comportamenti e atti

- che discriminano

- che ledono e offendono

- che usano violenza a

- che generano e provocano violenza di altri su

persone omosessuali.

Il fatto che sia indifferente che l'omofobo "tale sia realmente", nel senso allusivo e malizioso usato da Ganimede, è provato dal fatto che gli stessi omosessuali sono spesso omofobi o comunque devono passare obbligatoriamente per una fase in cui si confrontino con la propria omofobia per tentare di disfarsene.

 

Secondo me invece non è indifferente, perché ritengo che sia un errore dissociare completamente l'ambito politico da quello psicologico o istintivo, che poi istintivo o psicologico in senso stretto non lo sono mai. Anzitutto la "fobia", pur spesso socialmente appresa nelle sue determinazioni, è un concetto di ambito psicologico ed è una categoria di tipo patologico, il fatto che poi abbia dato origine a concetti sociologici o politici non ne cambia la sostanza dell'accezione, che è certamente una determinazione umana ma anche civile e quindi molto valida.

 

Xenofobia, ad esempio, possiamo trattarla come ambito strettamente politico se siamo in parlamento, ma nella realtà non è una semplice scelta di discriminare gli stranieri: è strettamente legata all'elemento "paura", la paura dell'altro, del diverso, il tipo di azione che una persona intraprenderebbe in un eventuale ambito politico ne viene sicuramente influenzato.

 

Ecco perché l'omofobia credo sia molto spesso collegata alla percezione dell'omosessualità come qualcosa di strano, alieno, errato, disordinato, repellente: ciò, anche se la parte razionale della mente ti dice che è perfettamente normale, legittimo, sano, ecc., non può non influenzare i tuoi orientamenti operativi, magari non contrasti l'omosessualità già esistente ma fai di tutto per "prevenire" quella potenziale, e che lo facciano gli stessi omosessuali è una conferma, e non una smentita, del collegamento tra gli ambiti.

 

In ambito strettamente politico approvo i criteri di Isher, anche se in base a quelli potrebbe definirsi NON-omofobico anche chi si ostina a ritenere che l'omosessualità sia una malattia, magari senza curarla come Nicolosi o la Kotb, potrebbero dire benissimo che non ledono né offendono, né violentano e persino non discriminano, perlomeno non più di chi rivendica un'identità omosessuale con parità di diritti, ma semplicemente compatiscono e ritengono spiacevole oppure "oggettivamente disordinate" o "amori deboli" (per usare famose espressioni del Vaticano) certe realtà. Ma è allora un'altra conferma indiretta che è inopportuno scindere del tutto gli ambiti.

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A me sembra che la domanda iniziale di ForbiddenLove nasca proprio dalla percezione delle due valenze del termine "omofobia" che potrebbero addirittura associarsi a due termini diversi come diceva Hinzelmann.

 

L'amico di ForbiddenLove, così come (se ho capito bene) il collega di Ganimede, manifestano la loro istintiva "repulsione per ogni tipo di approccio tra uomini" ma non mettono in atto "comportamenti e atti" consapevolmente discriminatori e offensivi: che siano psicologicamente omofobi è un problema loro e di chi si trova a vivergli vicino, ma hanno scelto di non essere "omofobi" a livello sociale e politico.

 

Però, Ganimede, chi ritiene che l'omosessualità sia una malattia ha fatto invece la scelta di razionalizzare la propria "repulsione" e da questa concezione non possono che seguire comportamenti di fatto lesivi e offensivi o almeno l'approvazione implicita verso chi politicamente si fa carico di concretizzare "cure" o discriminazioni.

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ForbiddenLove

nel caso del mio amico, lui non ha repulsione in un approccio con un amico etero (inteso come una pacca sulla spalla, un abbraccio, un bacio sulla guancia...)... quando aveva sentito la notizia del ragazzo che si è buttato dal balcone perchè lo umiliavano per la sua omosessualità, lui ha detto che la nostra società è corrotta dal pregiudizio, c'era rimasto basito. a me aveva detto di non avere problemi verso il diverso... fatto sta che è circondato da amici omofobi e forse è condizionato da questo... ma non credo sia questo, c'è qualche paura più profonda dentro di lui... lui mi ha detto che non sono io il problema, sono altre cose... però se sfioro l'argomento lui o cambia discorso o peggio si disconnette da msn... non mi ha mai frequentato tirando fuori scuse come il "concetto dell'amicizia in silenzio".

io credo si tratti di un fattore sociologico/psicologico, la politica non c'entra nulla... lui è di rifondazione comunista...

 

date un'occhiata qui: http://it.wikipedia.org/wiki/Omofobia

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Guest [ennoia]
non mi ha mai frequentato tirando fuori scuse come il "concetto dell'amicizia in silenzio".

 

un chiarimento... questo "concetto" implica che non vi frequentiate di persona (visto che hai citato msn ma non un altro tipo di incontri), o che vi frequentiate ma che questi suoi amici omofobi non lo sappiano?

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In ambito strettamente politico approvo i criteri di Isher, anche se in base a quelli potrebbe definirsi NON-omofobico anche chi si ostina a ritenere che l'omosessualità sia una malattia, magari senza curarla come Nicolosi o la Kotb, potrebbero dire benissimo che non ledono né offendono, né violentano e persino non discriminano, perlomeno non più di chi rivendica un'identità omosessuale con parità di diritti, ma semplicemente compatiscono e ritengono spiacevole oppure "oggettivamente disordinate" o "amori deboli" (per usare famose espressioni del Vaticano) certe realtà. Ma è allora un'altra conferma indiretta che è inopportuno scindere del tutto gli ambiti.

 

 

 

L'amico di ForbiddenLove, così come (se ho capito bene) il collega di Ganimede, manifestano la loro istintiva "repulsione per ogni tipo di approccio tra uomini" ma non mettono in atto "comportamenti e atti" consapevolmente discriminatori e offensivi: che siano psicologicamente omofobi è un problema loro e di chi si trova a vivergli vicino, ma hanno scelto di non essere "omofobi" a livello sociale e politico.

 

Però, Ganimede, chi ritiene che l'omosessualità sia una malattia ha fatto invece la scelta di razionalizzare la propria "repulsione" e da questa concezione non possono che seguire comportamenti di fatto lesivi e offensivi o almeno l'approvazione implicita verso chi politicamente si fa carico di concretizzare "cure" o discriminazioni.

 

 

Non credo di aver compilato una lista esaustiva di ciò che configura omofobia, ma solo di averne indicato gli ambiti essenziali. Chi ritiene che l'omosessualità sia addirittura una «malattia» per me è un Principe dell'Omofobia, anche se sia una persona mite oppure non metta in atto alcuna persecuzione e discriminazione degli omosessuali. Inoltre, io non ho una mentalità totalitaria: se uno è omofobo, e non commette atti omofobi, io non gli imputo niente. Sono tollerante, io. Ma mi permetto di dubitare che questa scissione sia realmente possibile. Solo, non rientrerà nell'ambito del penale. A livello personale, con un individuo del genere non vorrei neanche averci a che fare. E sconsiglio un ragazzo come Forbidden di averci a che fare.

 

Faccio anche un esempio pratico: la scrittrice francese Marguerite Duras, idolo anzi icona di molti omosessuali francesi, era profondamente omofoba e aveva tutta una sua discutibile teoria sull'omosessualità maschile. Con i suoi romanzi ha propalato omofobia ma qui si rientra nel diritto alla libertà d'espressione e nessuno può incolparla di niente: io mi sarei limitato a non frequentarla. Oppure, se davvero era una persona mite e non odiosa, avrei cercato, parlando con lei, quantomeno di allargare il suo quadro mentale - cosa però che presuppone una mia grande forza, una capacità di non essere coinvolto, un grande distacco.

 

Molti omofobi non recano oggettivo danno agli omosessuali se non in quanto perpetuano e alimentano il pregiudizio: ma ovviamente non si può portarli in tribunale per questo e (disgraziatamente!) sono liberi di pensare ed esprimere il loro pensiero, come io di denunciarli intellettualmente, avendone le capacità. Allora ci si confronta o anche si lotta a questo livello.

 

Viceversa, temo che la distinzione di cui ci ha raccontato Hinzelmann e che ha corso in America, sia studiata apposta per sottrarsi a denuncie che in quel Paese civile si possono fare contro chi ha in vario modo ferito o danneggiato un omosessuale.

 

Quanto al fatto che l'amico omofobo di Forbidden sia di Rifondazione comunista questo non testimonia altro se non che l'omofobia ha corso sia a destra che a sinistra come ben sa ogni omosessuale che non si racconti balle, e che abbia esperienza della vita.

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ForbiddenLove

il concetto di amicizia in silenzio implica questo: lui mi è amico ma non deve dimostrarlo...cioè può anche non farsi sentire per un anno che mi è amico in silenzio nel suo cuore... non ci frequentiamo, se parlo di omosessualità lui si disconnette da msn... se telefono o non risponde o risponde in ansia specie se lo chiamo al telefono di casa...

 

cmq ormai ho risolto... da gennaio taglio i ponti con lui... ho fissato un appuntamento per il 30 novembre 2008 con lui, giusto così per vedere che accadrà... io credo che non verrà... lasciarlo stare è un gesto d'amore verso lui e verso me stesso...

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Guest [ennoia]

il concetto di amicizia in silenzio implica questo: lui mi è amico ma non deve dimostrarlo...cioè può anche non farsi sentire per un anno che mi è amico in silenzio nel suo cuore... non ci frequentiamo, se parlo di omosessualità lui si disconnette da msn... se telefono o non risponde o risponde in ansia specie se lo chiamo al telefono di casa...

 

cmq ormai ho risolto... da gennaio taglio i ponti con lui... ho fissato un appuntamento per il 30 novembre 2008 con lui, giusto così per vedere che accadrà... io credo che non verrà... lasciarlo stare è un gesto d'amore verso lui e verso me stesso...

 

 

capisco. e approvo la tua decisione... che, al di là della discussione nata in questo forum, sono certa ti farà stare meglio.

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Considerate anche che molta gente è omofoba perchè è gente semplice, non cattiva, che magari non arriva proprio a concepire l'amore tra due persone. Penso ad esempio a molte persone anziane o gente di provincia

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Non è detto che la "gente semplice", che magari non ha razionalizzato il fatto di dover essere a favore dei gay,

sia per questo necessariamente omofoba, a volte può, anche nell'ignoranza, rivelarsi un atteggiamento di curiosità

o apertura mentale. Certamente è più facile aderire ad un luogo comune omofobico se si è ignoranti ( L'ignoranza

può essere di due livelli: culturale ma anche banalmente pratica -- mancanza di conoscenza di omosessuali, mancanze di

coordinate che consentano la formulazione di un proprio giudizio alternativo al luogo comune).

 

Chiamiamo "discriminazione sessuale" l'atto concreto omofobico. Si è sostenuto che l'atto discriminante serva

a sostituire la paura indotta dall'omosessualità. Cioè il pregiudizio sessuale assolverebbe la funzione psicologica

di rimuovere un senso di paura relativo all'identità di genere o al sesso. In poche parole, provo disgusto per non

avere paura. Se io sono ignorante, ma curioso, potrò nutrire dei pregiudizi ma difficilmente li tradurrò in

comportamenti discriminanti, perchè non ho paura.

 

Definire questo schema "omofobia" non significa ritenere il pregiudizio e/o la discriminazione una malattia,

ma significa ravvisare una origine psicologica al fenomeno del pregiudizio. Insomma, ad un livello scientifico

ciò che si cerca è l'origine del fenomeno, per cercare il modo migliore di rimuoverlo.

 

Altro discorso è in effetti quando io cerco di razionalizzare la omofobia e farne un manifesto politico.

Certo noi possiamo dire che è una opinione che abbiamo il dovere di rispettare, tuttavia lo era anche il

nazismo prima delle leggi di Norimberga. Non ritengo che la situazione attuale sia accostabile per carità

tuttavia certi propositi ultracattolici potrebbero avere l'attitudine di usare l'omofobia per dargli un senso

politico.

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Posso dire quello che penso dell' omonegatività ? (non parlo di omofobia per tralasciare considerazioni psicologiche, visto che sono state già discusse) trovo due spiegazioni:

 

quella razzista: premesso che l'uomo per natura è eterosessuale e va con le donne, essere dei normalissimi etero ci si sente superiori e ci si autorizza a umiliare, offendere discriminare i gay perchè in quanto tali sono inferiori o malati e devono subire. Moltissimi ragionano in questo modo per scelta, anche se psicologicamente non hanno nessuna paura dei gay.

 

quella politica: vedi forza nuova, con contromanifestazioni antigay dove affermano: "le perversioni vanno curate non manifestate in piazza"

 

magari il problema fosse omofoba, cioè di natura psicologica o semplicemente d'ignoranza.

 

d'altronde stare qui a discutere dell'omofobia/omonegatività non è che serva poi a tanto... in un forum gay dove nessuno è omofoba, dove quasi  nessun etero osa mettere piede perchè se capità qui per caso, come legge la scritta GAY prima di  FORUM già si schifa o si mette a ridere perchè si sente superiore in quanto etero...  parliamo tra di noi, troviamo tante belle soluzioni, poi usciamo di casa e la realtà è un'altra.

 

Poi vorrei dire quello che penso del gay pride: SI MANIFESTA MALE E NON CIVILMENTE, non c'è bisogno di vestirsi sado maso, andare in piazza per prendersi a schiaffi sul sedere, poi se ci scambiano per pervertiti fanno bene.

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a XSI:

 

stare qui a discutere serve sì, secondo me, almeno per evitare tentativi di spiegazione pieni di termini come superiorità e inferiorità, anormalità, malattia e perversione: come se esistesse un qualche tipo di malattia o inferiorità o anormalità o perversione che dia il diritto a qualcuno (che si ritenga sano, superiore, normale e giudice delle perversioni altrui)  di attuare comportamenti discriminatori, offensivi e umilianti.

 

 

 

a ForbiddenLove:

 

la tua domanda era riferita al tuo tentativo di comprendere il comportamento di una persona a cui tenevi molto; ma l'argomento è interessante e la collocazione nella sezione "Spunti" sicuramente non chiuderà qui il dibattito. Il fatto che qui si continui a parlarne potrà essere utile anche se hai deciso di tagliare i ponti con lui.

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funeralblues

Credo che sia l'aspetto "psicologico" che quello "culturale" si leghino al concetto di omofobia più di quanto non lo faccia quello politico (benchè il termine sia stato usato ed abusato proprio in quest'ultimo ambito).

 

Credo anche che sia più giusto parlare di atteggiamenti omofobi od omonegativi (la distinzione in linea di massima potrebbe apparire superflua) piuttosto che di persone omofobe ed omonegative, nel senso che non credo che sia identificabile il fenotipo della persona omofoba.

 

L'atteggiamento premiamente in tutti i casi è quello del dialogo, del chiarimento, del fare cultura, dello sminuire la "paura"...

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Credo che sia l'aspetto "psicologico" che quello "culturale" si leghino al concetto di omofobia più di quanto non lo faccia quello politico

 

 

Non ho capito.

 

(benchè il termine sia stato usato ed abusato proprio in quest'ultimo ambito).

 

 

Quelle di omofobia è un concetto lievemente «eccessivo» e deve esserlo perché di denuncia e di reazione. Io raccomando di usarlo con esatta cognizione di causa e solo al momento opportuno unicamente per non depotenziarlo, per proteggerlo, e proteggerne la carica dirompente, non perché credo che configuri un effettivo abuso.

 

 

Credo anche che sia più giusto parlare di atteggiamenti omofobi od omonegativi (la distinzione in linea di massima potrebbe apparire superflua) piuttosto che di persone omofobe ed omonegative, nel senso che non credo che sia identificabile il fenotipo della persona omofoba.

 

 

Apparentemente.

Inoltre le «qualità» non vanno a spasso da sole, nel mondo, ma si legano a una «sostanza».

 

L'atteggiamento premiamente

 

 

L'atteggiamento...premiante?

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funeralblues

Non ho capito.

 

Mi spiego meglio.

Il termine "omofobia" viene utilizzato per la prima volta - e secondo le mie fonti enciclopediche -  nel nostro paese dall'Onorevole Grillini che lo utilizzò e lo utilizza spesso e volentieri -  e direi io a dispetto dei propri studi - in modo abnorme, di fatto svuotandolo di ogni contenuto e deterirandolo al solo fine di etichettare ogni tipo di attegiamento contrario all'omosessualità (ed in questo ne evidenzio l'uso strumentale da parte della politica) e senza ancorarlo alla sue implicazioni più interessanti che sono di natura "psicologica" (il termine è stato in realtà introdotto da studi di psicologia) e "sociologica".

Questo "smarrimento" di significato mi è, tra le altre cose, parso più che evidente nel tentativo, peraltro confuso ed approssimativo, con il quale, in precedenza, più di un intervento ha cercato di definire i presupposti del concetto.

 

Quelle di omofobia è un concetto lievemente «eccessivo» e deve esserlo perché di denuncia e di reazione. Io raccomando di usarlo con esatta cognizione di causa e solo al momento opportuno unicamente per non depotenziarlo, per proteggerlo, e proteggerne la carica dirompente, non perché credo che configuri un effettivo abuso.

 

Questa volta sono io che non capisco: cosa intendi per "lievemente eccessivo" :salut:?

 

Apparentemente.

Inoltre le «qualità» non vanno a spasso da sole, nel mondo, ma si legano a una «sostanza».

 

Cosa c'è di più "sostanzioso" di un comportamento, del fatto in quanto tale?

In verità - e ti chiedo di scusare questo approccio forse un po' ingenuo - non credo che l'"omofobia" sia una "qualità peculiare" dell'uomo.

 

L'atteggiamento...premiante?

 

Premiante nel senso di "in grado di ottenere un risultato utile", come un canestro o un goal, ed in questo caso non solo per gli omosessuali.

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Mi spiego meglio.

Il termine "omofobia" viene utilizzato per la prima volta - e secondo le mie fonti enciclopediche -  nel nostro paese dall'Onorevole Grillini che lo utilizzò e lo utilizza spesso e volentieri -  e direi io a dispetto dei propri studi - in modo abnorme, di fatto svuotandolo di ogni contenuto e deteriorandolo al solo fine di etichettare ogni tipo di attegiamento contrario all'omosessualità (ed in questo ne evidenzio l'uso strumentale da parte della politica) e senza ancorarlo alla sue implicazioni più interessanti che sono di natura "psicologica" (il termine è stato in realtà introdotto da studi di psicologia) e "sociologica".

 

 

Caro Funeral,

come ti dicevo io sono per un uso accorto, consapevole, pertinente del termine (e quindi dell'accusa di) «omofobia», del quale intendo preservare la carica di denuncia militante, e quindi biasimerei Grillini per averlo usato da malaccorto politico (cosa che, lo dico senza eccessiva cattiveria verso Grillini, non fatico a credere), non da politico.

Credo che questo ti manifesterà il mio punto di vista con grande chiarezza. Non so se il termine, poi, abbia una genesi psicologica reale (ne sei certo?): di sicuro non è un concetto psicologico in senso proprio, perché non designa una sindrome, un eventuale disturbo della psiche (questo mi sembra ovvio). Nè mi risulta che gli psicologi siano pronti a prendere posizione a favore della protezione della naturalità dell'omosessualità...Non si può quindi ricusarne l'uso politico e militante in quanto tale.   

 

 

Questa volta sono io che non capisco: cosa intendi per "lievemente eccessivo" :salut:?

 

L'omofobia reale, quella che si denuncia e alla quale ci si oppone dicendo «voi siete omofobi!», è

«lievemente eccessiva» (se apprezzi la nota di ironia): dunque contiene in sé qualche cosa di «lievemente eccessivo»

anche l'uso della categoria di denuncia, necessariamente. Questa è solo una variazione sul tema: se non ci fosse omofobia reale non ci sarebbe bisogno di inventare un termine per indicare tutte le discriminazioni, le violenze, gli insulti e le lesioni di diritti e d'espressione di cui gli/le omosessuali sono oggetto. C'è, forzatamente, una mutua rispondenza tra la carica della discriminazione e la carica della denuncia.

 

Cosa c'è di più "sostanzioso" di un comportamento, del fatto in quanto tale?

In verità - e ti chiedo di scusare questo approccio forse un po' ingenuo - non credo che l'"omofobia" sia una "qualità peculiare" dell'uomo.

 

 

Non fare il sofista con me, Funeral!  :awk:

Non ho parlato di «qualità propria» ma di «qualità» e basta.

 

Quantunque per la società eteronormativa l'omofobia - lo affermo - è proprio una qualità propria, anzi essenziale.

 

 

Premiante nel senso di "in grado di ottenere un risultato utile", come un canestro o un goal, ed in questo caso non solo per gli omosessuali.

 

E su questo sono d'accordo.

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a XSI:

 

stare qui a discutere serve sì, secondo me, almeno per evitare tentativi di spiegazione pieni di termini come superiorità e inferiorità, anormalità, malattia e perversione...

se non ti piace il mio tentativo di spiegazione non ci posso fare niente, ho "tentato di scrivere" quello che pensano dei gay nel modo con cui ci definiscono

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XSI, questa discussione serve eccome...perchè vi sono omosessuali che anche inconsapevolmente aderiscono ai luoghi comuni dell'omofobia.

Tu stesso poi dici che è inutile discuterne fra noi, salvo poi dare un giudizio sul gay pride: quindi ritenendo che discuterne fra noi potrebbe servire a manifestare"civilmente" per non essere scambiati per "pervertiti" ed essere accettati, o no?   

 

Quindi io deduco dal tuo intervento: 1)che rigetti il rilievo dell'omofobia dal dibattito fra omosessuali, perchè serve solo ad essere accettato dagli eterossessuali nella misura in cui siamo in loro presenza ( prima inesattezza se ognuno di noi ha a che fare con la propria omofobia interiorizzata, ognuno di noi ha dovuto/deve PRIMA accettare se stesso. NB accettare se stesso non significa rassegnarsi al fatto di essere froci...e scansare l'argomento con senso di fastidio) 2)che per essere accettati dagli eterosessuali, noi dobbiamo comportarci "civilmente" in pubblico ( perchè in privato siamo incivili, se ci facciamo sculacciare? )

 

Quindi come vedi, il tuo intervento, può sollevare una serie di interrogativi, soprattutto a te stesso.

 

Che Grillini sia un politico malaccorto, può essere vero ( la mia idea su di lui è che in realtà sia fin troppo accorto...ma in senso non sempre positivo )

chiaramente lui è un politico e usa il termine come strumento di denuncia politica. Come ha detto Isher il concetto in sè ha una carica di denuncia

in senso militante ( politico-omosessuale ) e questo di per sè è positivo ( a prescindere dall'uso che poi se ne faccia )

 

Quando ciò avviene?  Cioè proviamo a fare un discorso storico...

 

Avviene nel momento in cui noi ci appropriamo di un concetto prodotto dalla cultura psicologica, che di per sè non era un concetto omofilo. Se noi riprendiamo la definizione del 1972 ( non ce l'ho a portata per citarla ) sarebbe tutto un fiorire di riferimenti all'omosessualità latente ( come se l'omofobia fosse prodotta dall'omosessualità stessa ) . Su questa base si producono una serie di studi sulla storia dell'omosessualità, che in gran parte sono studi sull'omofobia, culturale, sociale... La definizione psicologica viene messa in un angolo ed il termine si carica di una serie di contenuti altri e questo è un lavoro che abbiamo fatto noi, o è stato fatto a traino del fatto che noi abbiamo posto la questione

omosessuale, in quanto omosessuali.

 

Se vogliamo l'elemento psicologico rimane perchè utile a spiegare la "meccanica mentale" dei comportamenti discriminatori individuali, mentre viene messo in crisi per quanto riguarda l'eziolologia del fenomeno sociale ( non dimentichiamo che la sociologia è la scienza nuova di quegli anni è anche un modo nuovo di affrontare i problemi ) . Non c'è un conflitto diretto, si tratta di due saperi diversi...uno può ( nel senso della potenzialità e dell'utilità ) ricercare le cause individuali, l'altro le cause sociali. Di fatto noi vediamo scomparire dalla definizione psicologica le espressioni originarie ed entrarvi altri concetti nel frattempo maturati ( non omosessualità latente, ma identità di genere...orientamento sessuale ) . Probabilmente il motivo è che quel tipo di definizione conservava una sua utilità, non lo so qui bisognerebbe essere esperti di storia lgbt...certo permangono ambiguità nel momento in cui si continua ad usare lo stesso termine.

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funeralblues

Quantunque per la società eteronormativa l'omofobia - lo affermo - è proprio una qualità propria, anzi essenziale.

 

Non sono d'accordo.

Anche perchè stabilire che si tratti di una qualità essenziale della società eteronormativa sarebbe come affermare che non potrebbe esistere società eteronormativa senza omofobia... ed io non lo credo. A meno  che non si finisca per considerare ogni atteggiamento di opposizione all'omosessualità un comportamento omofobo.

 

Inoltre, anche in una società eteronormativa, esistono delle norme etiche categoriche.

Quale società potrebbe ad oggi considerare accettabili le affermazioni:

- bisogna discriminare

- bisogna ledere ed offendere

- bisogna usare violenza

- bisogna generare e provocare violenza su altri

 

Tanto è vero che questi comportamenti sono tutti perseguibili e punibili legalmente, anche nella nostra società eteronarmativa, anche in assenza di specifiche norme a tutela dell'omosessualità.

 

Forse dovremmo invece approfondire il concetto di "fobia" come quello di paura incontrollata, capace di generare comportamenti irrazionali che portino ad esercitare discriminazione, offesa e violenza su persone omosessuali.

Lo dico perchè da ragazzo, quando ancora non avevo preso coscienza della mia omosessualità, mi capitò di provare questa sensazione e di produrre una reazione lesiva della quale, successivamente, mi vergognai amaramente (ed a prescindere dalla mie propensioni sessuali).

Credo che quella sensazione derivasse dalla "paura" di essere accomunato ad un omosessuale. Una paura incontrollata ma che trovava le sue radici nell'ambiente culturale in cui sono cresciuto...

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Non sono d'accordo.

 

 

Lo so.

Non ti piace pensarlo. Non vuoi che sia così. Non vuoi pensare che sia così.

Ma non mi stai dando delle argomentazioni in contrario.

Ciò che io dico è un'ovvietà. Ho sbagliato solo a usare l'espressione «società eteronormativa», concessione inutile al sociologismo/politichese in cui tutti navighiamo un po': bastava che dicessi eteronormatività. E che l'eteronormatività sia omofoba è quasi una tautologia, o un truismo.

Comunque ora cerco di rispondere a ciò che dici.

 

 

 

Anche perchè stabilire che si tratti di una qualità essenziale della società eteronormativa sarebbe come affermare che non potrebbe esistere società eteronormativa senza omofobia...

 

 

Infatti è proprio così. Talché mi permetto di domandarti se hai riflettuto a sufficienza su ciò che è e implica l'eteronormatività. In sostanza è come se tu dicessi: «non è vero che il totalitarismo è antidemocratico. Se ciò fosse vero, non potrebbe esistere totalitarismo senza espulsione della democrazia». Eh già, è proprio così.

 

ed io non lo credo. A meno  che non si finisca per considerare ogni atteggiamento di opposizione all'omosessualità un comportamento omofobo.

 

 

L'eteronormatività non è un atteggiamento di non-condivisione epperò tollerante dell'omosessualità. E' un'opposizione, come ben dici, e un'opposizione attiva, che, presentando l'eterosessualità come Norma assoluta, relega  l'omosessualità a devianza, o a condizione anomala, o comunque indesiderata. Non ti basta? Che altro vuoi perché si parli di omofobia: i lager, i gulag, i lao-gai?

 

 

Inoltre, anche in una società eteronormativa, esistono delle norme etiche categoriche.

Quale società potrebbe ad oggi considerare accettabili le affermazioni:

- bisogna discriminare

- bisogna ledere ed offendere

- bisogna usare violenza

- bisogna generare e provocare violenza su altri

 

 

Questa è un'argomentazione retorica. Dal fatto che, de jure, una società o un gruppo o una classe politica non abbiano la faccia di proclamare apertamente simili pronunciamenti, non segue affatto che essi non siano operanti, de facto. O mi sbaglio?

 

 

Tanto è vero che questi comportamenti sono tutti perseguibili e punibili legalmente, anche nella nostra società eteronarmativa, anche in assenza di specifiche norme a tutela dell'omosessualità.

 

 

Ti vedo pericolosamente binettiano, Funeral. In ogni caso, ai 4 punti che hai elencato manca (non a caso) il complemento oggetto: «le persone omosessuali». Ora, secondo me, se non si esplicita questo complemento, cioè, se non ci sono specifiche norme NON a tutela dell'omosessualità ma CONTRO i comportamenti e le azioni omofobe, è ben difficile evitare discriminazioni verso le persone omosessuali. Di fatto, le norme del codice penale non sono proposizioni astratte e universalistiche, di tipo etico, ma norme specifiche, precisate e delimitate.

 

 

Forse dovremmo invece approfondire il concetto di "fobia" come quello di paura incontrollata, capace di generare comportamenti irrazionali che portino ad esercitare discriminazione, offesa e violenza su persone omosessuali.

Lo dico perchè da ragazzo, quando ancora non avevo preso coscienza della mia omosessualità, mi capitò di provare questa sensazione e di produrre una reazione lesiva della quale, successivamente, mi vergognai amaramente (ed a prescindere dalla mie propensioni sessuali).

Credo che quella sensazione derivasse dalla "paura" di essere accomunato ad un omosessuale. Una paura incontrollata ma che trovava le sue radici nell'ambiente culturale in cui sono cresciuto...

 

 

Ti è capitato qualcosa che è capitato a molti omosessuali, purtroppo. E che fanno regolarmente gli eterosessuali i quali hanno paura dell'omosessualità o temono di non essersi sufficientemente demarcati da essa. Il meccanismo che è alla base di questa reazione, voglio dire la ragione per cui si agisce così, è la creazione della «masculinity» come carattere tipo - marchio sicuro - dell'eterosessuale. Speriamo che sempre meno etero sentano il bisogno di tale «masculinity».

 

La tua, cioè, come e a maggior ragione quella di tantissimi ragazzi etero, era certamente una paura incontrollata, ma non così «irrazionale» come tu credi - anzi, in un certo senso, tremendamente «razionale», se con questo s'intende che è legata a tutto un quadro preciso di costruzione della propria immagine maschile.

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Quindi come vedi, il tuo intervento, può sollevare una serie di interrogativi, soprattutto a te stesso.

mi piace quello che dici, ogni volta ho la sensazione che sei in grado di leggere il mio pensiero... ma come fai?

per rispondere a quello che dici: forse sarà perchè nella vita ho sempre avuto a che fare con omofobi di ogni tipo

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qualcosa che è capitato a molti omosessuali, purtroppo. E che fanno regolarmente gli eterosessuali i quali hanno paura dell'omosessualità o temono di non essersi sufficientemente demarcati da essa. Il meccanismo che è alla base di questa reazione, voglio dire la ragione per cui si agisce così, è la creazione della «masculinity» come carattere tipo - marchio sicuro - dell'eterosessuale. Speriamo che sempre meno etero sentano il bisogno di tale «masculinity».

La tua, cioè, come e a maggior ragione quella di tantissimi ragazzi etero, era certamente una paura incontrollata, ma non così «irrazionale» come tu credi - anzi, in un certo senso, tremendamente «razionale», se con questo s'intende che è legata a tutto un quadro preciso di costruzione della propria immagine maschile.

 

...E che mi pare sia anche uno dei fulcri su cui si fondano le teorizzazioni e terapizzazioni del famigerato Nicolosi, vero?

Ed è qualcosa - il quadro essenziale di quelle subculture dell'immagine maschile, non le "nicoloserie" - che comunque riterrei inopportuno accantonare a priori, perché tutti in qualche modo ci facciamo i conti, e sicuramente influenzano le "scelte" omofobiche in senso squisitamente politico.

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Ed è qualcosa - il quadro essenziale di quelle subculture dell'immagine maschile, non le "nicoloserie" - che comunque riterrei inopportuno accantonare a priori, perché tutti in qualche modo ci facciamo i conti, e sicuramente influenzano le "scelte" omofobiche in senso squisitamente politico.

 

Sono d'accordo con te, Ganimede. Conoscere i modi in cui "si diventa" eterosessuali è abbastanza importante, direi, anche perché non se ne parla mai: le tappe, i riti di passaggio, le azioni che bisogna compiere e quelle da evitarsi, soprattutto nel gruppo adolescenziale, nel branco potenzialmente sempre omofobo, la curvatura psicologica che bisogna imprimersi, le cose che bisogna dire e quelle che bisogna fare (compreso quelle ai danni di altri) - direi che la rimozione del desiderio omosessuale viene realmente per ultima (anche perché fino a un certo punto è invisibile, e quindi non "prova" ancora nulla). 

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funeralblues

Questa è un'argomentazione retorica. Dal fatto che, de jure, una società o un gruppo o una classe politica non abbiano la faccia di proclamare apertamente simili pronunciamenti, non segue affatto che essi non siano operanti, de facto. O mi sbaglio?

 

E' tutt'altro che retorico (magari potrebbe essere astrattamente inutile... ma vedo che i termini "retorica" e "sofistica" me li appioppi di continuo... sarà una mia impressione...)  sapere e capire ciò che una società considera ingiusto. Che poi il senso di giustizia di una società non sia in grado di rimuovere sempre e comunque l'ingiustizia è un altro paio di maniche...

 

In riferimento al complemento oggetto, trovo che proprio la sua specificazione sia assolutamente controproducente.

Per cosa dovremmo lottare, Isher, per una società che combatta le intolleranze o per una società che combatta le intolleranze nei confronti dei soli omosessuali?

 

Il complemento oggetto limita anche la portata del termine "omofobia".

E' stato ritenuto comportamento omofobo, ad esempio, quello messo in pratica da un operaio meridionale "eterosessuale", per aver sparato un colpo di fucile mortale ad un giovane "eterosessuale" del suo paese che lo tacciava di omosessualità incontrandolo al Bar...

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La mia idea è che le discriminazioni si tirano l'un l'altra come le ciliegie...

per intenderci, se fossi ebreo non mi accontenterei affatto di sapere

che un fascista è meno antisemita, sol perchè è diventato islamofobo.

 

Bisogna specificare gli oggetti delle discriminazioni, enumerarli via via che si pongono, perchè la discriminazione

è un atteggiamento umano sempre presente, anche in ognuno di noi e sottrae all'imperativo etico categorie

di persone in modo diverso e per fini diversi.

 

Pensate a quello che è successo in Germania:

 

L'imperativo etico del popolo tedesco impose uno stop al programma di soppressione dei malati di mente , non allo sterminio di omosessuali ed ebrei.

eppure la norma etica era la stessa. Anche gli omosessuali avevano dei familiari come i malati di mente, parenti che al contrario degli ebrei erano considerati normali e potevano protestare, non protestarono come non protestò la chiesa ( che invece protestò per i malati )

E dopo la guerra il famigerato paragrafo 175 che criminalizzava l'omosessualità, rimase in piedi nonostante Auschwitz.

Non solo ma alle lesbiche fu tolto anche il diritto alla memoria del triangolo rosa, loro furono addirittura cancellate ( catalogate come "antisociali" )

quelle lesbiche non esistevano neanche nella persecuzione, anche se erano lì per quel motivo. Ed oggi non sappiamo più nemmeno quante fossero

non possiamo dire, quante di loro sono state uccise perchè lesbiche.

 

Se questo è avvenuto è perchè evidentemente i discriminati erano trattati diversamente.

Ma ciò che qui rileva non è la diversità di trattamento riservata dai nazisti ai discriminati, quel che conta è la diversa risposta del popolo tedesco

a quei trattamenti: prima, durante e dopo...pur in presenza di un'unica norma etica.

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ma vedo che i termini "retorica" e "sofistica" me li appioppi di continuo... sarà una mia impressione... 

 

 

Hai ragione, Funeralblues... Ma «argomentazione retorica» lo usavo in senso tecnico, per distinguerla da argomentazione logica o equivalente, senza intenzioni liquidatorie. 

 

 

In riferimento al complemento oggetto, trovo che proprio la sua specificazione sia assolutamente controproducente.

Per cosa dovremmo lottare, Isher, per una società che combatta le intolleranze o per una società che combatta le intolleranze nei confronti dei soli omosessuali?

 

 

Torni ad essere sofista, Funerablues :love: Mi riferisco al tuo «soli» omosessuali. Il «soli» ce lo stai infilando tu: io non l'ho usato e non lo uso. In effetti io mi riferivo alle leggi, le quali di norma specificano il loro oggetto, e quando vogliono avere una portata sempre più generale devono ricorrere a formulazioni linguistiche idonee.

 

Ma vorrei 'controattaccare' e smettere di ribadire quello che ho già detto.

E ti domando: perché ti dà tanto fastidio quella paroletta, omosessuale, quella specificazione, omosessuale, quella delimitazione insomma?

Dopo che gli omosessuali sono stati mandati sui roghi e nei lager, dopo che sono stati perseguitati dal Tardoantico ad oggi, non senti l'esigenza di «combattere» in nome di una minoranza, quella minoranza che tu sei e alla quale appartieni?

Ma non c'è bisogno di andare indietro nel tempo: basta tener d'occhio la board CO di questo Forum che pure è frequentato da ragazzi in gamba e, diciamo così, privilegiati, rispetto a tanti altri.

Nessuno può supplire a una minoranza organizzata. E' un cattivo universale quello al quale ti appelli. L'ampiezza di un movimento di difesa di diritti si raggiunge con successive aggregazioni dei soggetti implicati, come sommatoria di reazioni, ognuna delle quali rappresenta qualcosa perché è quel qualcosa. Non bisogna disprezzare l'empirico e il particolare, o anche solo trascurarlo.

 

E' lo stesso discorso che vale (ma qui vado OT) per l'allargamento dell'identità, se uno crede di avere le palle per andare oltre l'identità poniamo omosessuale. E' puramente verbalistico credere di ottenerlo se non tramite l'aggregazione di sempre ulteriori parti di espressione determinata e reale di sé.

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