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ma, al di là di tutto, è normale?


parker

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Il gatto che tu accarezzi è lo stesso gatto di Cleopatra: né l'uno né l'altro sono mai usciti dalla natura: sono solo «natura».

 

Punto di vista simile a quello ufficiale della chiesa (ma non di molti rappresentanti della stessa, incluso Giovanni Paolo II...), che mi stupisce vedere usato così spesso in discussioni del genere. E che mi incoraggia nel credere che in fondo, almeno nella dialettica, chiesa e omosessuali, chiesa e pensatori, chiesa e scienziati non sono poi così lontani tra di loro...

 

Non per essere macabro, ma guardare un animale spegnersi può essere utile a farsi un idea di quanto il tal animale sia o non sia "individuo". Certo, tutti possiamo farci due conti, considerare paura, dolore, instinto di conservazione e concludere che la morte in se è quanto mai inclusa nella natura. Ma tuttavia guardarlo con i propri occhi potrebbe colpirci non dico nel nostro cuore (non facciamo i sentimentaloni...) quanto nelle famigerate "parti sottili", quelle in cui magari non conta tanto la ragione quanto l'intuizione (detto con prudenza, so che a qualcuno non va a genio...).

 

Comunque si, legare la naturalità alla riproduzione è abbastanza un azzardo...volendo, c'è anche un punto di vista molto più cinico che gratificante di quello che vede l'uomo fuggire dal suo "essere animale" per assurgere a un qualche ruolo più alto.

Ragioniamo matematicamente: una certa parte delle persone sarà normale, questo non volendo dire ne che siano intransigenti col diverso, ne che pensino di esserlo rispetto a qualcun altro, ne che non ritengano possibile altre normalità. Semplicemente, saranno normali per come è dato per scontato esserlo adesso in generale: eterosessuali, diciamo. Una parte di questi, ragionevolmente, e sempre per ciò che più ritengono importante (non è detto che si interessino alla riproduzione) si moltiplicheranno, salvaguardando la sopravvivenza della razza umana.

Agli altri, cioè a quelli che per qualsiasi motivo non si riprodurrano, sarà lasciata la libertà di esprimersi in qualunque altro modo ritengano opportuno. Il loro contributo riproduttivo, in un certo senso, non è necessario. La loro realizzazione, per la maggior parte, sarà totalmente personale. Ma si presume che si accontenteranno di questa. Pochi riusciranno a lasciare qualcosa alla loro specie, e ancora meno alla storia, che per lo più li ignorerà.

 

Un pò triste, certo. Temo sia abbastanza così che funzioni, almeno dall'alto. Questo non toglie che però, pur in questo ruolo così piccolo, un essere umano possa riuscire ad essere più che felice e soddisfatto di se stesso.

 

B. a persuaderci che tutti i sintomi o momenti di disagio, in senso lato, dai quali possiamo essere colpiti, chi (purtroppo) fortemente, chi di tanto in tanto, chi più chi meno, dipendono esclusivamente dalle condizioni storiche/ambientali/culturali/politiche nelle quali gay e lesbiche si trovano a vivere. Non c'entra niente la psiche, c'entra molto e tanto la realtà esterna, con i suoi interdetti, le sue menomazioni ai nostri diritti, e via dicendo.

 

Beh, questo se si presuppone che la media delle zucche umane riesca a dare il peso "considerato giusto" all'eredità che gli viene continuamente tramandata dai suoi simili...sempre sperando che questa sia poi valida. Temo che invece non sia sempre così.Ragionando sempre matematicamente, ci sarà un buona parte delle cervici che "riterrà giusto" qualcos'altro, senza ragioni che siano scindibili dal loro essere quelle cervici, e niente altro. Ovvio che quindi si formerà se non proprio un insieme del "normale", almeno un insieme del "ragionevole" da cui taluni si riterrano, e sopratutto VERRANO, ritenuti esclusi.

 

Credo che su larga scala la zucca umana sia come una macchina capace di innovarsi e di conservarsi insieme, il che sembrerebbe contraddittorio. Nella pratica infatti l'innovazione è un affare lento e faticoso.

 

Se l'unico diritto è quello che si conquista da soli, è la lotta di tutti contro tutti, quindi la sopraffazione diventa diritto. E' necessario un "diritto" perché ci siano diritti.

Non te ne importa dei soprusi e discriminazioni? Sugli altri? Sei un solipsista. La cosa avrà dei vantaggi, non ne dubito.

 

Non c'è bisogno di essere solipsista per rendersi conto che degli altri può non importarcene nulla. Credere di essere l'unico uomo sulla terra sarebbe forse meglio che non crederlo e comunque fregarsene in toto degli altri. Al contrario, preoccuparsi di ottenere ciò che basta per noi anche se gli altri non ce l'hanno non ha nulla di strano in se. E'...normale :look:.

Cercare invece di spingere gli altri a non cercare un riconoscimento, diciamo, "di comodo", ma a contare solo sulle proprie forze, è diverso. Però diciamo che non tutti possono farlo, ne è giusto che tutti DEBBANO farlo. Altrimenti vigerebbe le legge del più forte.

 

Scusate la lunghezza...!

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Ciao a tutti...a volte ritornano.

 

Sono Mutinus, tornato all'ovile con un nick leggermente variato (da Mutinus a Mutinus1) perchè il sistema ha cancellato il mio nick precedente.

 

Sono tornato perchè ho appreso che è cambiato il moderatore.

Confesso che mi è mancato questo forum e la possibilità di confrontarmi con tutti voi.

 

Provo a dire la mia rispetto alla domanda " ma, al di là di tutto, è normale ? "

 

La "normalità", almeno in senso statistico, da cui la parola deriva, presuppone il confronto tra i caratteri di una unità statistica ( in questo caso parliamo di persona/e) con le misure della "tendenza centrale" che, viste le peculiari caratteristiche della curva normale ( di Moivre o Gauss) coincidono con media, moda e mediana.

 

Nel caso specifico abbiamo a che fare con un confronto discreto- dicotomico, tra due modalità del carattere "comportamento sessuale" le cui risposte possibili sono "etero" e "gay".

 

Saranno ritenuti "normali" quei comportamenti che non si scosteranno dalla media piu' della media stessa maggiorata o diminuita di tre volte la deviazione standard.

 

Mi sembra evidente che, considerato che i gay rappresentano circa il 10% della popolazione ( dato su cui si può molto discutere) i loro comportamenti, almeno per quanto concerne quello sessuale sia sicuramente "distante" dalla media piu' o meno tre volte il sigma.

 

Ma, a mio modestissimo parere,  una ricerca che confronti sic et simpliciter il comportamento "etero" e quello "gay" sarebbe se non del tutto errata, quantomeno riduttiva.

 

"etero" o "gay" ha la stessa esaustività che "bianco" e "nero" in un mondo a sedici milioni di colori.

Questa è una società che ama semplificare. Però le semplificazioni non sempre ci azzeccano con la realtà: sono quasi sempre banalizzazioni.

 

Per chi si occupa di scienze naturali o di altre discipline scientifiche affini sa che non esistono "strappi" in natura e che tutte le modificazioni avvengono attraverso passaggi graduali "complicazioni progressive" come le ha definite Roger Heim.

 

Guardate le razze umane: ci sono i neri, i bianchi, i gialli.... Ma, se si osserva meglio si nota che il passaggio "bianco-nero" non è mai netto; piuttosto esistono "tappe" intermedie in cui i tratti somatici mutano lievemente, come muta il contenuto di melanina nella pelle.

Gli stessi bianchi Italiani sono cosa diversa al nord rispetto al sud e gli italiani del nord sono cosa diversa dai tedeschi, dagli svedesi: piu' si va verso nord piu' la pelle perde melanina, i capelli diventano biondi, gli occhi chiari..

 

Dunque perchè accettare la semplificazione "etero" "gay" come gabbie di un modo di essere che, nella realtà, si presenta in tante forme diverse?

 

La vera "anormalità" sta nel considerare "anormale" tutto ciò che non coincide coi valori medi o modali; soprattutto quando si parla di etica, costume e diritti della persona.

 

Altra domanda: ma l'omosessualità è una devianza?

 

In senso strettamente tecnico, se la misura di riferimento è la media bisognerebbe rispondere "si" ( la devianza è la somma del quadrato degli scarti di tutte le unità statistiche rispetto alla media) ma può anche essere "no" se la misura di riferimento nasce entro un confronto non dicotomico in cui le modalità non siano semplicemente "etero" o "gay" .

 

Ritengo che noi per primi dovremo imparare a ragionare a "colori" e adoperarci perchè si evitino deleterie semplificazioni.

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Mi sembra di ricordare che il termine "devianza" faccia riferimento ad un'inclinazione che possa produrre comportamenti antisociali. Quindi, al di là del dato statistico, l'omosessualità non potrebbe comunque essere definita una devianza, semmai una deviazione.

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La devianza, sensu strictu, è quella statistica; ed è sicuramente la migliore, in quanto fornisce una misura, un numero, che è la somma degli scostamenti di tutte le unità statistiche dalla media ( valore vero ).

 

La devianza, sensu latu, si presta a diverse interpretazioni. In sociologia per "devianza" si intendono comportamenti patologici al di fuori di quelli che vengono ritenuti "normali" o che contrastano col senso comune.

 

Mentre la devianza statistica è un dato oggettivo, quella "sociologica" è largamente soggettiva ed è fortemente condizionata dal periodo storico, dal contesto sociale, culturale, economico.

Ciò evidenzia la sua mutevolezza ed assoluta arbitarietà.

 

Sarebbe interessante introdurre un altro concetto: quello del rapporto tra omosessualità ( che brutta parola) e anomia

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Si, questo lo sapevo :look: solo che parlando di sociologia mi sembra normale fare riferimento al significato sociologico, no? E poi è un po' difficile dare un valore numerico all'orientamento sessuale, anche se non mi sento di negare che sia possibile. Magari l'hanno anche già fatto, sul tema omosessualità gli scienziati san tirar fuori certe pagliacciate...

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Temo che il valore statistico attribuibile al concetto di "norma" non solo sia privo di una qualsiasi utilità quando si parla di omosessualità (che l'eterosessualità rappresenti la norma - statistica - sessuale per l'uomo è un fatto tutto sommato privo di interesse) ma possa generare tutta una serie di malcomprensioni.

 

 

In realtà il concetto di norma non è solo statistico ma ha una connotazione tipicamente ideale e quindi anche etica.

Voglio dire che, se anche gli omosessuali diventassero "statisticamente normali" potrebbe comunque permanere l'idea di anormalità legata al "come un uomo dovrebbe essere".

 

 

Nel concetto di "normale" ed "anormale" viene cioè comunemente espresso anche un giudizio di valore tale da far assumere al termine di "anormalità" una connotazione negativa. Non è cioè possibile leggere nella frase: "l'omosessualità è anormale" una sentenza squisitamente statistica ma l'espressione di un giudizio etico fortemente penalizzante.

 

D'altra parte il termine "anormalità" lo sentiamo spesso impiegato nella definizione di patologie della psiche.

Non mi è mai capitato di ascoltare qualcuno che dicesse: "Einstein è anormale!". Per definire lo scostamento dalla media della sua intelligenza, al limite, lo si definirebbe "geniale" (con tutte le implicazioni etiche che il termine potrebbe comprendere).

 

Quindi, se proprio fosse necessario evidenziare il fatto che l'omosessualità non rappresenti il comportamento ordinario nella sessualità umana troverei più confortante sostituire il termine "anormale" con quello di "straordinario"...  :look:

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