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Fenomenologia dell'ateo devoto


Cosgrove

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“Ateo Devoto”, ma devoto a cosa? A chi? In genere la “devozione” presuppone un oggetto cui la devozione è rivolta. Non essendo Dio cosa sarà? La chiesa? Ma se è devoto a una chiesa, come può essere “devoto” a un’istituzione al cui insegnamento fondamentale non crede? Non è evidente che sono “devoti” a un’autorità dogmatica che li conferma nelle loro idee e pregiudizi?Che sono devoti solo, in ultima analisi, alle loro idees recues e non certo per sincera fede, ma per opportunismo? Una fede che amano ma che non condividono, uno di loro ha detto. Già così ha poco senso. Ma loro violentano la propria ragione, e pretendono di convincere gli altri, che la loro fede irrazionale ai diktat di un’autorità risponda a un qualsivoglia ordine razionale. Sono di una perversione tale che nemmeno Caifa e i sofisti che condannarono Socrate avrebbero potuto concepire. L’ateo devoto è un pervertito mentale, che rinnega la propria ragione senza concedersi la fede, anzi, convincendosi che la propria deviata devozione a un’autorità tirannica sul pensiero sia una forma di ragione.

Talvolta esordisce con "Non ho il dono della fede,ma..." come ha fatto D'Alema prima di prostrarsi a Bertone.Tutt'altro stile ha Ferrara:

“Può ben essere che alla fine il nostro ginocchio di atei devoti si pieghi, può ben essere che no, e per ragioni probabilmente misteriose. Quel che è certo è che nel frattempo c’è tutto lo spazio culturale, etico, filosofico e teologico per ammirare il cristianesimo, per amare la fede degli altri anche senza condividerla. Per ora è un dovere della ragione postmoderna, poi vediamo se di un imperativo di fede” (Il Foglio, 11.12.2007)

Ferrara nasconde il fatto che il suo ginocchio è già piegato in servile obbedienza, e per ragioni tutt'altro che misteriose: leccare il potente di turno rende. (E che vuol dire "probabilmente misteriose"? O sono misteriose o sono palesi) Lo stile untuoso di Ferrara elenca ragioni culturali, etiche, filosofiche e teolohgiche per "ammirare il cristianesimo".Ci sono anche ragioni storiche, umane, etiche e filosofiche per esecrare i crimini commessi in nome del cristianesimo, o di molte delle sue versioni, a cominciare da quella cattolica. Ci sono molte ragioni per dissentire dall'etica doloristica e sessuofobica cattolica. Ma Ferrara parla di "Ammirare il cristianesimo". Quale? quello cattolico, protestante, ortodosso, valdese, copto, evangelico? Li ammira tutti? O ammira solo quello cattolico prertendendo che sia il solo valido? Probabilmente è così, ma il lardoso ipocrita non lo dice. Quanto all'"amare la fede degli altri senza condividerla" è , direi, l'essenza della falsità dell'ateo devoto. E' chiaro che si tratta di un matrimonio d'interesse, come di chi sposi una donna che non si ama per i suoi soldi. La frase non ha senso: non è possibile "amare " un'idea senza condividerla. Se non la condividi, non puoi "amarla". Che un simile tartufesco atteggiamento sia "un dovere della ragione", antica, moderna o postmoderna che sia, è puro delirio. Dovere della ragione è sottoporre idee e fedi a un vaglio critico libero e indipendente da dogmi e preconcetti:e alla mia ragione, per esempio, ripugna l'untuosa doppiezza di Ferrara nei confronti di una fede che, comunque, vuole essere accettata in toto, non "amata senza essere condivisa". "Vediamo se è un imperativo?" Per chi crede nel cattolicesimo lo è già. Per me, che sono laico cristiano indipendente, non lo è: e, sinceramente, non ammiro per nulla una fede cieca sottomessa a dogmi. Ma Ferrara,ateo devoto, ammira e non condivide. Ah, spirito di Tartouffe! Molto meglio un laico credente, poichè "laicismo" vuol dire credere nella libertà di coscienza e nel primato dei Diritti Umani. Vuol dire credere nella libertà di ciascuno di professare la propria religione nel rispetto dei diritti altrui. Gli atei devoti tengono il piede in due scarpe, vogliono la botte pèiena e la moglie ubriaca. E Ferrara E' una botte piena, lo sappiamo: di presunzione e di ipocrisia, come tutti i tartufi devoti.

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Ehm, anch'io credo di essere un ateo devoto... alla chiesa cattolica, s'intende.

 

Però detesto Giuliano Ferrara :D, in tutte le sue idee, pur riconoscendogli acume e ottimo raziocinio.

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“Può ben essere che alla fine il nostro ginocchio di atei devoti si pieghi, può ben essere che no, e per ragioni probabilmente misteriose. Quel che è certo è che nel frattempo c’è tutto lo spazio culturale, etico, filosofico e teologico per ammirare il cristianesimo, per amare la fede degli altri anche senza condividerla. Per ora è un dovere della ragione postmoderna, poi vediamo se di un imperativo di fede” (Il Foglio, 11.12.2007)

 

 

Cosgrove, non condivido il modo in cui hai formulato questo topic. Il tuo è un post contro Giuliano Ferrara, essenzialmente, anche se incidentalmente citi D'Alema. E il titolo doveva menzionare Ferrara, per non dare una falsa universalità al topic. Il fatto che gli esempi che fai dell'Ateo Devoto siano tratti da giornalisti e politici famosi

conferma che tu stai pensando semplicemente a una persona, direi neppure a poche singole persone, di oggi.

 

 

Comunque vorrei fare un controesempio: Indro Montanelli, che era un liberalconservatore e si è sempre definito un uomo della Destra Storica, era ateo, ma avrebbe voluto credere - lo ha detto ripetute volte; e ha aggiunto che si conformava nella sua vita e nei suoi atti allo Stoicismo. Certo, uomo d'altri tempi, e formulazioni d'altri tempi (basti questo riferimento allo Stoicismo); e certo Montanelli non avrebbe parlato di ateismo «devoto».

 

Tornando a Ferrara, la proposizione che tu hai riportato non è così folle come sembri credere tu:

 

1. c’è tutto lo spazio culturale, etico, filosofico e teologico per ammirare il cristianesimo,

2. per amare la fede degli altri anche senza condividerla.

3. Per ora è un dovere della ragione postmoderna,

4. poi vediamo se di un imperativo di fede

 

La 1. è certamente ammissibile. Ovvio che il cristianesimo abbonda di ragioni per essere anche detestato, ma qui non si dice che il cristianesimo sia «interamente» da ammirare, ma che c'è uno «spazio» sufficiente (culturale, etico, filosofico, teologico) per ammirarlo, cioè, detto con maggiore rigore logico, che in ognuno di questi ambiti c'è almeno una ragione per ammirarlo.

 

La 2. rappresenta l'asserzione più discutibile, ma, se è fatta sul piano personale, è legittima. Questo amare la fede degli altri è un modo meno serio e diretto di dire «vorrei credere». Ma se va contraddetta, va contrastata sul piano ideologico/politico, perché è un modo insinuante di applicare il glorioso concetto di «tolleranza» snaturandone il significato (come cercherò di dire più avanti).

 

La 3. è la più interessante. Esprime un esito possibile del postmoderno: torniamo a credere. Se vuoi contestarla, devi farlo sul piano argomentativo.

 

4. La 4. lascia aperta la possibilità di una conversione. Che gli vuoi obiettare?

 

Vorrei notare che Ferrara porta alle conseguenze più chiare ed esplicite l'atteggiamento di un exmembro del PCI. Il principio fondamentale del comunismo italiano è stato che devono incontrarsi le grandi masse e le grandi tradizioni culturali politiche popolari proprie dell'Italia: Togliatti le identificò in cattolici e comunisti presentando questi ultimi anche come gli eredi della tradizione storicistica, dialettica, italiana (di qui l'odio per i liberali e i socialisti). Infatti Ferrara non può essere facilmente contraddetto, a sinistra, tantomeno da quella scioccona di RitAnna Armeni (che mi risulta essere comunista e cattolica), perché una contraddizione seria con Ferrara non farebbe affatto comodo a un comunista o a chi proviene da quella tradizione (che Ferrara conosce benissimo). Del resto lo stesso Bertinotti non esclude la possibilità di una conversione. E moltissimi uomini dell'exPci manifestano la più grande considerazione (in alcuni casi ammirazione: mi riferisco allo stesso Bertinotti) per l'ex papa a tal punto che Weltroni voleva intitolargli la Stazione Termini (tanto per dirne una).

 

Ferrara può invece essere contraddetto, criticato ed eventualmente svergognato, da un'ottica liberale e laica.

 

In particolare la 2. - che è la proposizione più discutibile - parte da un'utilizzazione in versione distorta e bastarda del concetto di «tolleranza», che snatura del tutto, perché lo mischia con un «amare» la fede non-condivisa, impensabile nell'ottica della «tolleranza» liberale, la quale non «ama» affatto il non-condiviso, ma semplicemente lo riconosce come altro da sé da non negare, da non violentare, da rispettare nelle sue manifestazioni, garantendone anzi la libertà d'espressione. 

 

Allora, se Ferrara è sincero - è un confusivista.

Se non è un confusivo, la sua è solo una posizione politica (da me ovviamente non condivisa, ma legittima in quanto tale). In ognuno dei casi la 2. può essere confutata solo partendo dal concetto liberale di tolleranza, che, ci vuol poco a capirlo, porterebbe ad escludere in primo luogo la 4., e poi anche la 3.

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Montanelli era un vero laico, e non avrebbe mai parlato di ragione e fede nel modo contorto e insincero in cui ne parlano D'Alema e Ferrara. Per quanto mi riguarda, sono d'accordo sul fatto di ammirare il Cristianesimo, chje è anche la mia religione (sono "cristiano indipendente")  per il molto che ha avuto di positivo, quello che non ammiro affatto è il dogmatismo integralistico di certe sue manifestazioni. Gesù è e rimane un Grande Maestro di etica anche dal punto di vista umanistico. Come non ammirarlo? Ma, scusami, cosa vuol dire"amare  la fede altrui?" Ho l'impressione (potrei sbagliarmi) che in realtà, gli atei devoti, di cui Ferrara è un capofila, quindi piuttosto rappresentativo,  "amino" la morale  cattolica e la fede cattolica (che NON esaurisce il Cristianesimo, è solo una forma di cristianesimo) perchè li conferma nei loro pregiudizi. Stop. E io credo ch la Ragione non riconosca nessun imperativo e nessun dovere. se se non quelli del'etica naturale  e dell'onestà e non parzialità nell'esame critico. Ferrara vuol farci credere che la Ragine condurrebbe "naturalmente" alla sottomissione ai dogmi cattolici e a credere nelle sparate medievali di Ratzinger e nelle imecillità omoobiche della Binetti. E' qui la sua ipocrisia,. Nel voler dar da bere assurdità ai suoi lettori. E così tutto il movimento degli atei devoti, di cui lui è un capofila, diventa sospetto.

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Per quanto riguarda Ferrara, credo si possa tranquillamente dire che la sua posizione sia esclusivamente politica.

 

D'altronde Ferrara, a sentir lui, è stato Comunista ( in un modo diverso dai coetanei extraparlamentari e post-sessantottini degli anni della contestazione: da cui si deduce che per Ferrara essere comunista voleva dire essere contro la contestazione giovanile...), poi Socialista Craxiano, agente della CIA ( attenzione egli a suo dire spiava e informava circa il suo partito...) Liberalsocialista laico e massone( ci scommetterei...), Liberista ed infine ateo devoto ( opus dei? ). Non possiamo obliterare che teoricamente negli anni '80 Ferrara sarebbe stato PURE un laico!!

 

Semplicemente per Ferrara, Pera ed altri, credo che si intenda la religione come un elemento di passaggio dal liberalismo al conservatorismo.

 

Ferrara non ama affatto la morale cattolica, perchè è amorale e non nutre alcun pregiudizio ( è il tipo che ti dice tranquillamente che ha avuto relazioni omosessuali e poi però sposa tranquillamente le tesi cattoliche ). Ferrara apprezza del cattolicesimo l'aspetto ideologico, la capacità di dire cose politiche sulla società, di stampo conservatore.

 

La domada che dovremmo porci è: perchè?

 

La cosa iniziò col referendum, vinto dalla chiesa, quando nel silenzio ambiguo di Berlusconi, che poi non votò ma rimase defilato, gran parte del suo partito si ascrisse attivamente al partito di Ruini.

 

Ferrara secondo me capisce due cose. La prima che Berlusconi è un apolitico, in quel momento in calo e forse alla fine ( poi i fatti contraddiranno questa ipotesi ) la seconda che il liberismo economico non può riempire questo vuoto politico SE si vuole durare OLTRE Berlusconi ( perchè la sinistra a dispetto di demonizzazioni propagandistiche esprime politiche finanziarie monetariste: Ciampi, Padoa Schioppa etc. etc. e la destra di fatto è costretta alla politica democristiana dei condoni che è uno sgamotto...però!) la terza che in Italia un partito veramente liberale e di massa non ha spazio politico e quindi bisogna inventare altro: non potendo Forza Italia essere populista come la lega sarà un partito conservatore.

 

La chiesa fornisce a Ferrara la capacità di tornare a parlare di politica, che è ciò che gli piace.

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D'altronde Ferrara, a sentir lui, è stato Comunista ( in un modo diverso dai coetanei extraparlamentari e post-sessantottini degli anni della contestazione: da cui si deduce che per Ferrara essere comunista voleva dire essere contro la contestazione giovanile...),

 

Ferrara è stato notoriamente del PCI. E la sua posizione era perfettamente allineata a quella del PCI che era contro la sinistra extraparlamentare. Fin dall'inizio, con l'espulsione del gruppo del Manifesto, e poi durante il 68 ma soprattutto ben dopo.

 

Ma, scusami, cosa vuol dire"amare  la fede altrui?" Ho l'impressione (potrei sbagliarmi) che in realtà, gli atei devoti,  [...] "amino" la morale  cattolica e la fede cattolica [...] perchè li conferma nei loro pregiudizi. Stop.

 

Ferrara vuol farci credere che la Ragione condurrebbe "naturalmente" alla sottomissione ai dogmi cattolici

 

Credo che il ragionamento di Ferrara sia piuttosto di tipo storicista e basato su una risposta alla modernità o meglio contemporaneità di stampo conservatore, non liberale, e lo stampo conservatore è presente nella tradizione anche del PCI, e in questo Ferrara è coerente con la sua formazione di base: per esprimermi con un facile esempio, la sua ideologia è oggi quella di un Pd di destra. Non credo che pensi che la Ragione conduca necessariamente alla sottomissione ai dogmi cattolici, ma che questi ultimi sono instrumentum regni, da recuperare, e d'altra parte antidoto a una contemporaneità iperpopolata, incontrollabile e priva dell'autoregolamentazione dei Valori. 

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A una contemporaneità libera, vuoi dire. I nuovi Valori sono i Diritti Umani!

 

Non vorrei che tu equivocassi: io sto cercando di ricostruire il ragionamento di Ferrara, non condividendolo affatto. Che i nuovi Valori siano i Diritti Umani siamo in pochi a pensarlo! Credo che già far passare l'idea che i nuovi Valori siano i Diritti Civili sia impresa titanica, anche se io ho fiducia nei Paesi laici, e che hanno una classe politica e specularmente un elettorato onesti e rigorosi, liberi i secondi, rigorosa e non truffaldina la prima.

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Ciò che intendevo dire, è che è stato comunista in modo diverso dai coetanei della sua generazione, per come lui stesso si descrive.

( "a sentir lui..." intendevo riferirlo alla parentesi )

 

Per lui essere comunista non implicava alcun atteggiamento antagonistico, d'altronde aveva studiato a Mosca, era una eredità familiare.

Per intenderci niente a che vedere con un Liguori che passa dagli indiani metropolitani a Comunione e Liberazione e approda naturaliter a Berlusconi.

( vabbè Liguori non ha il livello di un Ferrara, ma anche Lerner o Sofri hanno itinerari diversi da Ferrara e tutti fra di loro simili...)

 

D'altronde non possiamo negare che sia stato notoriamente laico e socialista e poi notoriamente liberale.

Quindi si tratta di capire, al di là del notorio, come lui ha vissuto questi passaggi, se non vogliamo limitarci a dire, ipotesi possibile, che è un cinico

ed un servo del potere di turno. Lui è orfano dell'ideologia marxista dal 1980, non credo quindi che possa essere collegato il 2001 al 1980, saltando ciò che sta nel mezzo. Ma non torna neanche biograficamente perchè per Ferrara l'abbandono del PCI è la castrazione paterna, l'atto di indipendenza di una vita.

 

Cosa ci sta nel mezzo? Non il liberalismo in quanto tale, a cui Ferrara per formazione non ha mai creduto, su questo concordo, ma il riformismo laico craxiano. Ovvero un progetto politico di modernizzazione del paese, contrapposto proprio a PCI e DC. Quindi l'abbandono del laicismo coincide a mio avviso con l'abbandono del riformismo ( diventato nel frattempo liberista nel clima dell'ottimismo clintoniano, degli anni '90 ) e l'idea di poter modernizzare il paese ( transitata da Craxi a Berlusconi o comunque

come tale, reclamata, all'inizio, da Berlusconi )

 

Alle spalle del PD c'è un accordo di potere ( chiaramente ritenuto ideologicamente possibile, auspicabile, produttivo...) Ma la logica politica è quella di due gruppi politici che si uniscono: è una "operazione politica". L'opzione di Ferrara, Pera etc. non trova corrispondenza a destra con l'UDC, si parla direttamente al Vaticano non a Casini, questa non è quindi una operazione politica, ma un progetto politico. In entrambi i processi il laicismo latita...però sono due cose diverse.

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  • 4 weeks later...

Credo che per comprendere un personaggio ingombrante ( in tutti i sensi) come  Giuliano Ferrara si debba tenere conto di ciò che avvenne entro il PCI negli anni immediatamente precedenti alla morte di Enrico Berlinguer.

 

Nella primavera del 1976 Berlinguer prende la parola al XXV congresso del PCUS e proclama che: "la spinta propulsiva della Rivoluzione d'Ottobre si è esaurita"

Quella presa di posizione consumò la rottura in seno al Comitato Centrale del PCI. Da una parte Armando Cossutta ( difensore dell'attualità dell'Urss e del suo valore politico) e Giorgio Napolitano dall'altra, che insisteva per un pronunciamento ancora piu' aspro con conseguente rottura di ogni rapporto col paese capofila del "socialismo reale", rappresentavano il nuovo scenario del piu' grande partito comunista dell'occidente

 

I "Miglioristi" di Napolitano spingevano il partito per riaqvvicinamento ai socialisti ( pessimi i rapporti  in quel momento; basti ricordare lo scontro vivace tra Craxi e Berlinguer su Marx e Proudon ) Una parte di costoro, Giampiero Borghini per esempio andarono anche "oltre" avvicinandosi alle posizioni del "polo".

 

Prima di Ferrara, ci fu anche Massimo Caprara, per 20 anni segretario personale di Togliatti, deputato per quattro legislature del PCI, poi convolato a giuste nozze con il Polo della Libertà (" si è bevuto il cervello", diranno di lui molti compagni)

 

Per tacere di Achille Ochetto che dopo le faide interne approdò all'infausta alleanza con Antonio di Pietro o Diego Novelli ( padre putativo di Ferrara a Torino) che con Orlando mise in piedi "la Rete"

 

In altre parole la diaspora comunista favori una pletora di comportamenti che andavano dal riavvicinamento ai socialisti a quelle votate all'alleanza organica coi cattolici ( tema caro a Berlinguer ) a posizioni piu' a destra con esperienze antitetiche a quelle della sinistra; con espressa abiura anche di valori.

 

Ferrara è figlio di queste contraddizioni. Ovviamenti ci ha messo del suo; ma non è certo un self made man.

E' un orfano del PCI che dopo l'otto setttembre di questo partito ha preso una strada, dove altri compagni ne hanno preso delle altre.

Prima di ogni altra cosa Ferrara è uno sbandato, un "ateo devoto" in quanto naufrago di una nave alla deriva.

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