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Matrimonio e Pacs in ottica gay


Almadel

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Sante parole.

Diciamocelo in faccia!

Il Matrimonio non è una assurda convenzione ETEROSESSUALE; è solo un'assurda convenzione.

 

Distruggere il Matrimonio Civile rimane, per me ancora adesso, una mirabile conquista di "liberazione eterosessuale"

perchè ricordiamo0ci che sono proprio i nostri amici etero le vittime di questo sistema incosciente di contrattualizzare i sentimenti.

 

L'abolizione però non ha alcun senso; il "proibizionismo" è sempre la strada sbagliata.

 

Io sono ancora oggi per:

1) La frammentazione del diritto matrimoniale in contratti separati

(reversibilità della pensione - affido dei figli - comunione dei beni - contratto di affitto - obblighi di mantenimento)

2) La fine del vincolo alla dualità

(reversibilità della pensione verso un gruppo - comunione di gruppo dei beni - contratto d'affitto multiplo)

3) La fine della pretesa dei "sessi differenti"

Ovvero l'estensione di detti contratti anche a persone dello stesso sesso

4) La fine dell'impegno alla sessualità 

Nessuno di questi contratti dovrebbe essere legato al fatto che i contraenti facciano o meno sesso tra loro; dovrebbe essere valido anche per amici e fratelli oltre che per amanti più o meno stabili. Quindi non avrebbe alcun senso negarli a due fratelli per timore dell'incesto...

5) La facilità a sciogliere questi contratti

Rinnovabili ogni biennio, senza spese...

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Storicamente, il Matrimonio è quella istituzione che ha sancito e reso possibile la rinuncia da parte dell'uomo all'omosessualità, ovvero lo sradicamento dell'omosessualità maschile dalla sfera del naturale (che è ciò che la legge il costume e la cultura denominano «natura») e del lecito. Ed è il matrimonio dei Romani poi benedetto dal cristianesimo. Di fronte a questa scena originaria, ci sono due strade possibili: una utopistica, consistente nell'assoluta distruzione del matrimonio in quanto tale, l'altra riformistica consistente nel sottrargli l'esclusività per la quale fu creato. Quest'ultima, in Italia, è altrettanto utopistica, d'accordo...ma in un altro senso.

 

Perché dico utopistico riferendomi alla prima alternativa?

Perché la distruzione/frammentazione/disinnescamento/polverizzazione (la quale, caro Almadel, dovrebbe sempre partire da una «abolizione/proibizione», perchè abolirebbe/proibirebbe il MC noto e lo renderebbe precluso a quanti lo desiderano) non fa i conti con i «desideri» che la Storia (del costume, delle istituzioni) ha creato. Con il fatto che il singolo dovrebbe combattere con una sociatà millenaria e già data che parla quel linguaggio. Con il fatto che non si torna indietro nella Storia. 

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...... ci sono due strade possibili: una utopistica, consistente nell'assoluta distruzione del matrimonio in quanto tale, l'altra riformistica consistente nel sottrargli l'esclusività per la quale fu creato. Quest'ultima, in Italia, è altrettanto utopistica, d'accordo...ma in un altro senso.

 

...... il fatto che non si torna indietro nella Storia.....

 

Purtoppo la Storia e' lunga millenni, la mia vita al massimo arrivera' ad un secolo (ottimista, vero???  :sbav: ) e non ho tempo di aspettare un altro paio di millenni per arrivarre alla distruzione assoluta del matrimonio.

 

Auspicherei al matrimonio, come in Spagna, ma essendo utopistico pure questo in Italia, una legge decente sulle coppie di fatto sarebbe auspicabile (e non penso certo ai Dico).

 

Con una legge anche per noi, da un punto di vista dei principi e dei diritti rimarremmo in una condizione di discriminazione, ma pragmaticamente riusciremmo a tutelarci, e cominceremmo anche ad ESISTERE per una societa' che oggi ci ignora totalmente.

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la mia vita al massimo arrivera' ad un secolo (ottimista, vero???  :sbav: ) e non ho tempo di aspettare un altro paio di millenni per arrivarre alla distruzione assoluta del matrimonio.

 

Auspicherei al matrimonio, come in Spagna, ma essendo utopistico pure questo in Italia, una legge decente sulle coppie di fatto sarebbe auspicabile (e non penso certo ai Dico).

 

Con una legge anche per noi, da un punto di vista dei principi e dei diritti rimarremmo in una condizione di discriminazione, ma pragmaticamente riusciremmo a tutelarci, e cominceremmo anche ad ESISTERE per una societa' che oggi ci ignora totalmente.

 

 

Sono d'accordo con te Dago, purché con legge decente sulle coppie di fatto tu non alluda a un istituto-ghetto, specifico per gli omosessuali, ma a un Pacs senza differenza di sesso e orientamento sessuali per tutte le coppie

contraenti.

 

Poi perché vuoi vivere al massimo un secolo quando puoi sperare di superarlo?!?  :eek:

 

 

 

PS: esistere, esistiamo già, e siamo anche ben visibili: esistere con più riconoscimenti, questo è il problema.

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purché con legge decente sulle coppie di fatto tu non alluda a un istituto-ghetto, specifico per gli omosessuali, ma a un Pacs senza differenza di sesso e orientamento sessuali per tutte le coppie

contraenti.

 

Pensavo ad un PACS!  :sbav:

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Io ho un Progetto e una pragmatica.

 

Sul progetto non torno, ma la prassi è semplice, caro Isher.

Non si tratta affatto di abolire il Matrimonio, si tratta di "polverizzarlo" in contratti distinti e distintamente rinnovabili.

 

Quello che la gente vuole è il Rito: l'abito bianco, gli invitati e il prete/sindaco.

Nulla di questo verrebbe toccato.

Formalmente chi volesse potrebbe ancora sposarsi in Chiesa, mettere cinque firme e scambiarsi l'anello.

 

Saranno le generazioni successive che - possedendo gli strumenti - decideranno liberamente in quali modo organizzare la loro socialità.

 

Fino ad allora ogni formulazione più liberale dell'attuale sarà gradita.  :sbav:

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Trovo il tuo Progetto perfetto, per polverizzare il matrimonio.

 

Le obiezioni potrebbero essere due.

 

Se, per instaurare nuove forme e contratti di socialità, si abolisce il Matrimonio civile, si consegna quest'ultimo alla Storia come Istituzione Eterosessuale discriminante gli omosessuali. Meglio sarebbe prima estendere il Matrimonio civile a tutte le coppie senza distinzione di sesso e poi abolirlo (questa obiezione, molto intelligente, non è mia, ma di Equal).

 

La mia, già esposta, era che se polverizzi il matrimonio impedisci a chi vuole sposarsi civilmente secondo l'attuale formula di poterlo fare. Tu mi rispondi che chi vuole sposarsi religiosamente potrebbe farlo (ci mancherebbe) ma io parlo proprio del matrimonio civile. E poi, sei sicuro che il «desiderio» di contrarre matrimonio civile risieda solo nel rito, la festa e gli anelli? Io non credo.

 

A parte questo, io sarei stradisposto ad assumere i tuoi 5 punti come qualificanti proprio i Pacs. Così concepiti, li troverei entusiasmanti. Diciamolo, i Pacs come mero doppione matrimoniale non entusiasmano.

 

Disgraziatamente, la storia recente dei Pacs in Francia dimostra che proprio gli elementi che non ricalcavano fedelmente la formula matrimoniale (coppia, sessualmente definita) furono avvertiti dai movimenti gay stessi come un minus, da respingere. Dopo, (alcuni) si sono accorti che in quegli elementi differenziali (un qualunque «paio», e non «coppia», di contraenti) potevano avere una portata innovativa e rivoluzionaria estrema!

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Vabbè è chiaro che l'ottica di Almadel non è strettamente da intendersi nel senso della militanza gay, ma di rivoluzione complessiva.

 

Circa la scomposizione del matrimonio, che lascerebbe la possibilità di mantenere gli aspetti cerimoniali e l'istituto, per chi lo voglia, è ovviamente una soluzione ingegnosa ( come sommatoria di contratti collegati? perchè l'istituto matrimonio tecnicamente rimarrebbe se si consentisse l'opzione di collegare fra loro i subcontratti agli effetti della risoluzione del rapporto, altrimenti sarebbe una fictio iuris perchè non ci sarebbe più l'unico contratto, ma solo la sommatoria materiale di effetti giuridici riconducibili a più contratti, non so se mi sono spiegato... :sbav: )

 

Tuttavia per rispondere ad almadel bisogna uscire dall'ottica militante e chiedersi SE esistano altre ragioni per il matrimonio che non quelle dei gay

 

1) potrebbe essere la necessità laica di appropriarsi di uno schema ecclesiastico ( codice napoleone ) nell'ambito di un conflitto storico ( non a caso contemporaneamente lo stato avoca a sè il cd. stato civile l'anagrafe, fino ad allora prerogativa parrocchiale...

 

Questo punto pone il problema: se la società "respinge" la riforma, la chiesa potrebbe guadagnare terreno?

 

2) c'è poi l'esigenza di interrogarsi sul concetto di famiglia. Tralasciamo i discorsi moralistici e tradizionalisti, chiaramente li sparano pure contro i DiCo...figuriamoci in hp. di poligamia. Resta un punto : un certo concetto di famiglia, giuridicamente risale al diritto romano ( come pure certe limitazioni alla libertà testamentaria e certe tutele legali della donna ) a quali esigenze risponde questo concetto sociale e legale di famiglia?

 

Io direi:

 

la tutela del contraente debole ( donna vs marito ; padre vs. figli ) il massimo della libertà individuale può corrispondere

al massimo della libertà di chi possiede, poteri e mezzi...

 

il mantenimento dei patrimoni ( che è il meccanismo base dell'accumulazione del Capitale originario ) cioè quello che i cattolici moralisticamente

chiamano "funzione solidaristica della famiglia" in termini economici può essere meglio descritto e spiegato come unitarietà di un patrimonio

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Caro Isher,

emergono da quanto scrivi una enorme quantità di temi che sono andati sviluppandosi e definendosi (almeno per quanto mi riguarda) sia nella mia militanza nei gruppi di antagonisti del movimento gay (sono temi intrattabili nella generalista ArciGay) sia nei lunghi scambi di opinioni che abbiamo avuto insieme in questa e in altre sedi, con contributi di pregio (la citazione di Equal è inevitabile).

 

Ci stiamo avvicinando a un Manifesto? :sbav:

 

Io sento molto la discontinuità tra la mia presenza "come omosessuale nel Movimento di Liberazione Sessuale" e il mio rappresentarmi "come libertario nel Movimento Omosessuale".

Il caso dei PACS vissuti come poco "omosessualisti" dalla Comunità, ne è un esempio.

Esemplare è anche il nostro imbarazzo di fronte alle istanze congiunte di "parificazione del cittadino omosessuale a quello eterosessuale" e il riconoscimento che il Matrimonio rappresenta un ostacolo alla liberazione sessuale tout-court.

 

Questa discontinuità tra Parità e Libertà spesso è, per me, esasperante.

Posso credere che nasca da un mio tentativo di accogliere nel mio pensiero un concetto - quello di Parità - che considero d'istinto essere "borghese"?

O forse, al contrario, è il mio feticcio della Diversità a essere "elitario"?

Che dramma ridicolo della sinistra estrema: in bilico tra il Figlio dei Fiori e il Sovietico...

 

Isher, forse saprai meglio di me rianalizzare questi eventi in una prospettiva liberale...

Eppure non mi pare che nemmeno in essa sia possibile compiere il passo decisivo.

La Comunità Omosessuale offre il suo contributo chiedendo che sia esteso anche ad essa un diritto; però rimane la sensazione che questa non sia la formula (come se i Neri volessero la parità coi Bianchi, invece di chiedere la fine della discriminazione razziale; delegando di fatto ai Cinesi una nuova battaglia, fino a che la Comunità con meno mezzi sarà destinata a subire tale discriminazione).

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Hai rimosso la parola uguaglianza e l'hai sostituita con parità... :sbav:

 

Ovviamente stiamo parlando di uguaglianza formale ( di fronte alla legge ) del concetto liberale di uguaglianza

non dell'uguaglianza sostanziale. Questo per chiarezza terminologica...

 

Parità invece è un concetto diverso, non riferibile all'accesso ad un istituto, ma semmai ai diritti individuali

che possono essere di pari valore pur se contenuti in diversi istituti giuridici ( un concetto su cui ho lungamente

discusso solo per tentare di spiegare che quantomeno logicamente se ne debba riconoscere l'esistenza )

 

Può esserci parità senza uguaglianza formale, non può esserci uguaglianza formale senza parità

 

La libertà, è una cosa. La liberazione è un'altra cosa...

Sono due concetti diversi.

 

Soprattutto quando la libertà non sia intesa in senso istituzionale ( ordinamento democratico ) ma come il risultato della sommatoria

dei diritti le due cose possono tranquillamente non coincidere.

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Guest equalmarriage

Ciao a tutti!

 

Sono al 100 per cento d'accordo con Isher. Risposte ineccepibili.

A proposito... grazie x la citazione  :sbav:

 

@Almadel

il riconoscimento che il Matrimonio rappresenta un ostacolo alla liberazione sessuale tout-court.

 

Non sono d'accordo. Sarebbe invece un incentivo alla liberazione sessuale tout-court.

La conquista del Matrimonio da parte dei gay abbatterebbe in modo radicale l'omofobia diffusa, nonchè gli stereotipi basati sull'orientamento sessuale e la stessa appartenenza ad un sesso piuttosto che ad un altro. Contribuirebbe fortemente insomma a scardinare insomma tutto quell'insieme di luoghi comuni e diffidenze verso le differenze sessuali che è alla base delle numerose reistenze di una grossa parte della collettività a liberarsi sessualmente e anche sperimentare cose nuove (giochi in cui ci si scambia di ruolo, sadomaso, fetish, esibizionismo, sesso di gruppo, ecc).

 

@Hinzelmann

Ovviamente stiamo parlando di uguaglianza formale ( di fronte alla legge ) del concetto liberale di uguaglianza

non dell'uguaglianza sostanziale.

 

No. Senza conquista del Matrimonio non ci può essere quella che tu chiami uguaglianza sostanziale. Nessuna istituzione alternativa -a maggior ragione una istituzione ghetto come ipotizzavi altre volte- può dare equivalenti conseguenze anche quotidiane dal punto di vista relazionale, sociale, emotivo, psicologico. Nessuna istituzione alternativa può sostituirsi al rispetto del diritto, che non posso che definire sostanziale, a non essere esclusi senza valido motivo, a non essere privati delle conseguenze quotidiane che solo il matrimonio dà, a non essere limitati in "altro", marchiati quindi come altro rispetto al resto della collettività, avulsi dal resto dell'umanità, degni al massimo scimmiottare gli altri.

 

Parità invece è un concetto diverso, non riferibile all'accesso ad un istituto, ma semmai ai diritti individuali

che possono essere di pari valore pur se contenuti in diversi istituti giuridici ( un concetto su cui ho lungamente

discusso solo per tentare di spiegare che quantomeno logicamente se ne debba riconoscere l'esistenza )

 

Ogni istituzione alternativa, soprattutto se ghettizzante, sarebbe inferiore. Quindi per definizione non "pari".

Vedi quanto ho appena scritto sopra.

 

 

-

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Sotto un profilo terminologico l'uguaglianza sostanziale non ha niente a che vedere con la parità ( la citavo incidentalmente ad Almadel ma in relazione ad un discorso tutto interno all'essere di sinistra, perchè lui opta per il massimo di libertà individuale e rimuove l'uguaglianza dal discorso

per non apparire troppo anarco-liberista)

 

In effetti come dicevo, qui si giustappongono dei concetti formali ( tutti formali ): uguaglianza formale, parità intesa come equivalenza formale, libertà individuale formale. ( sul discorso della parità : continui a rifiutarne l'esistenza , ma lascerei stare è evidentemente più forte di te, non riesci a distinguere il piano del giudizio di valore, dal piano dell'esistenza di un concetto, che purtroppo esiste al di là della tua opinione in merito!! )

 

Detto questo, nella realtà se io e te contrattiamo siamo formalmente uguali, ma questo non significa che abbiamo lo stesso potere di contrattazione materiale....per questo la legge pone dei limiti alla autonomia contrattuale ( tipizzando i contratti, imponendo norme inderogabili etc. etc. )

Questo è il problema della uguaglianza sostanziale che giustifica le intrusioni legali nell'autonomia privata e che corre alle spalle di tutti e tre i concetti formali di cui sopra, quindi si può dire sia un argomento neutrale, ma non eludibile.

 

Circa l'efficacia emancipante dell'apertura dell'accesso al matrimonio.

Il discorso non è un discorso di libertà ma di liberazione.

 

Il massimo della libertà certamente sarebbe la possibilità di fare quel che dice Almadel, ma bisogna vedere se a questo massimo di libertà corrisponde

l'effetto massimo di liberazione.

 

Al contempo si può ritenere in via di ipotesi, che l'apertura del matrimonio ai gay ne alimenti invece la sessuofobia ed abbia l'effetto di conformarli ad uno stereotipo eteronormativo dei rapporti sociali. Cioè che il matrimonio produca un effetto conformistico e non emancipante sui gay.

 

Però e questo secondo me è l'elemento di debolezza reale del discorso di Almadel...tu puoi temere l'assimilazione se hai un concetto forte di identità, altrimenti esci dal discorso della militanza gay e pieghi la questione omosessuale ad un discorso esterno, quello della rivoluzione antiborghese

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Guest equalmarriage

qui si giustappongono dei concetti formali ( tutti formali ): uguaglianza formale, parità intesa come equivalenza formale, libertà individuale formale. ( sul discorso della parità : continui a rifiutarne l'esistenza , ma lascerei stare è evidentemente più forte di te, non riesci a distinguere il piano del giudizio di valore, dal piano dell'esistenza di un concetto, che purtroppo esiste al di là della tua opinione in merito!! )

 

Detto questo, nella realtà se io e te contrattiamo siamo formalmente uguali, ma questo non significa che abbiamo lo stesso potere di contrattazione materiale....per questo la legge pone dei limiti alla autonomia contrattuale ( tipizzando i contratti, imponendo norme inderogabili etc. etc. )

Questo è il problema della uguaglianza sostanziale che giustifica le intrusioni legali nell'autonomia privata e che corre alle spalle di tutti e tre i concetti formali di cui sopra, quindi si può dire sia un argomento neutrale, ma non eludibile.

 

Hinzelmann...

Non è che non distinguo giudizi di valore dall'eststenza di un concetto...

E' che qualsiasi unione alternativa sarebbe impari. Nonostante quanti e quali conseguenze legali essa promettesse sulla carta. Non la posso ritenere equivalente, proprio perchè darebbe per forza meno rispetto al matrimonio (non darebbe intangible benefits allo stesso livello) e, nel caso fosse solo per gay, sarebbe addirittura un qualcosa che andrebbe palesemente contro la dignità delle persone/coppie omosessuali, portando stigmatizzazione, inferiorizzazione (insomma aggiuntivi svantaggi).

Non posso analizzare una ipotetica unione alternativa solo per quello che essa potrebbe promettere sulla carta.

 

Una unione alternativa per esser considerata equivalente dovrebbe portare risultati allo stesso livello del matrimonio.

Essa non lo può fare. Proprio per sua natura.

 

Il tuo voler esonerare la sostanza non credo sia corretto: io sto parlando di sostanza.

 

Detto questo... se vuoi lasciar stare il discorso no problem.

 

Al contempo si può ritenere in via di ipotesi, che l'apertura del matrimonio ai gay ne alimenti invece la sessuofobia ed abbia l'effetto di conformarli ad uno stereotipo eteronormativo dei rapporti sociali. Cioè che il matrimonio produca un effetto conformistico e non emancipante sui gay.

 

Sì... proprio in via di ipotesi. Del tutto assurda: in tutta sincerità mi sembra quantomeno stravagante l'ipotesi secondo cui l'abbattimento di una esclusione omofobica, basata su una concezione obsoleta e fobica della sessualità umana, e che alimenta pregiudizio omofobico e stereotipi omofobici ma anche sessisti, possa comportare aumento di sessuofobia, sessismo.

 

 

-

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Al contempo si può ritenere in via di ipotesi,

che l'apertura del matrimonio ai gay ne alimenti invece la sessuofobia

ed abbia l'effetto di conformarli ad uno stereotipo eteronormativo dei rapporti sociali.

Cioè che il matrimonio produca un effetto conformistico e non emancipante sui gay.

 

 

Hai detto in realtà tre cose diverse, non una sola.

Capisco che il matrimonio gay potrebbe indurli a conformarli a una serie ipotizzabile di comportamenti tipicamente eterosessuali, ma non capisco perché ne dovrebbe alimentare la sessuofobia. Spiega.

 

Poi dovresti spiegare cosa precisamente intendi per effetto emancipante.

O era solo una ridondanza per "effetto conformistico" in generale (valori, comportamenti)?

 

 

 

 

In linea generale, e qui non mi riferisco a nessuno degli intervenuti nel topic, credo che sia pernicioso non distinguere nelle nostre rivendicazioni «libertà» e «liberazione sessuale» o pensare che le due cose coincidano o possano quasi automaticamente coincidere. La novità degli ultimi 15 anni è semmai di aver finalmente pensato il peso e il riconoscimento della persona omosessuale (non voglio parlare di liberazione), sempre diminuita dalle società post Christum natum, all'interno delle strutture del diritto. E' in quelle che noi siamo sempre dei desaparecidos. La libertà e la liberazione concesse ai margini del consorzio civile ci sono da sempre concesse, anzi regalate, anzi imposte.

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Il discorso è molto complicato, denso ovviamente, non ho mai pensato di poter essere capace di dire una cosa sola...in un'unica frase!

 

Intanto faccio una premessa. Se rimaniamo nell'ambito del giuridico, la forma è "sostanza". Cioè quando io parlo di concetti formali, parlo di concetti forti, giuridicamente forti...semmai è la uguaglianza sostanziale che è un concetto giuridicamente debole o problematico. Questo ovviamente lo dico perchè ho l'impressione che Equal intenda formale come un minus rispetto a "sostanza", invece vale il contrario ( tanto è vero che la cd. u. sostanziale rappresenta un correttivo legale o un limite posto ad un principio generale di libertà formale )

 

Ma non vorrei ulteriormente complicare... :sbav:

 

Il discorso sulla efficacia emancipante io lo introducevo in relazione o corrispondenza al concetto di liberazione ( distinto dalla sommatoria di libertà )

senza nessuna specificazione sessuale ( quello è un discorso di almadel ) l'apertura del matrimonio libera, emancipa, al di là delle libertà che effettivamente attribuisce. In primo luogo perchè cambia l'idea eterosessuale E degli eterosessuali ( le due cose sono entrambi importanti )

quindi realizza potenzialmente il massimo di inclusione, rispetto ad un massimo di esclusione sociale ( la situazione attuale )

 

Poi formulo una ipotesi dialettica.

 

In fondo una libertà è una opportunità che ci viene concessa, la chance di fare qualcosa che prima ci era precluso deve essere saputa usare.

Questo è il profilo relativo ad un tendenziale pericolo: l'assimilazione conformistica.

 

Il discorso sessuofobico ce l'ho messo per ricollegarmi ad almadel il quale mi pare implicitamente ipotizzi che in Italia vi sia bisogno di una liberazione sessuale. Rispetto a tale idea io sono critico perchè so che almadel fa coincidere ed esaurire in questo apetto il concetto di identità gay ( onestamente mi pare una posizione datata: l'emersione storica della questione omosessuale nella rivoluzione sessuale... ) La cappa cattolica sessuofobica in Italia c'è, ma l'identità gay è o dovrebbe essere di più ( ecco il conformismo che ci aggiungo io )

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Condivido la considerazione secondo la quale si è più liberi quando si può scegliere.

 

Da questo punto di vista credo che la presenza dell'istituto matrimoniale risulti vitale sia per chi, come Almadel, ne vorrebbe la polverizzazione (molto più potentemente raggiunta nella non-scelta di sposarsi piuttosto che non nell'abbattimento dell'istituto giuridico), sia per chi ritiene che l'allargamento alle coppie omosessuali possa rappresentare un importante traguardo di emancipazione.

 

Ciò detto, mi piacerebbe riprendere la Rule evidenziando una prospettiva partendo dalla quale potrei finire per rivalutare un'affermazione che, inaccettabile in sè, comporta comumque per il sottoscritto la necessità di una riflessione:

 

non è che proprio questa spinta all'omologazione giuridica e sociale potrebbe privare gli omosessuali di quella angolatura un po' unica che proprio la consapevolezza di essere "contro" un sistema predefinito permette di costituire ed alimentare?

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Hinzelmann:

Il discorso è molto complicato, denso ovviamente, non ho mai pensato di poter essere capace di dire una cosa sola...in un'unica frase!

 

 

Isher:

Ma il mio non era un biasimo. Volevo capire meglio le varie articolazioni. Ora capisco meglio anche perché

emerge con più chiarezza che parlavi contemporaneamente a più persone, ad asempio ad Almadel.

 

Le libertà e opportunità che il matrimonio fornisce agli/alle omosessuali sono tantissime: «mi sposo e me ne vado!» è la prima e più semplice. Poi Equal batte giustamente sempre, e anch'io lo faccio, sui «benefici immateriali» provenienti dal godimento del diritto a sposarsi, formare una famiglia, essere riconosciuto quindi come cellula base dell'organizzazione sociale, al pari degli eterosessuali. Sul conformismo ho una posizione ambivalente. Da un lato dò per scontato che ciò possa accadere; dall'altro vedo una continua interazione tra modi e modelli anche di vita etero/omo e mi domando allora se la realtà non proceda più velocemente e in modo più complesso di quanto le nostre preoccupazioni, inevitabilmente "bloccanti", riescano a immaginare. Inoltre il Conformismo è come il Potere: è talmente attivo e pervasivo che non soltanto agisce tramiti Istituti, modelli, ma li plasma e li determina ancor prima, talché non c'è modello o stile di vita che non sia o non possa diventare conformistico - allora diventa inutile puntare il dito solo sulle forme storicamente già note, in sostanza etero: anche noi produciamo continuamente conformismo e il peggio è che quasi nessuno ce lo rimprovera (mentre gli etero questo rimprovero se lo beccano continuamente) e quindi tendiamo a esserne inconsapevoli.

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E' evidente che l'identità gay è solo uno strumento per la liberazione sessuale, no?

No?

 

Altrimenti cosa rimane?

Una CORPORAZIONE tra i gestori dei locali gay e i loro target commerciali?

 

E in questa Rivoluzione non mi sento "contro" gli eterosessuali; mi considero solo un'avanguardia, forse degli eterosessuali stessi, contro un modello antropologicamente scadente.

 

Credo di stare mostruosamente "piegando l'identità gay al discorso sulla rivoluzione antiborghese"... mannaggia!

Ci casco sempre, è più forte di me! :sbav:

Non riesco a vedere l'Identità come fine, ma solo come mezzo...

(Oh, questa potrebbe essere la mia risposta al "conformismo" di cui parla Isher; ma scrivevo prima di leggere questo intervento...)

 

Una cosa, Hinzelmann santo;

non mi venire a dire che il Matrimonio deve tutelare la parte debole della coppia; perchè se così fosse sarebbe DAVVERO un atto di vendita; in cui l'uomo si compra una donna povera e, quando si stanca, le paga la prestazione.

Sotto questa prospettiva una moglie è concettualmente indistinguibile da una prostituta.

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Si compra coi contratti almadel non con le leggi...

 

Con 4/5 contrattini e senza limiti legali vuoi vedere come ti frego :D?

 

Il libero amore, credo si dicesse così ai tempi di Bakunin, non ha bisogno di alcun contratto

la legge gli è semplicemente indifferente...

 

Ma tu Almadel reclami il diritto di fare quei contratti ( ed è inevitabile se vuoi disporre di tutte quelle cose )

allora ti chiedo quale sia la tua libertà di contrattazione quando vai a comprare un'automobile:

 

ti fanno firmare un modulo prestampato in cui tu chiedi a loro di venderti una macchina

( cioè non si impegnano neanche a consegnartela...)

 

Benedetta ingenuità... ;)

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non è che proprio questa spinta all'omologazione giuridica e sociale potrebbe privare gli omosessuali di quella angolatura un po' unica che proprio la consapevolezza di essere "contro" un sistema predefinito permette di costituire ed alimentare?

 

 

Caro Funeral, estremizzando un po' il mio pensiero per cercare di dargli un po' di mordente: è una pia illusione credere che noi siamo in una posizione critica, ricca di una sua unicità, verso «un sistema». Noi ci siamo stati già messi da altri e per loro volontà e da tempo e basta questo a sottrarre ogni valore presuntamente positivo a questa nostra posizione. Che nessuno di noi ha mai scelto ma solo subito a priori. Allora anche gli schiavi, le minoranze perseguitate, le donne nelle società patriarcali più dure si dovrebbe dire che si trovano in una simile posizione. Aspetta che ci prendiamo pieni diritti civili e allora vedrai che cosa siamo capaci di fare...

In sostanza, qualunque sia la specificità o singolarità di un punto di vista omosessuale sulla realtà, esso, se c'è, non può nascere da un'esclusione, ma da una riappropriazione di quanto ci è tolto.

 

Uso il «ci» non solo per esigenze di grammatica. Noi discorrenti su questo Forum abbiamo una serie di ricchezze: di lavoro, di lessico, di contenuti di vita, di un minimo di denaro. Ma...gli altri? Quelli che devono, e magari non possono, scappare da un paese del Varesotto o della bassa Italia? Chi non ha strumenti culturali, d'espressione?

Chi non si è ancora riappropriato neppure della sua proudness?

 

Come vedi la nostra «speciale angolatura» è nel migliore dei casi solo il punto d'arrivo, cui non tutti arrivano, di un'emancipazione magari esaltante ma faticosa e non breve, di cui dobbiamo deciderci a voler fare a meno. Paradossalmente, è una rinuncia - e come tutte le rinunce costa. Ma va fatta.

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Su questo hai pienamente ragione, non v'è una ragione a meno di non assumere un atteggiamento un po' elitario, di denunciare il pericolo

conformistico, se non si è in grado di postulare un concetto di identità collettiva, positivo ( cioè non fondato sulla esclusione ) rispetto al quale l'inclusione costituisca un pericolo di assimilazione ( ed anche questo andrebbe dimostrato )

 

Talchè io l'ho formulata come ipotesi...

perchè non sono in grado di chiudere il discorso.

 

Cioè dal mio punto di vista l'essere minoranza esclusa non basta da solo.

 

Fila molto di più allora ( come logica intrinseca al discorso ) Almadel che dice che siamo l'avanguardia della rivoluzione sessuale.

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Non riesco a vedere l'Identità come fine, ma solo come mezzo...

 

 

Totalmente vero. Sottoscrivo in pieno. L'Identità è un fine solo fintantoché non la si ha raggiunta, dopo...no.

 

E' evidente che l'identità gay è solo uno strumento per la liberazione sessuale, no?

No?

 

Altrimenti cosa rimane?

Una CORPORAZIONE tra i gestori dei locali gay e i loro target commerciali?

 

E in questa Rivoluzione non mi sento "contro" gli eterosessuali; mi considero solo un'avanguardia, forse degli eterosessuali stessi, contro un modello antropologicamente scadente.

 

 

Strumento per la liberazione sessuale, strumento per l'affermazione di altre identità, per la ricostruzione di un'identità anche culturale di tutti gli omosessuali, strumento per fare della vita un valore.

 

 

(Oh, questa potrebbe essere la mia risposta al "conformismo" di cui parla Isher; ma scrivevo prima di leggere questo intervento...)

 

 

Lo è certamente, ed è un'ottima risposta  ;)

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Caro Isher,

emergono da quanto scrivi una enorme quantità di temi che sono andati sviluppandosi e definendosi (almeno per quanto mi riguarda) sia nella mia militanza nei gruppi di antagonisti del movimento gay (sono temi intrattabili nella generalista ArciGay) sia nei lunghi scambi di opinioni che abbiamo avuto insieme in questa e in altre sedi, con contributi di pregio (la citazione di Equal è inevitabile).

 

 

Caro Almadel,

 

cerco di rispondere almeno in parte al tuo post, di cui cito solo l'inizio.

 

Se noi riteniamo che gli omosessuali debbano essere un'avanguardia libertaria in seno alla società, proprio perché hanno subito una discriminazione e varie forme di lesione alla loro possibilità di esprimersi, e si sono forgiati una "coscienza di classe", il loro primo obiettivo deve essere la riconquista di diritti da sempre negati, ed è questo il caso del matrimonio civile - che, oltre ad essere un diritto da sempre negato, è anche un diritto mai immaginato, una prospettiva di vita che non ci è stato mai possibile neppure prendere in considerazione. Non credo, sulla base di quanto ho visto negli anni scorsi e soprattutto in base a ciò che si vede avvenire oggi nel mondo, che una politica omosessuale avvertita possa essere altro, davvero, che una conquista di ciò che non si è mai avuto ma che da secoli circola, per altri, nelle strade del mondo. Si tratta di una "rivoluzione conquistante" cioè di una forte radicale inflessibile richiesta di diritti qui ed ora e con un nome preciso. Quindi con fortissima concentrazione sul presente.

 

Una critica degli effetti negativi di un istituto come il matrimonio e dell'ordine sociale che esso determina è destinata a rimanere ambigua se è fatta da una posizione di esclusione: tende a introiettare l'esclusione e magari a trasformarla magicamente (stavo per scrivere «dialetticamente») in posizione di privilegio. Intendiamoci, questo può anche esser vero, ma solo per pochi individui che hanno una vita esemplare, mentre per il novanta per cento degli omosessuali non lo è. I gay diventano in quella visione degli esclusi che però hanno una formidabile potenzialità rivoluzionaria. Questa è una canzone stonata (ti puoi immaginare quante volte l'ho sentita, io, nel passato), o meglio un filtro ammaliatore al quale bisogna resistere. Né è necessario che un nuovo istituto, cioè una nuova possibilità per noi, debba essere di conio intrinsecamente omosessuale per avere una valenza emancipatrice e per poter essere radicata anche nella nostra prospettiva di vita (dato che, in fin dei conti, ci è stata rubata): anche il reclamare e prendersi un istituto tipicamente eterosessuale (ma non in punto di diritto!) la ha.

 

La parificazione bloccante è il "contentarsi", cosa alla quale bisogna dire di no: quindi no, per esempio, a istituti-ghetto. E il tuo imbarazzo nasce proprio dal termine parità, parificazione: ma nel matrimonio esteso a tutte le coppie non ci sarebbe parità, e nemmeno parificazione, con le coppie etero, bensì uguaglianza, ormai, delle persone. Sul piano culturale, è un altro affare, e anche io mi sono sempre posto il problema del «che cosa succederà...?» quando avremo il matrimonio. Non ho una risposta, se non che, probabilmente, i diversi omosessuali riempiranno di contenuti diversi questo istituto, a seconda della loro cultura, creatività, aspirazioni, carattere, «volontà di potenza». Certo però la differenza tra omosessuali ed etero non è tanto che i primi sono più creativi dei secondi, quanto che gli etero hanno avuto tutto il tempo di vivere e magari esaurire il significato del matrimonio (ammesso e non concesso che sia così) mentre gay e lesbiche devono ancora cominciare.

 

Credo però che ci sia in giro, soprattutto tra i ventenni, tanta voglia davvero anche di parità, cioè, in ultima analisi, di non-identità. Uno studioso americano ha detto provocatoriamente che i gay hanno voglia di «scomparire», nel senso che vogliono confondersi con tutti gli altri (ma bisogna capire perché c'è questa voglia in giro). Per rispondere in modo indiretto, sarebbe bello un giorno poter dire:

 

«è finita l'omosessualità!»

 

perché si sono abbattute o ridotte l'omofobia e la discriminazione ed è scomparsa quella parte della nostra identità che è solo risposta difensiva alla discriminazione. Ma dire, nello stesso tempo: continua, più forte, quella differenza che è l'omosessualità, con tutto il suo potenziale di desideri, desideri fisici ma anche intersoggettivi, e forse sociali, immagini e immaginazioni, punti di vista emotivi, modi di essere, modi, diversi, di unirci agli eterosessuali nella vita nel mondo.

 

Gli istituti "borghesi" sono quelli che regolano la vita associata e sociale - matrimonio, divorzio, successione dell'asse ereditario, reversibilità di pensione e di contratti di locazione, adozione/affido di bimbi - e quindi quelli che regolano l'asse vita/morte. Un Figlio dei Fiori può disinteressarsene a 29 anni, ma a 69? L'asse vita/morte riguarda tutti, ma quegli istituti no: discriminano per orientamento sessuale. Le persone omosessuali hanno il diritto di provvedersi di garanzie per il proprio futuro e, sia detto anche questo, per la fase estrema della propria vita. Il "borghese" è la presa in carico di quell'elemento della vita che non è volto tanto all'arsi, ma alla tesi, che provvede alla «decenza» (termine usato dall'Eroe Zapatero) di una società e al decorum di una vita. Diverso è il caso del Pacs, che è proprio un nuovo istituto, senza storia né passato, e sul Pacs potrebbe concentrarsi la spinta creativa, come già abbiamo detto nei posts sopra. E come tu lo hai disegnato, come ti dicevo, va benissimo. Anche se credo che allo Stato costerebbe troppo una proliferazione di contratti che richiedono diritti vari, proliferando essi stessi a breve scadenza. Ma compete a un movimento omosessuale il diritto a pensare in proprio ed esprimere richieste e ideare nuove forme di relazioni nel diritto.

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Faccio un inciso, più che altro per portare argomenti alla discussione.

Per quel che riguarda il problema della sostenibilità finanziaria del pacchetto Almadel, direi ad occhio e croce che sia problematico l'aspetto previdenziale. E' evidente che la possibilità di destinare la reversibilità a chiunque porterebbe all'aumento degli assegni ( rapporto di 1 a 1 fra pensione e sua reversibile ) e la possibilità di frazionare le attribuzioni, aumenterebbe statisticamente le durate delle sopravvivenze ( l'assegno si suddividerebbe ma ovviamente questo non basta ). Per il resto non vedo gravi difficoltà economiche, certo è una rivoluzione legale che implica enormi problemi giuridici ( si tratterebbe di riscrivere intere parti del codice civile )

 

Vale per il pacchetto Almadel ciò che vale per il matrimonio. Estesa l'autonomia dei privati, bisognerebbe vedere come sarebbe usata.

 

Il mondo omosessuale ci dice che pur in assenza di alcun riconoscimento giuridico, i rapporti sociali fra gay spesso riproducono rapporti di dipendenza e di cointeressenza, pure nel senso più povero dell'imitazione del modello legale. Questa è una realtà con cui fare i conti...la nostra esperienza, nel bene e nel male, è un esempio materiale di ciò che può avvenire quando si è giuridicamente irrilevanti. Possiamo essere giustificazionisti con la parte negativa, dire che grava l'esclusione...ma onestamente la mia frequentazione di ambienti gay, mi porta realisticamente ad escludere che le cose stiano esattamente così.

 

Presumo che almadel intenda rimuovere ogni potenziale rapporto di "dipendenza" fra individui ( ovviamente nella dimensione dell'interesse )

non entro nella questione più intellettuale, quella della contrapposizione fra individuo e persona ( formata dalla rete di relazioni sociali )

resta il fatto che muterebbe radicalmente il tessuto di solidarietà e di coesione sociale.

La proliferazione contrattuale, polverizzazione e precarizzazione, annulla di fatto il concetto di obbligazione.

Per questo la riforma almadel entra a pieno titolo, culturalmente, nella corrente anarco-liberista americana, ed è radicalmente individualista,

ma solo in teoria...

Perchè nell'assenza di limiti legali, ne resta uno grande come una casa: la non-durata degli obblighi reciproci.

 

Si dà la facoltà di contrattare tutto con tutti a condizione che la responsabilità e gli obblighi non durino

Il chè è abbastanza paradossale giacchè pare un rendere giuridico lo spontaneo.

 

Ciò premesso.

 

Io credo che alcune di queste istanze potrebbero essere accolte da un pacs, ancora meno predefinito del pacs...

Cioè un pacs che attribuisca grande rilievo alla autonomia delle parti, fatti salvi gli obblighi legali circa l'educazione e il mantenimento dei figli.

 

Nell'ottica omosessuale questo può avvenire solo se c'è pure il matrimonio.

Altrimenti dobbiamo pur considerare fintantochè non abbiamo il matrimonio, le esigenze di riconoscimento pubblico ( nei confronti dei terzi datori di lavoro, delle amministrazioni...) e le esigenze del decoro ( che non potrebbero essere scelte ) in qualche modo rischiano di esserci precluse, perchè a noi mancherebbe la seconda scelta.

 

Insomma se io non ho la possibilità di avere una successione legittima a titolo coniugale ed al contempo non voglio l'unione ghetto che mi dà l'equivalente diritto senza matrimonio, quantomeno il pacs deve/dovrebbe abilitare alla disposizione testamentaria di una quota ulteriore di disponibile

per il convivente ( che io poi potrei pure non voler usare...ma la chance ci dev'essere )

 

Il diritto consente tecnicamente margini di adattamento.

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Penso che non esista un sistema economico in tutto il mondo capace di poter sopravvivere in una prospettiva alla quale allude Almadel

 

Non metto in dubbio che sia una prospettiva affascinante,

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Io credo che i progetti di equiparazione tra i sessi e/o di frammentazione della dualità siano improponibili finché un'evoluzione in tal senso non viene compiuta dalla CULTURA condivisa, prima ancora del discorso strettamente giuridico.

 

La nostra cultura italiana, quella occidentale, e quasi tutte le culture del mondo in modi anche diversi, sono intrisissime di modelli duali e sessisti, che strutturano le aspettative di noi tutti, proprio a livello viscerale o romantico, per così dire... Tutte la mistiche dellaa complementarità tra uomo e donna, le culture ci sono state costruite, dall'occidente, dall'oriente, dall'islam, e via dicendo, come le scalzi?

 

Queste cose, oggigiorno anziché estinguersi stanno risorgendo a più non posso, le donne rivendicano la loro femminilità, la loro preziosità, tutte cose in "opposizione" all'uomo che dal canto suo è soltanto un pochino in ritardo ma sta facendo la stessa cosa, e la direzione del discorso è sempre quella lì, che la dualità è il modello migliore e che la dualità per antonomasia si realizza con l'incontro tra i due sessi.

 

Tutta la cultura, tutta la comunicazione "parla" in tal senso, cioè unisce opportunità e aspettative del matrimonio a tutta una serie di corollari biologici e romantici che per le persone sono fondamentali, mentre appena si associa il tema alle coppie omosessuali il discorso cambia radicalmente metro, diviene freddamente giuridico e tende appunto a sfociare nella dimensione individuale, il che gli assegna meno forza di dignità, perché il diritto di 1 persona cede di fronte al diritto di una coppia, specialmente laddove una coppia viene considerata l'unica con buone possibilità di avere & crescere figli ecc.

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A che critiche devo rispondere?

 

Al fatto che non esiste una società sufficientemente liberale per digerire un mondo dove ogni possibile relazione concordata è possibile?

Non lo penso. Io penso che, in ogni caso, la formula matrimoniale sarà quella più praticata: cinque contratti firmati lo stesso giorno in cui si offre il banchetto di nozze.

La "società borghese" (la Maggioranza) non ci accorgerà nemmeno delle possibilità insite nella "Riforma Almadel".

 

Devo offendermi per l'aggettivo "liberista"?

Non mi offende. Sarò un liberista entusiasta il giorno che il Lavoro Dipendente verrà abolito.

In un mondo di cooperative e liberi professionisti, non avrei motivo di non essere liberista.

 

La Dipendenza in una relazione è un dato oggettivo.

Essa però non deve in nessun modo essere ratificata, perchè questo creerebbe una disuguaglianza tra una donna povera ma bella (che potrebbe dipendere da un uomo ricco) e una donna povera e brutta (che non potrebbe farlo). La Lotta alla Povertà non può essere delegata alla Famiglia; neppure se questo sgraverebbe il Welfare.

 

Se la nostra "maledetta casalinga" si ritrova senza casa e lavoro, deve essere inserita in un programma per la disoccupazione: sia se il giorno prima era la Baronessa di Selvasciutta, sia se il giorno prima era una barbona: non vedo che genere di diritti possano procedere dal fatto di averla data - fino a quel momento - a un milionario.

 

C'è forse un problema se il Barone di Selvasciutta ha intenzione di destinare il suo patrimonio a due porno-gemelli appena diciottenni che lo sollazzano nei suoi gazebo? Se la Baronessa non è d'accordo può sempre chiedere il divorzio e offrire le sue grazie a un metalmeccanico, no?

 

Il vostro problema è la mancanza di immaginazione, tutto qui.

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Io credo che i progetti di equiparazione tra i sessi e/o di frammentazione della dualità siano improponibili finché un'evoluzione in tal senso non viene compiuta dalla CULTURA condivisa, prima ancora del discorso strettamente giuridico.

 

 

Quello che dici, Ganimede, non mi convince. Per tante ragioni. La tua asserzione è quella che fonda la posizione di chi dice che il matrimonio anche tra omosessuali non s'ha da fare perché non è condiviso dalla maggioranza degli Italiani, e crede, in tal modo, di aver fatto una grande professione di democrazia. Io poi, pur usando ormai il termine «cultura» nel senso diffuso, sono ben consapevole che una cosa è la Cultura, una cosa il regno delle credenze, consuetudini, ideologie, «idées reçues», insomma il regno del nomos, e spererei che il Diritto rispecchi un'istanza più alta di queste ultime. Infine: quando il regno del nomos è di livello alto, in un Paese, è un conto; semplificando molto, è questa la ragione per cui in Inghilterra può esserci il regime della « common law», che io considero di altissimo profilo giuridico e civile; ma quando è di livello basso, ci deve essere un battistrada verso la Ragione e la Civiltà dove il Diritto può avere una funzione assimilabile a quella delle avanguardie artistiche e di pensiero.

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Se vogliamo proprio fare uno sforzo di immaginazione....io immagino che quando il pacchetto Almadel fosse approvato ( con tutti i corollari su economia cooperativistica, intervento statale a salvaguardia dei poveri e programmi di reinserimento per la disoccupazione ) il Barone di Selvasciutta sarebbe a bagno maria nel Belize...coi porno-gemelli 18nni, intenti a cercar conchiglie sulla spiaggia del loro resort esclusivo. Probabilmente i porno-gemellini si sarebbero venduti a lui perchè gli avrebbe ottenuto dalla Questura di Reggio Calabria dei documenti validi per l'espatrio ( oramai molto più preziosi in termini di mercato, di qualunque contratto )

 

D'altronde se ci si può vendere per un piatto di lenticchie....

tutto è relativo, anche il valore dei pezzi di carta!!

 

A parte gli scherzi, ovviamente se la Rivoluzione diventa complessiva possiamo immaginare di tutto, l'importante sarebbe a quel punto che la rivoluzione funzionasse nel complesso e solo poi, potremmo verificare il nuovo assetto della post-famiglia. Anche in Catalogna la rivoluzione si accompagnò ad una rivoluzione dei costumi, se pensiamo alle donne-miliziane nella Spagna del 1936...doveva essere qualcosa di abbastanza incredibile.

 

D'altronde all'epoca un umorista spagnolo ( nella parte Repubblicana almeno si poteva ridere...) disse:

"Per salvarsi dal marxismo, non ci resta che iscriverci al Partito Comunista"

Cosa che probabilmente io avrei fatto... :bah:

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