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Cos’è che “definisce” l’omosessualità?


Ganimede

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Provo a porre questo interrogativo in termini che finora non mi pare di aver visto negli altri topics, poi se i moderatori vorranno operare spostamenti fa lo stesso :D

E’ lungo lungo ma non perdete la pazienza, coraggio, credo sia interessante :D

Alla fine ci sono domande riassuntive, che però sono concatenate, farle in vari topics mi parrebbe inappropriato :D

 

Oggigiorno siamo arrivati, per fortuna, a poter parlare a volontà dell’essere omosessuali, bisessuali, eterosessuali, e via dicendo, ma io più ne sento parlare e più ho l’impressione che il criterio per stabilire cosa si è – & cosa non si è – non sia univoco, e addirittura che si utilizzino criteri diversi a seconda che si tratti dell’una o dell’altra categoria.

Eppure sarebbe importante individuare  un criterio unico, perché qui non è questione di classificare le persone per scopi politici o razzisti, ma di capire anzitutto chi siamo noi stessi e chi sono gli altri, le persone a cui vogliamo bene, e soprattutto perché la piena accettazione, a mio parere, passa per la chiara comprensione, invece ho la netta impressione che oggigiorno gli omosessuali siano quasi sempre accettati a metà: la gente che non si sente coinvolta direttamente nel tema, infatti, vedo che in genere dimostra una curiosità limitata, fa commenti che dimostrano una comprensione solo parziale, e “vede” l’omosessuale che si ritrova in ufficio o in famiglia come se si trattasse di un extraterrestre buono, come un disabile da accettare, insomma pensa all’omosessualità come se pensasse ad Atlantide, ad un mistero dalle origini leggendarie, su cui gravitano indizi disparati e pieni di latenti contraddizioni… mentre stranamente, lo stesso non accade per l’eterosessualità, ecco il punto del problema.

 

Il criterio più sostenuto dall’attuale comunità scientifica e dagli omosessuali dichiarati, mi pare che consista nel cosiddetto “orientamento”… che già sarebbe problematico da definire: cos’è l’orientamento sessuale? le definizioni più frequenti lo fanno coincidere con il senso di attrazione, verso un sesso o l’altro, o magari verso entrambi; ma già la larga diffidenza verso l’esistenza della bisessualità getta qualche ombra su questo criterio, inoltre bisognerebbe chiarire in cosa consiste l’attrazione: attrazione generica? Attrazione che ispira desiderio? Ma desiderio di fare cosa con l’oggetto della propria attrazione? E laddove si prova un’attrazione che non ispira desiderio di unirsi carnalmente, o di unirsi in maniera “inibita” (magari “inibita nella meta”, come avrebbe detto Freud, ok lui è un po’ superato in materia ma non tutto ciò che ha detto saranno stupidaggini), quell’attrazione definisce comunque l’orientamento sessuale? Oppure la “prova” dell’attrazione verso un sesso è la reazione pura e semplice del proprio corpo? ad esempio un’erezione per i maschietti e la lubrificazione per le femminucce?

 

Tutte queste questioni, a mio parere, basterebbero ampiamente a far considerare molto discutibile il criterio dell’orientamento, ma ce n’è una che mi pare ancora più lampante… e cioè che presso gli eterosessuali ho l’impressione che il criterio sia ben diverso, perché quando si parla di loro si parte nettamente dal fatto dell’appartenenza ad uno dei due sessi e da quello si ricava automaticamente “il senso” del loro desiderio.

In pratica la stragrande maggioranza della gente, anche nelle società dove scienziati & gay/lesbiche vanno progandando il concetto dell’orientamento, quando parla di sé e degli altri eterosessuali ragiona in un altro modo: attribuisce l’attrazione sessuale alla spinta biologica della natura che mira alla riproduzione, & corollari vari. Ad essere così non è solo tutta la comunicazione interpersonale tra la gente comune, ma anche quella più istituzionalizzata, ad esempio i talk show telesivivi anche con esperti: quando si parla di dinamiche che portano all’incontro di coppia, alla gestione del rapporto, al senso che il bisogno di una persona dell’altro sesso assume per ciascuno, non si parla mai di bisogno in base al fatto che quella persona è “eterosessuale” e ha quel dato “orientamento”, ma si tirano in ballo tutte le mistiche della complementarità, per non parlare poi di quelle orientali che fanno riferimento ad elementi come le energie ying e yang.

Quando invece si parla di omosessuali, tutto il discorso cambia, non s’interpreta più l’attrazione come prodotta da una spinta biologica ma al massimo da un impulso all’unione carnale, insomma sembra dirsi implicitamente per per gli omosessuali il sesso funzioni in un modo diverso e scaturisca da qualche altra cosa, chissà cosa. L’accettazione viene sollecitata citando esempi del mondo animale e di epoche storiche, insomma una realtà misteriosa, di cui si prende atto senza comprenderla, e che si accetta per questioni di diritti umani ma che si continua a percepire come distante. Intanto si riscontra, guardacaso, che quasi tutti gli omosessuali hanno o riescono ad avere, chi spontaneamente chi per sforzo di finzione, una fase di esperienze eterosessuali, mentre “stranamente” la grande maggioranza degli eterosessuali oltre a non averla per supposta mancanza di pulsioni specifiche (a patto di crederci, poi, certo, cioè che non siano bugie e repressioni) fa capire che per loro non potrebbe funzionare nemmeno se decidessero di forzarsi, cioè non riuscirebbero assolutamente ad avere orgasmi o rapporti completi dal contatto con persone dello stesso sesso, e non ci si chiede mai il perché di questa differenza… Magari, non so se ci avete pensato, potrebbe derivare non soltanto dalle pressioni sociali ma anche da quella spinta biologica che evidentemente è un po’ in tutti e che negli eterosessuali è già soddisfatta mentre negli omosessuali finisce per emergere in maniera collaterale.

Tutto questo io non l’ho mai sentito né letto da nessuna parte, forse perché ancora non vedo mai parlare di sessualità in maniera completa: o si parla di sessualità in generale, e allora si parla soltanto di eterosessualità con tutti i crismi della biologia e della cultura di coppia, oppure si parla specificamente di omosessualità ma in termini completamente diversi, di eccezione e di mistero curioso, per l’appunto.

 

Poi c’è la questione, altrettanto centrale e asimmetrica, dell’identità.

Per il mondo eterosessuale, la sessualità scaturisce anche direttamente dall’identità: provare attrazione verso le donne è considerata parte integrante dell’essere uomo, e viceversa, questo assunto ho notato che resiste anche in chi non è stato assolutamente educato alla mistica dei machos o delle “vere femmine” e via dicendo. Quando invece si parla di omosessualità, questa percezione generale viene occultata, trascurata, e ho l’impressione che un gay fatichi molto non soltanto a venire considerato un uomo al 100% dagli altri, ma anche a considerarcisi da sé stesso, e così una lesbica nel riconoscersi ed essere riconosciuta donna al 100% (tralasciando l’immagine idealistica che tanto piace ai maschi etero, vorrei tanto sapere se avrebbero un’identica immagine della loro figlia o della loro madre se scoprissero che sono lesbiche…), in definitiva mi pare che si venga ricondotti al proprio sesso biologico per forza, per diritto di appartenenza, insomma l’omosessuale viene trattato con i guanti, per così dire, il che è certamente meglio dell’essere derisi o maltrattati ma è sottilmente umiliante e comunque non risolve il problema.

Dagli eterosessuali come dagli omosessuali stessi, allora, l’omosessualità è forse percepita come una condizione derivata da una virilità (o femminilità) scarsa o incompleta? Si è insomma gay o bisessuali perché non si è del tutto uomini o donne? O perché si è un’anima dall’indole più simile al sesso opposto rispetto al proprio biologico? Questo assunto della cultura popolare viene solitamente smentito in maniera generica, ma intanto persino qui ho letto parecchie risposte di maschi che hanno iniziato a sospettarsi gay perché da ragazzini preferivano giochi femminili, e viceversa.

E sul piano dell’identità spesso si trascura completamente la questione dell’immaginario: “cosa” vediamo nell’altro? Vediamo realmente il suo sesso biologico oppure no? Le “eccezioni” di gente “statisticamente” eterosessuale derivano da questo? Ad esempio, il fatto che “storicamente” l’omosessualità maschile si è esplicata in gran parte tra uomini adulti e adolescenti, come altrove ho letto che avviene tuttora nei paesi arabi, non sarà legata al “differenziale” di virilità & femminilità? Cioè, non sarà che quegli uomini adulti, o perlomeno alcuni di quelli, vedono nell’adolescente un corpo più femminile e quindi è anche per questo che ben più raramente arrivano a considerarsi omosessuali? mentre viceversa quegli adolescenti sono realmente indoli femminee che sono attratti da uomini quanto più virili possibile proprio perché loro non si sentono così? E anche il fenomeno degli uomini che vanno con i trans è legato a dinamiche del genere? Tutto ciò verrebbe smentito dalla logica dell’orientamento, ma intanto questa smentita non mi capita quasi mai di sentirla e tantomeno con spiegazioni esaustive.

La cosa poi si complica ulteriormente se introduciamo ottiche e immaginari di altre culture, di cui pure dovremmo “preoccuparci” perché la gente portatrice di quelle culture si sta moltiplicando in mezzo a noi; intendo preoccuparci non per tenerli a distanza ma per farci capire da loro, e la vedo molto difficile vista l’ambiguità che c’impedisce anche di farci capire dalla gente della nostra cultura… Leggo ad esempio su Wikipedia che per le culture islamiche il concetto di orientamento sessuale è addirittura un controsenso a causa della sua accezione viscerale: mi pare di capire che per gli islamici la presenza di un’attrazione verso il proprio sesso è considerata addirittura un elemento relativamente normale, perché tanto l’importante è osservare i precetti divini e cioè sposarsi e procreare con un individuo dell’altro sesso; guardacaso corre voce che nei paesi islamici i rapporti omosessuali siano praticati persino molto più che tra noi, il che mi dà da pensare che la grande maggioranza degli islamici riterrebbe inutile tutto ciò di cui parliamo qui, come il coming out, riconoscersi gay o bisessuali, rivendicare i diritti, essere compresi e accettati, perché per loro magari è sufficiente sposarsi e poi fare il proprio comodo in privato (con nessuno che si occupa di capire, nemmeno fra di noi, se lo fanno per ripiego, cioè per la rara possibilità di contatto con l’altro sesso lì, o proprio perché magari l’attrazione scaturisce più libera e bisessuale nel momento in cui non si lega a tarli che minano la propria identità e la reputazione sociale), purché non ci si metta in testa di rivendicare il diritto di convivere o di sposarsi o di adottare bambini, perché per la loro cosmologia e religione sarebbe semplicemente assurdo (se in quell’ottica si è semplicemente uomini o donne dopodiché si è chiamati a gestire le proprie attrazioni tra precetti e riserbo, figuriamoci se per loro ha senso il problema di stabilire se si è gay o eterosessuali…)

 

Insomma, capite allora, spero, che a mio parere bisognerebbe venire fuori da questa sorta di “schizofrenia” dei modi di parlare e di considerare l’omosessualità, altrimenti possiamo stare a rivendicare tutti i diritti del mondo, ma quei diritti verranno concessi con un’accettazione soltanto formale e soprattutto senza comprensione.

Allora che diciamo e che facciamo? :asd:

E' l'orientamento o l'identità che contribuisce meglio a definire l'omosessualità? ...secondo voi &/o secondo gli altri :D

E come evitiamo la discriminazione dei criteri che si utilizzano quando invece si parla ovunque di eterosessualità? :D

E come la mettiamo con la questione della virilità e della femminilità? :D

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Eppure sarebbe importante individuare  un criterio unico, perché qui non è questione di classificare le persone per scopi politici o razzisti, ma di capire anzitutto chi siamo noi stessi e chi sono gli altri, le persone a cui vogliamo bene, e soprattutto perché la piena accettazione, a mio parere, passa per la chiara comprensione

 

Ganimede... ti chiedo perdono: non ho neppure terminato la lettura, ma quando ho letto questo passaggio, le mie mani si sono animate di vita propria e sono partite a scrivere questa risposta.

 

Individuare un criterio unico??? Ma dico io... stai scherzando, spero?

 

Ma che diamine... non siamo già stati abbastanza psicanalizzati e osservati come cavie da laboratorio?

Adesso BASTA: siamo quel che siamo, per centomila differenti ragioni concomitanti, e ciascuno di noi per una parte più o meno preponderante di alcune di esse.

 

Ciascuno di noi rappresenta una sfumatura UNICA all'interno dello spettro cromatico, ed è impossibile ricondurci tutti quanti ad un unico fattore.

La chiara comprensione di noi stessi, nel contempo, non implica necessariamente l'automatica comprensione degli altri: forse l'accettazione, la tolleranza; ma come posso estendere le mie esperienze, quelle cose UNICHE che hanno fatto di me questa particolare "sfumatura", all'esperienza altrui, facendo di essa un denominatore comune dal quale ricavare il fantomatico CRITERIO???

 

E poi che ci sarà mai da comprendere?

 

Siamo gay: per qualche strana ragione siamo sessualmente attratti da persone dello stesso sesso... e finita lì.

Per il resto, andiamo a scuola, in palestra, in chiesa, al lavoro, in vacanza come tutti gli altri, e come tutti gli altri paghiamo le tasse e siamo assoggettati agli stessi doveri... ma non godiamo degli stessi diritti.

 

Rifuggo con estremo disgusto l'idea di dover essere valutato sulla base di un "criterio unico", perchè è lo stesso ragionamento grazie al quale da sempre siamo additati come una massa di pervertiti, pedofili, promiscui, sporcaccioni.

 

Facciamole ben vedere le nostre sfumature, e che diamine...

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Sei prolisso, Ganimede e hai messo un po' troppa carne al fuoco. :asd:

 

Il Punkabbestia che bestemmia perchè la Chiesa ce l'ha coi gay, lo stilista che non lo fa perchè lo fanno gli "etero";

il ragazzino che sogna il principe azzurro e il maturo che importuna i camionisti;

il sadomasochista che "gioca" col suo e l'altrui corpo e il palestrato salutista;

tutti costoro obbediscono a un MODELLO costruito sulla base del loro ORIENTAMENTO.

 

"Modelli" che contrastano gli uni con gli altri e che hanno come unico comune denominatore, la percezione di una diversità.

 

Questa diversità è unicamente sessuale; non sono i sentimenti verso i maschi che ci rendono omosessuali.

L'amicizia fra due ragazzi etero è spesso più sincera dell'amore tra due ragazzi gay.

 

Quello che ci rende quello che siamo è la nostra preferenza carnale per i maschi.

 

L'idea stessa di "Maschio" è di per sè talmente vasta da comprendere tipologie assai differenti; differenti al punto che non possibile tracciare nè una causa comune nell'omosessualità, nè un modello comportamentale univoco, nè un discorso generale soddisfacente.

 

Cos'ha in comune chi ama il biondino adolescenziale con chi desidera il quarantenne peloso e sovrappeso?

 

Una cosa sola: la POLITICA.

 

La variopinta e divergente fauna dell'omosessualità diventa così un solo e unico PROGETTO POLITICO.

E questo progetto ruota intorno all'idea di una comunità GAY che si batte contro la discriminazione, contro la forzatura a un'eterosessualità di facciata (come accade nell'Islam e accadeva anche da noi prima della Rivolta di Stonewall) e a favore della nascita di una famiglia omosessuale istituzionalizzata.

 

Ottenuti i nostri obbiettivi politici, torneremo a disperderci nei mille rivoli delle nostre identità, così spesso inconciliabili.

Distrutte le discriminazioni smetteremo di interrogarci sul senso della nostra diversità.

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LanX, io ho sostenuto l'opportunità di un "criterio unico" semplicemente perché è un criterio unico che viene considerato quasi unanimente alla base della sessualità "in generale": tutta l'eterosessualità, ogni giorno, si scopre, si compiace, si alimenta in base a quel criterio, la ricca analisi delle sfumature individuali che viene comunemente fatta quando si parla di eterosessuali parte sempre da quel criterio, mentre quando si parla di omosessuali si usano altre categorie e si divaga su altri temi...

 

Tu sei padronissimo di non voler analizzare, ma intanto hai riconfermato ciò che io ravviso come la causa di un'accettazione soltanto parziale e ipocrita degli omosessuali: cioè il fatto di ritenersi venuto così "per qualche strana ragione", come tu stesso hai detto, mentre tutti gli eterosessuali sono convinti di conoscere le ragioni per le quali loro sono come sono. Da ciò scaturisce l'accettazione solo parziale, quando non addirittura ipocrita e forzata, da parte di molti eterosessuali, e in simili condizioni persino i diritti conquistati si possono perdere facilmente, perché così la maggioranza è solo tollerante ma resta ignorante, e ci vuole ben poco perché l'ignoranza torni a generare intolleranza, credo.

 

Io almeno nell'analizzare non vedo nessun pericolo di svilire l'unicità della persona, né di ghettizzare o di clinicalizzare, anzi... Secondo me il segreto per eliminare il pericolo e per smascherare le discriminazioni è trasporre sempre le cose nell'ottica dell'ambito opposto, cioè quello eterosessuale: l'analisi delle dinamiche di sessualità eterosessuale non ha mai portato a considerare le persone come cavie da laboratorio, ma anzi valorizza gli individui.

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Scusa, Almadel, in effetti il mio stile mi crea difficoltà anche a capire il filo delle tue osservazioni...

 

Definendo comunque l'omosessualità in base alla preferenza carnale per quelli del proprio sesso, mi pare di capire che consideri i "modelli" su un piano sovrastrutturale, costruiti sulla base di una struttura più viscerale che è l'orientamento... Ok, io invece effettivamente ho sempre ritenuto e ritengo che invece i modelli intervengano proprio a strutturare cose più viscerali come lo stesso orientamento.

 

Forse anche per questo motivo, ritengo che l'elemento secondario ed evitabile sia invece la percezione stessa della diversità, negli omosessuali stessi e naturalmente dal punto di vista degli eterosessuali... Se quella percezione venisse abbattuta, cosa che per l'appunto intendevo indagare con gli interrogativi sul criterio unico, non ci sarebbe neppure bisogno del progetto politico, perché quei diritti scaturirebbero automaticamente, il mondo vedrebbe gli omosessuali "uguali" agli eterosessuali, il che non significa identici o tutti uguali tra loro, ma semplicemente che "funzionano" allo stesso modo. E questa è una delle basi del diritto che tanto riguarda l'ambito delle rivendicazioni: i diritti che oggigiorno tendono ad estendersi all'intera umanità o cittadinanze ecc., si estendono così perché partono dall'assunto che tutti gli umani "funzionino" in modo simile, io almeno attribuisco le culture omofobiche all'insufficiente radicamento di questo assunto in quei luoghi e paesi.

 

E' vero che le determinanti storico-culturali e politiche (documenti costituzionali, istituzione famiglia ecc.) sono pesantissime e dunque non sono da trascurare affatto, ma per molti altri ambiti d'identità sono state abbattute con facilità e rapidità molto maggiori: discriminazioni e pregiudizi in base alla razza, per esempio, sono state altrettanto forti e costitutive delle società passate ma sono state pressoché spazzate via e soprattutto non riemergono proprio grazie al fatto che di quelle persone si parla esattamente come si parla delle persone normali, socialmente "sono" insomma persone normali, mentre le attuali conquiste a mio parere mirano a rendere gli omosessuali non "normali" ma "normalizzati", insomma come una sorta di laurea onorifica che equipara il dottore ai suoi colleghi sul piano soltanto formale ma non sostanziale.

 

Insomma io semplicemente sono dell'avviso che si dovrebbe partire dalla conoscenza per abbattere le discriminazioni, e non viceversa.

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Ogni identità si costruisce sulla definizione di un noi, rispetto ad un loro.

Loro sono in genere il nemico, l'estraneo...

 

Che nel caso dell'omosessualità l'identità si dissolva, privata del collante della discriminazione

in una sommatoria di modelli sessuali indifferenti gli uni agli altri se non per il comune orientamento

sessuale, questo non è possibile saperlo.

 

Teorizzarlo significa assumere un concetto Schmittiano, ovvero reazionario di identità.

 

Quel che accadrà alla identità omosessuale lo decideranno gli omosessuali, allo stesso modo in cui

hanno disposto gli italiani dopo il risorgimentodell'italianità, o gli schiavi dopo la deportazione del loro essere

afroamericani.Tutto sta nel vedere cosa gli omosessuali saranno capaci culturalmente di metterci ( può essere

anche nulla...ma non è affatto detto)

 

Il discorso di Gaminede mi sembra conservatore-militante.

Strutturiamoci in modo da farci comprendere in quanto uomini, poi ci daranno

i diritti umani, facciamoci comprendere, assimiliamoci...operazione per la quale ovviamente

le sfumature di Lanx sono incompatibili: perchè il criterio deve essere unico, valido per tutti.

 

Quello di Lanx è la versione conservatrice-non militante

siamo tutti indistintamente diversi e uguali, mille sfumature di un unico colore...

anche se alcuni vestono tone sur tone :asd:

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LanX, io ho sostenuto l'opportunità di un "criterio unico" semplicemente perché è un criterio unico che viene considerato quasi unanimente alla base della sessualità "in generale"

Ah sì...? Interessante... e dunque, solo perchè una moltitudine di persone ottuse, con questa concezione così classista e riduttiva della sessualità e della vita in genere, si prodiga a tracciare un "criterio unico" dietro il quale si celerebbe la fonte di ogni sapere, allora anche noi, giusto per assecondarli e compiacerli, viaaaaa... tutti a seguirli e ad emularli, e a confezionare per la gioia del loro gretto, materialistico e riduttivo concetto di "sessualità" un bel "criterio unico" che soddisfi la loro morbosa curiosità.

 

Benissimo... supponiamo per un istante che sia un'idea valida ed il giusto obiettivo da perseguire: "noi" ci diamo un'identità ed un "criterio unico" e con questo andiamo a proporci e a propagandarci, belli fieri, ai nostri "amici" eterosessuali... come puoi sapere se quel "criterio" sarà quello che riuscirà a scardinare le loro maledettissime convinzioni obsolete, marcescenti, da finti perbenisti??

Come puoi leggere, percepire, intuire cosa frulla nella loro scatola cranica?!?!

 

tutta l'eterosessualità, ogni giorno, si scopre, si compiace, si alimenta in base a quel criterio,

Santi numi... devi avere proprio degli amici/colleghi/conoscenti ossessionanti... di quelli che parlano sempre di figa, figa e figa.

 

la ricca analisi delle sfumature individuali che viene comunemente fatta quando si parla di eterosessuali parte sempre da quel criterio, mentre quando si parla di omosessuali si usano altre categorie e si divaga su altri temi...

Non so che razza di gente frequenti... ma mi pare che le cose si stiano ampiamente capovolgendo.

Da un lato un mondo etero che ha ormai raggiunto la più totale piattezza cerebrale, che vive del culo delle veline e della domenica allo stadio; e dall'altro il nostro universo variopinto e che sta esplodendo in tutta la sua forza comunicativa, diramando l'attenzione della società e dei media su una moltitudine di tematiche di scottantissima attualità.

Diventa sempre più difficile, anche per i più irriducibili bacchettoni, ricondurci ad uno stereotipo, ad un modello... e va benissimo così, perchè più intendono darci una classificazione e chiuderci in un contenitore, e più scivoliamo fastidiosamente tra le dita come infiniti ed impalpabili granelli di sabbia.

 

Stiamo dando veramente fastidio... tanto... tantissimo: ma non più perchè rispondiamo a certi cliché, ANZI... perchè li stiamo disintegrando tutti, dal primo all'ultimo, e portando all'attenzione di una massa di finti perbenisti, sempre meno compatta, i loro crimini: pedofilia, preti che ne combinano di cotte e di crude, padri di famiglia che molestano le figlie, e chi più ne ha più ne metta.

 

E questo, soprattutto grazie al nostro essere DIVERSI e non riconducibili ad un denominatore comune.

 

Tu sei padronissimo di non voler analizzare, ma intanto hai riconfermato ciò che io ravviso come la causa di un'accettazione soltanto parziale e ipocrita degli omosessuali: cioè il fatto di ritenersi venuto così "per qualche strana ragione", come tu stesso hai detto, mentre tutti gli eterosessuali sono convinti di conoscere le ragioni per le quali loro sono come sono.

Dunque, secondo te il fatto di non porsi interrogativi, ma soprattutto non darsi un'identità certa riguardo alle proprie "origini" implica necessariamente una mancata accettazione di se stessi?!

 

Bene... dunque tu sei al mondo per mano di Dio o dell'evoluzione?

E l'universo come si è generato?

Ed è nato prima l'uovo o la gallina?

 

Considerato che tu discendi da questi tre quesiti eternamente insoluti, non potrai mai trovare motivo di completa autoaccettazione, perchè non comprendendo il tuo "criterio unico" di discendenza, non potrai mai accettarti completamente.

 

Al contrario, io che non mi pongo alcun tipo di interrogativo e vivo in armonia e letizia con il mondo intero la mia condizione, sono l'esempio lampante dell'autoaccettazione, nonchè dell'avvenuta accettazione da parte di quella fetta di società contemporanea con cui mi relaziono quotidianamente.

 

Da ciò scaturisce l'accettazione solo parziale, quando non addirittura ipocrita e forzata, da parte di molti eterosessuali, e in simili condizioni persino i diritti conquistati si possono perdere facilmente, perché così la maggioranza è solo tollerante ma resta ignorante, e ci vuole ben poco perché l'ignoranza torni a generare intolleranza, credo.

No, giunti ai giorni nostri non è più ignoranza, ma una vera e propria PAURA.

Noi non siamo incompresi, non facciamo schifo, bensì PAURA nel vero senso del termine.

In una società ormai priva di valori certi, sgretolata, in preda a pesanti crisi d'identità e completamente allo sbando su qualsiasi versante, NOI siamo ormai visti quasi come una minaccia che avanza, che protesta, che ha ancora degli ideali e che li porta avanti in una maniera del tutto variopinta, incontrollata ed imprevedibile.

 

Io almeno nell'analizzare non vedo nessun pericolo di svilire l'unicità della persona, né di ghettizzare o di clinicalizzare, anzi... Secondo me il segreto per eliminare il pericolo e per smascherare le discriminazioni è trasporre sempre le cose nell'ottica dell'ambito opposto, cioè quello eterosessuale: l'analisi delle dinamiche di sessualità eterosessuale non ha mai portato a considerare le persone come cavie da laboratorio, ma anzi valorizza gli individui.

Analizzare non è un pericolo se ciò è finalizzato alla ricerca e studio di quelle meravigliose infinite sfumature che ci distinguono.

Diventa disgustosamente insopportabile quando questo prende una piega come quella del NARTH e del dott. Nicolosi, che tutti ben conosciamo.

 

Spero tu abbia ben compreso l'incredibile rischio di classificarci in un "criterio unico": offriremmo uno spunto irrinunciabile a chi, da sempre, pretende di definirci "malati", per gridare al mondo intero "Ecco la vera causa dell'omosessualità... vedete? La ammettono loro stessi!!"

 

E io rispondo a te e a tutti questi furbacchioni: FOSSI MATTO!!! :asd:

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Io non mi vanto di aver capito proprio tutto quello che hai scritto, Ganimede, (complimenti per il nik!) però una cosa credo di averla capita e concordo. L'amore è concepito amore, con tutte le migliaia di sfaccettature che ha, solo tra uomo e donna nella nostra società, l'amore omosessuale, e qui non mi riferisco al mondo gay politicizzato che cerca GIUSTAMENTE di rivendicare i propri diritti, parlo proprio di quell'ipotetico cupido che schiocca la freccia in direzione di due persone del medesimo sesso è  qualcosa da catalogare nei misteri del mondo, nella sezione -stranezze-.La società, intesa come media, gente comune, ma anche grandi pensatori, medici, sociologi o filosofi che siano, trattano l'amore omosessuale sempre in termini scentifici così freddi e malinconici, così lontani dalla realtà. Ne sono chiaro e lampante risultato la mancanza di prodotti televisivi e cinematografici in cui sia la protagonista una bella storia d'amore tra uomini o tra donne, mentre  la maggior parte dei film, fiction è sempre l'omosessualità l'unico protagonista della vicenda, non l'amore tra due persone, ma, ripeto, l'omosessualità stessa. Tra i tanti concetti ho capito questo e spero di non essere andata fuori tema.

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E come la mettiamo con la questione della virilità e della femminilità? :asd:

 

Questa è l'unica domanda che ho capito, quindi l'unica a cui mi azzardo a rispondere (Scusa, ma oggi ho dovuto fare un discorso Filosofico-Pedagogico di 2 ore con il mio prof sull'integrazione nella scuole, e ho ancora la mente troppo stanca per analizzare attentamente un analisi lunga come la tua)

 

Essere gay non significa perdere Virilità, come essere Lesbica non significa perdere Femminilità

 

La Virilità e La Femminilità sono solo due caratteristiche che altro non sono che l'omologazione a determinati comportamenti assegnati nell'antichità ai maschi o alle femmine

Capirai anche te quanto sia stupido dire che certe cose sono da Maschi e altre da Femmine, una stupidità che è possibile solo in una società maschilità come la nostra (Infatti spesso i Gay sono discriminati e visti come una cosa disgustosa mentre le Lesbiche sono più tollerate, anche se non del tutto)

 

Un Gay spesso viene definito meno Virile perchè semplicemente non accetta certe stupidaggini tradizioni, come il divieto ai maschi di fare carezze o dare un bacio sulla guancia a un altro maschio o semplicemente di esprimere le proprie emozioni.

 

La virilità e la femminilità sono solo vecchie stupidaggini di tradizioni antiquate e anti-illuministe, che una società evoluta e non sessista dovrebbe smettere anche solo di considerare

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Ah sì...? Interessante... e dunque, solo perchè una moltitudine di persone ottuse, con questa concezione così classista e riduttiva della sessualità e della vita in genere, si prodiga a tracciare un "criterio unico" dietro il quale si celerebbe la fonte di ogni sapere, allora anche noi, giusto per assecondarli e compiacerli, viaaaaa... tutti a seguirli e ad emularli, e a confezionare per la gioia del loro gretto, materialistico e riduttivo concetto di "sessualità" un bel "criterio unico" che soddisfi la loro morbosa curiosità.

 

Benissimo... supponiamo per un istante che sia un'idea valida ed il giusto obiettivo da perseguire: "noi" ci diamo un'identità ed un "criterio unico" e con questo andiamo a proporci e a propagandarci, belli fieri, ai nostri "amici" eterosessuali... come puoi sapere se quel "criterio" sarà quello che riuscirà a scardinare le loro maledettissime convinzioni obsolete, marcescenti, da finti perbenisti??

Come puoi leggere, percepire, intuire cosa frulla nella loro scatola cranica?!?!

Be', diciamo che io sono fiducioso perché ho fiducia nell'intelligenza delle persone e ritengo che la conoscenza abbia la potenzialità di scardinare ogni ottusità :D ...dici che sbaglio?

Se il concetto di sessualità che utilizzano gli eterosessuali è riduttivo, perché nessuno glielo contesta in quelle sedi? perché ogni volta che si parla di "uomini e donne" (non specificamente riferito al talkshow di Maria De Filippi :D) si avvallano affermazioni che "funzionano" soltanto per l'ambito dell'eterosessualità? Quando io sento quelle affermazioni e mi accorgo che risulterebbero inadeguate se applicate ai rapporti omosessualità, se permetti ne deduco che c'è qualcosa che non va in quelle affermazioni ed è da lì che si dovrebbe partire, a mio parere.

 

Da un lato un mondo etero che ha ormai raggiunto la più totale piattezza cerebrale, che vive del culo delle veline e della domenica allo stadio; e dall'altro il nostro universo variopinto e che sta esplodendo in tutta la sua forza comunicativa, diramando l'attenzione della società e dei media su una moltitudine di tematiche di scottantissima attualità.

Diventa sempre più difficile, anche per i più irriducibili bacchettoni, ricondurci ad uno stereotipo, ad un modello... e va benissimo così, perchè più intendono darci una classificazione e chiuderci in un contenitore, e più scivoliamo fastidiosamente tra le dita come infiniti ed impalpabili granelli di sabbia.

Stiamo dando veramente fastidio... tanto... tantissimo: ma non più perchè rispondiamo a certi cliché, ANZI... perchè li stiamo disintegrando tutti, dal primo all'ultimo, e portando all'attenzione di una massa di finti perbenisti, sempre meno compatta, i loro crimini: pedofilia, preti che ne combinano di cotte e di crude, padri di famiglia che molestano le figlie, e chi più ne ha più ne metta.

E questo, soprattutto grazie al nostro essere DIVERSI e non riconducibili ad un denominatore comune.

Dunque, secondo te il fatto di non porsi interrogativi, ma soprattutto non darsi un'identità certa riguardo alle proprie "origini" implica necessariamente una mancata accettazione di se stessi?!

Io sono convinto di sì, perché a funzionare così non è soltanto il dialogo tra la gente comune o in salotti poco importanti come quello della De Filippi (stiamo però attenti a pensare che non contino nulla, perché non sarebbe vero), bensì tutta la conoscenza ai livelli più elevati e anche istituzionali, comprese le scienze umanistiche e la psicologia.

 

Cioè, la profonda conoscenza di sé stessi, non soltanto a livello individuale e unico ma soprattutto come appartenenza e identità, è identificata ormai unanimemente come un presupposto necessario sia per stare bene con sé stessi sia per comunicare efficacemente con gli altri.

 

Ecco perché, scusami, ma mi pare un atteggiamento totalmente controproducente, nonché, a mio modesto parere, infantile, proprio a livello di gruppo sociale, cercare di affermare la propria presenza e i propri diritti soltanto in maniera distruttiva: abbattere stereotipi e modelli va benissimo, ma al contempo bisogna anche costruire insieme capendo cosa accomuna omosessuali ed eterosessuali. Il che significa, volendo fare un esempio teorico, che si potrebbe "scoprire"/"stabilire" che l'omosessualità dipende da una mancata corrispondenza tra la propria identità di genere e il proprio sesso biologico, ma di qui a sostenere che ciò configura un difetto da curare o da stigmatizzare ce ne corre, insomma non è la porta aperta alle aberrazioni del Narth, tutt'altro! è invece proprio il rifiuto del comprendersi insieme, secondo me, ad esporre gli omosessuali a quelle teorizzazioni, sarà che ad esempio non vedrei nulla di male in quel tipo di mancata corrispondenza e anzi la riterrei una cosa da difendere, quindi con quel tipo di conoscenza e di elaborazione ci sarebbe ampiamente - e ancora di più - spunto per mangiare Nicolosi in un sol boccone :D

 

Senza questa elaborazione comune, io ho l'impressione che i soli diritti conquistati tendano a ghettizzare gli omosessuali... Perché gli eterosessuali, pur nelle loro differenze individuali, continuano a ritenersi grossomodo simili sul piano della sessualità, e vedono gli omosessuali come quelli che invece "non si sa perché funzionano così, non lo sanno nemmeno loro, sono tutti così diversi l'uno dall'altro", insomma vengono visti come qualcosa di estraneo e trattati con i guanti, con rispetto formale, che intendiamoci è già una grande conquista rispetto al passato ma per il mondo civile d'oggi è poco e indignitoso.

Senza quella elaborazione, l'omosessualità è considerata tuttora una sfortuna, una sfortuna accettabilissima ma pur sempre da accettare, mentre ciò non avviene per l'eterosessualità, e intanto quasi tutti gli adolescenti omosessuali crescono tra mille dubbi e timori sul perché non riescono a riferire anche a sé stessi le conoscenze sulla sessualità che sentono veicolare ovunque; non a caso, io ho riscontrato le opinioni più critiche sull'omosessualità proprio presso la gente più istruita, come psicologi e psichiatri, anche se certamente non molti, ma loro notano una cosa simile a quella che ho notato io: cioè che i loro luminari e docenti parlano di sessualità in un modo dettagliato e libero quando si riferiscono all'eterosessualità, mentre quando parlano di omosessualità diventano approssimativi e residuali, e ciò innesca loro il sospetto che sia una devianza o una malattia ecc. Io ho avuto recenti contatti con psicologi e psichiatri, NON riguardo all'omosessualità, e mi sono accorto che quest'ambiguità di approccio clinico pervade moltissime delle loro categorie: molte condizioni non le chiamano patologiche, ma di fatto le trattano come tali.

Questo è ciò che io vedo, certo posso sbagliare, anche per questi motivi ho chiesto come la pensavate.

 

 

Bene... dunque tu sei al mondo per mano di Dio o dell'evoluzione?

E l'universo come si è generato?

Ed è nato prima l'uovo o la gallina?

Considerato che tu discendi da questi tre quesiti eternamente insoluti, non potrai mai trovare motivo di completa autoaccettazione, perchè non comprendendo il tuo "criterio unico" di discendenza, non potrai mai accettarti completamente.

Al contrario, io che non mi pongo alcun tipo di interrogativo e vivo in armonia e letizia con il mondo intero la mia condizione, sono l'esempio lampante dell'autoaccettazione, nonchè dell'avvenuta accettazione da parte di quella fetta di società contemporanea con cui mi relaziono quotidianamente.

Se è così per te, non entro nel merito e mi auguro che sia così. Io però credo che cose come l'accettazione cosmologica ed esistenziale di sé dipendano in fondo dalla "fede" che ciascuno di noi accorda ad una di quelle teorie, cioè l'evoluzione o la creazione e via dicendo, mentre è molto difficile arrivare ad accettarsi - e tantomeno ad accettare gli altri - se si rinuncia alla riflessione accurata. :asd:

 

Forse anche stavolta sono stato molto prolisso ma per me è importante capirsi :D

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Perché gli eterosessuali, pur nelle loro differenze individuali, continuano a ritenersi grossomodo simili sul piano della sessualità, e vedono gli omosessuali come quelli che invece "non si sa perché funzionano così, non lo sanno nemmeno loro, sono tutti così diversi l'uno dall'altro", insomma vengono visti come qualcosa di estraneo e trattati con i guanti, con rispetto formale, che intendiamoci è già una grande conquista rispetto al passato ma per il mondo civile d'oggi è poco e indignitoso.

Scusami Ganimede se torno a smantellare queste teorie, ma in paesi come la Svezia, i gay non hanno dovuto presentarsi alla società sotto la luce di un denominatore comune... eppure sono perfettamente integrati e anzi... non ci si pone neppure più il problema se uno è gay o meno.

 

Quello che in paesi tradizionalisti e di forte stampo cattolico dà "prurito" è la presunzione di essere fuori da una ipotetica linea di condotta dettata dalla morale e dal bigottismo.

 

Non è un caso che gli etero NON SIANO AFFATTO così simili sul piano della sessualità come tu sostieni: ma cercano di non dare troppo nell'occhio, per il timore di essere additati e giudicati, da persone che proprio come loro non sono uniformi e standardizzate, ma vogliono far credere di esserlo.

Il tuo vicino di casa pratica lo scambio di coppia;

il tuo collega si fa legare dalla compagna, frustare, picchiare e insultare;

la sorella del tuo migliore amico, ogni tanto si fa montare dal cane;

la cassiera carina del supermercato, fa il duetto lesbo con la collega per eccitare il suo partner;

il prof di italiano e sua moglie mentre lo fanno, si mettono nel culo dei dildo da 30cm...

 

Dentro le case di questa brava gente, casta e pura, tu non puoi sapere che succede, e non è il tuo buon intento di predisporre un bel biglietto da visita con cui bussare alla loro porta, che decreta il successo del messaggio che intendiamo portare.

 

Rinnegare, respingere e rifiutare sono le uniche difese che hanno per nascondere le loro marachelle e perpetrare il loro odio verso le diversità che hanno il coraggio di uscire alla luce del sole, perchè fastidiose e chiassose.

Bello o brutto, buono o cattivo, pettinato o spettinato, elegante o casual, sarai comunque sbagliato secondo il loro giudizio: magari non lo pensano veramente, ma hanno bisogno di farlo credere per paura di essere messi in discussione loro stessi.

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Ma infatti, LanX, non mi pare di aver detto che gli eterosessuali SONO più simili tra loro, bensì che CREDONO di esserlo, oltre naturalmente a fare di tutto per sembrarlo...

 

Ma allora in Svezia - io non lo so, ehm, sono poco informato :asd: - gay e lesbiche sono integrati al punto che i discorsi sulle dinamiche omosessuali ricorrono spontaneamente dovunque (o quasi) si parli o si rappresenti genericamente la sessualità e l'amore? cioè sui giornali, in tv, nei salotti casalinghi, nei discorsi al bar, negli spogliatoi di palestre, e via dicendo?

 

E per gli adolescenti svedesi non esiste più alcun turbamento nello scoprirsi omosessuali? e per i genitori non c'è più il minimo trauma all'idea o alla scoperta di un figlio omosessuale?

(Qui credo che l'unica riprova sarebbe la scomparsa del coming-out, cioè, immagino, come succede agli eterosessuali, s'iniziano le relazioni spontaneamente e all'occasione si presenta il fidanzato del proprio sesso in famiglia come se nulla fosse... E' così che accade lì?)

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Trovo che la distinzione tra orientamento, identità e comportamento sia imprenscindibile se avessimo ancora intenzione di ragionare per categorie - per Almedel sembrerebbe "politicamente" indispensabile - e non volessimo generare inutili confusioni.

Per l'orientamento sessuale credo che ci si possa tranquillamente riferire ad una pulsione erotico-sentimentale, non necessariamente genitale, e che sia l'unico concetto in grado di fornire una definizione accettabile di omosessualità.

L'identità, in quanto tale, non definisce l'omosessualità ma il livello di corrispondenza tra la propria fisiologia e la percezione del genere di appartenenza.

Con il comportamento sessuale ci riferiamo invece a ciò che effettivamente un individuo decide di praticare, al di là del proprio orientamento o della propria identità.

 

Ragionando i n questo modo possiamo tranquillamente definire "omosessuale" quell'individuo che, nutrendo una pulsione erotico-sentimentale nei confronti di persone del suo stesso sesso, decida comunque di condurre un'esistenza votata all'eterosessualità. Così come possiamo definire "eterosessuale" la pulsione di una trans che, identificandosi nel genere femminile nonostante un corpo maschile, provi attrazione esclusivamente per uomini.

Eterosessuali sono anche quei maschi che, in particolari situazioni come la prigionia, decidano di avere rapporti sessuali con altri uomini pur essendo il loro desiderio indirizzato alle donne (parliamo in questo caso di comportamenti sessuali).

 

Aggiungo un elemento, già dibattuto convincentemente in altro topic: stiamo attenti a non creare confusione tra l' identità sessuale ed i concetti di effeminatezza e mascolinità che possono rappresentare un livello di esternazione ma non necessariamente.

In effetti, quando si parla di uomo o donna non compiuti più che puntare il dito sull'identità sessuale credo che venga utilizzato un principio di "sottrazione"  rispetto al livello di effeminatezza o di mascolinità che, al limite e a rigor di logica, dovrebbero invece rappresentare una sovrabbondanza.

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Sissignore Ganimede.

 

Proprio come tu dici, in Svezia l'orientamento sessuale non desta più alcuno scalpore.

 

Certo, si parla di sesso come in tutti gli altri paesi, ma se ne discute in termini scientifici: quali sono i problemi, quali sono le cure disponibili, quali i possibili rimedi alternativi... insomma è il fatto di avere una sessualità regolare piuttosto che disturbata ad essere il centro dei dibattiti, e non se lo fai con partner dell'altro o dello stesso sesso.

 

In Svezia non hai bisogno di avvicinarti ai tuoi amici col capo chino e con tono sommesso confessare di essere gay, perchè la risposta sarebbe l'equivalente del nostro "embeh?"

 

I gay vivono alla luce del sole, si amano, si sposano, adottano bambini, godono degli stessi diritti degli eterosessuali, e guarda caso... tutto funziona a meraviglia.

 

E questo fenomeno di normalizzazione è talmente parte integrante della loro cultura, che ad oggi Stoccolma, guarda caso, non ha nemmeno più cruising bar e altri locali o punti di ritrovo "underground" per praticare sesso clandestino.

Ti invito a leggere QUESTO articolo pubblicato su Gay.it per averne un'ulteriore conferma.

 

Nel nostro paese di bigotti trogloditi, gli eterosessuali NON SONO uguali tra loro, ma NEMMENO LO CREDONO: vogliono solo cercare di farlo credere.

E' l'unica arma di salvezza che resta a loro discolpa per il progressivo disgregamento ed impoverimento di valori, di cui sono loro stessi artefici.

 

Ma scusa... in TV non si fa altro che parlare di valori decaduti, di SOCIETA' allo sbando, che non c'è più la mezza stagione e che si stava meglio quando si stava peggio... e questo di chi credi sia colpa?

E' colpa della SOCIETA' contemporanea... ma chi è esattamente questa benedetta SOCIETA' ???

 

Mmmm... calcolando che noi omosessuali siamo una minoranza e che non godiamo di certi diritti, primo fra i quali la possibilità di crescere ed educare un figlio, mi dici tu quale identità vogliamo dare a questo soggetto astratto denominato SOCIETA' ?

 

A chi vogliamo attribuire la mala, scarsa o addirittura inesistente educazione ricevuta oggigiorno dai figli?

 

Però poi, questi bravi genitori organizzano il Family Day... aaaah, che brave personcine, tutte devote ai Valori... una volta all'anno, non male eh?

Questa è tutta una mastodontica presa per il culo, una montatura volta ad imbellettare quell'immagine di famiglia ormai deteriore e screpolata, della quale ci si rende inevitabilmente conto, ma per la quale si fa concretamente poco o nulla.

 

Se noi ci presentiamo a questi signori come una sorta di esercito di cloni, tutti uguali, perfettini, lavati, stirati e inamidati, poco cambia: sempre "maledetti ricchioni di merda" restiamo, perchè hanno bisogno di un capro espiatorio, di un escamotage, di una via di fuga alle loro responsabilità, che non vogliono assumersi.

 

Se ciascuno di noi vivesse la propria diversità come meglio crede, serenamente, alla luce del sole e a testa alta... quella sarebbe già la nostra vittoria: dimostreremmo di non temere il loro giudizio, di non avere nulla da nascondere, e anzi... di essere nella posizione per giudicare i loro misfatti.

Purtroppo, però, viviamo la nostra condizione con senso di disagio quasi fantozziano: se ci rifletti bene, andiamo a sfilare al Gay Pride riempiendoci la bocca di tante belle parole sui diritti, ma già solo l'idea di fare coming-out in famiglia terrorizza non tanto per il timore di ferire i sentimenti dei genitori, quanto di essere offesi, respinti e allontanati.

E questo sarebbe il "PRIDE"??? L'orgoglio??? Ma orgoglio di cosa, se non riusciamo nemmeno a parlare serenamente della nostra condizione con le persone che ci hanno concepiti, amati, allevati e cresciuti?

 

Il nostro VERO problema, è che esattamente come gli etero, abbiamo degli ideali, ma a difenderli INDIVIDUALMENTE a spada tratta e a testa alta siamo in pochi.

 

Come pecoroni andiamo a fare baccano in piazza con la nostra annuale sfilata allegorica, che ci "ovatta" in quel senso di onnipotenza che è la "massa", ma poi individualmente ciascuno di noi fa poco o niente per se stesso nel privato.

 

Amati, rispettati e porta all'esterno un'immagine di persona serena, compiuta, fiera e senza titubanze: vedrai che la SOCIETA' non avrà problemi a rispettarti.

 

Perplessità? Dubbi? Remore? Incertezze? Puoi averne finchè vuoi... ma resterai vittima della sociètà, che ha bisogno di pulirsi le scarpe sporche da qualche parte, e non troverà di meglio che TE come zerbino, pronto a sottometterti per qualsivoglia ragione di comodo.

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Trovo che la distinzione tra orientamento, identità e comportamento sia imprenscindibile se avessimo ancora intenzione di ragionare per categorie - per Almedel sembrerebbe "politicamente" indispensabile - e non volessimo generare inutili confusioni.

Per l'orientamento sessuale credo che ci si possa tranquillamente riferire ad una pulsione erotico-sentimentale, non necessariamente genitale, e che sia l'unico concetto in grado di fornire una definizione accettabile di omosessualità.

L'identità, in quanto tale, non definisce l'omosessualità ma il livello di corrispondenza tra la propria fisiologia e la percezione del genere di appartenenza.

Con il comportamento sessuale ci riferiamo invece a ciò che effettivamente un individuo decide di praticare, al di là del proprio orientamento o della propria identità.

La spiegazione sul carattere estraneo dell'identità mi pare chiara e corrisponde anche al mio pensiero... Peccato che però mi pare che gran parte del mondo eterosessuale, e persino una parte degli omosessuali stessi dalle risposte che ho trovato in questo forum, la pensi diversamente: spesso, cioè, l'identità viene considerata discretamente correlata alla effettiva condizione di eterosessualità od omosessualità.

Tra orientamento e comportamento invece non mi è chiaro, ti dico più giù.

 

Ragionando i n questo modo possiamo tranquillamente definire "omosessuale" quell'individuo che, nutrendo una pulsione erotico-sentimentale nei confronti di persone del suo stesso sesso, decida comunque di condurre un'esistenza votata all'eterosessualità. Così come possiamo definire "eterosessuale" la pulsione di una trans che, identificandosi nel genere femminile nonostante un corpo maschile, provi attrazione esclusivamente per uomini.

Eterosessuali sono anche quei maschi che, in particolari situazioni come la prigionia, decidano di avere rapporti sessuali con altri uomini pur essendo il loro desiderio indirizzato alle donne (parliamo in questo caso di comportamenti sessuali).

Ecco, la questione dei detenuti che restano eterosessuali pur "decidendo" di avere rapporti coi loro simili, mi convince poco: la domanda più frequente e che tutti conosciamo, credo, è "come ci riescono?", cioè come fanno a provare piacere - e anzi addirittura ad eccitarsi - se il loro orientamento è rivolto all'altro sesso? cosa li distingue da quelli che non ci riuscirebbero neppure se provassero a deciderlo? forse il fatto di essere eterosessuali al 100%, al 90%, all'80%? a patto che l'orientamento funzioni a percentuali, che sarebbe già un interrogativo non da poco tra quelli che ho posto. E poi chi ci dice che le loro pulsioni autentiche non si liberino proprio dentro il carcere anziché fuori? anche qui, sempre insinuando che l'orientamento non sia una cosa così fissa e viscerale da essere immune da oscillazioni dovute all'inibizione e/o alla costrizione.

E la stessa cosa potrebbe riferirsi all'esempio opposto, quello degli omosessuali che "decidono" di avere soltanto rapporti eterosessuali... Ok, una risposta-tipo l'ho sentita persino nel telefilm "Wasteland", un gay neo-dichiarato con un passato da donnaiolo dice all'amico ed ex-collega di conquiste femminili "sono soltanto gay, non vuol dire essere morti!" :D ma non è che significhi molto, anche perché il contrario per il suo amico ancora etero e donnaiolo non sarebbe stato applicabile :asd: (o sì ed è la sfiducia di partenza ad impedire la verifica? :D

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non vedo ci vedo niente di  cosi' irragionevole nel trovare un denominatore comune

 

tutt'alpiu' mi pare anche abbastanza lineare che trovare un denominatore comune

non significa necessariamente creare un criterio unico in cui rinchiuderci una persona

 

sarebbe come dire che tutti i biondi in virtu' del loro essere biondo si comportino e ragionino allo stesso modo

per via che sono biondi?  :D

va da se che e' un ragionamento abbastanza stupido U.u

 

per il resto sono abbastanza concorde co almadel

si riduce tutto al sesso  :asd:

 

non vedo altre sostanziali differenze tra l'amore gheis e l'amore etero  :D

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Cerco di distinguere orientamento da comportamento.

E' logico che se l'orientamento di un detenuto è di tipo omosessuale la questione del comportamento finisce in secondo piano. E' altrettanto vero che molti detenuti che praticano rapporti omosessuali nel periodo di prigionia lo fanno senza approfondire la componente affettiva e tornano successivamente a rapporti eterosessuali.

Da cosa dipende il comportamento in cattività? Come ci possono riuscire?

Allo stesso modo di come può riuscire un omosessuale celato ad avere rapporti con una persona dell'altro sesso. O di come potrei reagire io di fronte ad un piatto di trippa. Lasciami senza mangiare per un paio di settimane e vedrai che mangerò anche quella. Dammi la possibilità di scegliere liberamente e preferirò una porzione di arrosto. Credo che le nostre pulsioni abbiano una direzione preferenziaria ma non necessariamente esclusivista.

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E di pareri come questo,

http://www.studioiannetti.it/omosessualita.htm

 

che ne pensate?

 

Io trovo che sia un esempio molto calzante dell'ambiguità con cui alcuni (o molti?) psicoterapeuti d'oggi (anche non cattolicizzanti, intendo) considerano e trattano la questione... Ad esempio si ribadisce più volte che l'omosessualità non è una malattia, ma intanto la condizione degli omosessuali viene considerata molto problematica nella maggior parte dei casi, e non soltanto per la disapprovazione sociale o per l'esperienza di un'appartenenza minoritaria, ma proprio anche per le distinzioni interne che si fanno, cioè si distingue l'omosessualità "vera" da un'altra omosessualità derivata invece da difficoltà relazionali o identitarie che hanno portato al "ripiego" sul proprio sesso ecc...,

 

il che in teoria non sarebbe così assurdo, tutt'altro, e anzi mi pare di capire che è su cose simili che fanno leva approcci come quelli del Narth e di Nicolosi, e che però per l'appunto, a mio parere, meriterebbero un impegno di demolizione più efficace e pronto da parte del mondo gay: basterebbe, ad esempio, far notare che quei stessi terapeuti non applicano gli stessi paradigmi anche nell'ambito eterosessuale, cioè stranamente nessuno insinua l'idea che i cosiddetti "eterosessuali al 100%" abbiano un blocco nei confronti del proprio sesso che li ha spinti a "ripiegare" sull'altro sesso, o che le loro tendenze esclusive derivino da problemi del rapporto col genitore dell'altro sesso (o persino dell'identificazione, abbattendo il postulato che sia più sano e naturale identificarsi coi referenti del proprio sesso biologico...)

 

Insomma, quelle righe io le interpreto più o meno così: "L'omosessualità non è una malattia, non è patologia, ma è comunque una specie d'incidente, di cui non si conoscono bene le cause (diversamente dall'eterosessualità, di cui invece si conoscono perfettamente le cause e quindi non va considerata problematica fino a prova contraria), insomma un incidente che può risolversi bene ma che è opportuno non sottovalutare (!)". Per contro, siccome il corollario di questo modo di vedere consiste nell'indagine e nel trattamento, forse allora sto capendo un po' meglio come molti individuino una soluzione nel rifiuto del percorso analitico... mentre secondo me è alla base che andrebbero abbattuti questi approcci.  :gha:

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Se sei attratto dal tuo stesso sesso sei omosessuale. Se sei attratto dal sesso opposto sei eterosessuale. E se ti attraggono tutti e due, sei bisex.

A molti maschi etero non viene neppure in mente di essere "eterosessuali": semplicemente non concepiscono altra possibilità, non ci pensano o non vogliono pensarci

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Caro Ganimede,

non è vero che nessuno ha mai pensato che l'eterosessualità potesse avere delle cause.

 

Ricercarne la cause è stato il primo passo della psicanalisi: il Complesso di Edipo.

 

Se mi permetti, vorrei proporti un'interpretazione.

 

Immaginiamo che l'Individuo Originario sia Bisessuale e non Asessuale (come presuppone implicitamente la "teoria dell'orientamento")

 

Ora il problema non sarà più definire cosa ci spinga verso un Genere piuttosto che verso un altro (teoria dell'orientamento); ma stabilire cosa causi l'Esclusione di un Genere dal nostro orizzonte erotico e affettivo.

 

Molt sono gli attributi di un maschio capaci di respingerne un altro: la competizione (la paura del confronto con un altro fallo), il disgusto per il pelo (ci sono efebi che rimorchiano "etero) quello per gli escrementi (a cui rimanda necessariamente il ruolo attivo) quello per il dolore (a cui necessariamente rimanda il ruolo passivo) o l'Immaginario che vuole sempre "dominazione" il rapporto tra due maschi.

 

Discorsi analoghi si possono fare per tutti gli altri "orientamenti", ovviamente.

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Ruolo attivo, ruolo passivo...mica c'è solo il sesso anale. L'amore gay è qualcosa di più.

 

In ogni caso, è possibilissiimo che all'inizio vi sia asessualità, quindi uno stadio potenziale di bisessualità, che poi evolve in etero od omosessualità più o meno prevalenti.

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Questo Iannetti in realtà mi pare che dica semplicemente che c'è una fase dello sviluppo in cui non essendo la sessualità agita è difficile distinguere per un ragazzo/ragazza la fantasia sessuale, dal desiderio sessuale e quindi la fantasia omosessuale dal desiderio omosessuale. In questa fase di incertezza in cui l'approccio alla propria sessualità esclude il rapporto con l'altro, c'è un'area di ambiguità perchè largo spazio è concesso all'immaginario erotico.

 

Il problema è che la sessualità per certi versi precede la relazionalità adulta ed anche se noi ripensassimo alle nostre prime fantasie sessuali, cercando quelle eterosessuali( che non si sono poi tradotte in desiderio ) avremmo la difficoltà che ci deriva di averle formulate in un contesto ambientale che ci voleva eterosessuali ( quindi il discorso non è speculare tanto è vero che ci sono omosessuali che agiscono l'eterosessualità pur in presenza di desideri omo, neanche di mere fantasie...) ma soprattutto di ricordarci che tipo di rapporti eravamo capaci di avere all'epoca con amici, amiche.

 

Non a caso le prime esperienze sessuali che includono un rapporto con l'altro, sono vissute come giochi e sono quasi sempre disaffettive.

 

Per questo la pubertà è un'età problematica e segna un difficile passaggio.

 

Che poi uno possa reprimere il desiderio pensando alle cose che dice Almadel mi pare possibile, ma credo che sia possibile pensarle se già le si desidera

sessualmente, quindi dovremmo ipotizzare una scelta per esclusione pienamente adolescenziale e di tipo già repressivo, non orientativo.

 

Non per il fatto che l'amore gay è qualcosa di più, come dice Cosgrove...ma proprio per il fatto che queste sono cose già troppo specifiche.

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