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Il capitalismo veste Prada


Serpente

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Il potere pervasivo della moda porta molti a sentire l’esigenza di prenderne le distanze. Mi riferisco a coloro che sono intenzionalmente “fuori moda” e si considerano al di sopra di quest’attività, che nella migliore delle ipotesi ritengono una frivola perdita di tempo, nel peggiore un’ossessione per la superficialità.

Il filosofo tedesco Simmel nel suo saggio Moda e metropoli dà una lettura poco lusinghiera dei “fuori moda”, spiegando il fenomeno in due modi possibili. Secondo il primo, chi vive intenzionalmente fuori moda lo fa perché ha una personalità debole, che teme di perdere adattandosi ai gusti della collettività e di vedere assorbita dagli oggetti. Infatti Simmel ritiene che nella nostra epoca lo spirito oggettivo rischi spesso di soffocare quello soggettivo. Gli oggetti sono investiti di un potere e di un’importanza superiore a quella degli individui. Spesso sentiamo dire da qualcuno che il modo in cui si veste rispecchia ciò che è, la sua soggettività appunto; un vestito dovrebbe rimanere un veicolo dell’individualità, un modo per metterla in luce. Ma c’è chi, non del tutto a torto, teme che un abito troppo elaborato finisca per strozzare la sua individualità, che sente magari già debole.

L’altra interpretazione che Simmel dà è meno originale, ma forse più veritiera. Essere fuori moda non è che una forma di moda. «Chi vuole essere fuori moda accetta il contenuto sociale esattamente come il fanatico della moda, dandogli però la forma della negazione anziché dell’intensificazione» . Come l’ateismo più radicale spesso si rovescia in una fanatismo simile a quello religioso, così chi evita i gusti della collettività cerca in realtà un modo diverso per affermare la propria personalità attraverso i vestiti.

Lars Svendsen in Filosofia della moda nota che molti movimenti contro-culturali, nati per rivendicare spazi di trasgressione e anticonvenzionalità, finiscono per essere assorbiti dal sistema. Per esempio lo stile punk ha conservato per poco tempo il suo potenziale anarchico, iniziando molto presto a comparire su riviste di moda, fino a diventare un fenomeno di massa.

Si può essere fuori moda ma non vivere fuori dalla moda. Lo spiega con lucida freddezza Meryl Streep in Il diavolo veste Prada. Con spietata ironia la Streep, nei panni della direttrice di una rivista di moda, dice alla sua segretaria, una sciatta Anne Hathaway, che mettersi un maglione infeltrito per «gridare al mondo che ti prendi troppo sul serio per curarti di cosa ti metti addosso» è ridicolo. Perché quel maglione è color ceruleo. E il ceruleo è stato usato per la prima volta nella collezione di Oscar de la Renta, seguito da Yves Saint Laurent prima e da diversi altri stilisti poi, fino ad arrivare in un “tragico angolo casual” da cui lei lo ha pescato. Perciò «siamo al limite del comico quando penso che tu sia convinta di aver fatto una scelta fuori delle proposte della moda».

Nel sistema capitalista pensare di vivere senza avere nulla a che fare con la moda non è possibile, sarebbe un po’ come voler sopravvivere senza sporcarsi le mani con il denaro. La moda è una delle regole del capitalismo, lo strumento con il quale esso produce rapidamente obsolescenza, cioè trasforma oggetti seminuovi e perfettamente funzionanti in anticaglie da sostituire al più presto. È evidente che non ha alcun significato che un anno sia di tendenza il verde acido e quello successivo il grigio antracite, in questo non c’è alcuna ricerca della bellezza né tantomeno della funzionalità. «La moda è irrazionale nel senso che persegue il cambiamento, e non ai fini di migliorare l’oggetto» , ma «la sua essenza è il cambiamento per il cambiamento».
Poiché la moda è una condizione così radicata nella cultura e nell’economia in cui viviamo, pretendere di esserne al di sopra non ha molto senso.

La visione che Don DeLillo ci offre in queste righe di Cosmopolis è volutamente apocalittica. Non è però obbligatorio condividere i suoi toni pessimisti. Riconoscere l’esistenza di una regola, come i dettami che la moda volenti o nolenti ci impone, è il primo modo per ridiscuterle criticamente. La scelta non è tra dichiararsi al di sopra di qualcosa nel quale in realtà si è immersi o subirne passivamente gli effetti. Non è possibile una liberazione dal sistema, ma una libertà interna alla moda, che ne piega per quanto possibile le regole, adattandole alla propria personalità.

http://www.lachiavedisophia.com/blog/il-capitalismo-veste-prada/

Sono totalmente d'accordo con quest'analisi sebbene continui a ritenere l'ossessione per la moda del momento piuttosto frivola. Non si può essere "contro" la moda, come non si può essere contro il capitalismo, ne siamo tutti parte. Che ne pensate?

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La mia famiglia si occupa di abbigliamento almeno da due generazioni.

I miei nonni paterni avevano un negozio chiamato "Moda Giovane Boesso",

mia madre faceva la commessa in un negozio del centro e mio nonna era bustaia.

 

"Seguire la moda" non significa semplicemente comprare quello che si trova in un negozio o in un mercatino.

Significa decidere come vestirsi in base a come sono vestite le persone che ci piacciono.

Per cui ci sono mode maistream e mode legate a singole comunità (come quella punk, nera, gay, goth, skinhead, hipster, emo...)

Anche le mode maistream non sono tutte uguali. Spesso capita che ogni brand e ogni negozio abbiano un loro stile.

 

Ormai è impossibile definire "cosa sia di moda". Secondo me sono trent'anni che la "moda" non esiste più.

Possiamo riconoscere con precisione un abbigliamento anni '50, '60, '70 e '80;

ma dagli anni Novanta in poi la moda mainstream si è fatta sempre più variegata

e le sottoculture giovanili hanno cominciato a essere sempre meno pervasive e a sovrapporsi.

L'ultima sottocultura è quella degli Hipster che ormai ha già dieci anni, è solo maschile e assai poco diffusa.

Se mio marito ricicla oggi i miei vestiti di vent'anni fa non darebbe nell'occhio

come avrei fatto io se nel 2000 mi fossi vestito come un paninaro.

 

Questo non significa che ogni brand non si rinnovi ogni anno, ma in modo indipendente dagli altri.

Lo shopping compulsivo non dipende (più) dalle mode, ma solo dal desiderio di cambiare.

 

 

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Io sono uno che la moda la segue davvero molto poco ed in genere sempre in ritardo.

Comunque, alla base della moda c'è anche il gusto, lo sviluppo di un certo gusto è importante ed imprescindibile, perchè bisogna adattare i propri abiti ai punti di forza e di debolezza del proprio fisico per....piacersi.

Non seguire la moda è un gesto di personalità o di debolezza dipende. Molte persone che non seguono la moda e non sanno valorizzare risutando spesso sciatte e poco attraenti non stanno facendo una scelta di personalità.

La vera scelta di personalità è piacersi e gli abiti sono uno strumento imprescindibile. Non è superficialità dirlo ma un fatto.

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La moda e' per chi ha la testa vuota e non ha nulla altro che la interessi maggiormente.

Che una persona diventi piu' attraente se veste bene mah, e' tutto da dimostrare. Un vestito non ti cambia ne il carattere ne il fisico.

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Hinzelmann

Sì direi che ciò che è venuto a mancare nel XXI secolo è lo stilista che detta la tendenza della moda del decennio e viene seguito

Se qualcosa del genere esisterà, probabilmente sarà in Cina o in India, cioè in società dove si è formata una nuova borghesia o condizioni sociali di vita simili a quelle che noi abbiamo avuto nellla seconda metà del XX secolo, anche lo street style come orizzonte suggerito negli anni '90, oggi, sarebbe più da ricercare in Giappone o in Corea che nelle nostre città.

Da noi, come reazione a quello che, per come l'ho descritto io sembrerebbe solo un declino, si sono però aperti margini per la contaminazione, la creazione di un look che rifletta uno stile personale, la critica alla fashion victim ed ai total look riflette un fenomeno sociale : bisogna in qualche modo dimostrare ( a noi stessi e agli altri ) di essere dei consumatori creativi e non degli adepti.

Se vogliamo è in parte anche una fregatura, nel senso che rende tutto più complicato

Quello che un po' a me dispiace, parlando dei più giovani ( la moda è sempre più solo una moda giovanile ) è che invece di sentirsi liberi di esprimere anche con un proprio stile la direzione che vogliono imprimere alla propria vita, si fanno per certi versi ossessionare dall'autenticità

Forse è inevitabile che ogni generazione abbia il suo tarlo, beh se questo è vero direi che il tarlo dell'attuale a me pare sia l'autenticità

 

 

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1 minute ago, Hinzelmann said:

Forse è inevitabile che ogni generazione abbia il suo tarlo, beh se questo è vero direi che il tarlo dell'attuale a me pare sia l'autenticità

Io pensavo alla "originalità", ma probabilmente "autenticità" rende meglio.

Oggi davvero un ragazzo può scegliere tra svariati stili e comporli come più gli piace.

Trovare due ragazzi uguali - anche tra i modaioli più fanatici - è praticamente impossibile.

Non c'è più la cintura Charro o il berretto Monclear arancione uguale per tutti.

Semmai ci si vanta di quanto si ha speso, ma se spendi mille euro per una camicia

a nessuno importa se è cerulea o porpora né se ha o meno il collo alla coreana.

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11 hours ago, Serpente said:

Sono totalmente d'accordo con quest'analisi sebbene continui a ritenere l'ossessione per la moda del momento piuttosto frivola. Non si può essere "contro" la moda, come non si può essere contro il capitalismo, ne siamo tutti parte. Che ne pensate?

Penso che quel che affermava il personaggio di Meryl Streep nel film nella scena da te citata fosse sostanzialmente vero; chi sceglie cosa "fa moda" determina in un modo o nell'altro tutta una serie di scelte a cascata, che influenzano svariate filiere produttive. Negli ultimi vent'anni la cosiddetta fast fashion ha notevolmente accelerato processi consumistici già in atto da qualche decennio: possediamo tutti troppi vestiti, ne compriamo troppi a poco prezzo e produciamo milioni di tonnellate di rifiuti...l'industria dell'abbigliamento è tra le meno sostenibili dal punto di vista ambientale. Le troppe donazioni di abiti dismessi a Paesi del Terzo Mondo poi non fanno che "drogare" quei mercati, impedendo ai lavoranti del luogo di avviare attività in proprio. 

Di riflesso oggi vi sono diversi marchi che puntano alla "trasparenza" produttiva, selezionando con più cura le materie prime, rivendicando le migliori condizioni di lavoro dei loro operai, etc...e pure i colossi della "moda veloce" fanno più o meno spudorate operazioni di green washing.

Al netto delle cattive notizie, come sostiene @Almadel oggi le "tendenze" in fatto di moda sono molto più sfumate; a me capita spesso di indossare capi vecchi di 15 anni senza sembrare stravagante, mentre trent'anni fa la differenza si sarebbe notata molto di più. 

1 hour ago, Hinzelmann said:

si sono però aperti margini per la contaminazione, la creazione di un look che rifletta uno stile personale, la critica alla fashion victim ed ai total look riflette un fenomeno sociale : bisogna in qualche modo dimostrare ( a noi stessi e agli altri ) di essere dei consumatori creativi e non degli adepti.

Se vogliamo è in parte anche una fregatura, nel senso che rende tutto più complicato

Io invece lo trovo più divertente :D ma è da anni che non sperimento con un po' di coraggio, dai tempi dell'uni direi. Aggiungiamo pure che generalmente chi "fa moda" è molto poco incline a seguire le mode imposte da altri...credo che se conoscessimo fotografi o editor di riviste di moda di livello piuttosto alto scopriremmo che sono molto più decisi nelle loro scelte, molto meno facilmente influenzabili di tutte le cosiddette fashion victim.

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Bullfighter4
1 hour ago, nayoz said:

schiavismo e lavoro forzato minorile possono contare come "fatto dai bambini" ? (per i bambini)

E’ un video satirico di “The Onion”, non è un video serio...

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9 minutes ago, Bullfighter4 said:

E’ un video satirico di “The Onion”, non è un video serio...

e con questo ?

non mi dirai che in bangladesh non ci siano minorenne a cucire vestiti, alcuni dei quali anche per bambini...

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Bullfighter4
4 hours ago, nayoz said:

e con questo ?

non mi dirai che in bangladesh non ci siano minorenne a cucire vestiti, alcuni dei quali anche per bambini...

Il video satirico aveva un senso con quello di cui stavano parlando sopra. Non ho capito il senso del tuo commento che mi sembrava collegato all’umorismo del video, per questo ho commentato così. 
Tutto qua.

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Lo stesso discorso si può fare quando i maschioni del forum (e non) dicono che le popparole sono roba per deficienti effemminati, gay minori anche se con i loro album, merchandising e concerti contribuiscono ad accrescere una industria milionaria e migliaia di posti di lavoro? 

e senza neanche mettere in mezzo eventualmente minorenni sfruttati!!

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  • 3 weeks later...
On 5/24/2020 at 5:30 PM, SabrinaS said:

Lo stesso discorso si può fare quando i maschioni del forum (e non) dicono che le popparole sono roba per deficienti effemminati, gay minori anche se con i loro album, merchandising e concerti contribuiscono ad accrescere una industria milionaria e migliaia di posti di lavoro? 

e senza neanche mettere in mezzo eventualmente minorenni sfruttati!!

E' un punto di vista interessante, ed è vero che non sfruttano minori. Ok, magari Madonna durante i suoi concerti mette i suoi bambini malawiani a fare manovalanza, ma lì è come quando tua madre organizza una cena e ti chiede di aiutarla a lavare i piatti.

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