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Perché gli omosessuali parlano al femminile?


gigaleimagnus87

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@sissy, il termine "pietà" mi fa sentire uno straccio ma... grazie per il sostegno :)

 

@tutti gli altri:

 

Mi scuso per il tono, quello si, ma mi è saltata la mosca al naso come dire, e non credo a torto. Ma non mi scuso per i contenuti.

 

Allora, io non mi permetterei mai e poi mai di dire a una persona: "Tu sei così e Tu devi fare questo". Soprattutto in un ambito in cui NOI siamo tutti in una situazione nonostante il "Tu devi" del resto della società.

 

E non accetto, NON ACCETTO in nessuna forma che qualcuno mi venga a dire "tu devi tu fai".

 

Sono un povero pietoso ( ;-) ) vecchio di quasi 40 anni, e tra i pregi di essere un ometto nella mezza età c'è il fatto che uno è responsabile per se e non ha bisogno ne ha necessità che gli si dica cosa deve o non deve fare.

 

 

 

@Sweet

non puoi leggere i 50 topic ma non puoi neanche leggere nel pensiero. Mi dispiace ma non accetto che tu mi dica "TU odi i gay TU stai a casa a lamentarti TU vivi male etc etc mentre IO sono una grande lesbica che IO vivo etc etc". La parte IO è una questione tua, sono contento per te. la parte "TU" la prossima volta editala perchè, ripeto, non mi conosci per nulla. Per nulla.

 

@Hinzelmann

Io non parlo per gli altri, non trasferisco le mie paranoie e i miei pregiudizi sugli altri. Non mi sembra ne giusto ne corretto. Quindi la fase in cui io sono, sono fatti miei, non me la attribuire perchè guarda, con me i luoghi comuni non hanno mai attecchito.

 

E, nello stesso tempo, vi invito a riflettere sul fatto che dire per l'ennesima volta "TU devi venire al gaypride e farti vedere sennò taci" non è esattamente un modo per essere tolleranti, aperti alle idee altrui e progressisti.

 

E ora basta così. Quello che dovevo dire l'ho detto. Mi avete fatto alterare in una giornata per me comunque complicata, e io vengo su questo forum per trovare serenità, non certo un altro bel gruppone di presuntuosi che si prendono la briga di darmi delle regole e delle etichette senza peraltro aver scambiato neanche mezza parola con me anche fosse solo in una chat. Non sapete che lavoro faccio, come mi chiamo, qual'è la mia storia, quali sono le mie esperienze, quali i miei desideri, i miei problemi.

 

Eppure eccomi qua che sono già pieno di "post-it" addosso, già inscatolato e pronto per essere adeguatamente trasformato ed adattato nelle N categorie gay ammissibili.

 

Questo non mi piace. Non lo accetto e non mi sembra giusto. E'... brutale.

Mi sembra di aver preso in faccia tutti i cazzotti (che tra l'altro sono abbastanza sicuro che non riceverò affatto) del se e quando farò il mio coming out. E li ho ricevuti dalla parte sbagliata.

 

E ora non so che fare. Mah...

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E tre...

La cosa più interessante in assoluto

è che nessun effeminato e nessuna mascolina

finora se l'è presa con gli interventi di Korio.

 

Nessuno è mai intervenuto per dirgli:

"Io sono effeminato e allora? Qualche problema?

"Ecco, io parlo al femminile e ho un boa di struzzo:

se vuoi mandarmi frecciatine, parlami direttamente".

 

Solo persone che la pensano come lui

e che - evidentementemente -

sono più offese dall'essere considerate "eccessive"

rispetto a quanto non le turbi la correttezza politica :)

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Almandel  (scusate l'off topic)

ma tutto questo mi ricorda un coglione attivista che andava in giro a dire

"basta con sti concetti di attivo e passivo, sono superati"

lo diceva da mesi

un giorno è arrivato un bear di 2 metri x 2 e ha detto

"io sono solo attivo, qualche problema?"

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Se diventassi donna, sarei molto Sweet.

 

 

una cosa è certa: difficile che tu diventa più Sweetata di quello che già sei

 

 

 

EDIT: chi non va matto per questa battuta è una Sweetata

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@korio

 

1. io mi sono limitato ad indicare le fasi dell'identificazione omosessuale

    ( come peraltro richiestomi ) e a collocare il tuo atteggiamento sulla

    normalità in questo processo

 

2. così facendo l'ho contestualizzato e ti ho indicato un percorso che

    sconta la necessità di superarlo e non di identificartici. Poi ovviamente

    sta a te decidere cosa farai della tua vita.

 

Indicare un percorso è il contrario dell'inscatolare una persona...significa

far vedere come da una scatola si può uscire.

 

Non è colpa mia se tu invece di approcciare il tema omosessualità dicendoci

i tuoi desideri, le tue speranze, le tue aspettative, hai preferito parlare pubblicamente

solo delle tue paure e delle tue ansie.

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Tornando al tema del topic, mi è venuta in mente una cosa. Almadel, mi pare, ha osservato che sono piuttosto i

quarantenni che parlano al femminile, e Ghery gli ha dato ragione. Un altro forumista ha notato invece che tra

le persone che ha conosciuto sono i giovanissimi che hanno questo vezzo.

 

Ora, la tendenza di molti di noi è trarre deduzioni da atteggiamenti, forme di espressione, mode,

considerati però sempre nell'ambito della nostra memoria, che non è una memoria collettiva registrata,

trasmessa, nota, e soprattutto lunga, come quella degli eterosessuali, la quale viaggia sull'arco di parecchie

generazioni, di secoli al limite, e, ripeto, è perfettamente nota dalla storia del costume, dai romanzi e

dalla letteratura.

 

Proust nella Recherche fa parlare al femminile Charlus (personaggio omosessuale).

E' quindi un modo di esprimersi antico che non sappiamo affatto quando comincia, e di cui non conosciamo,

ma possiamo indurre, le rotture, così come non siamo in grado di misurare la sua continuità. La discrepanza

tra le due osservazioni di partenza induce infatti  a pensare che è qualcosa che viene ciclicamente assunto

e poi rifiutato nel fluire delle generazioni.

 

La mia ipotesi è che il parlare al femminile tra gay nasca sempre riferito a una terza persona: la Tizia, la

Caia, la Sempronia, come risulta dal passo di Proust; poi può essere assimilato in prima persona

da un parlante che si immagini sempre in pubblico, come personaggio di un contesto che ha

qualcosa di leggermente teatrale. Se questo fosse vero, ci si potrebbe domandare perché la funzione

deittica (indicare qualcuno col discorso) regga così bene il genere femminile. A prescindere dal

fatto che i parlanti sono omosessuali, verrebbe fatto di pensarlo legato a una nota leggermente svalutativa,

o critica, o ironica, o parodica, magari anche in senso bonario, cioè con una nota affettiva (noi, piccola minoranza,

noi, gruppetto di persone che si conoscono, etc.)

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@korio

 

comprendo il tuo discorso e la tua situazione perché assomiglia alla mia

anch'io ho quasi quarant'anni (il "quasi" è da intendersi che sono vicino ai 40 dalla parte "alta"  :))

non sono dichiarato sul lavoro per quanto la situazione con il mio lavoro attuale renda questa cosa possibile

ho una selva di amici di lunga data che non sanno di me ed ho difficoltà a rovesciare questa situazione dichiarandomi

ultimamente sto "tagliando" qualche ramo secco nella mia vita

non sono mai andato ad un pride

non ho mai fatto militanza etc.

questa mia (o potrei dire "nostra") situazione ci rende a mio avviso molto difficile

comprendere in pieno certe dinamiche del movimento omosessuale

perché non le abbiamo vissute dall'interno e non le conosciamo

quindi trovo corretta la posizione espressa a volte da Hinzelmann

che prima di poter dire qualcosa di sensato sul movimento occorrerebbe forse buttarcisi un poco dentro

capisco che possa suonare un poco "ruvida", ma è vera e la accetto

 

personalmente non mi sono mai sentito "minacciato" dai lustrini del pride

forse in passato mi sono anche raccontato la favoletta che non mi dichiaravo per non essere assimilato a quel mondo

perché non me ne sentivo parte e volevo vivere nella "normalità" e nell'accettazione sociale

ma la verità è che se non mi sono dichiarato è stato fondamentalmente per insicurezza e mancanza di coraggio

oggi ho molto rivalutato anche i lustrini  :)

nel senso che vedo paradossalmente in certe affermazioni provocatorie

uno slancio coraggioso e quasi una mano tesa verso le mie (nostre) insicurezze

e il giorno che avrò (avremo) il coraggio di avvicinarci a uno di quei carri con le nostre giacche e cravatte

sono sicuro che una di quelle mani sarà tesa verso di noi per aiutarci a salire

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ho un amichetto della vostra stessa venerabile età a cui ho dato una mano (e anche una gamba :) ) nel suo percorso di scoperta e accettazione,

che dice più o meno le vostre stesse cose:

 

Non è che dall'oggi al domani vado a mettere in discussione tutto quello che ho costruito negli anni

Ci vuole tempo e non so nemmeno se in fondo mi interessa

Anche perché di dire in giro quello che faccio a letto saranno affari miei.

 

 

Tutte dichiarazioni perfettamente legittime...

Poi però, che una persona che fa le cose in maniera "clandestina", non sarà mai il mio fidanzato, è un'altra questione.

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Anche perché di dire in giro quello che faccio a letto saranno affari miei.

Questa e' una tipica frase da omofobia interiorizzata: apri gli occhi al tuo amico e fagli capire che gli eterosessuali ci fanno sapere ogni minuto e ogni ora tramite conversazioni, pubblicita', poster, articoli di giornale, servizi televisivi, cosa fanno a letto.

In sostanza lui si sta mettendo da solo in una posizione di inferiorita' all'eterosessuale, dove si tappa la bocca sulla sua vita sentimentale e sessuale perche' cosi' gli hanno fatto credere che deve comportarsi.

Probabilmente se gliela metti in questi termini iniziera' a rifletterci su e a capire che non dovrebbe autocensurarsi in questo modo.

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Tutte dichiarazioni perfettamente legittime...

Poi però, che una persona che fa le cose in maniera "clandestina", non sarà mai il mio fidanzato, è un'altra questione.

 

e questa è una grandissima verità: una coppia senza un contesto sociale in cui esprimersi e vivere il rapporto

(ammesso che si riesca a formare)

dura poco...

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Per riprendere il discorso di Isher e tornare IT. Ci potremmo chiedere se dopo l’emancipazione si porrà in termini

diversi il tema identitario e la forma del suo linguaggio sociale.

 

La mia posizione, è che noi siamo e saremo sempre una minoranza, quindi esisterà sempre un linguaggio, nella socialità

gay, espressivo di questa differenza. Dico, nella socialità e attraverso la socialità, quindi a prescindere dalla questione

omosessuale come questione politica. Noi oggi siamo molto lontani dall’essere emancipati e, tutti, siamo cresciuti e ci

siamo formati - meglio o peggio - nella discriminazione. Inoltre la socialità gay in Italia è estremamente ridotta, ha pochi

spazi d’espressione ed è contestata o comunque vista con sospetto direttamente o indirettamente da molti gay che

aspirano alla emancipazione politica per assimilazione.

 

Questo per tacer del fatto che ogni socialità si alimenta anche di aspettative sociali e di una dinamica fra aspettative

sociali e comportamenti individuali.

 

Siamo quindi molto lontani dal poterci immaginare un futuro , anzi per certi versi sul futuro incombe necessariamente

la priorità politica di emancipazione ( anche perché tutt’altro che a portata di mano ) Però esistono urgenze, esistono

contigenze ed esistono anche immanenze.

 

E forse una certa teatralità potrebbe essere una immanenza.

 

D’altronde chiediamoci anche cosa fanno tre gay in un contesto eterosessuale: si guardano, si cercano, azionano il gay radar

e si individuano, In questo cercarsi, al di là del discorso politico o del rimorchio, c'è qualcosa che precede il discorso, a cui spesso

in presenza di eterosessuali però non fa seguito nessun discorso...

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Non so.. Quello che segue parla ovviamente di una scarsa esperienza e di una visione personale che è meno addentro al mondo LGBT. Accettatela per quella che è e siate garbati nel flammarmi :)

 

Il mondo ideale a cui si dovrebbe puntare è quello per cui non ci sono 3 gay in mezzo a 20 etero, ma ci sono 23 persone con gusti sessuali variegati e tutti consapevoli di questo. E se uno dei 23 ci prova con un altro, può venire un "perchè no" o un "no grazie" e non un pestaggio di gruppo.

 

Nel mondo reale non avviene così, però secondo me non si risolve certo con l'utilizzo di un linguaggio che è anche particolarmente "stereotipato".

 

Questo perchè è vero che siamo una minoranza, ma non una razza differente, solo delle persone con degli aspetti del privato caratterizzati differentemente dagli altri, per il resto siamo esseri umani come tutti gli altri, e non mi sembra che sia giusto riferirsi a noi come Homo Frocius e gli altri come Homo Sapiens.

 

E il termine "assimilazione" forse è un po' meschino, forse è meglio parlare di "riconoscimento dello status di parità per quanto riguarda le coppie di fatto" che è l'aspetto socialmente importante e che ci vede discriminati da un punto di vista politico. Ma anche volendo chiamarlo assimilazione, questo status di parità arriverà nel momento in cui non ci sarà differenza culturale e sociale fra chi ama gli uomini e chi ama le donne, siano essi uomini o donne.

 

La mia esperienza è troppo scarsa, e mi scuso se mi addentro in queste questioni politiche e sociali e dico la mia di questioni pesanti e serie di cui forse non sono autorizzato dalla mia "identità celata" a parlare, però forse può esservi utile anche la mia umile opinione.

 

Io noto che questo cambiamento lentamente si sta avverando. Che la guerra si stia lentamente vincendo. E che chi ha vinto questa guerra non necessariamente l'ha fatto tramite l'estrema esaltazione delle differenze, ma nei messaggi e nelle motivazioni di chi ha approvato le leggi per le coppie di fatto, c'è il discorso di eguaglianza, di parità di diritti indipendentemente da colore della pelle, scelte religiose e inclinazioni sessuali.

Oggi l'Argentina e la Spagna, domani il Texas, dopodomani Pechino, per l'Italia qualche giorno ancora, causa residenza papale a Roma, ma ci si arriverà.

 

Già qualche politico di buon livello, forse troppo pochi ma meglio che nulla, si sta facendo avanti dichiarandosi appartenente alla minoranza lgbt, i voti cattocomunisti o cattofascisti sono ancora importanti ma sempre meno, il fallimento di politiche e di posizionamenti che riecheggiano alla Democrazia Cristiana hanno fallito miseramente a sinistra e hanno creato problemi e spaccature nella destra nonostante il clima dittatoriale del Berlusca.

 

Ma torniamo IT. Accetto, anche se personalmente contrasta con la mia visione estetica, che una parte della comunità gay, una gran parte, usi come linguaggio l'atteggiamento di inversione dello stereotipo sessuale (femminilità per gli uomini e mascolinità per le donne). Può però essere imposto come linguaggio per l'intera comunità? Non è invece l'affermazione di uno stereotipo?

 

I famosi 3 gay tra 20 etero si dovranno riconoscere in questa maniera? Mi sembra che sia una soluzione troppo semplicistica.

 

Forse, perchè si cammini verso la situazione ideale, e lo dico anche per me che ancora non lo faccio (e si è una frase in cui si predica bene e si razzola male, ma intanto a mia discolpa posso dire che sono predisposto correttamente e con il tempo tutto si sistemerà), dovremmo tutti tendere a toglierci noi per primi certe paure e considerarci noi stessi uno delle 23 persone. All'inizio sarà dura, ma...

 

Io credo che il linguaggio che dovremo parlare noi, dovrebbe essere un linguaggio moderno, fatto di coraggio e di tolleranza e di apertura mentale. E poi, chi vorrà mettersi sti pantacollant, se li metta pure, che siano parte del linguaggio. Ma che non sia tutto il linguaggio.

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Accetto, anche se personalmente contrasta con la mia visione estetica, che una parte della comunità gay, una gran parte, usi come linguaggio l'atteggiamento di inversione dello stereotipo sessuale (femminilità per gli uomini e mascolinità per le donne). Può però essere imposto come linguaggio per l'intera comunità? Non è invece l'affermazione di uno stereotipo?

 

I famosi 3 gay tra 20 etero si dovranno riconoscere in questa maniera? Mi sembra che sia una soluzione troppo semplicistica.

 

Forse, perché si cammini verso la situazione ideale, e lo dico anche per me che ancora non lo faccio (e si è una frase in cui si predica bene e si razzola male, ma intanto a mia discolpa posso dire che sono predisposto correttamente e con il tempo tutto si sistemerà), dovremmo tutti tendere a toglierci noi per primi certe paure e considerarci noi stessi uno delle 23 persone. All'inizio sarà dura, ma...

 

Io credo che il linguaggio che dovremo parlare noi, dovrebbe essere un linguaggio moderno, fatto di coraggio e di tolleranza e di apertura mentale. E poi, chi vorrà mettersi sti pantacollant, se li metta pure, che siano parte del linguaggio. Ma che non sia tutto il linguaggio.

 

 

Korio, cerco di rispondere brevemente almeno alla parte del tuo discorso che ho citato.

 

Certo che noi dobbiamo parlare un linguaggio moderno, e anzi contemporaneo! Fatto di coraggio e di

apertura mentale, di tolleranza naturalmente, e di cultura gay (con questa espressione intendo un po' tutto:

in sostanza, essere e aspirare ad essere una persona gay che sta vivendo un momento storico di

grandissime evoluzioni e rotture). E naturalmente i famosi tre gay non si riconoscono di solito per il

linguaggio al femminile, e credo nessuno lo trasporti da una sfera privata e scherzosa a una sfera appena prossima

a quella pubblica. Sarebbe sciocco farlo, e demenziale imporlo o accettare che sia imposto.

Il mio interesse per il linguaggio al femminile è culturale. Mi interessa ricostruire e immaginare

la storia gay che ci precede. Ma se qualche volta amici o compagni gay mi interpellassero, scherzando o per creare

quella famosa atmosfera da minoranza complice, al femminile, mi andrebbe benissimo, anzi quasi mi

intenerirebbe...

 

La mia posizione, è che noi siamo e saremo sempre una minoranza, quindi esisterà sempre un linguaggio, nella socialità

gay, espressivo di questa differenza.

 

Siamo quindi molto lontani dal poterci immaginare un futuro , anzi per certi versi sul futuro incombe necessariamente

la priorità politica di emancipazione ( anche perché tutt’altro che a portata di mano ) Però esistono urgenze, esistono

contigenze ed esistono anche immanenze.

 

E forse una certa teatralità potrebbe essere una immanenza.

 

D’altronde chiediamoci anche cosa fanno tre gay in un contesto eterosessuale: si guardano, si cercano, azionano il gay radar

e si individuano, In questo cercarsi, al di là del discorso politico o del rimorchio, c'è qualcosa che precede il discorso, a cui spesso in presenza di eterosessuali però non fa seguito nessun discorso...

 

 

Urgenze, contingenze, e immanenze: è molto giusto vederla così, e anche molto equilibrato.

 

Circa le immanenze, ognuno ha le sue, a seconda delle note caratteriali, e della generazione gay alla quale appartiene;

le urgenze sono (o dovrebbero essere) uguali per tutti, e del resto sono d'accordo, naturalmente, con quanto dici sopra,

che tutti noi dovremmo rincorrere l'emancipazione che non può che essere adeguamento alla situazione americana, ad esempio, o dell'Europa trainante; le contingenze forse sono legate agli anni in cui ci è capitato di formarci.

 

Anche sull'ultima frase non posso che concordare. In presenza etero, nella grande maggioranza dei casi, non

fa seguito niente; del resto anch'io accennavo in qualche post alla pressione, alla richiesta di spegnimento della

differenza gay nel contesto pubblico, da parte etero.

 

Sul tema di ciò che precede il linguaggio si potrebbe aprire un topic, e si potrebbero raccontare molte cose,

forse anche le più belle: è un tema assolutamente omosessuale. Tuttavia ciò che precede il linguaggio

è un insieme in cui c'è tutto: la resistenza (nel senso che Foucault dava a questo termine) come la marginalizzazione,

e comunque il modo in cui in tutta la Storia (ripeto, tutt'altro che nota, anzi per lo più ignota) gli/le omosessuali hanno

elaborato il loro modo di vita in «condizioni date». Condizioni date che a un certo punto mi auguro che, con tutto il loro

eventuale fascino, siano spazzate via da un nuovo tornante della Storia.

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Guest grandejoe

ma scusa.... io ora veramente non capisco: ma se due amici si danno della finocchia o della frocia ma mi sapete dire dov sta il danno?

 

Con me ci han provato una volta e ancora si stanno cercando i denti!  :look:

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duedipicche85

Oh mamma mia Grandejoe sei davvero così manesco?  :look:

 

Io non ci trovo nulla di male se un amico gay mi dica frocia o finocchia, è evidente che si tratta di un modo di scherzare inter nos.

 

Diverso sarebbe se lo facesse un etero con tono sfottente... lì si che mi incazzerei

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Ragazze, è arrivato l'arrotino... e scusa se è poco

 

Debussy ha capito tutto!

 

...magari a chi è gaya (o uke come dicono in Giappone) un bel appellattivo femminile (se fatto in amniera carina e non offensiva) ci stà...  ma a un gayo (o seme come dicono nel Sol Levante), tipo GrandeJOE, l'appellativo femminile risulta offensivo...

 

...ogni tanto è giusto tirare fuori la cattiveria con chi si merita...  :look:

...tipo che se vi offendono dovete dire (con aria superiore) "ehi... ma ci tieni proprio a conoscere Ernesto?"  e il denigratore dira "Ernesto ...chi?" e  voi "Ernesto... il mio missile destro" e proprio mentre dite "destro" fate partire un super pugnazzo diretto alla mandibola!  :D

 

P.S. ...poi se serve si può sempre presentare anche "Evaristo ...il gancio sinistro!"  :look:

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Guest grandejoe

Oh mamma mia Grandejoe sei davvero così manesco?  :look:

 

Io non ci trovo nulla di male se un amico gay mi dica frocia o finocchia, è evidente che si tratta di un modo di scherzare inter nos.

 

Diverso sarebbe se lo facesse un etero con tono sfottente... lì si che mi incazzerei

 

Non lo trovo divertente. E' proprio quello che cerca la 'massa'. Il cazzotto lo mollai davvero ma era un po' che insisteva e al terzo (o quarto) 'falla finita'. Però non sono manesco, né violento.

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capisco Grandejoe...io non ho mai parlato al femminile nè rivolgendomi a me stesso nè ad altri (amici compresi)...mi dà fastidio

 

è capitato che un amico, per scherzare, mi abbia dato della "troia" ci sono passato sopra solo perchè si è trattato di uno scherzo tra amici

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amiciamilano

capisco Grandejoe...io non ho mai parlato al femminile nè rivolgendomi a me stesso nè ad altri (amici compresi)...mi dà fastidio

 

....IDEM

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a me risulta che gli omosessuali parlino al femminile soltanto in alcuni contesti e in senso ironico. Poi se qualcuno non riesce proprio ad apprezzare le varie forme di ironia per me è un noiosone

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a me risulta che gli omosessuali parlino al femminile soltanto in alcuni contesti e in senso ironico. Poi se qualcuno non riesce proprio ad apprezzare le varie forme di ironia per me è un noiosone

 

Idem per me...io parlo al femminile, cosa che accade per altro raramente, soltanto quando devo fare una qualche illazione o dell'ironia su un altro mio amico gay....a volte lo faccio anche con i miei amici etero (che per l'appunto non sanno che io sono gay).

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duedipicche85

Non lo trovo divertente. E' proprio quello che cerca la 'massa'. Il cazzotto lo mollai davvero ma era un po' che insisteva e al terzo (o quarto) 'falla finita'. Però non sono manesco, né violento.

 

GrandeJoe visto che nel topic si parla di omosessuali che parlano al femminile quello che si è beccato il tuo cazzottone era un altro gay che ti ha chiamato al femminile? O era un etero che ti stava infastidendo? Il contesto cambia le cose....

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