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I buttadentro di Roma


Rotwang

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Munchies (VICE)

Andrea Strafile

Il dramma di vivere in una delle città più belle del mondo sta nel fatto che è una delle città più belle del mondo. E tutti se ne accorgono. Da quando Gregory Peck e Audrey Hepburn si sono fatti quel bel giro in Vespa per le strade di Roma, è iniziata una corsa inarrestabile di turisti pronti a vedere una città antica come il mondo e di pellegrini felici di fare code chilometriche per entrare a San Pietro.

E ora, se mai vi capitasse di venirci, avvertireste il disagio del passare attraverso stretti vicoli bloccati dal passaggio di centinaia di tizi con cappellino e bandierina che si trascinano stanchi sotto il caldo cocente seguendo una guida sconosciuta che ripete le stesse cose ogni giorno.

Abbiamo fatto del turismo un business gigantesco e raffazzonato, come solo noi sappiamo fare. Fatto bene, ma non troppo. In questa El Dorado, una delle categorie merceologiche che più ci sguazza è ovviamente la ristorazione, le trattorie: il centro di Roma, che potenzialmente potrebbe avere posti incredibili, si è ridotto sempre di più a ristoranti turistici con i menù di plastica fuori, la pizza e camerieri in camicia bianca e cravattino.

Mi fa stare male un po'. E siccome sono tanti, troppi, si sono attrezzati con strumenti psicologici aggressivi capaci di tirare dentro il turista disorientato. Questi strumenti hanno un nome: gli acchiappini.

La storia degli acchiappini, detti anche acchiappaturisti o buttadentro, è recente. Nati a New York negli anni ’50, sono arrivati fino in Europa dalla Spagna, sulle Ramblas di Barcellona, dove è molto facile entrare per mangiare un boccone al volo. Da lì, negli anni ’80, qualche italiano avrà annusato la cosa e ha deciso di esportare il modello anche da noi.

Le città che hanno i buttadentro sono in genere quelle d’arte: Firenze nella zona del Ponte Vecchio, Roma in tutto il centro, Venezia a San Marco e poi ci sono le mete estive, dove questo lavoro lo fanno i ragazzi d’estate per tirare su due soldi.

Il rapporto che si instaura tra persona del posto e buttadentro è faticoso, odiato. Sono quei tre secondi in cui vieni aggredito da un perfetto sconosciuto che ti osanna le doti di un piatto di pasta, mentre tu vorresti solo scappare il più in fretta possibile e fare acquisti in via del Corso. Che poi è quello che si fa quando si passeggia in Centro, non esistono altre motivazioni per andarci.

“Buongiorno, good morning, bonjour, hola…pasta pizza tiramisù?”
“Bella signorina, tavolo per due? Table per two?”

Tu li guardi e gli rispondi, a seconda di quanto ti girano. 
“No, grazie”, o “No guarda lasciami perdere, se voglio un piatto di pasta me lo posso fare a casa. E sono italiano, comunque”.

Il problema è che si pongono male: alcuni sembrano dei disperati con la camicia mezza sporca che devono a tutti i costi farti entrare nel locale.

Così mi sono detto: mettiamo da parte un attimo lo scazzo irrazionale di quando interrompono la tua corsa a slalom tra gruppi di asiatici e cerchiamo di capire che persone ci sono dietro a questi uomini, donne, ragazzi e ragazze che stanno fuori tutti i giorni a cercare di convincere la gente.

Insomma, se ci pensiamo un attimo, deve essere piuttosto stressante ricevere una manciata di risposte positive e un mucchio indistinto di vaffanculo in cinque lingue. Così ho comprato una bicicletta, mi sono fatto prestare una macchina fotografica e ho provato a documentare le vite, le anime e i racconti dei buttadentro di di Roma.

Le vie più calde sono quelle intorno a Fontana di Trevi, quelle che arrivano al Pantheon e le due piazze che si prestano bene: Piazza Navona e Campo De’ Fiori. I “Come In, come on” sono insistenti soprattutto nelle strette vie del Pantheon e del rione Trevi, dove il passaggio è obbligato e i turisti non hanno scelta.

Per questo motivo la mia prima tappa è via in Arcione, che porta dalla strada principale alla fontana più bella del mondo teatro di bagni softporn e monetine arrugginite. Ho iniziato dal primo, fiducioso e un po' spaventato. Perché è risaputo che a qualcosa che va storto, un pugno vola volentieri. E invece Vincenzo si è dimostrato non solo gentile, ma pronto a spiegarmi delle tecniche precise per convincere la gente.

“Guarda, a me questo lavoro piace proprio. Lo faccio da 7 anni qui a Roma, ma prima stavo a New York e ho imparato alcune tecniche di persuasione.” Spaventoso, ho pensato.

“Sembra un lavoro facile, che può fare chiunque, ma non è così. Io sono uno dei migliori perché mi piace proprio stare in mezzo alla gente. Uso la tecnica dell’ambient marketing: praticamente mi immedesimo nel cliente nel suo stesso spazio, con le stesse mosse e attacco. Hai sette secondi prima di perdere l’attenzione, per cui con le mie 5 lingue faccio complimenti, chiedo della famiglia, del posto da cui vengono. Ma mai e poi mai parlo di cibo.”

E infatti tre secondi dopo era con dei tipi spagnoli a parlare della bellezza delle Barceloneta in primavera mentre indirizzava i loro occhi sul menù affisso. Impressionante.

“Posso farti una foto?” “No.” Lo posso capire, i campioni non si fanno vedere in pubblico.

Prossima tappa qualche metro più in là, dove c’è il retro del Quirinale, fruttaroli e un ristorante ad angolo bello grande. È una sorta di istituzione, ma quasi tutti lo sono: con i pesci freschi in vetrina, è un ottimo punto dove i turisti si fermano per un pranzo o una cena. Qui di buttadentro ce ne sono tre, tutti navigati.

Ho parlato con Carlo per qualche minuto tra un “Prego, pasta, pizza” e l’altro. “Faccio questo lavoro da quasi dieci anni. Vengo da Napoli. Mi piace, però è un po' stressante perché la gente è tutta diversa e ogni volta devi cercare di capirla. Al giorno posso portarne dentro anche 200 nei periodi estivi, il problema è l’inverno. E considera che per esempio mi pagano a provvigione quindi non guadagno affatto male”.

Mentre aspetta di scegliere le sue nuove prede sta lì, un po' scazzato, con la sigaretta in bocca e il caffè. Può essere una tattica anche questa.

Tra una pedalata da formica e l’altra, maledicendo l’idea di girare con una bici durante l’orario di pranzo in centro città per via di cavalli, gente e souvenir, mi sono fermato in un altro noto ristorante turistico della zona dove anni fa il titolare mi diede 100 euro, prima che scappassi via. Alla porta c’era un ragazzo nuovo. L’ho scelto proprio perché so che in quel posto il ricambio è frequente.

“Guarda io sono partito come cameriere e lo faccio ancora. Mi hanno messo alla porta da poco, ma non sono molto bravo, sono timido. A me piace quando la gente entra da sola, non mi va di convincerli.”

Qui era interessante capire la questione dello stipendio: guadagna più un cameriere o un acchiappino?

“Un cameriere”, mi dice il ragazzo. “Per portare le persone dentro mi prendo 35 euro, da cameriere 50. Non so nemmeno parlare le lingue, faccio a gesti e italiano. E poi se becchi il testa di cazzo può anche essere che ti manda a quel paese, non è proprio il massimo”.

Di Fontana di Trevi ne avevo abbastanza, perciò sono andato verso via dei Pastini, in un ristorante noto per essere sempre su Porta Portese con gli annunci di lavoro. Nel frattempo comincio un po' a capire la pesantezza di un lavoro del genere, fatto di frasi fatte, rifiuti, caldo torrido e paga sudata.

Davide lavora da Er Faciolaro da 11 anni come acchiappino, per cui mi è sembrato doveroso chiedergli se gli piacesse un sacco. “Davide, perché ti piace un sacco fare l’acchiappino?”

“A te piace fare sesso? È la stessa cosa. Se una cosa ti fa stare bene la fai. Mi piace rimorchiare, anche se a volte qualche volta finisce in rissa. Guarda qui”. E mi fa vedere un bozzo sulla capoccia grande come una noce con i punti tolti di fresco.

Questo della violenza è un altro aspetto che in realtà è uno dei motivi per cui la gente detesta seriamente questa categoria.

Solo un anno fa, La Repubblica parlava del fenomeno dei buttadentro come di un Far West colossale in cui volavano schiaffi, pugni, risse che non hanno mai trovato riscontro in denunce. I residenti hanno paura di riferire alle autorità e gli acchiappini se le danno di santa ragione per accalappiare più clienti possibile. Ma a volte, come nel caso di Davide, la scazzottata è con un cliente. “Mi ha provocato, io l’ho provocato e lui mi ha spaccato una bottiglia sulla testa”.

Il Pantheon ha le vie, ma anche la piccola piazza: qui c’era Joseph, georgiano, alto e simpatico. “Facevo il modello”, mi dice. “Ma qui guadagno molto di più e i proprietari mi trattano bene: non è facile, ma a me va bene. Prendo 1200 euro al mese per 10 ore al giorno, ma non mi lamento, prendo il sole.”

Come lui, una buona parte dei buttadentro viene dall’Est Europa. Anche qualche donna, ma è raro trovarne. Piazza Navona, magico teatro di architettura Barocca è il più grande palcoscenico di ristoranti pronti a spennarvi senza pietà.

Dopo aver litigato con degli acchiappini di un locale, ho incontrato tre ragazzi vestiti a puntino ben felici di dirmi la loro. Giuseppe, Gianfranco e Giulio sono i nomi italianizzati di questi tre ragazzi che vengono tra Albania e Macedonia.

Giuseppe mi dice che studia anche scienze motorie e che lo fa da 12 anni, la paga è di 12 euro l’ora. Fino a quel momento avevo incontrato gente inesperta o felice di fare questo lavoro. Finalmente loro mi hanno detto come la si pensa per davvero.

“Ma a chi piace fare un lavoro del genere? È una cosa di passaggio, fa schifo. Con gli italiani che si arrabbiano tutte le volte perché parliamo in inglese e sottolineano come siano italiani, che palle. La verità è che se c’è il sole prendi il sole, se c’è freddo prendi freddo e se c’è la pioggia prendi l’acqua”.

Grazie ragazzi.

Col sorriso mi sono diretto veloce a Campo De’ Fiori, dove la questione è più complessa. La piazza è piccola e non lavora solo giorno e sera, ma qui il fenomeno si estende anche agli acchiappini notturni, che spesso sono donne. Questa mattina di donna ne vedo una sola, Lindsey, che si è innamorata, è venuta in Italia dall’Australia.

“È l’unica cosa che posso fare: non ho molte alternative. Sfrutto il mio inglese e cerco di prendere più persone possibili, da qualche parte dovrò pur portare i soldi a casa”.

Accanto a lei l’ultimo, Luigi, che di anni ne ha 67. Sessantasette anni sotto al caldo torrido di Roma con il suo Panama per necessità.

“Ero un maitre, in Russia e in Inghilterra e so sei lingue fluenti. Un giorno mi sono ammalato e mi hanno buttato fuori. E così mi sono dovuto reinventare”, mi ha detto malinconico.

“Il problema di questo mestiere è il fatto di non avere garanzie: non c’è alcun contratto che identifichi la nostra professione, men che meno un sindacato. Per lo Stato noi facciamo accattonaggio. E così veniamo pagati in nero o con contratti fasulli”.

Ci sono 2000 esercizi in centro a Roma. Tra questi, 600 hanno una figura di acchiappino per i propri affari. Sono tanti. Sono tanti anche nel resto delle altre città. In quei vicoletti tanto carini, ci prendiamo gioco di questa gente che, a volte, non fa il lavoro più gratificante del mondo, ma tira avanti.

Certo, messa così è un tantino melodrammatica, ma il succo è sempre lo stesso.

Chi vuole davvero stare decine di ore in piedi a lottare con gente scazzata e accaldata o infreddolita tentando di convincerla con un menù pizza surgelata-acqua a 10 euro?

Nessuno. E se qualcuno vuole, gli piace, perché no, almeno che avesse dei diritti veri. La prossima volta che magari vi chiedono insistentemente di entrare dite un “No, grazie” che è sempre meglio di un “No, non mi rompere le palle”.

Chi ha vissuto a Roma o è romano, cosa ne pensa?

Edited by Rotwang
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17 hours ago, Rotwang said:

Il dramma di vivere in una delle città più belle del mondo sta nel fatto che è una delle città più belle del mondo. E tutti se ne accorgono. Da quando Gregory Peck e Audrey Hepburn si sono fatti quel bel giro in Vespa per le strade di Roma, è iniziata una corsa inarrestabile di turisti pronti a vedere una città antica come il mondo e di pellegrini felici di fare code chilometriche per entrare a San Pietro.

i dati dell'Ebit dicono che nel solo 2017 c'è stato un calo di presenze attorno al 10-15%, e che negli ultimi 10 anni ci sono stati più turisti sulle coste galiziane che nella Città Eterna...

17 hours ago, Rotwang said:

Abbiamo fatto del turismo un business gigantesco e raffazzonato, come solo noi sappiamo fare. Fatto bene, ma non troppo.

no: stamo a spennà i turisti come polli, e sticazzi se poi gli si rifilano bufale, sòle & fregature assortite (a comincià dalle guide cazzare che spacciano il teatro marcello per il colosseo ai beoti americani).

tanto, pochi giorni e se ne vanno, che ce frega!

se poi però tornati a casa faranno una pessima pubblicità a come l'avemo trattati e sconsiglieranno all'amici loro de passà qua, sò dettagli...

Edited by freedog
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LocoEmotivo
17 hours ago, Rotwang said:

Chi ha vissuto a Roma o è romano, cosa ne pensa?

Sono il male.
Ma non sono un fenomeno solo romano, visto che ci hanno rotto il cazzo anche sabato scorso dietro la meneghinissima piazza del Duomo.
Ariccia e le sue fraschette, sugli acchiappini, ci hanno praticamente costruito il loro bigliettino da visita.

E poi non mi fido di ciò che scrive uno che va a fare acquisti a via del Corso. Tsk.

Edited by LocoEmotivo
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17 hours ago, Rotwang said:

Chi ha vissuto a Roma o è romano, cosa ne pensa?

la prima volta che ho visto dei buttadentro in azione è stato a Parigi a fine anni 80, dalle parti di Pigalle; quando -ero con amici di Madreh- gli fecero notare che stava cercando di far entrare un 15enne in un peep show e che solo per sta cosa era passibile di denuncia, schizzò via alla velocità della luce.

Insomma, per fare sto sporco lavoro

  1. devi avere un maglione di pelo sullo stomaco
  2. non guardare in faccia nessuno

non so se li paghino a cottimo o a provvigione, però tante volte sò più fastidiosi degli operatori del call center che ti scassano le palle agli orari più assurdi per proposti l'offerta più mejo possibile

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