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I rider di Foodora, Deliveroo, JustEat, ecc.


Aarwangen

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Il Fatto Quotidiano

Il governo si prepara al confronto con le aziende che usano i rider. Sperando che non diventi uno scontro frontale, come invece ha fatto capire per esempio l’amministratore delegato di Foodora Italia, Gianluca Cocco, che al Corriere della Sera ha detto che se fossero vere le anticipazioni del cosiddetto decreto dignità, si dovrebbe concludere “che il nuovo governo ha un solo obiettivo: fare in modo che le piattaforme digitali lascino l’Italia”. La risposta arriva dal ministro del Lavoro Luigi Di Maio che rassicura Foodora che “nessuno vuole demonizzare” quelle attività, ma avverte che “non si accettano ricatti: i nostri giovani prima di tutto” perché sente “il dovere di tutelare i ragazzi che lavorano in questo settore: i riders oggi sono il simbolo di una generazione abbandonata dallo Stato”. Di Maio incontra i rappresentanti delle aziende: Deliveroo, JustEat, Glovo, Domino’s e anche Foodora. Nel frattempo incassa l’appoggio incondizionato di Matteo Salvini: “Do il mio totale sostegno a Di Maio che ha detto alle multinazionali che devono smettere di trattare lavoratori e lavoratrici come numeri da consumare”. Le parole di Di Maio sono accolte subito da Cocco: “La tutela dei rider è la nostra priorità da sempre, insieme a quella di far crescere l’azienda. Lo abbiamo dimostrato con i fatti dal 2015, garantendo le tutele più elevate del settore. Credo che la migliore tutela per questi ragazzi sia quella di offrire un mercato del lavoro attivo e vivace, pieno di opportunità e con le tutele massime possibili”.

Le dichiarazioni al Corriere della Sera, in realtà, avevano avuto tonalità del tutto diverse. Il dirigente di Foodora, uno dei big del settore del food delivery finito nel mirino del ministro del Lavoro, prefigura uno scenario di fuga dal Paese con il piano ipotizzato da Di Maio per aumentare i diritti dei rider: “Quella che filtra – ha detto al Corriere – è una demonizzazione della tecnologia che ha dell’incredibile, quasi medievale e in contraddizione con lo spirito modernista del Movimento 5 Stelle”. Secondo Cocco, il piano lanciato dal governo “ingessa la flessibilità, parte dal riconoscimento dell’attività dei rider come lavoro subordinato. Così gli operatori saranno costretti ad assumere tutti i collaboratori, chiuderanno i battenti e trionferà il sommerso”. Il  dirigente di Foodora cita una ricerca condotta in collaborazione con l’INPS: “Solo il 10% dei rider lo considera un lavoro stabile – ricorda – Il 50% sono studenti, il 25% lo esercita come secondo lavoro e un altro 10% lo considera un’attività di transizione. La durata media è 4 mesi, non di più”.

Cocco sottolinea anche che “la consegna del cibo a domicilio vale oggi in Italia 450 milioni di euro, azzerarlo sarebbe un errore tragico. Ne soffrirebbero per primi i ristoranti“. Sul piano delle tutele, l’amministratore delegato sostiene che Foodora “non ha problemi a sostituire il pagamento a consegna con altre forme come il minimo garantito, la paga oraria oppure sistemi misti con base oraria più parte variabili”. E sulla possibilità di alzare la paga dice: “Oggi un nostro fattorino guadagna 5 euro per ciascuna consegna e in un’ora ne può fare anche tre. In busta paga gli entrano 3,60 euro, il resto è contribuzione INPS e INAIL. Se ne può discutere rispettando però la sostenibilità del conto economico delle nostre aziende”.

Da qui la risposta di Di Maio che dice di voler “dichiarare guerra al precariato”. “Lo stato continuo di precarietà e incertezza dei giovani italiani – spiega su Facebook – sta disgregando la nostra società. Sta facendo impennare il consumo di psicofarmaci. E facendo calare la crescita demografica. La mia intenzione è garantire da un lato le condizioni migliori per i lavoratori, dall’altro consentire alle aziende di operare con profitto per creare nuovo lavoro”.

Aziende tipo Amazon coi loro pro e contro nella società dei consumi odierna vs governo pseudo sovranista che non sa approcciarsi alla tecnologia e ai diritti del lavoro nell'era della globalizzazione. Da che parte state?

Edited by Aarwangen
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  • 1 month later...

Il Post

Delivery Hero, la società tedesca che possiede il marchio Foodora, uno dei principali servizi europei di consegne a domicilio di cibo, ha annunciato che le sue divisioni in Italia, Francia, Paesi Bassi e Australia sono in vendita. Significa che Foodora in Italia continuerà a essere regolarmente attivo, finché il nuovo proprietario (se qualcuno comprerà il servizio) deciderà cosa farne. Il servizio australiano, invece, chiuderà il prossimo 20 agosto.

Il motivo, ha spiegato il co-fondatore della società Emanuel Pallua, è che Foodora in Italia era troppo lontana dalla posizione di leadership nel mercato. «La strategia di Delivery Hero è quella di operare in modo economicamente efficiente, con focus su crescita e posizione di leadership in tutti i mercati in cui opera. In Italia questo obiettivo è ora difficile da raggiungere con investimenti ragionevoli».

Foodora, un servizio simile in tutto e per tutto a Deliveroo, Glovo o Uber Eats, era diventato negli scorsi mesi il simbolo dei problemi delle formule contrattuali e salariali dei fattorini che lavorano nel settore della cosiddetta “gig economy”, l’economia dei lavoretti. La questione dei rider, come vengono chiamati i fattorini, era diventata un tema importante del dibattito pubblico, e soprattutto il ministro del Lavoro Luigi Di Maio si era impegnato a migliorare le loro condizioni contrattuali avviando delle trattative con le rappresentanze sindacali e i datori di lavoro.

In quell’occasione, Foodora aveva avvertito che se fossero entrate in vigore le maggiori forme di tutela lavorativa per i rider previste dalla bozza originale del cosiddetto “decreto dignità”, l’azienda sarebbe stata costretta a lasciare l’Italia. Alla fine la parte sui rider era stata eliminata dal decreto, approvato ieri alla Camera, e i servizi di food delivery italiani, compresa Foodora, avevano firmato una “carta dei valori” impegnandosi a contrattualizzare i rider.

Ma Foodora ha annunciato comunque la vendita delle operazioni italiane, anche se tra le motivazioni offerte non si parla della questione dei contratti di lavoro. In un comunicato separato, Delivery Hero ha annunciato che non riuscirà a raggiungere il pareggio di bilancio annuale nel 2019, come invece previsto. L’azienda ha comunque annunciato fino a 80 milioni di euro di investimenti nella seconda metà del 2018. Il Corriere della Sera dice che la vendita delle operazioni italiane «potrebbe riguardare la base clienti e i contratti con i ristoranti di Foodora, non il marchio e neanche la base rider», citando come possibili acquirenti i principali servizi concorrenti.

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