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È un momento formidabile per il cinema italiano


Rotwang

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Internazionale

Goffredo Fofi

Imprevedibilmente, il festival di Cannes ha attribuito alla ristretta selezione italiana ben tre premi importanti: quello per la sceneggiatura al film di Alice Rohrwacher Lazzaro felice, quello per l’interpretazione maschile (Marcello Fonte) a Dogman di Matteo Garrone, quello per il miglior documentario a Samouni road di Stefano Savona.

Su Savona bisognerebbe tornare, perché questo ostinato regista siciliano ha già alle spalle un curriculum importante e perché il suo film ci è sembrato, grazie alla scelta del documentario, come il più immediatamente politico dei tre, e di radici sovranazionali. Parla infatti di Gaza, di Palestina e di Israele, di guerra e di massacro, e Savona lo fa meglio di qualsiasi altro documentarista che conosciamo. E di quasi tutti i giornalisti, dei giornali o della tv.

Non sono film ottimisti, ed è anche questo a irritare i critici borghesi sempre schierati in difesa dei più forti, e del sistema, ma anche i professorini e i fanzinari, o i webbaroli, che alcuni chiamano ormai zombetti, amanti di videogiochi che essi chiamano cinema, di macchine celibi, di simulacri. C’è anche, tra i vivi, chi insiste su un’idea di cinema ferma a prima delle nouvelle vague, che furono un fenomeno di più di sessant’anni fa e qualche traccia l’hanno lasciata (si rilegga uno dei saggi non superflui di Umberto Eco, Opera aperta).

Cinema e letteratura
Il mondo non è incantevole e armonico, e di certo non lo è mai stato, anche se l’esperienza individuale e quella collettiva hanno visto epoche – brevi – di notevole serenità. L’arte non può non tenerne conto e non esserne toccata, come è avvenuto in altri tempi brucianti.

Il mondo attuale, in particolare, può entusiasmare solo i nuovi servi, chi se ne lascia incantare e castrare e, ovviamente, chi sta dalla parte del potere e ne gode gli effetti, ma anche lì con la spada di Damocle di un’insicurezza collettiva sulla testa – le guerre, le disparità tra ricchi e poveri, la parte privilegiata del mondo (Stati Uniti, Europa del nord e in parte del centro e in parte del sud, Australia e Nuova Zelanda) accerchiata dall’altra, sfruttata con esiti determinati per il momento dai rapporti di forza (armi e denaro) stabiliti da chi ha più soldi e di conseguenza decide, comanda.

Nel bisogno di rassicurazioni che confermino i loro privilegi, intellettuali e pseudointellettuali dei nostri giorni badano tranquillamente ai propri interessi, idealizzandoli e idealizzandosi, mirano al successo anche se lo sanno assai fragile e transitorio perché il mercato chiede ossessivamente mode nuove. Là dove è più facile (meno faticoso) esprimersi – come in letteratura e nel teatro – la ricerca latita e tutti copiano, da pochi o da tutti non fa differenza, e l’effetto finale è quello del déjà vu.

È anche per questo – per il grado di difficoltà e di azzardo che fare un film comporta – che troviamo in Italia, nella fascia dei creativi, una straordinaria vitalità del cinema, e pensiamo ovviamente al cinema-arte (una parolona che si trema a pronunciare, ma che bisogna pur dire) e non al cinema gradito al più ottuso pubblico della tv, così come al sistema della distribuzione e dell’esercizio, diventato col tempo, nel nostro paese, una piccola meschina congrega di piccoli mercanti senza progetto e senza visione.

Fuori dai salotti e dalle banche
Nel giro di pochi mesi ci è capitato di vedere quattro film di grande valore, e molti ne avevamo visti in tempi recenti, tutti fuori dalla logica romanesca, corporativa, assistita e salottiera – nel frattempo, giornali e università hanno finito col decervellare i critici, una categoria servile, morta e stramorta. Oltre i tre film citati, capolavori a basso costo, occorre ricordarne un quarto, quello dei fratelli Damiano e Fabio D’Innocenzo La terra dell’abbastanza, inatteso miracolo di stile, di maturità etica ed estetica. Quel fondo di moralità – di esigenza di guardare in faccia i problemi del presente, e la miseria e bassezza della nostra società dal punto di vista di chi più la soffre – appartiene soltanto a chi conosce il poco che conta, e non pone al centro di tutto il proprio successo.

Guardando appena più indietro troviamo i titoli appassionanti e importanti di Franco Maresco, Roberto Minervini, Pietro Marcello, Leonardo Di Costanzo, Jonas Carpignano, Susanna Nicchiarelli, Laura Bispuri, Suranga Katugampala, Michelangelo Frammartino, Alessandro Comodin, Salvatore Mereu, Francesco Munzi, Giovanni Columbu, Edoardo Winspeare, Marina Spada, Daniele Segre, Gianfranco Rosi, Claudio Giovannesi, Saverio Costanzo, Daniele Gaglianone, Andrea Segre, il gruppo di Gatta Cenerentola, Roberto De Paolis e molti altri ancora, e altri che stanno crescendo: una vera e propria e formidabile generazione.

Quale cinematografia europea può vantare oggi una tale fioritura, comparabile solo a quella del neorealismo e a quella degli anni del boom? Non vale la pena di parlare dei film nati tra salotti e banche, e neanche di Paolo Sorrentino, né di alcuni sopravvissuti incatenati alle passate presunzioni, fermi alla loro lontanissima gioventù. L’ultimo dei grandi è stato Ermanno Olmi, scomparso da poco. I Bertolucci e i Bellocchio e i pochi loro coetanei che ancora lavorano, o si sono messi o sono stati messi a riposo, o arrancano con fatica dietro ai sé di ieri. Mentre nel cinema prevedibile sono in pochi a risultare ancora vivi, i Martone, i Virzì, i Ciprì, che sanno muoversi tra sistema e margini.

Ma uno spazio ci sarebbe ancora, rispondente a una necessità forse più pedagogica che artistica, poiché sì, il nostro popolo ha bisogno di nuova educazione, di una nuova morale sociale, di rinunciare al suo compiaciuto imbarbarimento.

Che l’odioso sistema della distribuzione e dell’esercizio li penalizzi – conseguenza, a ben vedere, di una sciagurata politica della sinistra (corporativa e romanocentrica) almeno dagli anni settanta ma già dal dopoguerra – non è servito a imbavagliare i talenti e l’ambizione di dire cose giuste, mostrare immagini necessarie, costruire storie significative. Sì, il cinema italiano, nonostante tutti gli intralci, è tra i più vivi del pianeta e forse il più vivo d’Europa, anche se l’Italia lo ignora, al contrario di quanto avveniva quando avevamo ancora una società.

Antieroi miti
Ma torniamo ai due dei film ricordati e recentissimi, uno dei quali non ancora nelle sale, senza dimenticare i D’Innocenzo, e avvertendo il dovere di tornare su quello di Savona non appena sarà accessibile a un qualche pezzo di pubblico.

Garrone ha racchiuso in una sola piccola storia il senso di Gomorra, la presa d’atto di una condizione umana svilita e atroce, di una marginalità che riguarda una considerevole parte del paese. La piccola storia di Dogman narra l’impossibilità di essere normali quando si è fuori dai meccanismi centrali dell’economia. E della politica: vedi le ricorrenti rivolte dette populiste della maggioranza degli italiani, che vivono nel paese dell’abbastanza e non più – salvo alcuni – dell’abbondanza, e per questo si sentono insicuri e si sfogano egoisticamente sui più poveri o sui nuovi aspiranti cittadini, arrivati in Italia perché spinti da forme tremende di ingiustizia e violenza.

Dogman narra di un mite che si fa violento per difendersi, là dove è solo una figura repressiva. Mostra il contesto che la cronaca narra e che la politica ci nasconde, e che i mezzi di informazione affrontano sconsideratamente, senza attenzione alle cause ma solo agli effetti, e da un punto di vista che più basso non si può, quello del portafogli gonfio e della pancia piena. Ci fa sentire la violenza da giungla che pervade la nostra società, inutilmente mistificata dai servi del potere.

Garrone non ci propone un uomini e cani neoverista o neonaturalista, sulla scia benedetta di un realismo zoliano (L’ammazzatoio) o steinbeckiano (Uomini e topi); o su quella non benedetta del neorealismo ottimista zavattiniano. Qualcuno ha detto giustamente che Dogman sta alla nostra epoca come Ladri di biciclette stava a quella degli anni della ricostruzione, della democrazia. Ci sembra un’osservazione giustificata, perché racconta il rovescio di quella spinta, una nuova barbarie. Di conseguenza, è il ritorno a un’arte che sa assumere su di sé la difficoltà dei tempi, per i più.

Mostra, anche a chi fa di tutto per farlo ignorare o per ignorarlo, cosa può essere la condizione umana in un’epoca tormentata come la nostra. Stretta, rispetto al passato, dalla manipolazione mediatica e morale della tecnologica, e da quella antica che rimanda alla difesa tribale, all’assurdo del dio è con noi e al sangue che inevitabilmente ne scorre.

Insomma, alle spalle di Garrone sentiamo le ansie e i disgusti e l’amore di Fëdor Dostoevskij per i suoi antieroi miserabili – per quelli più miti, non per i persecutori e per gli aguzzini. La miseria porta miseria, l’abbandono porta violenza, l’assenza o improbabilità di proposte positive porta alla pervasività del male, alla sua esplosione. La crudezza garroniana è lucidità, è moralità in un paese che non ha più una morale sociale e neanche individuale, né può più averne senza l’aiuto di una politica che sia anche pedagogia, una chiarificazione che nasce dalla rivolta dei veri buoni (lucidi, consapevoli, non ruffiani), non dall’accettazione delle regole del gioco capitalistico da parte dei finti.

Di tutto questo si rende ben conto anche Alice Rohrwacher in Lazzaro felice. Il suo film ci si presenta nella chiave di un realismo poetico che ha alle spalle una grande tradizione, il Tolstoj dei “libri di lettura” per bambini e per contadini.

Al medioevo dello sfruttamento padronale, borghese e semischiavistico dei contadini – la maggioranza della popolazione italiana fino agli anni sessanta del novecento, gli anni che hanno cresciuto la generazione oggi al comando, la generazione miracolata – è seguito il nuovo medioevo della civiltà del benessere (e delle banche), come diceva Elsa Morante in polemica coi sogni pasoliniani del passato. Era, questo passato, quello per il quale Carlo Levi poteva parlare di “un volto che ci somiglia” (ci somigliava). Mentre oggi, troppo spesso, è difficile riconoscerci nei volti o non-volti o maschere prodotti dalla mutazione, frutto delle nuovissime manifestazioni del potere.

Tra ieri e oggi, Lazzaro è un diverso, ingenuo ma puro, che sa amare il prossimo e la natura, e sa infine reagire all’ingiustizia che lo circonda (le banche!), grazie all’esperienza che gli deriva dalla migrazione nella modernità o post-modernità.

L’antica leggenda di Rip van Winkle o del pastore Aligi rivive nello spostamento temporale, nel disadattamento che ne consegue, ma il puro folle resta comunque il più saggio, anche se rischia spesso di diventare un capro espiatorio. La natura, sembra dirci il finale, è comunque più forte, la bestia sopravviverà.

Il cinema italiano è vivo, ma non è al centro dell’attenzione delle istituzioni e del potere, che certamente non lo proteggono; e però è forse questo il motivo della sua freschezza, della sua importanza. Può sembrarci un miracolo, questo cinema, se pensiamo al contesto in cui è cresciuto e in cui riesce a dare frutti. È un dono che il paese non si merita, non se lo meritano i suoi governanti, i suoi intellettuali, la sua scuola, le sue università. È nostro dovere proteggerlo e sostenerlo, esaltarne la libertà, l’intelligenza e la morale: la poesia.

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Certi isterismi dei giornalisti italiani proprio non li sopporto. Due o tre film in fila che prendono qualche premio e subito si grida alla rinascita, Fellini De Sica e il neorealismo, poi un paio di flop è si parla di crisi irreversibile.

Io sinceramente ho visto molti dei film citati e non ci ho trovato nulla di esaltante. Poi che la nostra cinematografia ogni tanto partorisca lavori di livello è noto e capita spesso grazie al cielo ma di lì a citare una rinascita come ai tempi della industria cinematografica mi sembra diventata grottesca come evocazione

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2 hours ago, Iron84 said:

Certi isterismi dei giornalisti italiani proprio non li sopporto. Due o tre film in fila che prendono qualche premio e subito si grida alla rinascita, Fellini De Sica e il neorealismo, poi un paio di flop è si parla di crisi irreversibile.

Io sinceramente ho visto molti dei film citati e non ci ho trovato nulla di esaltante. Poi che la nostra cinematografia ogni tanto partorisca lavori di livello è noto e capita spesso grazie al cielo ma di lì a citare una rinascita come ai tempi della industria cinematografica mi sembra diventata grottesca come evocazione

vabbè, è di Fofi sto papiro, per cui...

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5 hours ago, Iron84 said:

Certi isterismi dei giornalisti italiani proprio non li sopporto. Due o tre film in fila che prendono qualche premio e subito si grida alla rinascita, Fellini De Sica e il neorealismo, poi un paio di flop è si parla di crisi irreversibile.

Io sinceramente ho visto molti dei film citati e non ci ho trovato nulla di esaltante. Poi che la nostra cinematografia ogni tanto partorisca lavori di livello è noto e capita spesso grazie al cielo ma di lì a citare una rinascita come ai tempi della industria cinematografica mi sembra diventata grottesca come evocazione

Senti baby non sono due o tre, sono quasi dieci anni che il cinema italiano sta rinascendo dopo il ventennio berlusconiano di spazzatura e pochi bei film poco pubblicizzati, sono fatti e se vuoi te li elenco tutti, sono centinaia. Ma esterofili e disfattisti come te e @freedog dovete ripassarvi cinematografia.

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1 hour ago, Rotwang said:

se vuoi te li elenco tutti, sono centinaia.

Me ne bastano 10, su. Sono molto curioso.

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Senti baby non sono due o tre, sono quasi dieci anni che il cinema italiano sta rinascendo dopo il ventennio berlusconiano di spazzatura e pochi bei film poco pubblicizzati, sono fatti e se vuoi te li elenco tutti, sono centinaia. Ma esterofili e disfattisti come te e [mention=10319]freedog[/mention] dovete ripassarvi cinematografia.
Davvero citali vediamo quanto ne capisci di cinema
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38 minutes ago, Bloodstar said:

Me ne bastano 10, su. Sono molto curioso.

Dal 2015 a oggi:

Youth

Mia madre

Non essere cattivo

Il racconto dei racconti

Suburra

Lo chiamavano Jeeg Robot

Il nome del figlio

Alaska

Noi e la Giulia

Vergine giurata

Arianna

Gli ultimi saranno ultimi

Io e lei

A Bigger Splash

La prima luce

Nessuno si salva da solo

Bella e perduta

Veloce come il vento

Fuocoammare

La pazza gioia

Perfetti sconosciuti

Piuma

Indivisibili

Fai bei sogni

Mine

Un bacio

L'estate addosso

Le confessioni

Pericle il nero

7 minuti

Tommaso

Questi giorni

Orecchie

Assolo

Fiore

Qualcosa di nuovo

La pelle dell'orso

La macchinazione

La ragazza del mondo

La stoffa dei sogni

La corrispondenza

Le ultime cose

A Ciambra

Tito e gli alieni

Fortunata

La tenerezza

Ella & John

Chiamami col tuo nome

Sicilian Ghost Story

Hannah

La ragazza nella nebbia

Lasciati andare

Il padre d'Italia

Cuori puri

Smetto quando voglio 2

Il ragazzo invisibile 2

Suspiria

The Place

Una famiglia

Nico, 1988

L'ordine delle cose

Dogman

Loro 1 e 2

A casa tutti bene

La terra dell'abbastanza

Figlia mia

Puoi baciare lo sposo

Lazzaro felice

ecc., ecc.

Poi a uno possono non piacere molti di questi film, perché condizionato dalla cinematografia americana tutta effetti speciali e zero contenuti, ma sono indubbiamente film innovativi, di alta produzione e ottima recitazione che hanno pochi precedenti nei decenni scorsi. Viva Fofi, viva il cinema italiano in rinascita, abbasso Iron e abbasso freedog de Il vizietto.

Edited by Rotwang
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Mi piacciono solo alcuni film dei registi vecchi, guarda caso.

5 minutes ago, Rotwang said:

ma sono indubbiamente film innovativi, di alta produzione e ottima recitazione che hanno pochi precedenti nei decenni scorsi.

Alla luce dei soli Caligari, Moretti, Virzì e Salvatores 'sta solenne cazzata potevi proprio risparmiartela.

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1 minute ago, Bloodstar said:

Mi piacciono solo alcuni film dei registi vecchi, guarda caso.

Alla luce dei soli Caligari, Moretti, Virzì e Salvatores 'sta solenne cazzata potevi proprio risparmiartela.

Perché sei fascista, vecchio dentro e non t'intendi di cinema.

Edited by Rotwang
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Just now, Rotwang said:

Perché sei fascista, vecchio dentro e non t'intendi di cinema.

Mi permetto di dissentire su almeno una di queste affermazioni, Decidi tu su quale.

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Uh, mi sono dimenticato pure Un soldato semplice e Una questione privata.

Just now, Bloodstar said:

Mi permetto di dissentire su almeno una di queste affermazioni, Decidi tu su quale.

che sei vecchio dentro.

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6 hours ago, Rotwang said:

Poi a uno possono non piacere molti di questi film, perché condizionato dalla cinematografia americana tutta effetti speciali e zero contenuti, ma sono indubbiamente film innovativi, di alta produzione e ottima recitazione che hanno pochi precedenti nei decenni scorsi. Viva Fofi, viva il cinema italiano in rinascita, abbasso Iron e abbasso freedog de Il vizietto.

Ne ho visti solo alcuni; apprezzo Virzì da sempre (anche se qualche volta mi pare pesti il pedale del patetico per far commuovere), sono curioso di vedere Dogman, Sorrentino che tanto avevo apprezzato nei primi film ultimamente m'ha delusissimo.  Muccino non fa per me. Saverio Costanzo è bravo ma fa film furbi. Nessuno ha menzionato Francesca Archibugi, che tornerà pure quasi sempre sul tema "romanzo di formazione", ma è una regista molto delicata.

Non ho in simpatia le sorelle Rohrwacher né Castellitto, ma sono personali idiosincrasie.

L'articolo di Fofi è tronfio, tuttavia condivido l'empowerment. Non conosco i meandri della distribuzione, perciò non so se la sua critica sia ben argomentata...certo, io qualche volta riguardo Olmi, ma non posso pretendere che me lo trasmettano al posto dell'Isola dei Famosi -anche se forse farebbe bene a tutti-.

Edited by schopy
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Fortunata è un gran bel film? La tenerezza è un gran bel film? Filmacci senza idee banali che non stanno in piedi.Suspiria ? Parlami del nuovo film di Guadagnino su come se la cava con l horror ? Ah già ancora deve uscire! Ella è john se invece di fare il fighetto da cineforum andassi di più al cinema senza fare lo snob capiresti che certi film gli americani li fanno da 40 anni! Con tutto rispetto per Virzì che è oggettivamente uno dei migliori registi in circolazione.

Insomma se questi film li hai visti parliamone viceversa se è solo una cosa per vedere chi ha il cazzo più lungo rassegnati che vinco io :-P

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LocoEmotivo
22 hours ago, Rotwang said:

[...] sono quasi dieci anni che il cinema italiano sta rinascendo dopo il ventennio berlusconiano di spazzatura [...] Ma esterofili e disfattisti come te e @freedog dovete ripassarvi cinematografia.

La pianti di vivere in un'eterna campagna elettorale? Certi toni e atteggiamenti sono più adatti ai profili fake su Twitter che non in un forum.

19 hours ago, Rotwang said:

Il racconto dei racconti

Questa pellicola è vergognosa, altroché.

Ho gridato un: "Ma vaffanculo!", alla comparsa dei titoli di coda, che mezza sala si è girata. Per poi seguire il mio esempio e imprecare a loro volta.

È un film a dir poco imbarazzante e vorrei tanto capire cosa diavolo ci trovi di anche solo decente (a parte le ambientazioni, ça va sans dire, e forse la fotografia).

19 hours ago, Bloodstar said:

Mi permetto di dissentire su almeno una di queste affermazioni, Decidi tu su quale.

Che non ti intendi di cinema.

4 hours ago, Iron84 said:

Insomma [...] se è solo una cosa per vedere chi ha il cazzo più lungo rassegnati che vinco io ?

"Mi intendo di cinema più di te" is the new "È più grosso il mio" ?

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23 minutes ago, LocoEmotivo said:

La pianti di vivere in un'eterna campagna elettorale? Certi toni e atteggiamenti sono più adatti ai profili fake su Twitter che non in un forum.

Ogni volta che commenti su questo forum penso che l'intelligenza e la decenza umana siano gravemente insultate, nel profondo.

5 hours ago, Iron84 said:

Fortunata è un gran bel film? La tenerezza è un gran bel film? Filmacci senza idee banali che non stanno in piedi.Suspiria ? Parlami del nuovo film di Guadagnino su come se la cava con l horror ? Ah già ancora deve uscire! Ella è john se invece di fare il fighetto da cineforum andassi di più al cinema senza fare lo snob capiresti che certi film gli americani li fanno da 40 anni! Con tutto rispetto per Virzì che è oggettivamente uno dei migliori registi in circolazione.

Insomma se questi film li hai visti parliamone viceversa se è solo una cosa per vedere chi ha il cazzo più lungo rassegnati che vinco io ?

Tu sei napoletano, se un film non è Quo Vado per te non ha senso e non fa ridere.

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LocoEmotivo
1 hour ago, Rotwang said:

Tu sei napoletano, se un film non è Quo Vado per te non ha senso e non fa ridere.

E che se era negro aveva il ritmo nel sangue, non lo vogliamo dire?

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Saramandasama

Lei spiega molto bene il problema della cinematografia italiana. Ascoltate gli addetti ai lavori, cazz*! Quelli veri!

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