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Seguite i desideri


Rotwang

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La Repubblica

Francesca, Roma

"Ho lavorato dieci anni in un locale: un lavoro che mi piaceva (organizzavo ‘cose’, vedevo gente, come si dice oggi), ma che non è mai stato quello per cui, a 23 anni, ho lasciato la mia città in Sicilia, il mio mare, i miei genitori (che vedo una volta al mese e quando ci separiamo sono sempre lunghi pianti). Ho lasciato le mie aspirazioni (lavorare in o per una casa editrice) nel cassetto dopo qualche anno di corsi, stage, ‘contatti’, incontri e ho deciso che per vivere fuori non potevo permettermi ‘solo piccole collaborazioni’ a oltranza. Sono andata avanti, ho conosciuto persone stupende, ho fatto esperienze belle (e brutte, come in ogni posto di lavoro); mi sono sposata, ho avuto due figli che oggi hanno 7 e 3 anni. Ho continuato a collaborare con una casa editrice che ormai è parte della mia famiglia e di cui vado fiera".

"Qualche anno fa sono cambiate un po' di cose (in negativo) e tanti piccoli sassolini dentro le scarpe mi hanno indicato, quasi come a Pollicino nella fiaba, che dovevo prendere un'altra strada, la mia, quella per cui mia madre si era rassegnata, aveva accettato a fatica di non avermi più in giro per casa".

"Mi trovo oggi a quarant'anni a guardare avanti: collaboro con ‘l'ambiente editoriale’, piccole cose, un buon impiego ma a termine che tuttavia mi dà linfa vitale; e mi guardo indietro, anche se so che ancora sono giovane per fare bilanci. Peccato che la sensazione di aver perso tempo, di avere deviato un po' troppo dalla traccia che avevo iniziato a segnare, è forte e pesa. E questo non me lo perdono. Avrei dovuto essere più caparbia, più paziente forse, e andare dritta alla meta. Fare la stageur per anni, soffrire le pene dell'inferno come tanti amici che hanno continuato, rischiare di dover tornare a casa con le mani in mano e la delusione nello zaino, mettermi nella condizione di dover sempre chiedere soldi a casa, perché ‘di editoria non si campa’".

"Dalle esperienze si impara e una lezione mi è stata utile per trasmetterla agli altri, spero prima di tutto ai miei figli, quando avrò la tentazione di dire ‘ma Medicina no?’ oppure ‘con la laurea in Lettere non vai da nessuna parte’; e la lezione è che sempre, a costo di dover chiedere aiuto, la cosa migliore che si possa fare è seguire le aspirazioni fino in fondo. Non tradire mai noi stessi, quello che siamo nel profondo, perché se è vero che non siamo il lavoro che facciamo, un lavoro sbagliato ci porta, presto o tardi, a essere ciò che non siamo".

"Quando ragazzi più giovani di me mi chiedono consigli cerco di non scoraggiarli mai, di portarli verso loro stessi, non verso quello che gli altri desidererebbero per loro. So di suscitare spesso le ire dei genitori, che vorrebbero per loro situazioni più sicure, se mai ce ne fossero in questo Paese dove il lavoro e i giovani non sono mai stati una priorità, se non nei salotti mediatici per riempire telecamere e case di false speranze, ma non voglio che commettano l'errore che ho commesso io. Non voglio che si ritrovino a quarant'anni con in tasca un mucchio di briciole e in testa un ‘Ah, se invece avessi fatto...’".

Edited by Rotwang
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Se uno ha un grande sogno, e però si tratta di un sogno ancorato in qualche modo al reale, ovvero corrispondente più o meno alle capacità e voglia di impegnarsi per realizzarlo che si hanno, concordo che nella vita si debba fare un tentativo di costruirlo, per non avere poi rimpianti alla fine.

Ciò detto, insisto sempre molto sull'elemento di concretezza. Non tutti i sogni che facciamo sono concreti, e con ciò non solo intendo che molti non sono realizzabili. Per esempio, altri sono realizzabili, ma solo ad un prezzo troppo alto; è tipicamente il caso di chi sogna di essere un grande ricercatore, e magari ci riesce pure , ma paga il prezzo di trovarsi ancora precario a quarant'anni. Altri sogni professionali ancora sembrano bellissimi, ma in realtà nella pratica si rivelano mestieri frustranti e noiosi o, semplicemente, per cui non sei tagliato.

Il consiglio di seguire i propri desideri va bene, e detesto quei genitori che cercano di costringere i figli a seguire una determinata strada usando il ricatto monetario; però sempre con un occhio al concreto. Perché purtroppo è abbastanza vero che con la laurea in lettere non è che ci si mangi molto, e mangiare è ahimè una necessità umana.

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Non si capisce bene lo stato d'animo di questa Francesca  : è felice, oggi ? o vive una frustrazione?   E' stata costretta ad abbandonare la sua fonte di guadagno iniziale, o ha deciso lei di tornare sulla sua via dell'editoria?

Mi sembra un po' una situazione in cui la protagonista cerca di vedere il meglio dalla situazione che sta prendendo la propria vita e quindi, di fronte a un licenziamento inizia a dire " tanto non era la mia strada" . Nulla di male, ovvio, ma diventa un po' pietosa quando la lettera sembra quasi prendere la piega di una morale comune .

Come dice @FreakyFred finchè si tratta di desideri umanamente raggiungibili e compatibili con una discreta sopravvivenza ha un senso impegnarvicisi . E' scontato allo stesso modo notare che ognuno di noi nella propria vita si trova di fronte a dei bivi che, col senno di poi, sarebbero stati affrontati in maniera differente . Ma chi ci dice che se avessimo preso l'altro bivio ora non staremmo a rimpiangere la vita attuale?

Troppe volte mi son chiesto " ma se avessi preso ingegneria aerospaziale?" . Eh, sticazzi, direi, magari sarei stato professionalmente più soddisfatto (magari, eh) ma con orari lavorativi più costrittivi o con uno stipendio più basso . Magari mi lamenterei proprio di questo e penserei "ah, avessi fatto medicina!".

Non ci va mai bene niente, alla fine .

Ci sono però tutti quei desideri non legati a una professione, o meglio che possono essere esauditi una volta che uno abbia un proprio lavoro che funga da fonte di introito di soldi . Una volta che uno ha una base economica può decidere di dedicarsi alla propria passione, che sia imparare una lingua, perfezionarsi nella cucina, studiare un argomento e prendere un titolo con l'università a distanza . Insomma, uno non è che deve per forza buttarsi nei propri desideri a 20 anni ; uno può costruirsi una base e poi pensarci dopo . O no?

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davydenkovic90
1 hour ago, Ghost77 said:

Non si capisce bene lo stato d'animo di questa Francesca  : è felice, oggi ? o vive una frustrazione?   E' stata costretta ad abbandonare la sua fonte di guadagno iniziale, o ha deciso lei di tornare sulla sua via dell'editoria?

Sarà una sfigata di universitaria in pensione che già adesso si riduce a questi piagnistei, ma più avanti si ritroverà a scrivere le autobiografie di Barbara d'Urso.

Sono discorsi noiosi questi, lo ripeto. Se uno non sfonda in un dato campo è perché o non è sufficientemente bravo, e allora dovrà fare anche altro per mantenersi, oppure che quel campo non dà reddito per quello che lui ha da offrire... Cioè, io posso anche sognare di fare la modella ma, così, a guardarmi allo specchio, non mi pare di avere il volto o il fisico giusti per Victoria's Secret. Così a naso.

A me lo stile di scrittura di questa Francesca non piace, troppo retorico (vedi quote sotto) però su un libro di Barbara D'Urso ce lo vedo bene... giusto qualche "col cuore" e aggiungendo più spesso la locuzione "i miei figli" e direi che ci siamo.

Quote

ho avuto due figli 

 ho conosciuto persone stupende

 soffrire le pene dell'inferno

sassolini dentro le scarpe

ecc. ecc.

Edited by davydenkovic90
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Col senno del poi è molto facile fare la morale.

Questa signora dice che tornando indietro farebbe altre scelte per seguire il suo sogno, ma lei stessa qualche riga prima scrive che se avesse seguito quel percorso non si sarebbe mantenuta. 

Probabilmente se avesse davvero fatto quella scelta, sarebbe poi stata costretta a mollare e tornare dai genitori non riuscendo a pagare l'affitto e adesso starebbe dicendo ai giovani di fare sacrifici e di pensare prima all'indipendenza e alla concretezza prima si seguire i propri sogni...

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Inseguire i propri sogni è una cosa normale, anzi è uno dei tratti che distingue l'uomo dagli altri esseri viventi.  A volte bisogna essere "folli" per provare a realizzarli, nonostante tutti sia contrari e diffidenti, ma proprio questo incoraggia chiunque a lottare o provare a farlo per vederli realizzati. Ovvio come è giusto che sia bisogna anche capire se il sogno che si sta inseguendo è realizzabile o meno. Non tutti possiamo essere calciatori, cantanti, giornalisti, avvocati e via dicendo.... Ognuno ha il suo campo di azione, che ci piaccia o meno.
 
Chiunque se nel presente ripensa ad un momento specifico del proprio passato, quando  ha dovuto affrontare una scelta importante per il suo futuro, è consueto che si ponga una domanda, su come sarebbe potuta essere la sua vita "ora" se avesse scelto l'altra opzione, ma non lo potrà mai sapere con sicurezza........ la vita è imprevedibile....
 
Quindi questa Francesca oggi credo che abbia realizzato parte del suo sogno in quanto lavora non a tempo pieno nell'editoria, ma ci lavora, quindi non ha rinunciato in pieno.
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