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Giornata della memoria per le vittime meridionali dell’Unità d’Italia


OLEG

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3 hours ago, paperino said:

Va be', adesso non esageriamo nel verso opposto, però. La questione meridionale è complessa, figlia di una situazione esistente e protratta e acuita da responsabilità dei popoli di quelle regioni, ma non è che il Regno d'Italia l'abbia propriamente gestita al meglio... Semplicemente, non ha le colpe che gli vengono addebitate in questa ridicola "giornata" di cui al presente topic.

No ma ci mancherebbe, non dico che il governo italiano l'abbia gestita al meglio, anzi, quindi concordiamo e ora possiamo fare sex.

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1 hour ago, Rotwang said:

No ma ci mancherebbe, non dico che il governo italiano l'abbia gestita al meglio, anzi, quindi concordiamo e ora possiamo fare sex.

Certo, ti ho mandato la mia posizione su WhatsApp. A dopo.

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22 hours ago, Rotwang said:

I fattori che contribuirono ad accentuare la divaricazione, già esistente per ragioni storiche e geografiche, vanno dunque individuati principalmente nella politica economica protezionista che concorse ad accrescere in maniera determinante lo squilibrio tra Nord e Sud.

Questa è certamente la corrente storica più accreditata

Ma diciamo che si inscrive in una interpretazione "economica" del declino meridionale, il fatto cioè che l'unificazione non abbia premiato economicamente tutto il territorio nazionale in egual misura

La qual cosa - evidentemente - sarebbe di urgente attualità, se trasponessimo il discorso sul piano Europeo ( essendo noi oggi il Meridione di Europa che rischia di essere danneggiato piuttosto che premiato da un processo di integrazione socio economico di sistemi diversi )

Una cosa però è certa, se riferita al passato

Se nel 1700 il rapporto nella produzione di ferro fra Italia ed Inghilterra era di 1 a 30, nel 1861 era già di 1 a 300

Cioè essendo l'Italia tagliata fuori dalla rivoluzione industriale era già complessivamente "in declino" rispetto ai paesi che quella rivoluzione avevano già iniziato e questo declino avrebbe inevitabilmente fatto il suo corso, mentre è chiaro che grazie al protezionismo ed al risorgimento fu possibile innescare una rivoluzione industriale nel Nord-ovest alimentata da un mercato nazionale di dimensioni congrue

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13 minutes ago, Hinzelmann said:

Se nel 1700 il rapporto nella produzione di ferro fra Italia ed Inghilterra era di 1 a 30, nel 1861 era già di 1 a 300

Cioè essendo l'Italia tagliata fuori dalla rivoluzione industriale era già complessivamente "in declino" rispetto ai paesi che quella rivoluzione avevano già iniziato e questo declino avrebbe inevitabilmente fatto il suo corso, mentre è chiaro che grazie al protezionismo ed al risorgimento fu possibile innescare una rivoluzione industriale nel Nord-ovest alimentata da un mercato nazionale di dimensioni congrue

Questo non è assolutamente vero, le regioni del Nord stavano già vivendo uno sviluppo capitalistico nel XVIII secolo (già embrionale nel Medioevo e nella prima età moderna) e furono poi quelle che vissero la prima industrializzazione nel XIX secolo. Il Regno d'Italia alla fine dell'Ottocento era una nazione ancora prevalentemente agricola, ma il Triangolo industriale era già vivo e attivo e competeva a livello europeo, insieme alle sue esportazioni e alla sua marina mercantile imponente, tanto da superare Paesi realmente decaduti come la Spagna, l'Impero russo, turco e austro-ungarico.

Edited by Rotwang
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22 minutes ago, Hinzelmann said:

La qual cosa - evidentemente - sarebbe di urgente attualità, se trasponessimo il discorso sul piano Europeo

:boredom::boredom::boredom:

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Nel XVIII secolo la produzione italiana reggeva a stento il passocon la crescita della popolazione. Secondo Malanima (2005; 2006),
attorno alla fine del XVIII secolo il cittadino medio dell’Italia delCentro e del Nord avrebbe goduto di un reddito di circa il 20%
inferiore a quello dei suoi avi di due o tre secoli prima. Durante leguerre napoleoniche, il reddito per abitante dell’Italia raggiunse
forse il livello più basso dal XIV secolo.

Queste le stime più ottimistiche di Madison

Tabella 1.2. L’Italia e i paesi avanzati: PIL pro capite 1500-1870
         

             Italia  RegnoUnito Francia Germania Giappone Europa occidentale

1500    1.100       714            727         676          500                  796

1820    1.117     1.706       1.135      1.135          669             1.245 89

1870     1.499    3.031       1.876      1.876         737              2.088 72

Nota: in dollari statunitensi a parità di potere d’acquisto del 1990.
Fonte: Maddison (2001).

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16 minutes ago, Hinzelmann said:

Nel XVIII secolo...

Nulla di tutto ciò che hai scritto risponde a quanto correttamente spiegato dal buon Rotwang. Pur essendo iniziata con qualche decennio di ritardo, la rivoluzione industriale è arrivata anche in Italia nel XVIII secolo, fiorendo davvero nel XIX secolo nel triangolo industriale. Nulla ci dicono al riguardo le stime sul reddito medio nella penisola o nella sua zona centro-settentrionale, considerato anche che lo sviluppo industriale ha portato, per ovvi motivi, una forte crisi nelle zone del paese non coinvolte, contribuendo ad abbassare i parametri che citi.

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7 minutes ago, Hinzelmann said:

Beh io ho citato non è che abbia scritto, se voi avete fonti più autorevoli di Malanima Madison Toniolo etc

Il problema non è l'autorevolezza delle tue fonti, è che parlano di tutt'altro. Hai scritto:

2 hours ago, Hinzelmann said:

grazie al protezionismo ed al risorgimento fu possibile innescare una rivoluzione industriale nel Nord-ovest

E Rotwang ti ha risposto che non è vero, perché la rivoluzione industriale nel Nord-Ovest era già iniziata nel '700 ed "esplosa" nella prima metà dell'800, quindi ben prima dell'Unità.

Le tue fonti, invece, parlano del reddito pro capite della penisola (neanche della sola zona interessata alla rivoluzione, quindi)... Che c'azzecca? Porta delle fonti che dicano che la rivoluzione industriale in Italia è iniziata dopo l'Unità e grazie al protezionismo del neonato Regno d'Italia....

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Parlare di sviluppo capitalistico nel XVIII secolo nel quadro di un declino catastrofico come quello delineato dalle Fonti che io vi pubblico è un quadruplo salto mortale

Ovviamente le fonti non le avete...tu citi il triangolo industriale, che ovviamente interessando due stati diversi difficilmente poteva sorgere prima dell'unità d'Italia ed in effetti si sviluppò intorno al 1890, grazie alla politica protezionistica adottata nel 1870 dal Regno d'Italia, Rotwang retrocede invece al Medioevo ( !!!???)

Al più si potrà sostenere, che lo sviluppo industriale italiano abbia avuto luogo nell'area in cui era naturale che il capitalismo lo producesse per l'esistenza di un sustrato manifatturiero-tessile, certo non industriale, ma almeno manifatturiero Insomma si potrà dire che non vi fu una deliberata volontà di danneggiare il meridione, ma la spontanea interazione fra Torino e Milano favorita anche dai più facili collegamenti ferroviari e da una agricoltura più specializzata ( Cavour---il riso etc ) che consentiva ai proprietari terrieri l'accumulazione originaria del Capitale ( difficile in Veneto o Toscana dove vigeva la mezzadria, o nel meridione dove c'era un latifondo estensivo etc )

 

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2 hours ago, Hinzelmann said:

Questa è certamente la corrente storica più accreditata

Ma diciamo che si inscrive in una interpretazione "economica" del declino meridionale, il fatto cioè che l'unificazione non abbia premiato economicamente tutto il territorio nazionale in egual misura

La qual cosa - evidentemente - sarebbe di urgente attualità, se trasponessimo il discorso sul piano Europeo ( essendo noi oggi il Meridione di Europa che rischia di essere danneggiato piuttosto che premiato da un processo di integrazione socio economico di sistemi diversi )

Una cosa però è certa, se riferita al passato

Se nel 1700 il rapporto nella produzione di ferro fra Italia ed Inghilterra era di 1 a 30, nel 1861 era già di 1 a 300

Cioè essendo l'Italia tagliata fuori dalla rivoluzione industriale era già complessivamente "in declino" rispetto ai paesi che quella rivoluzione avevano già iniziato e questo declino avrebbe inevitabilmente fatto il suo corso, mentre è chiaro che grazie al protezionismo ed al risorgimento fu possibile innescare una rivoluzione industriale nel Nord-ovest alimentata da un mercato nazionale di dimensioni congrue

E' utopico pensare che da un processo di integrazione tutte le parti territoriali possano ottenere vantaggi in egual misura. Sta nell'ordine delle cose che alcuni territori sappiano trarre maggiore vantaggio di altri da tale processo. Altro discorso sarebbe se una parte viene danneggiata da tale processo o se deliberatamente si favorisce una regione a discapito di un'altra cosa cdi cui nessuno a postato prova.

Sull'ultimo punto la Lombardia era già inserita in un mercato interno congruo l'impero Asburgico.

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34 minutes ago, Hinzelmann said:

Parlare di sviluppo capitalistico nel XVIII secolo nel quadro di un declino catastrofico come quello delineato dalle Fonti che io vi pubblico è un quadruplo salto mortale

È una tesi, ma hai dimenticato le argomentazioni a sostegno... Detto ciò, lo sviluppo del triangolo industriale nella prima metà dell'800 è stato affiancato da una forte crisi economica nel resto della penisola, per l'ovvia ragione che il basso costo dei prodotti industriali che si rendevano disponibili radeva al suolo la concorrenza degli artigiani nelle altre zone d'Italia in cui, invece, l'industria non esisteva. Risulta evidente, quindi, che il reddito pro capite di tutta la penisola possa anche essere calato durante lo sviluppo industriale del nord-ovest.

42 minutes ago, Hinzelmann said:

citi il triangolo industriale, che ovviamente interessando due stati diversi difficilmente poteva sorgere prima dell'unità d'Italia

Perché? È impossibile che l'industria abbia iniziato a svilupparsi in quell'area perché c'era un confine di mezzo (vicino a uno dei vertici)? O forse la rivoluzione industriale è arrivata in queste zone grazie alla vicinanza di altri paesi in cui era già in forte sviluppo?

Non si capisce quale sia il problema ad ammettere che in Piemonte, in Liguria e, in seguito, in Lombardia l'industria era arrivata e si era sviluppata ben prima dell'Unità... 

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3 minutes ago, Hinzelmann said:

Io non ho nessun problema, semplicemente secondo ciò che si legge-si studia NON è vero...

In tal caso restiamo in attesa di alcune delle tue innumerevoli fonti a sostegno. 

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Ho citato gli Autori i Libri ed alcuni dei dati reperibili su internet senza dover scartabellare i libri

e ricopiarli...dalle vostre risposte si capisce che chiaramente non li avete letti

Posso consigliarvi di farlo

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Diciamo che la politica commerciale di stampo liberista attuata dalla Destra storica aveva posto l'industria del neonato regno - povero di capitali da investire dopo un impoverimento e declino lungo quasi due secoli (XVII-XVIII) - di fronte alla più forte concorrenza straniera. Questa minore competitività gravò certo molto più sulle poche industrie meridionali (concentrate sostanzialmente attorno nel Napoletano), senza alcuna di quelle protezioni regie garantite dal Regno delle Due Sicilie che avevano permesso di farle attecchire.

Quando nel 1878 si virò verso una politica protezionistica (sotto la Sinistra storica e come risposta a quella che venne chiamata la Grande depressione di fine Ottocento) ciò che rimaneva era il tessuto industriale settentrionale, sostanzialmente. E quello fu favorito da tale politica, mentre il Meridione si specializzò ulteriormente nell'agricoltura estensiva (basata sopratutto su colture cerealicole, quelle protette da dazi e tariffe).

L'industria tradizionale ere già presente in Italia all'inizio del XIX secolo, ma si concentrava per lo più nella regione padana e non ebbe modo di crescere veramente fino alla fine del XIX secolo. Il divario era già presente, dunque, ma si accentuò proprio a partire dagli anni Settanta del XIX secolo e in tal modo è praticamente continuato fino ad oggi.

 

Edited by Layer
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Stabilita dunque la verità storica sulla rivoluzione industriale in Italia, cosa ne deriva per i nostri amici del sud? Fosse anche tutta colpa del Regno d'Italia la situazione attuale (e, mi spiace, non lo è), ora che facciamo? Ci rimbocchiamo le maniche e cominciamo a sistemare le cose o continuiamo a piagnucolare e a battere i piedi perché ci deve pensare qualcun altro? Perché le occasioni di riscatto non sono mancate ma pare nessuno le abbia sfruttate. Finora.

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46 minutes ago, Layer said:

Diciamo che la politica commerciale di stampo liberista attuata dalla Destra storica aveva posto l'industria del neonato regno - povero di capitali da investire dopo un impoverimento e declino lungo quasi due secoli (XVII-XVIII) - di fronte alla più forte concorrenza straniera. Questa minore competitività gravò certo molto più sulle poche industrie meridionali (concentrate sostanzialmente attorno nel Napoletano), senza alcuna di quelle protezioni regie garantite dal Regno delle Due Sicilie che avevano permesso di farle attecchire.

Quando nel 1878 si virò verso una politica protezionistica (sotto la Sinistra storica e come risposta a quella che venne chiamata la Grande depressione di fine Ottocento) ciò che rimaneva era il tessuto industriale settentrionale, sostanzialmente. E quello fu favorito da tale politica, mentre il Meridione si specializzò ulteriormente nell'agricoltura estensiva (basata sopratutto su colture cerealicole, quelle protette da dazi e tariffe).

L'industria tradizionale ere già presente in Italia all'inizio del XIX secolo, ma si concentrava per lo più nella regione padana e non ebbe modo di crescere veramente fino alla fine del XIX secolo. Il divario era già presente, dunque, ma si accentuò proprio a partire dagli anni Settanta del XIX secolo e in tal modo è praticamente continuato fino ad oggi.

 

Fonti?

Perchè non è ciò che si studia sui libri...

 

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8 minutes ago, Hinzelmann said:

Perchè non è ciò che si studia sui libri...

Hai ragione: chi sono costoro per parlare di storia? Dopotutto @Rotwang si sta per laureare in Oscuristica e Buiologia applicata, mentre @Layer studia Etologia delle Lontre...

(Scusate era solo per scrivere nomi di lauree inventate :D)

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In effetti me lo chiedo...sembrano ignorare i fondamentali della storiografia contemporanea italiana

Vero è che la Storia Economica è un comparto settoriale, però insomma il problema del tardivo sviluppo

industriale fino al 1890 dovrebbe essere conosciuto

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Riguardo la politica commerciale e il cambio di rotta deciso dalla Sinistra storica, bhe, questo sono informazioni rintracciabili in qualsiasi manuale di storia contemporanea.

Il problema penso sia questo, che è poi la parte più importante (visto che sintetizzava l'argomento dibattuto).

1 hour ago, Layer said:

L'industria tradizionale ere già presente in Italia all'inizio del XIX secolo, ma si concentrava per lo più nella regione padana e non ebbe modo di crescere veramente fino alla fine del XIX secolo.

Quando dico ''industria tradizionale'' intendo la protoindustria. Praticamente do ragione a Hinzelmann: non c'è un'industria moderna agli inizi del XIX secolo, né tanto meno verso la fine del XVIII secolo. Almeno questo posso dire se mi riferisco allo studio di Pollard, La conquista pacifica (1984), che conosco direttamente. A un certo punto, ci dovrebbe essere una mappa molto simile (che fotografa la situazione al 1815):

 

Europa industrale 1815.jpg

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Al limite si può giusto far notare una cosa, per aggiornare le fonti da cui ha attinto Hinzelmann, e qui ho come riferimento il lavoro di Giovanni Vecchi, uscito nel 2011 in occasione del 150° dell'Unità e intitolato In ricchezza e in povertà.

Se infatti la vecchia interpretazione dell'economia di età liberale, quella dello sviluppo ''a stadi'' (Hinzelmann ha citato Maddison, e i suoi studi mi pare facciano parte di essa), vedeva una repentina crescita dell'economia italiana nell'ultimo decennio del XIX secolo, con nuove stime si è andati un po' a smussare tale impennata, aumentando invece le stime per il periodo precedente. Secondo questi nuovi studi (in Vecchi si rimanda a Fenoaltea, L'economia italiana dall'unità alla Grande Guerra, 2006), l'andamento sarebbe più ondeggiante e la crescita sarebbe dovuta non tanto all'efficacia delle misure protezionistiche (che anzi sono state criticate per favorire troppo l'agricoltura cerealicola, come dicevo, e industrie poco propulsive, come la tessile) ma sostanzialmente dalla presenza o meno di capitali esteri, di investimenti provenienti sopratutto dall'economia inglese.

In pratica, come è ancora oggi, l'economia italiana sarebbe stata molto influenzata dalla generale congiuntura economia e dalla disponibilità di ricevere investimenti stranieri favorevoli.

 

Edited by Layer
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1 hour ago, Layer said:

Quando dico ''industria tradizionale'' intendo la protoindustria.

Su questo punto proprio non posso essere d'accordo, a meno che per protoindustria tu non intenda una cosa diversa da quella che intendo io. Diventerebbe fondamentale, a questo punto, ripulire la terminologia e cominciare a distinguere bene la prima dalla seconda rivoluzione industriale anche perché non si può negare che l'industria fosse già arrivata nel nord Italia e si stesse sviluppando già da prima dell'Unità d'Italia, così com'è vero che ha subito un arresto subito dopo l'unità per poi ingranare la marcia con la seconda rivoluzione industriale alla fine dell'800.

Detto ciò, liberi di arrabbiarvi con il Regno d'Italia, ma non è così che risolverete i problemi del meridione.

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22 minutes ago, paperino said:

si stesse sviluppando già da prima dell'Unità d'Italia

Si è parlato di fine XVIII e inizi XIX, la mia precisazione (perché tale era il mio post) era su questo. 

Che alcune industrie tessili e metalmeccaniche fossero già presenti nel Nord Italia e in ancor più circoscritti punti del Sud nel quindicennio prima dell'Unità, non l'ho mai negato. Prima, che io sappia, non vi era un'industria nel senso moderno del termine (con applicazioni dell'energia a vapore, i nuovi impianti, ecc. già presenti in alcune zone del Regno Unito e del Nord Europa, ad accezione della Catalogna - come mostra la mappa sopraindicata)

Edited by Layer
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2 hours ago, paperino said:

Stabilita dunque la verità storica sulla rivoluzione industriale in Italia, cosa ne deriva per i nostri amici del sud? Fosse anche tutta colpa del Regno d'Italia la situazione attuale (e, mi spiace, non lo è), ora che facciamo? Ci rimbocchiamo le maniche e cominciamo a sistemare le cose o continuiamo a piagnucolare e a battere i piedi perché ci deve pensare qualcun altro? Perché le occasioni di riscatto non sono mancate ma pare nessuno le abbia sfruttate. Finora.

 

A prescindere da qualsiasi valutazione di sorta, i neoborbonici dicono in maniera discutibile quello che @Hinzelmann ha citato, in realtà è tutto vero ed è anche vero che il sud non se la passava bene nemmeno sotto il Regno delle Due Sicilie ma Napoli si. E' lapalissiano il declino della capitale che si è avuto nell'ingresso nel Regno d'Italia, per Napoli è stata un'opera di conquista. Il tessuto industriale che esisteva al sud esisteva a Napoli e nelle zone circostanti e quel tessuto è stato smantellato. E' vero erano aziende che vivevano sul monopolio di un mercato nazionale che non hanno "potuto" oppure "saputo", dipende dai punti di vista, inserirsi nel mercato italiano per chiara incapacità politica o forse mancanza di volontà.

Non a caso il movimento neoborbonico è prattamente napoletano o campano, difficile trovare pugliesi o calabresi che rimpiangano o si sentano legati culturalmente al Regno delle Due Sicilie, semplicemente perchè Napoli fece con loro quello che l'Italia fece con Napoli.
Detto ciò quello che risulta essere stucchevole di questo movimento culturale (chiamarlo politico mi viene l'orticaria) è il suo manicheismo che di certo non aiuta un confronto vero ed ha anche stufato ma è anche vero che i libri di scuola hanno sempre disegnato il Regno delle Due Sicilie come un ammasso di burocrati mangioni che non facevano un cazzo dalla mattina alla sera e questo è un fatto. Un fatto come questa rinascita di orgoglio abbia portato alla luce cose che sui libri di scuola non li ho mai trovati.

Poi anche qui parlare di industria è relativo, l'Italia resta un paese agricolo fino alla seconda metà del novecento, quindi la mancanza di un vero sviluppo del sud è stata dovuta alla cattiva politica (o alla mancanza di volontà politica).

Dire che il Sud deve rimboccarsi le maniche è un'autentica cazzata, semplicemente perchè a sud di Napoli non si può fare impresa e la malavita è solo uno specchietto per le allodole perchè nemmeno i malavitosi investono al sud, ci sarà un motivo no?

Basta andarci in vancanza in estate, mancano le infrastrutture, basta solo vedere i piani di investimento delle Ferrovie dello Stato per rendersene conto.Dopo Napoli....mah dai diciamo Salerno voglio esagerare, mancano trasporti non dico efficenti, non dico veloci, praticamente mancano trasporti. Sono di ritorno dal Salento e sinceramente trovo miracoloso il modo come quella terra stia riuscendo a fare turismo non avendo uno straccio di treno. Paesi di decine di migliaia di abitanti praticamente privi di connessioni tra di loro, stradine di campagna come unico collegamento e al massimo qualche superstrada che finisce improvvisamente nel nulla.

Falla tu impresa in quelle condizioni! In Sicilia stanno talmente fuori dal mondo che sono anche contrari al Ponte, tanto loro non sanno nemmeno cos'è un treno perchè se lo sapessero e sapessero la sua utilità si renderebbero conto che essere connessi porta dei vantaggi. Purtroppo il Sud ha tanti problemi ma se devi fare impresa in un luogo senza collegamenti e con la connessione internet a bassa velocità il problema c'è eccome.
Poi ogni stato ha la sua zone povera e quella ricca, sono anche scelte che tutto sommato possono starci, però non esiste una genetica nelle responsbilità, i fatti sono sempre frutto della storia, delle condizioni e della volontà politica e non dell'indole o della genetica delle persone.

 

Tanto per fare un esempio, la Mediterranean Shipping Company è un'azienda di una nota famiglia "terrona" che tra container e corciere fattura circa 40 miliardi all'anno. 40 miliardi di dollari all'anno, cioè in Italia tolta la Fiat e pochi altre aziende pubbliche, c'è lei e pur mantenendo alcune sedi nel napoletano, è una società di diritto Svizzero. Cioè non è che non hanno creduto in Napoli, non hanno creduto nell'Italia e non ci sono solo ragioni di ordine fiscale perchè il loro porto di riferimento non è nel nostro paese. Quindi spesso non è la mancanza di "rimboccarsi le maniche" da parte dei meridionali è l'impossibilità di fare impresa al sud.....o in Italia

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Non cito cosa ho studiato, cito cos'è ovvio nella storia postunitaria. Negare che l'Italia settentrionale stesse vivendo un'industrializzazione e avesse più ferrovie o sviluppo capitalistico di Roma o dell'Italia meridionale è anti-storico. Mi chiedo perché @Hinzelmann non si occupi solo di Rete Lenford e del diritto del suo studio legale, sembra ignorare qualsiasi cosa che non gli competa, però straparla, ma chi è per parlare?

Edited by Rotwang
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5 hours ago, Hinzelmann said:

Rotwang retrocede invece al Medioevo ( !!!???)

L'epoca comunale nell'Italia settentrionale ha avviato una civiltà mercantile non paragonabile a quella del resto della penisola, questa tradizione mercantile si è tradotta in uno sviluppo anche dell'agricoltura e delle manifatture nei secoli successivi, sono fatti, inutile che fai il buffone. Nel Cinquecento l'Italia aveva un PIL superiore alla Gran Bretagna perché era ancora il cuore economico europeo ma stava già declinando in favore dei centri olandesi, inglesi e tedeschi dopo la scoperta dell'America e la seconda era lacerata dai conflitti interni tra protestanti e cattolici. Ma hai mai studiato storia, non parlo dell'università o del liceo, alle elementari?

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