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Modernizzazione senza sviluppo. Il capitalismo secondo Pasolini


Rotwang

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Modernizzazione senza sviluppo. Il capitalismo secondo Pasolini è un saggio di Giulio Sapelli del 2005.

Nessun intellettuale del secondo dopoguerra ha una presenza vivida come la sua. L'eredità di Pier Paolo Pasolini è, prima di ogni altra cosa, un'eredità intellettuale, critica, polemica, militante. Lucido e implacabile, il suo sguardo si posa sull'Italia del boom economico e dell'industrializzazione feroce, teatro del più nefasto e irreversibile "genocidio" - a suo dire - culturale e sociale, oltreché simbolico: la fine dei valori tradizionali e del vecchio sacro mondo rurale, il frenetico processo di modernizzazione massificante che ha nella televisione, nella presunta liberalizzazione dei costumi, nell'imposizione del modello piccolo-borghese i suoi mezzi più perversi e mistificanti. Al Meridione e al proletariato romano Pasolini attribuisce una residuale e progressivamente indebolita capacità di resistenza alla permeabilità ai valori piccolo borghesi. Anche il movimento studentesco del ’68 è interpretato da Pasolini come una reazione alla modernizzazione e alle mutazioni culturali che essa comporta; reazione questa volta non del proletariato ma delle classi medie, le quali sono però portatrici di una cultura che storicamente è ancora quella fascista, quella della violenza attivistica, che viene trasportata all’interno della cultura dell’estremismo di sinistra, di cui essa si traveste. Lo stesso referendum del ’74 sul divorzio è letto da Pasolini non come affermazione di una cultura laica, ma come la penetrazione di un modello di vita consumista; anche la sessualità è vissuta, secondo il poeta, in questo modo sotto il pretesto di una conquistata libertà sessuale. Dice: “Metà e più dei giovani che vivono nelle borgate romane, o insomma dentro il mondo sottoproletario e proletario romano, sono, dal punto di vista della fedina penale, onesti. Sono anche bravi ragazzi. Ma non sono più simpatici. Sono, tristi, nevrotici, incerti, pieni di un'ansia piccolo-borghese; si vergognano di essere operai; cercano di imitare i “figli di papà”. Si assiste, quindi, secondo Pasolini, ad un aumento della violenza diffusa poiché la povertà non è più vissuta con dignità, ma con vergogna. A giudizio dell’autore, Pasolini ha un'intuizione che pochi avevano avuto all’epoca, anche tra gli economisti. Egli comprende che l’industrializzazione italiana è un processo che si compie “attraverso l’espansione del consumo di beni privati piuttosto che di beni pubblici”. Una modernizzazione senza sviluppo, senza più intellettuali a guidarla, senza più popolo e identità assume, agli occhi di questo utopista ormai disincantato, i tratti di un'orrenda "nuova preistoria", l'arido tempo dell'alienazione, delle stragi, del consumismo, materiale ed emozionale, dell'industria culturale, dell'uniformazione spirituale. Alla memoria di quel polemista inattuale, impopolare e straordinariamente profetico che Pasolini seppe essere, e al suo retaggio oggi più che mai vivo, è dedicato questo libro.

Edited by Rotwang
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Forse la riflessione aveva una ragion d'essere nel '74...

per l'oggi non ha davvero più alcun valore.

Nel frattempo i sottoproletari si son pure sistemati; magari avevano meno tempo per giocare a pallone con lui, ma diventavano bravi piastrellisti, idraulici ed elettricisti...che male c'è?

Che sia esistita un'età dell'oro in cui tutti i borgatari si accontentavano di pane e cicoria inconsapevoli e felici io non lo credo; se poi il poeta ha in mente situazioni molto specifiche, molto romane...non saprei, mi viene allora da pensare che ci sia un bel po' di boria in questa sorta di universalizzazione del suo piccolo mondo.

Pure questa favola della povertà vissuta con dignità non mi convince del tutto...probabilmente i figli del boom economico ancora non avevano un'etica del consumo, e vivevano tutte le novità degli anni '60-'70 come un grande gioco, lasciandosene un po' assuefare (analogamente Godard in Francia con Due o tre cose che so di lei provocatoriamente fotografava le mamme single della periferia parigina spinte a prostituirsi per la smania di un nuovo paio di scarpe). 

17 hours ago, Rotwang said:

Egli comprende che l’industrializzazione italiana è un processo che si compie “attraverso l’espansione del consumo di beni privati piuttosto che di beni pubblici”.

Non credo sia andata tanto meglio in altri Paesi, o comunque, la livella della crisi e della stagnazione dell'ultimo decennio ha reso tutto piuttosto vacuo.

 

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