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Perché in Spagna non c'è populismo di destra


Rotwang

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Il Financial Times ha pubblicato una lunga inchiesta in cui il giornalista Tobias Buck cerca di capire come mai in Spagna, nonostante la grave crisi economica e l’alto numero di stranieri residenti nel paese, i partiti populisti di destra non abbiano ottenuto fin qui successi e consensi rilevanti, come accaduto invece in tanti altri paesi europei. La risposta, conclude Buck, ha a che fare con alcune caratteristiche uniche del paese, che sono impossibili da replicare fuori dalla Spagna.

 

Questa situazione “unica” della Spagna è emersa con particolare chiarezza durante le ultime elezioni politiche, quelle del giugno 2016, che sono andate bene per la sinistra radicale e il centrodestra moderato. Tra i partiti spagnoli, quello che più somiglia ai partiti di destra populista che stanno avendo successo nel resto d’Europa si chiama Vox ed è stato fondato tre anni fa da Santiago Abascal, un ex politico locale del Partito Popolare, che in Spagna è il principale partito del centrodestra moderato. Vox ha annunciato il suo nuovo slogan: “Hacer España Grande Otra Vez” (“Fai tornare grande la Spagna”), una frase ripresa direttamente dalla campagna del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump: “Make America Great Again”.

 

I temi su cui si concentra il programma di Vox sono la chiusura delle frontiere, l’opposizione al multiculturalismo e al politicamente corretto: gli stessi della destra radicale europea, dal Fronte Nazionale francese all'Alternativa per la Germania. Come scrive Buck: «Quello che distingue Vox da questi altri movimenti è che Vox non ha ottenuto alcuna vittoria elettorale». Alle elezioni di giugno Vox ha ottenuto appena lo 0,2 per cento dei voti.

 

Questa mancanza di risultati, scrive Buck, è particolarmente sorprendente se si considera la situazione del paese. Dopo un lungo boom economico, la Spagna è entrata in una grave recessione nel 2008. La disoccupazione è aumentata e rimane tra le più alte d’Europa. Per reagire alla crisi il governo ha imposto severe misure di austerità e tagli alla spesa. Politici e opinione pubblica hanno spesso imputato queste misure alle pressione dell’Unione Europea e ai suoi “burocrati” (un tipo di critiche che conosciamo bene anche in Italia). Inoltre, negli anni precedenti alla crisi, gli stranieri residenti in Spagna sono cresciuti moltissimo, passando dal 3 per cento della popolazione nel 1998 al 13 per cento nel 2008.

 

Invece che portare a una crescita della destra radicale, nota Buck, questa crisi è stata sfruttata dalla sinistra. Podemos, un partito di sinistra radicale, ha ottenuto il 21 per cento alle elezioni di giugno, mentre l’anno prima era riuscito a far eleggere i suoi sindaci nelle due principali città spagnole, Madrid e Barcellona. Podemos, scrive Buck, è un partito dai toni molto populisti e anti-establishment, ma le sue somiglianze con gli altri movimenti radicali europei finiscono qui: i leader di Podemos rivendicano le radici di sinistra del partito, mentre la sua base elettorale è composta soprattutto da giovani istruiti dei centri urbani (e non dagli abitanti poco istruiti delle aree rurali, che di solito sostengono i partiti di destra radicale), aperti all’immigrazione e favorevoli alla permanenza della Spagna nell’Unione Europea.

 

Non sono solo gli elettori di Podemos a sostenere l’integrazione europea: nonostante l’austerità e i tagli degli ultimi anni, tutti i sondaggi mostrano che gli spagnoli rimangono tra i più europeisti in Europa. Questo si spiega almeno in parte col fatto che la Spagna è stata per anni un percettore netto di fondi europei, cioè riceveva dall’Unione più di quanto versava. Soltanto negli ultimi anni contributi versati e ricevuti stanno iniziando a riallinearsi (l’Italia, invece, è da sempre un contributore netto: versa all’Europa più di quanto riceve).

 

Secondo Buck non c’è un’unica causa per spiegare l’eccezionalità della Spagna. L’apparente “impermeabilità” del paese ai populismi di destra si spiegherebbe con una serie di cause storiche e culturali uniche nel paese. Diversi ricercatori, per esempio, indicano la peculiarità dell’immigrazione ricevuta dalla Spagna, fatta in buona parte da cittadini provenienti dall’America Latina, con una cultura simile a quella spagnola. È un fenomeno importante ma che non va sopravvalutato, comunque: per quanto una parte significativa degli stranieri giunti in Spagna sia arrivata da paesi cattolici di lingua spagnola, come Ecuador e Colombia, un terzo dei migranti proviene da Romania e Marocco.

 

Un altro elemento che viene spesso indicato è il rapporto che gli spagnoli hanno con le migrazioni. Numerosi spagnoli lasciarono il paese nel corso degli anni Sessanta e molti altri lo hanno fatto durante la recente crisi economica: entrambi periodi più recenti rispetto alle ultime migrazioni di massa partite da paesi come l’Italia. Altri paesi con forti movimenti di destra, per esempio Francia e Regno Unito, non hanno sperimentato significative emigrazione negli ultimi anni. Gli spagnoli, quindi, hanno un ricordo molto più vicino di cosa significa essere costretti a lasciare il proprio paese per ragioni economiche e sarebbero quindi più portati a essere tolleranti con i migranti.

 

Queste ragioni, però, ammette Buck, non sono sufficienti a spiegare l’assenza in Spagna di forti movimenti di estrema destra. C’è certamente una componente di casualità: la destra radicale non è riuscita a produrre e trovare leader carismatici, cosa che invece è riuscita alla sinistra. Ma ci sono anche altre cause, che hanno meno a che fare con le coincidenze e più con la storia del paese. Tra i paesi europei, la Spagna è quella in cui più recentemente è terminata una dittatura: il regime è finito con la morte del dittatore Francisco Franco nel 1975, e la transizione alla democrazia è stata completata soltanto tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta. Il ricordo ancora vivo della dittatura ha reso difficile per la destra radicale ricorrere ai suoi slogan più efficaci: il nazionalismo e l’appello all’identità nazionale. Secondo Carmen González Enríquez, analista del centro studi Real Instituto Elcano: «L’abuso di simboli nazionali e dei riferimenti all’identità nazionale durante il regime franchista ha causato una reazione che ancora persiste. L’opposizione democratica al regime ha rifiutato l’esibizione dei simboli nazionali, dall’inno nazionale alla bandiera, e il nazionalismo spagnolo è stato completamente escluso dalla loro retorica. Al posto della Spagna, i democratici hanno scelto di guardare all’Europa».

 

Appellarsi alla retorica nazionale presenta un altro problema in Spagna: è destinato inevitabilmente a scontrarsi con il forte regionalismo di circa un terzo della popolazione, quella che abita in Catalogna e nei Paesi Baschi, due aree dove sono fortissimi i movimenti indipendentisti. Come scrive Buck: «Molti baschi e catalani rivendicano un’identità che non solo è alternativa, ma è in netta contrapposizione a quella spagnola». In altre parole, usare slogan come “la Spagna agli spagnoli” rischia di alienare il consenso di tutti coloro che si sentono catalani o baschi prima che spagnoli. In maniera speculare, il regionalismo ha permesso all’attuale primo ministro, il leader del Partito Popolare Mariano Rajoy, di tenere unito il centrodestra senza bisogno di ricorrere a una retorica anti-immigrati. Secondo Cristóbal Rovira Kaltwasser, uno scienziato politico dell’università Diego Portales di Santiago del Cile, «il Partito Popolare è riuscito a rimanere il partito egemone della destra in parte grazie a un messaggio molto forte di difesa dell’unità della Spagna. Si tratta di un punto chiave per gli elettori di destra».

 

Un’ultima caratteristica particolare della Spagna, secondo Buck, è il suo particolare tipo di welfare. Lo Stato fornisce assistenza sanitaria gratuita, scuole e infrastrutture facilmente accessibili, ma i trasferimenti diretti di denaro e l’edilizia popolare sono quasi assenti. Secondo José Fernández-Albertos, un analista del centro ricerca CSIC di Madrid, «questi due settori sono proprio quelli dove è più visibile il trasferimento di risorse da una parte della popolazione ad un’altra». In altre parole gli spagnoli più poveri non si trovano in competizione con gli immigrati per l’accesso ai sussidi statali e all’edilizia pubblica, e questo evita i conflitti.

 

Al termine della sua inchiesta, le conclusioni di Buck non sono incoraggianti per quei leader politici che desiderano imitare la Spagna per arrestare la crescita della destra populista nei loro paesi. Le caratteristiche che sembrano rendere “unica” la Spagna non sembrano imitabili nel resto d’Europa, perché legate alla storia e alla cultura specifiche del paese. L’unico tratto che sembra possibile esportare, un welfare che evita il sorgere di conflitti tra gli stati più poveri della popolazione, non è facile e forse nemmeno auspicabile. Come conclude amaramente Buck: «C’è molto da ammirare in Spagna, ma molto poco da imitare».

 

 

Anche il vicino Portogallo è un caso simile, con la fine piuttosto recente di un regime di destra che ha impedito che formazioni di destra estrema e generalmente euroscettiche avessero visibilità politico-culturale e voti: la penisola iberica può comunque insegnare molto, anche se non è imitabile.

Edited by Rotwang
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Sono riflessioni anche tue o ti limiti a dei cut and paste ?

 

Mi sembra chiaro che i motivi sono nelle dittature abbastanza recenti di spagna e portogallo.

 

In germania e italia invece ci sta piu' tempo dalla dittatura e il tempo permette il rinascere al populismo di destra.

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Appellarsi alla retorica nazionale presenta un altro problema in Spagna: è destinato inevitabilmente a scontrarsi con il forte regionalismo di circa un terzo della popolazione, quella che abita in Catalogna e nei Paesi Baschi, due aree dove sono fortissimi i movimenti indipendentisti.

 

E' lo stesso motivo per cui anche in Italia il populismo di destra non funziona:

è troppo difficile conciliare il nazionalismo xenofobo di matrice neofascista con il "Nordismo".

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Si può sempre migliorare ( o peggiorare a seconda dei punti di vista )

ma sostenere che le frontiere spagnole siano aperte non si può, di fatto

l'immigrazione irregolare è quasi inesistente

 

Va detto che in questo i governi spagnoli sono stati favoriti dalla possibilità

di avere rapporti con paesi relativamente stabili ( Algeria e Marocco ) e senza

ingerenze francesi e inglesi, come l'Italia in Libia

 

In alcuni momenti di crisi non hanno esitato a sparare...ma ora pare si sia raggiunto

un assetto abbastanza tollerabile

 

Stranieri regolari o stabilizzati:

 

Inoltre la crisi economica ha causato una accentuata emigrazione degli immigrati

vi stupirà sapere che l'unica comunità di stranieri che ha subito un incremento è

costituita da Italiani

 

Stante il fatto che gli Spagnoli li considerano in buona parte "fratelli" latini ( Colombiani

Ecuadoregni Boliviani Argentini ) o ex coloniali con cui si collabora ( Marocchini ) in realtà

i rapporti non sono ostili, ma a prescindere da questo si è assistito ad un decremento in

alcuni casi del 30%

 

Opporsi al multiculturalismo ed al cosmopolitismo, funziona poco se parliamo di paesi che

si gloriano del fatto di avere rapporti peculiari con l'America Latina, che parlano la stessa

lingua di quei popoli, che ci fondarono imperi etc

 

Se Spagna e Portogallo contano ancora qualcosa nel mondo, contano per l'America Latina

 

Fatte queste premesse si potrà parlare del resto

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Non c'è perchè tanti ex franchisti si sono "ripuliti" e sono confluiti in massa nel Partito Popolare all'inizio degli anni '90 quando Alianza Popular decise si sciogliersi nel partito unico del centro-destra, più o meno come il progetto poi naufragato del Pdl con An.

 

Tanto per non fare nomi, Manuel Fraga, governatore per oltre vent'anni della Galizia era un potente ministro durante la dittatura franchista e nemmeno uno dei più moderati.Cristina Cifuentes, attuale presidente della regione della Castiglia ha posizioni simili a quelle di Maroni per intenderci...

 

Non dimentichiamo che il centrodestra liberale di Ciudadanos nasce anche dopo il netto spostamento a destra dei Popolari avvenuto con Rajoy.

 

Riguardo al Portogallo il partito di destra populista c'è eccome, il Partido Popular, nato alla fine degli anni '70 da ex salazaristi ed ha anche fatto parte di alcuni governi in coalizione con i Democratici Sociali.

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E salvini e la meloni come mai prendono voti ?

 

Hai presente vero che Salvini non prende voti al Sud

e che la Meloni prende pochissimi voti in generale?

 

 

 

Fatte queste premesse si potrà parlare del resto

 

A me ha Barcellona ha colpito l'enorme numero di burqa

che nel resto d'Europa non ho mai visto

per la quantità incredibile di turisti da Emirati Arabi e Arabia Saudita.

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Salvini dice di essere pronto per fare il presidente del consiglio almadel e la meloni quando parla sembra che lei sa tutto e che e' una politica importantissima.

 

Se poi valgono il due di picche ma si credono la regina di cuori io non lo so.

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Hai presente vero che Salvini non prende voti al Sud

e che la Meloni prende pochissimi voti in generale?

 

 

Salvini dice di essere pronto per fare il presidente del consiglio almadel e la meloni quando parla sembra che lei sa tutto e che e' una politica importantissima.

 

Se poi valgono il due di picche ma si credono la regina di cuori io non lo so.

 

Alleanza Nazionale ha preso tra il 10% (minimo nel 1999) e il 15% (massimo nel 1996), Fratelli d'Italia che è la sua continuazione non è mai salita oltre il 4% (il massimo l'ha avuto alle regionali in Campania con poco più del 5%), anche l'ex elettorato finiano è quasi evaporato, allo stesso modo di quello bertinottiano.

 

Diversa la situazione svizzera dove la destra populista ha preso il 30%, sfondando anche nei cantoni italofoni e francofoni, dove di solito non riusciva a prendere voti.

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per la quantità incredibile di turisti

 

Non ne dubito, 8 milioni di turisti l'anno

 

Quanto a stranieri residenti a Barcellona i primi in assoluto sono

gli Italiani con il 9,16% seguiti dai pakistani 7,42% e da francesi

e marocchini 4,7% cadauno

 

( ovviamente i latino americani sono suddivisi in mille rivoli: boliviani

colombiani ecuadoregni etc )

 

In realtà il CDX unito prenderebbe tanti voti quanti il M5S ed il PD

o comunque saremmo su quella lunghezza d'onda

 

Il problema è che tutti sanno che Berlusconi preferirebbe Renzi, a Salvini

ed alla Meloni

 

D'altronde il populismo di Renzi è un populismo centrista, la diretta filiazione

del populismo berlusconiano e Berlusconi non può più comandare gli alleati

come pedine ininfluenti, come faceva un tempo

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La questione è più semplice, sarebbe bastato centrarsi sull'aspetto principale: qui si pende a prescindere a sinistra e la sinistra radicale non è mal vista(tanto è vero che esiste izquierda unida e podemos). In Italia invece si pende a destra, tanto è vero che la sinistra italiana è più un partito di centro o centro-destra. Il ricordo del franquismo può anche avere influito, ma credo sia più perché ormai la mentalità media spagnola non è compatibile con pensieri estremisti di destra. Comunque le analisi e gli spunti sono corretti anche se possono voler dire tutto e niente. La verità non la sapremo mai.

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A me ha Barcellona ha colpito l'enorme numero di burqa

che nel resto d'Europa non ho mai visto

per la quantità incredibile di turisti da Emirati Arabi e Arabia Saudita.

 

 

Dopo la fine del lungo periodo di penitenza del Ramadam, molti fedeli benestanti festeggiano con una piccola vacanza, un po' come gli italiani che, dopo le rinunce in quaresima si concedono una vacanza a Pasqua/Pasquetta. 

Dopo gli attentati in Francia e Belgio ecc ecc  i turisti arabi preferiscono trascorrere la loro vacanzina in paesi del mediterraneo (paure di intolleranza o di essere additati come soggetti sospetti in altre parti d'Europa).

Per tale motivo, in quel periodo dell'anno, puoi notare lo stesso fenomeno a Milano, la quale, come Rot ci insegna, risplende.

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come Rot ci insegna, risplende.

 

Almadel si è dimenticato di dire (o non lo sapeva proprio) che a Barcellona esiste un quartiere multietnico, soprattutto arabo, d'antica data, El Raval, in cui sono stato, dove c'è appunto una consistente minoranza arabo-musulmana. Forse per questo ha visto molti burqa. A Milano non è mai esistito storicamente un distretto multietnico "storico", a parte Chinatown della zona di via Paolo Sarpi, che esiste dagli anni '40.

Edited by Rotwang
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