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Il partito di Pisapia


Rotwang

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La Repubblica

"È il momento della verità" avverte Giuliano Pisapia. Ognuno si assuma le proprie responsabilità, dice l'ex sindaco di Milano: e quando si andrà a votare, "al più presto possibile, con una legge elettorale che sia uguale per le due Camere", lui è pronto a tornare in pista. Per riunire il popolo di sinistra che non si riconosce nel PD sotto la bandiera di un nuovo soggetto politico - il Campo Progressista - disponibile a un'alleanza leale con Renzi. Ad una condizione: che lui rompa con Alfano e con Verdini.

Lei è stato uno dei pochi uomini alla sinistra del PD che si è schierato a favore della riforma, e a Milano il Sì ha vinto. Pochi conoscono meglio di lei i sentimenti del popolo di sinistra. Perciò le chiedo: è il momento giusto, secondo lei, per andare a elezioni anticipate?
"Io penso che ormai non si possa più andare avanti così. Forse febbraio è troppo presto, ma è ora che si vada a elezioni. Ed è indispensabile che non ci si vada con queste leggi elettorali. È del tutto evidente che ci sono alcuni punti dell'Italicum su cui la Corte costituzionale indirettamente si è già pronunciata, e vanno modificati. E poi non si può andare a votare con due leggi elettorali diverse per Camera e Senato, che quasi sempre producono due maggioranze diverse. Io credo che il Paese abbia bisogno di una legge elettorale che sia più democratica e permetta agli elettori di scegliere i propri parlamentari, con un premio di maggioranza che garantisca la governabilità senza essere eccessivo come è nell'Italicum. E non c'è dubbio che l'unico modo per superare il problema sia quello di assegnare il premio di maggioranza non al singolo partito ma alla coalizione vincente ".

Nel PD c'è chi dice: abbiamo perso il referendum, ma noi abbiamo il 40 per cento e tutti gli altri devono dividersi l'altro 60 per cento. È così?

"Un momento: il 40 per cento del Sì contiene voti di centro-destra che certo non sarebbero disponibili per un'alleanza di centro-sinistra. Mentre nel 60 per cento del No ci sono tanti voti di elettori di sinistra che invocano l'unità del centrosinistra, e sono pronti a votare una coalizione che abbia questo segno".

Già, ma al momento non c'è. Oggi Renzi potrebbe coalizzarsi solo con il Nuovo Centrodestra di Alfano, a giudicare da quello che accade alla sua sinistra. A meno che nasca un nuovo soggetto politico, raccogliendo l'eredità di quei "sindaci arancione" di cui lei era l'esponente numero uno.
"Questo è il momento della verità. I cittadini vogliono che ci sia un Parlamento che garantisca la governabilità, dove le mediazioni avvengano tra forze politiche che si riconoscono negli stessi valori e negli stessi principi. Oggi non è così, perché siamo in uno stato di necessità e non c'è una maggioranza alternativa a questa. Però le elezioni sarebbero, per il PD, il momento decisivo per le sue scelte. Renzi dovrebbe scegliere se guardare a un'alleanza a sinistra, formando un centrosinistra, o un'alleanza con il Nuovo Centro Destra che trasformerebbe il PD in un partito geneticamente modificato. Il popolo del PD, io lo conosco bene, non accetterebbe mai la seconda soluzione".

E quindi?
"Quindi serve un'alleanza aperta, diamole un nome: Campo Progressista, che riunisca le forze di sinistra in grado di assumersi una responsabilità di governo. Non per motivi di potere ma per fare le cose di sinistra. Intendiamoci: anche questo governo ha fatto cose di sinistra, penso alle unioni civili, ma ha dovuto fare anche altre cose che nascevano dalla necessità di arrivare a un compromesso con un partito di centro-destra. Questo non va più bene".

Chi vedrebbe lei, in questo Campo Progressista? C'è già un progetto, un embrione?
"A Milano ho partecipato a due iniziative intitolate "Dopo il 4 c'è il 5", pensando proprio al dopo-referendum. E naturalmente il tema era questo. Ecco, lì ho visto che ci sono gli spazi per questo progetto. E in questi mesi, girando l'Italia, partecipando a tante iniziative, mi sono accorto che il popolo di sinistra non aspetta altro ".

Lei ha in mente un soggetto politico alla sinistra del PD, che si allei con Renzi alle prossime elezioni...

"Mettendo dei paletti ben precisi: nessuna alleanza con le forze di centro-destra o con quelle persone che non hanno la credibilità o l'affidabilità necessarie, anche se i loro voti oggi sono diventati indispensabili in Parlamento ".

Quindi né Alfano né Verdini. Ma su quali forze potrebbe contare, in concreto, un partito di sinistra che nascesse oggi?
"Guardi, alle ultime amministrative in tantissimi Comuni grandi e piccoli sono nate delle liste di sinistra che si sono rivelate determinanti per la vittoria del centrosinistra. Gran parte di queste sono diventate associazioni culturali. È necessario riunirle, metterle in rete, ragionare insieme".

Ma come? Dove? Quando?
"A Milano, come le dicevo, abbiamo già fatto due iniziative. Il 18 dicembre a Roma si incontrerà tutta quella parte della sinistra che ritiene che il Partito democratico non possa che essere suo alleato, e voglia collaborare lealmente in un'ottica di centrosinistra assumendosi le sue responsabilità. Il giorno dopo ci vedremo a Bologna, dove sarà presente anche il sindaco di Bologna, Merola, e Gianni Cuperlo, che sono del PD, ma anche io e il sindaco di Cagliari, Massimo Zedda, che non siamo del PD. Chiaramente sarà fondamentale vedere cosa deciderà la Direzione del PD. Ma questo è il momento della scelta".

E SEL? E Sinistra Italiana? Dentro o fuori?
"Noi ci rivolgiamo alle forze organizzate a livello locale. Poi l'appuntamento di Roma è organizzato da una parte della sinistra che viene da SEL e da Sinistra Italiana. Non verranno quelli che ritengono il PD un partito geneticamente modificato e non ritengono possibile nessuna alleanza. Io rispetto la loro posizione, ma noi vogliamo dare voce alla grande richiesta di unità del centrosinistra che ho sentito girando per l'Italia. E riuscire a parlare ai tanti disillusi che non sono più andati a votare, o hanno votato turandosi il naso. Dobbiamo restituire l'entusiasmo di fare politica agli italiani di sinistra che l'hanno perso".

 

 

Finalmente posso non votare scheda bianca alle prossime politiche  :maninlove:

Edited by Rotwang
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Io credo che siamo troppo ottimisti, troppo.. troppo! se ogni volta diciamo che il PD ha preso il 40% al referendum. 
Credo più facilmente, come ho letto da altre parti, che abbia preso un 20-32%.. il resto è grazie agli alfaniani e piccoli partiti che boh! 

Più probabile che l'abbia preso il M5S un bel 40% contro il 20% di Salvini-Forza Italia-Fratelli d'Italia (non voglio assolutamente credere che Salvini sia così "evoluto" in un sol giorno). 

Sicuramente a Sinistra devono riformarsi, rinnovarsi, cambiare completamente.. infatti non esiste una sinistra nel vero senso della parola. Però la devono smettere di fare queste "correnti multipartitiche unite in un unico partito" come era il PD (che poi è stato spaccato) perché non si va da nessuna parte. 

L'unica cosa in cui concordo con Pisapia è solo questa: 

 

Dobbiamo restituire l'entusiasmo di fare politica agli italiani di sinistra che l'hanno perso

 

 

Ma per il resto.. per quanto abbia fatto molto a Milano.. come politico non mi convince. 

Parola di un deluso. 

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Tutto dipende dal tipo di legge elettorale che verrà approvata dal parlamento prima di tornare al voto.

 

Se il premio di maggioranza ma assegnandolo alla coalizione invece che al partito allora questa operazione può aver senso, perchè in quel caso il Pd non può andare alle elezioni da solo e avrà bisogno di alleati in particolare un alleato a sinistra.

 

Se invece il premio di maggioranza continuerà ad essere assegnato al partito più votato, allora questa operazione non mi sembra aver molto senso, andrebbe solo a frammentare ulteriormente il panorama partitico e sfalderebbe l'area di centrosinistra, in questo modo gli unici a trarne vantaggio sarebbero il centrodestra e il M5S.

 

Bisogna anche vedere se il premio di maggioranza rimarrà in vita.

Edited by Sbuffo
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L'Unità

 

Virginio Merola, sindaco di Bologna, si prepara ad accogliere nella sua città, il 19 dicembre, una convention con Giuliano Pisapia, Gianni Cuperlo e altri.

 

La proposta di Giuliano Pisapia è un primo passo per la nascita di una forza a sinistra del Pd?

«È una nostra dichiarazione di intenti, mettiamo giù degli appunti per una nuova sinistra in Italia, ma non abbiamo la presunzione di creare una nuova forza. Vogliamo ragionare insieme per rinnovare e radicare il centrosinistra. Non è qualcosa nato con la crisi di governo, ma già dopo le amministrative si era capito che eravamo in difficoltà. Di tutto questo pare non freghi molto al resto degli oligarchi, anche nella sinistra, ma per le persone a cui interessa è importante».

 

Chi ci sarà il 19 a Bologna?

«Giuliano Pisapia, i sindaci Zedda e Decaro, che è presidente Anci, poi Gianni Cuperlo, la prodiana Sandra Zampa, Sandro Gozi, Sergio Lo Giudice di ReteDem, Andrea De Maria, che ha promosso l’iniziativa con me. E tutti quelli che vorranno partecipare ».

 

Una certa condivisione c’è già.

«Pisapia e io abbiamo lavorato a questa proposta da un paio di mesi, ora l’idea è coinvolgere tutte le associazioni e chi nel Pd vuole discuterne. Non penso affatto alla nascita di una forza alternativa, all’ennesima divisione di una sinistra che s’inventa una nuova formazione o un’altra corrente. Lavoriamo piuttosto per una sinistra che abbia un rapporto radicato con la base e i territori».

 

Però il Campo Progressista che ha lanciato Pisapia è fuori dal Pd e alleato con questo, lei invece è dentro...

«Io non lo vedo al di fuori dal Pd, Pisapia sì perché non ne fa parte. L’importante è che non si pensi che facciamo questa iniziativa per creare un’alternativa al Pd. Vogliamo dare vita a una cosa più ampia, che ritrovi i numeri nel centrosinistra recuperandone i valori della lotta alle diseguaglianze e il rapporto con le giovani generazioni. Nel Campo Progressista devono esserci anche le associazioni e le realtà sociali e comunque, nel “campo”, c’è il Pd. La sinistra al di fuori che sarà interessata troverà una sua forma, ma intanto partiamo dall’idea, mia e di Pisapia, di formare una sinistra riformatrice, interessata a governare».

 

Con l’ambizione di far guardare il Pd più a sinistra?

«Il Pd deve cambiare, non può pensarsi più come forza autosufficiente, deve aprirsi alle associazioni e ai movimenti. Come sindaci siamo interessati, non per creare un partito, ma per riportare l’attenzione alle comunità lo cali».

 

La proposta di Pisapia non è stata accolta molto bene nella sinistra, anche la minoranza dem bersaniana è stata freddina…

«Tutte le correnti del Pd, a parte Cuperlo, si stanno riposizionando per capire come organizzare la baracca. Occorre, invece, la disponibilità a far votare direttamente gli iscritti, al di là della logica elitaria delle correnti».

 

In un congresso Pd anticipato?

«Sì, un congresso partecipato che socializzi la politica e aggiorni la linea sul lavoro, sulle disparità sociali. Per questo è importante andare avanti con l’idea dell’Agenda urbana nazionale, che Renzi aveva accettato. E attorno a questa ricostruire un’idea di sinistra dal basso».

 

Come?

«Non pensando solo a riformare le istituzioni, visto l’esito del referendum, ma a riformare la società rendendo partecipi i cittadini. Ecco, l’Agenda delle città vuol dire condividere con le comunità locali, i sindaci e il territorio, i progetti principali per il Paese, i cittadini propongono i loro progetti e le amministrazioni li aiutano a realizzarli, come abbiamo fatto per un parco e altre realtà a Bologna. Socializzare il potere, quindi, non basta più redistribuire le risorse. E la sinistra non pensi di risolvere i problemi da sola, dall’alto, con governi che fanno trattative. Col referendum c’è stata una grande protesta, ma non è scontato che si riversi nel populismo, cerchiamo di intercettarla».

 

Secondo lei Renzi ha sbagliato?

«Sì, non avrebbe dovuto personalizzare così. E poi, da sei mesi insistevo perché aprisse sulla legge elettorale, lo ha fatto ma troppo tardi. Ha sbagliato anche Bersani, doveva fare come Cuperlo e dire: condividiamo il testo. Ora vediamo come sarà cambiata».

 

Il Pd è diviso anche sulla crisi, c’è chi vuole arrivare fino al 2018, chi vorrebbe un Renzi bis. Che ne dice?

«Io credo che sia necessario cambiare la legge elettorale come peraltro concordato nel Pd con lo stesso Renzi, e poi andare ad elezioni».

 

Lei vede un’alternativa a Renzi segretario Pd?

«Non penso che ci sia un’alternativa a Renzi segretario, ma il Pd deve guardare più a sinistra. Si vedrà al congresso, perché la prospettiva per me non è quella di creare due partiti. Si sta insieme con idee diverse, basta con questa vocazione della sinistra italiana a dividersi, è una dannazione».

 

Romano Prodi appoggia questo progetto quasi “ulivista”?

«Ne ho parlato con lui, lo trova interessante ma ribadisce che si è ritirato a vita privata. Non verrà il 19 perché non vuole riprendere l’attività politica».

 

Lei si candiderà nel Pd rinnovato?

«Farò il sindaco fine a fine mandato, non ho intenzione di candidarmi a niente ».

Edited by Rotwang
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Tutto dipende dal tipo di legge elettorale che verrà approvata dal parlamento prima di tornare al voto.

 

Il PD mi stupirebbe davvero in positivo se pensasse a una legge elettorale

capace di premiare questo progetto di Pisapia a scapito del Nuovo Centro Destra.

 

Da un lato pescare nella palude del centro destra è davvero molto facile:

è gente che cambia casacca volentieri e si vende per una stepchild in meno.

Inoltre la Sinistra-Sinistra è bizzosa e non cede agli ordini di scuderia,

servirebbe un meccanismo che minimizzi i "Rossi &Turigliatto" che fecero cadere Prodi.

 

Dall'altro lato una Stampella Rossa toglierebbe molti argomenti polemici al Movimento Cinque Stelle.

 

Vedremo.

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Io credo che al massimo possa esistere una legge elettorale

che incentiva la coalizione, piuttosto che il listone

 

Non credo possa esistere una legge elettorale che ti dice con

chi allearti o chi imbarcare nel listone unico

 

Esiste però una "logica politica" ;  se Renzi fa politiche centriste

sul lavoro e sulle unioni civili, se Gentiloni imbarca in modo organico

Verdini etc il segnale politico è chiaro

 

La linea Pisapia potrebbe essere la sponda dell'opposizione Cuperlo

al nuovo congresso del PD

 

Il punto è che sappiamo benissimo come una linea del genere già

scontava grosse ambiguità ai tempi di Bersani, quando ci si alleò con

SEL meditando di allearsi poi con Monti, ad elezioni vinte

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  • 1 month later...

L'Espresso

 

Forse succederà come nel 2011 quando si è ritrovato quasi incredulo, tirato in ballo in un crescendo per caso o per sorte, candidato a diventare sindaco della capitale morale del paese e ha disciolto quella che sembrava l’invincibile Letizia Moratti. Infatti il “Campo progressista” di Giuliano Pisapia nome provvisorio, messaggio bucolico (ma anche militare) novità politica del momento ancora in costruzione, definirà bene la rete, i contorni, e il suo Dna a poco a poco, senza forzature e provando che effetto fa.

 

Forse è nato per partenogenesi, perché a volte non ci si può sottrarre, o perché una parte del paese ne ha bisogno. Questo spiega lui, queste sono le radici nel Campo. E poi non si capirà se nel copione della rete, Pisapia è il ragno o invece la mosca felice. A fine mese si tireranno le fila, dopo che il 24 gennaio la Corte Costituzionale si sarà espressa sulla legge elettorale, chiave di volta del futuro della politica. Qualcuno gli ha chiesto se metterà la faccia su questa “Cosa”, lui ha risposto «Metterò il sostegno». A proposito di leadership, personalizzazione e protagonismo.

 

Nel clima da post referendum e fine legislatura, con un Pd lacerato e confuso, Matteo Renzi disarcionato, i venti del populismo e del grillismo ancora in poppa, i concetti di destra e sinistra sempre meno netti, la rete di Pisapia si va costruendo intorno al campo da coltivare, fuori dai possedimenti del Pd ma confinante. Una sinistra aperta e rivisitata, inclusiva non esclusiva, tre milioni di voti da riconquistare, la grande sfida del terzo millennio. A ricostruire ci sta Gianni Cuperlo. Mezza Sinistra Italiana è pronta. Piero Bassetti, simbolo della grande borghesia lombarda illuminata, tifa con la passione di sempre. Ma a chiedere il contributo di Pisapia sono soprattutto i corpi intermedi, è la società civile che invade il suo computer con decine di mail ogni giorno.

 

Da quando ha lasciato Palazzo Marino ha girato l’Italia invitato da Nord a Sud. Ha scritto editoriali. Ha gettato acqua sul fuoco se filtravano indiscrezioni che ha passato il tempo a smentire. Non è lui, cerca di spiegare, che sta progettando un movimento, un’adunata, è ancora una volta il contrario. Per adesso il Campo è il centro d’accoglienza della richiesta di un riferimento perduto, di un luogo ritrovato, dell’appello a una riunione che però esiste e funziona già a livello locale. Quando è frainteso sulla natura del Campo - «non sono la stampella del Pd» - Pisapia quasi si dispera. Ma dalle parti di Bologna invece si spera. I prodiani più prodiani di Prodi incrociano le dita. Arturo Parisi sorride all’idea, Franco Monaco ha fatto la ola sul Manifesto, i contatti sono stati affettuosi e anche il Professore applaudirebbe.

 

L’attenzione intorno ai movimenti di Pisapia monta. Ma lievita anche la preoccupazione politica dopo la sua dichiarazione (al Corriere della Sera) che «il Campo lavorerà per avere primarie condivisibili e con un programma condiviso». Le domande sono tante, l’ex sindaco può essere utile ma anche scomodo. Cosa sottrarrà al Pd, si domanda la comunità politica.

 

L’invasione di Campo potrebbe ridimensionare le armi e il potere di scambio di qualche dissidente nel partito e soprattutto rappresentare un’alleanza alternativa alla destra, favorendo così l’odiato Renzi che, ha dovuto specificare Pisapia, non sente da mesi. «Non entrerò mai nel dibattito interno al Pd» ha assicurato a Bologna a fine dicembre in un incontro organizzato dal sindaco Virginio Merola, in sala il vice presidente Pd Sandra Zampa, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Sandro Gozi, esponenti di Sinistra Italiana e di Cgil. «Ma il Pd non è autosufficiente». L’obiettivo, come sempre secondo la bibbia Pisapia, è riunire, non spaccare «Il modello vincente Milano» ha commentato il suo successore Giuseppe Sala. Una parte di sinistra ortodossa e inamovibile si turba di fronte a certe idee dell’ex sindaco sul concetto di lavoro da rivedere «se si pensa che il futuro sarà fatto di robot», sull’articolo 18, sull’apertura a alcuni provvedimenti del governo Renzi. Ma che Pisapia lavori per un campo di sinistra- non sia mai si pronunci la parola proibita “partito”- lo vogliono in tanti. L’orfanotrofio degli elettori di sinistra è affollato a milioni.

 

E lui, ex scout, «molto di sinistra», ex deputato di Rifondazione Comunista, avvocato penalista di potenti e miserabili, potrebbe essere la risposta, il garante già testato per affidabilità e coerenza, persino un nuovo padre. L’unico politico a poter parlare al Rotary club di giustizia e temi sociali e allo stesso tempo discutere d’immigrazione anche nell’apocalittico centro sociale Leoncavallo che nel 2011 fece l’endorsement per lui (non l’ha fatto per Sala). Inclassificabile e quindi fastidioso per una politica convenzionale. Accettabile in scenari locali, imprevedibile su scala nazionale, «controcorrente» preferirebbe dire Pisapia.

 

Nei mesi di fuoco della battaglia referendaria si è schierato per il Sì, quindi con Renzi, allora questa era l’interpretazione. «Con il No l’Italia è instabile», aveva spiegato scandalizzando molti amici democratici. «Rispetto chi a sinistra fa scelte diverse dalle mie» ha detto. «Ora riprendiamo quel cammino comune che nelle realtà locali non si è mai interrotto». Il Campo è progressista. Ma può essere anche minato.

 

Certi suoi ex compagni di strada, ambiente Sel, sostengono che un percorso insieme sarebbe più facile se lui si fosse invece espresso per il No. Altri si domandano se possa essere il nuovo Prodi. In Puglia qualcuno ha coniato lo slogan «Ulivo 4.0». A Pisapia non è piaciuto, non è quello il format. Non è nemmeno centro sinistra. Ha specificato, il Campo è un sinistra-centro.

 

Il popolo di Giuliano è plurale com’è stata la sua vita, alta borghesia e classe operaia, nessuna preclusione, con tutti quelli che ci stanno e riconoscono i valori di sinistra. Ora è un su e giù per l’Italia, nelle sale piene di giovani con tanti amministratori a disposizione, i sindaci arancioni come Marco Doria e Massimo Zedda. Ma anche i dirazzati come Federico Pizzarotti, grillino troppo parlante quindi punito, con il quale Pisapia ha dialogato il 16 gennaio a Lecce. Parteciperà anche Bruno Tabacci, politico di lungo corso e di fede democristiana e suo ex assessore al Bilancio a Milano, e verrà Antonio Decaro, presidente di Anci e sindaco di Bari, tutti invitati dal senatore Sel Dario Stefàno. Ancora una volta insieme le tante anime perse della politica. Ma l’entusiasmo cresce e gli incontri nelle scuole di formazione politica delle Acli o di Cgil si moltiplicano. Il 19 dicembre a Monza Pisapia ha inaugurato con una lectio magistralis l’anno accademico della scuola per under 35 dell’associazione Alisei in collaborazione con Cgil. Il Campo è anche di addestramento.

 

In realtà nulla di nuovo per lui. Il capoluogo lombardo che ha amministrato con successo ha fatto da laboratorio a «una nuova idea di politica», sottotitolo del suo libro “Milano città aperta”. Ora sarà la volta di Sinistra, Campo aperto, un libro tutto da scrivere, la prova è più ambiziosa e molto più difficile.

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  • 4 weeks later...

Corriere della Sera

 

Pisapia, ci siamo?

«Sì. Come avrebbe detto qualcuno: scendo in campo di nuovo. Ieri a Milano, oggi in Italia».
 
Fonda l’ennesimo partito?
«No: ce ne sono già troppi. Mi metto al servizio di un impegno politico collettivo. Il protagonista non sono io. Sono loro: le associazioni che lavorano sul territorio, le amministrazioni locali, il volontariato laico e cattolico».
 
Avranno pure bisogno di un nome.
«Campo progressista. Un progetto del tutto nuovo, che nasce con una grandissima ambizione: offrire altro, rivoluzionare la politica, cambiarla nel profondo. Vogliamo unire storie e percorsi diversi e costruire una casa comune, per riunire chi vuole fare qualcosa per la società e non trova il modo».
 
Diranno che fa la stampella di Renzi e del Pd.
«Non ho mai fatto la stampella di nessuno, e a Renzi ho sempre detto quello che pensavo. Ho il mio lavoro, non ho ambizioni personali. Nel 1998 mi dimisi da presidente della commissione Giustizia della Camera dopo la caduta di Prodi. Più volte ho rifiutato di fare il ministro. Ho fatto un passo indietro dopo la vittoria storica di Milano, dove da vent’anni governava la destra, e dopo cinque anni di governo unitario, con la massima radicalità sui valori e il massimo pragmatismo».
 
Perché ora ci ripensa?
«Quest’estate ho girato l’Italia e sono andato a incontrare le tante persone che mi avevano scritto. Sono stato nelle grandi città e in paesi che non sapevo esistessero. Ho scoperto che esiste un mondo ricchissimo. Mi fermavo a fare benzina, e nel tempo di fare il pieno e prendere un caffè arrivava il sindaco per parlarmi del suo Comune. A Roma mi dicevano: “Venga qui a fare il sindaco…”. Ho incontrato persone straordinarie».
 
Chi?
«Enzo Bianchi mi ha detto: “Lei si butti se viene chiamato”. E mi hanno chiamato in tanti. Non ceto politico; persone alla ricerca di una speranza. Studenti e professori italiani a Londra e a Coventry mi hanno invitato a presentare il progetto. Ricercatori all’estero come Giacomo Pirovano mi hanno assicurato che sono pronti a tornare in Italia per impegnarsi. Associazioni culturali, ambientalisti, volontari di Merate, Biella, Monopoli, Lecce... La questione dei giovani è la nostra priorità. Come diceva Vittorio Foa: “Pensare oltre che a se stessi, agli altri; oltre che al presente, al futuro”».
 
Chi c’è nel suo pantheon, oltre a Foa?
«Don Milani. Avevo 17 anni quando partii sulla 500 di un amico per andare a Barbiana a conoscerlo. Stava già molto male. I suoi mi regalarono la Lettera a una professoressa e L’obbedienza non è più una virtù: li tengo sempre qui, sul leggìo sopra il tavolo di casa. E poi i leader storici che il campo progressista ha espresso nelle varie epoche, da Berlinguer a Obama».
 
Più modestamente, con Bertinotti ha parlato?
«Ho sempre avuto stima per la sua onestà intellettuale, ma non lo sento da quando eravamo alla Camera».
 
E la Boldrini?
«Siamo in ottimi rapporti. Saremo insieme a Milano a un incontro sulla buona politica, il giorno di san Valentino».
 
Quali sono i prossimi passi?
«Faremo iniziative in diverse città, anche con sindaci e amministratori di piccoli e grandi Comuni. L’11 marzo faremo il primo grande incontro nazionale, a Roma. Poi apriremo le Officine per il programma».
 
E Sel? Vendola?
«Sel si è divisa e si è sciolta. Il mio amico Nichi pensa che non sia più possibile costruire un centrosinistra con un PD geneticamente modificato, scambiando Renzi con il popolo del PD. Io la penso diversamente. Rispetto la sua posizione; chiedo rispetto per la mia».
 
Crede davvero che ci sia spazio per una forza di sinistra alleata con il PD?
«La prospettiva è più ambiziosa: spostare il Partito democratico a sinistra. Per necessità numerica, il Pd è stato costretto a governare con forze che non erano né di sinistra né civiche. È il momento di andare oltre».
 
Mai con Alfano?
«Noi vogliamo essere l’embrione del nuovo centrosinistra; non possiamo stare con un partito di centrodestra. Rispetto Alfano, ma dai diritti civili alle politiche per i giovani siamo diversi».
 
Non crede che un elettore di sinistra deluso da Renzi voti più facilmente per Grillo che per lei?
«A Milano i grillini sono attorno al 10%. In tanti mi hanno chiesto come sono riuscito a non farli emergere. Il modo è fare le cose positive di cui i grillini parlano».
 
L’onestà?
«Quello è un presupposto. Intendo trasparenza, legalità; mettere a disposizione di tutti i beni comuni. Questo a Milano l’abbiamo fatto. La demagogia e il populismo si contrastano così. Anche con il coraggio di dire che non sei d’accordo, anziché dare sempre ragione a chi urla. Ora siamo a un bivio: o riusciamo a fare una coalizione che dia risposte ragionevoli alla questione sociale; oppure lasciamo il Paese a Grillo e alla destra».
 
Oggi nessuna coalizione avrebbe i numeri per governare. Campo progressista quanto può valere?
«Non lo so. Ma penso che l’alleanza tra il Pd, noi, le liste civiche, gli ecologisti possa arrivare al 40%. Certo, dipenderà se la legge elettorale consentirà le coalizioni. Siamo una forza autonoma; non possiamo certo entrare in una lista con il Pd».
 
Lei è ottimista. Molti elettori, anche milanesi, sono arrabbiati e indignati con i politici e i loro privilegi.
«Li capisco. Sono da sempre convinto che lo stile di vita sia importante. Per questo con i miei assessori ci muovevamo in autobus, a piedi, in bicicletta. Anche di notte andavo con la mia auto privata in periferia o nelle parrocchie dove mi invitavano; per gli impegni istituzionali avevo un’auto ibrida vecchia di 15 anni».
 
E adesso?
«Vado a piedi e uso il car sharing. Sono imbarazzato a chiamare un taxi perché spesso mi tocca discutere con il tassista che non vuole farmi pagare».
 
Cosa pensa del suo successore Sala?
«È diverso da me. È un manager. Ma sui punti principali segue la nostra esperienza. Molti assessori sono stati riconfermati. I progetti sono quelli. L’alleanza di centrosinistra è ampia e legata al civismo».
 
E di Renzi?
«Ha lati positivi: coraggio e, all’inizio, capacità innovativa. Ha portato a termine riforme ferme da decenni, a cominciare dalle unioni civili; ma ha anche sbagliato sul referendum e su altre riforme che si sono trasformate in controriforme, ad esempio sul Jobs Act. Dovrebbe ascoltare di più. E non ha capito che i corpi intermedi sono importanti; a cominciare dai sindacati».
 
La Cgil era per il No. Lei non si è pentito di aver votato Sì?
«Non mi sono pentito. Anche i miei amici mi dicono: “Chi te l’ha fatto fare? Appoggiando il No avresti avuto una prateria a sinistra”. Ma preferisco essere coerente con la mia coscienza. Per me non era un voto su Renzi; era un giudizio su una riforma che non condividevo appieno, ma portava cose positive. Sul Titolo V: abbiamo una sanità del tutto diversa da una Regione all’altra. E sull’obbligo per il Parlamento di esaminare le leggi di iniziativa popolare: come la proposta della Cgil per limitare i voucher al lavoro occasionale».
 
Con D’Alema vi parlerete?
«Io parlo con tutti. Ma quello che mi interessa è recuperare i milioni di voti persi tra gli elettori di centrosinistra. E far appassionare i giovani a una nuova politica».
 
Ci sarà la scissione?
«Non me la auguro; ma certo non dipende da me. L’importante è che il Pd capisca di non essere autosufficiente. Occorre una svolta che guardi a sinistra. Una forte discontinuità, rispetto a una stagione in cui i democratici erano costretti ad accordi con Alfano e anche con Berlusconi».
 
Guardi che già si parla di alleanza con Berlusconi nella prossima legislatura.
«Per me sarebbe impossibile appoggiare un governo di larghe intese».
 
Quando si dovrebbe votare secondo lei?
«Sarebbe bene portare a termine le riforme già avviate: ius soli, reddito di inclusione, norme per non far fallire le società confiscate alla mafia, limiti ai voucher. Se mancasse la volontà, meglio andare a votare. In ogni caso i tempi saranno lunghi, perché serve una nuova legge elettorale».
 
Quale?
«L’importante è che sia omogenea tra Camera e Senato, e consenta ai cittadini di scegliere i loro rappresentanti. Anche con le preferenze».
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