Anakreon Posted August 9, 2014 Share Posted August 9, 2014 O giovine formoso, tue membra sognar fiorenti d'audaci palpiti ancor m'è crudo, ché sempre impervio sei pel mio desio, remoto alla mia speme e pur mirarti è dolce a cor gentile. Anakreon fece nel seicentonovantesimo anno olimpico. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Demò Posted August 9, 2014 Share Posted August 9, 2014 leggete libri di ferro per favore... Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Angelo1900 Posted August 10, 2014 Share Posted August 10, 2014 Sarei curioso di leggere l'originale traslitterata (poiché non so leggere il greco) per sentire come suona. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Demò Posted August 10, 2014 Share Posted August 10, 2014 ma dalle scopiazzature dantesche non mi sembra molto originale...e mi sembra più una poesia da professore invaghito di un alunno che un'opera di quel gran farfallone di anacreonte Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
coeranos Posted August 10, 2014 Share Posted August 10, 2014 Un gran ritorno nel forum. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Mario1944 Posted August 11, 2014 Share Posted August 11, 2014 Ben tornato Anakreon, è sempre un piacere leggerti! Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Anakreon Posted August 12, 2014 Author Share Posted August 12, 2014 Visitatore, sii ben venuto: ascolta un'ammonizione e leggi una dichiarazione. Ammonizione: Se Tu sia d'età minore, se ai Tuoi Numi esecrabile ovvero al Tuo Genio aborrendo sia l'amore greco; che Tu non proceda oltre, anzi, che altrove senza indugio Tu disceda, Ti prego. Dichiarazione. Quali che siano i verbi e le locuzioni che la licenza del verso mi conceda, in nessun caso, in nessun modo, a maschi impuberi o minori d'età s'intendano riferiti gli affetti d'amore. Anacreonte. Chi sia stato Anacreonte, Visitatore, forse vuoi sapere. Teo, città degli Ioni d’Asia, ne fu la patria, ove fiorì, ora sono più che duemila e cinquecent’anni. Profugo per l’invasione dei Persi, visse ospite di quei principi che munifici accoglievano i sacerdoti delle Muse. La fama ancora, per l'oscurità dei secoli, illustra il nome di colui, il quale cantò i bei giovani e la letizia dei convivii, quando Dioniso riempie i calici del suo purpureo nettare ed infiamma i petti a concupire il fiore della gioventù; non gli atomi nudi e freddi che corrono per lo spazio infinito, ma il calore d'un corpo vivente, d'un efebo che la primavera della vita adorna di beltà e di virtù, per la voluttà dei nostri sensi e per il godimento del nostro cuore. Lungi fossero le negre Chere, che accompagnano l’armi e gli ardori bellicosi: per la lira d’Anakreon, diletti e voluttà e godimenti. Ma cantò anche o, meglio, pianse, l'insorgente vecchiaia, che gli corrompeva il corpo e lo spingeva prossimo ad Acheronte; allora spregiato dai giovinetti amati, quando il desiderio d'amore si faceva più intenso, ma troppo spesso insaziato. Il nome d'Anakreon. Perché, forse Ti domandi Visitatore, il nome ho eletto d'Anacreonte, grecamente Anakreon, per accedere a questi fori ?:per ciò, che adolescente lessi un carme del cigno di Teo, il quale modulava il suo desiderio della beltà, per sé ardua, d'un giovinetto, Cleobulo.Reliquia fragile di tempi remoti, ma ancor fremente d'affetti virili;lume fioco, quasi estinto fra le tenebre dei secoli, ma ancor fervente d'ardori sublimi.Innanzi, d'alcun altro poeta o scrittore antico o nuovo, non avevo mai letto pari tributo alla beltà e gioventù maschili:Anacreonte rappresentava efficacemente quell'affezione, che, dalla mia prima pubertà, m'accendeva, con insolenza, il cuore.Riporto il carme, che, debbo confessarlo ?, mandai a memoria:O pai parthenion blepon,dízemai se, sy d’ou koeis,ouk eidos hoti tes emespsykhes heniokeueis.O giovine di virgineo aspetto,io pur chiedo te, ma tu non m’ascolti,né di quest’alma sai,che tieni stretto il freno.Dovendo usare d’un nome, affinché potessi accedere a questo e ad altri siti dedicati all’amore della beltà dei giovani maschi, mi parve conveniente eleggere, tra i molti possibili, quello d' Anakreon. Anakreon. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Lavipera Posted August 17, 2014 Share Posted August 17, 2014 Caro Any, come ti butta? Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Mario1944 Posted August 17, 2014 Share Posted August 17, 2014 S Caro Any, come ti butta? Sei in confidenza con il Sommo, Vipera? Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Anakreon Posted September 15, 2014 Author Share Posted September 15, 2014 Diva Parthenope, felice, e quanto !, tu che nutri d’amabil gioventude il puro fiore d’Hermes: fa' che crude non gli fian le preci d’un core affranto !. Impetra, ninfa, ch’ei fero non spregi, della provetta età d’antico amante, l’ardore, il desiare, le pene sante, amaro e dolce frutto de’ suoi pregi. Aulente giglio d’Hermes, stammi accanto, sì ch'io rimiri di tua grazia i fregi, all'onesta virtù splendido manto. Anakreon fece nel seicentonovantesimo anno olimpico. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Demò Posted September 15, 2014 Share Posted September 15, 2014 Maestro, che capolavoro! I miei occhi sono pieni di bellezzaaaah Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Mario1944 Posted September 16, 2014 Share Posted September 16, 2014 @Demò, non fare il rinoceronte in cristalleria. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Anakreon Posted October 5, 2014 Author Share Posted October 5, 2014 Ora trascorri sul fiore dell’onde, o fuggente bellissimo Delfino, ora t’immergi nell’acque profonde violando impavido il seno marino in fino a’ suoi tesori; ora scintilli nel raggio fulgente del Sole, ora t’avvolge la Luna di tenue candore: sempre ridente, in te la grazia e la beltà s’aduna quali gemini onori. Godi, stillante di salso liquore, offendere lieve il canuto flutto; alto sollevi di spume l’umore, ratto volando per il ponto tutto, lieto di nuovi ardori. Del mar, che audace ti carezza e bacia, oh quanto invidio alla felice sorte, ond’ei mirarti puote dalla Tracia in fin che nuoti alle Tirrene porte tra cerulei splendori. Corri sul pelago cantando il canto che un dio donò alle tue forme pure; a te concorre il mio pensier d’accanto e getta al vento sue moleste cure, lodando i tuoi decori. Quando nell’aura lucida e serena saltando inarchi le tue membra alate di gioventù vibranti in ogni vena, amabil voce nasce in petto al vate e porge soavi allori: voce di tenero desio e di speme, che ancor feconda di poetar mi preme a pinger tuoi colori. Anakreon fece nel terzo anno della seicentonovantacinquesima Olimpiade. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Anakreon Posted December 9, 2014 Author Share Posted December 9, 2014 Rivelazione omerica. Carissimo Usignuolo, forse non sai che il luogo in fine del libro primo dell'Odissea, il quale mi riferisti averti molto turbato, fu in età volgare dai censori turpemente mutilato, quando l'amore per i giovinetti suscitava ormai orrore nell'animo dei lettori. In vero un indizio della lezione antica puoi intravedere nel penultimo verso (443), là dove il poeta dice Telemaco coperto d’un vello di pecora, grecamente: “KEKALUMMENOS (coperto) OIOS (di pecora) AOTOI (con un vello)". KEKALUMMENOS sostituisce l'obliterato PEPHILEMENOS (amato) ed OIOS sostituisce ANDROS (d'un uomo). Restituisco i vocaboli obliterati, così che tu possa leggere l'emistichio antico: "PEPHILEMENOS ANDROS AOTO (amato dalla virtù d'un uomo)". Preferirei piuttosto tradurre "dalla virtù d'un viro", se “viro” non fosse assai desueto, benché senza dubbio "viro" renderebbe meglio il vocabolo greco ANER, il quale così si distingue da ANTHROPOS come il latino "vir" da "homo". AOTOS è il fiore di qualche cosa, la parte migliore, eletta, eccellente, il vigore, la virtù: leggendo quindi OIOS, cioè "della pecora", s'intenderà "coperto coni vello di pecora"; di contro leggendo ANDROS, cioè "dell'uomo", s'intenderà "amato dalla virtù d'un uomo". Ti traduco gli altri versi, che furono abrasi dai censori, ma che ai miei tempi ancora si leggevano, sperando che la tua pudicizia non sia offesa da tanta omerica audacia. << Euriclea tenendo l'argenteo anello trasse la porta seco e con la correggia il chiavistello distese. Giacque Telemaco, avvinto dal sonno, ed Atena gl'inviò splendidi sogni: sognò il padre redire alla cara patria, vigoroso ed audace e coll'aiuto del braccio valente del figlio gettare nell'Ade funesto, rapiti dal negro Fato di morte, i pretendenti protervi. Mentre che di questa speme a Telemaco empiva il cuore la dea d'occhi cerulei, Mentore giunse alla porta del talamo, il nobile amico d'Odisseo: desiderio acerrimo lo pungeva. Levò il chiavistello ed aprì lentamente la porta; la face che teneva in mano trafisse con un raggio di luce tremola le tenebre della stanza ove Telemaco dormiva. Avido l'uomo mirò lo splendido giovinetto, il quale, sulle coltri di lana disteso, fremeva a causa dei sogni: nudo il corpo fioriva di maschia beltade, ancor tenera la barba ne ornava il volto e le chiome crespe rifulgevano del color delle viole. Avido l'uomo contemplò l'ampio petto anelante, i ben torniti omeri, i vigorosi lacerti, il muscoloso addome, le lunghe gambe: in tutte le membra la figlia temibile del Cronide aveva mirabilmente infuso il soave decoro della gioventude. Avido l'uomo scrutò con occhi impudichi i formosi lombi e, coronato di delicata lanugine, il grazioso pube: a lui s'infiammarono le vene di crudele libidine e gli tremarono le care mani, mentre che temerario concupiva cogliere i dolcissimi frutti d'amore, possedendo intimamente il divino giovinetto. Già pregustava i baci, le carezze, gli amplessi; già godeva in cuore, prelibando il nettare dei doni d'Afrodite. Soggiacque, in fine, all'impeto della cupidine e giacque accanto all’efebo, saziando il caro desiderio di gioventù e beltade. Accolse ambedue l'ampio letto né Telemaco, nel sonno profondo occupata la mente dai sogni, s'accorse di Mentore audace: lì egli per tutta la notte, AMATO DALLA VIRTU' D'UN UOMO, meditava in seno quella via che Atena gli aveva indicata. >>. Oh, come vorrei essere, qual Mentore, accanto al mio dolcissimo usignuolo !. Anakreon fece nel quarto anno della seicentonovantacinquesima Olimpiade. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Demò Posted December 20, 2014 Share Posted December 20, 2014 cigno dei poeti, fenice degli ingegni!! Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Anakreon Posted March 10, 2015 Author Share Posted March 10, 2015 Priapea. Fregava un Trace l'asta molle in vano, ché nulla in ogni membro avea di nervo. A me protende al fin l'inetta mano: "Divo Prïapo, servo" balbo mi prega "umile Ti sono: ch'io possa al men goder di mia virtude, ché maschio mai di sé non mi fa dono, se non sia vecchio, rude, osceno, cano, di turpe suono." "Son Nume salace, non getto al vento tanta libidine !." gli dico presto. "D'amabil volto, di melato accento, pien di vigore onesto, casto giovinetto pronto t'accede." Con fallaci specchi il furace alletto pollo di Zeus, a che dall'alta sede rigetti al vile letto d'intonso mento il Ganimede. In quel chi viene ?: di Teo l'usignuolo, Anacreonte, il Greco illustre vate e s'accende tosto: "Che miro in volo ?, che mai di forme alate ?: splendida gioventù che il Sole arretra, de l'amore Olimpio desiato foco !." Che più ?: in una, pulsare la cetra, cantar soave per poco e 'l pollo solo restar per l'etra. Altro che Orfeo canoro e le sue selve !: l'arte d'Anacreonte scuote le menti, turba un giovin petto, muove le belve ad amorosi intenti. Crepi il Bistone infesto, co' nervi lenti: io non li desto. Trionfi l'Ellade pura e 'l suo cantore, coronato di vïole e di rose. A lui concorrano, vinte d'amore, maschie beltà radiose non ancora dall'evo fatte spinose. Quindi mi levo. Anakreon fece nel secondo anno della seicentonovantacinquesima Olimpiade. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Anakreon Posted March 28, 2016 Author Share Posted March 28, 2016 Crudel, perché frequenti, in queste notti solitarie, inquiete, i sogni miei di desiderio ardenti ?. Crudel, perché tormenti, con soave rimirar d'impervie mete, i sensi miei pudibondi e silenti ?. S'infiammano le vene, se mi costringe il dio nella sua rete, e grato angor mi dona e miti pene. Ma lunga via mi tiene, ch'io non estingua in te l'amabil sete, che troppo a vecchio core non conviene. Delizioso fonte, in fra selve orrenti, s'io placassi, nel chiaro tuo liquore, gl'impeti dell'amore !. Anakreon fece nel terzo anno della seicentonovantacinquesima Olimpiade. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Anakreon Posted February 19, 2017 Author Share Posted February 19, 2017 Amore ancor m'avvinto e stretto tiene, sì che, mirando il mio tesoro intento, altr'io non veda né m'ascolti accento, mentre che 'l dio m'infuria per le vene ed acre e dolce e sevo in me lo sento che temerario osa. Mordemi 'l desio, bel giovinetto, del soave cor che ti palpita in seno: tutto m'infiammi e al foco non ho freno ché già sperare me l'accende in petto dei casti sensi tuoi godere appieno; né mai speme si posa. Verecondo e lieve e candido fiore, baciar vorria de' tuoi petali il manto, s'io non temessi non violar l'incanto che in te l'ardente gioventù e 'l pudore amabilmente sposa. Pur s'entro mi pungi con spina vera, quando il pensier di te sognando spazia, virtute in me rinnova la tua grazia, si profuma di te questa mia sera, o purissima rosa. Anakreon fece nel terzo anno della seicentonovantacinquesima Olimpiade. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Anakreon Posted June 24, 2020 Author Share Posted June 24, 2020 Non più sospiri, lieve Zefiro, in cielo ?; non più turbar desiri l'ombroso velo, in che 'l mio mesto cor involvo e celo ?. Che val d'amore patir l'ardente spina, se all'ossequio d'onore l'ingegno inclina ?; se m'agghiaccia i sensi virtuosa brina ?. E mentre indugio in tra 'l novo e l'antico, perscrutando un rifugio in ogni amico, fugge ‘l tempo a gioventù inimico. Già m'odo il remo di quel nocchiero inferno e inorridisco e temo, ché ormai discerno, quanto un giovine aborra 'l nudo inverno. Fors'è vendetta di femmineo Nume, che, spregiato, m'invidia gustar d'un efebo le caste piume ?. Anakreon fece nel terzo anno della seicentonovantacinquesima Olimpiade. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Mario1944 Posted June 28, 2020 Share Posted June 28, 2020 Sempre velati di malinconia i tuoi versi, Anakreon.... Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Aspis Posted July 10, 2020 Share Posted July 10, 2020 Any, caro, perché ogni tanto non scendi dal Parnaso? c'è un mondo intero di bei ragazzi quaggiù che apprezzano i maturi. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Aspis Posted August 8, 2020 Share Posted August 8, 2020 Any, caro, hai fatto bene ad aggiornare la foto nel profilo anche se c'è il pericolo che non attrarrai proprio i giovinetti (c'è @marce84 che cerca disperatamente un amante ma non so se gli vada bene greco) ma prima di tutto devi scendere dal Parnaso... IoI Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Mario1944 Posted August 10, 2020 Share Posted August 10, 2020 Se scendesse dal Parnaso, Aspide cara, Anakreon non sarebbe più Anakreon.... 😉 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
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