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Utopie e distopie


Guest Anubis

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Un genere che mi piace molto. davvero.

Alla tua lista aggiungo tutti i romanzi di Gibson: l'iniziatore del cyberpunk.

E naturalmente Philip K. Dick.

 

Ma si chiama davvero "distopico"?

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Di Gibson si considerano un po' tutti.

io personalmente "Monnalisa Ciberpunk"; ma Neuromante rimane il principale.

 

Preferisco "utopia negativa"per quanto brutto, altrimenti mi chiedo cosa mai possa essere una "sintopia"....

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Huxley l'ho trovato troppo noioso per finire di leggerlo...

Zamjatin non l'ho letto mai e Orwell mi è davvero molto piaciuto.

 

GLi altri romanzi di Gibson sono ancora più pesanti di Neuromante.

 

Scherzavo su "sintopia"; vuol dire "presenza" ovviamente. Giocavo solo su syn- come contrario di dis-

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Ho avuto solo la fortuna e piacere di leggere 1984 di Orwell, desiderando al più presto di possedere Animal Farm. 1984 è un vero capolavoro della letteratura, una sorpresa per me, considerando che non conoscevo affatto questo genere. Da approfondire.

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be', se è per questo neanche arancia meccanica è immaginato in un futuro :eek:

 

Tornando seria... Arancia meccanica è forse il mio libro preferito, 1984 mi è piaciuto, ma non cosi' tanto da leggerlo piu' e piu' volte, bradbury è forse il mio autore preferito insieme ad heilein, quindi sia fahreneit 451 che starship troopers gli ho adorati (peccato per il film di starship  :eek: )

 

Il signore delle mosche no a questo punto?

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non da mai indicazioni di tempo, nella mia introduzione (dell'autore stesso) è scritto vhe è possibile ambientarlo nel mondo d'oggi, cosi' come nel passato.

Per il signore delle mosche... non avevo notato il titolo leggendoli velocemente, chiedo scusa XD

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  • 2 weeks later...

Non avrei mai creduto che un topic tanto specialistico avrebbe preso piede. Ne sono felice.

 

:D

 

Cerchiamo però di farci capire da tutti (non è obbligatorio, ma salutare per il Forum): chi mi offre una definizione di partenza? Vedo che nemmeno gli appassionati del genere sono completamente concordi...

 

:D

 

Intanto vorrei cambiare il titolo del topic in "Utopie e distopie", per motivi di comprensibilità e di ampiezza della discussione. Anubis si offenderebbe?

 

:)

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ok... provo la definizione...

La distopia (ma si dice poi cosi'?)  prende in considerazione gli inconvenienti, gli ostacoli e i comportamenti scorretti, e rivela i sistemi e meccanismi esistenti (nel passato e nel presente) basandosi sul presupposto che essi continueranno e che rafforzeranno il loro potere durante il corso degli eventi futuri.

In sostenza è una visione del futuro basata principalmente sui flussi temporali dal passato.

 

Non ricordo... Brave New World è stato nominato?

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Sì, volevo arivare qui.

 

E' un sotto-genere della fantascienza? Ha dei limiti cronologici?

 

Perché io trovo che "La fattoria degli animali", "Neuromante", "La svastica sul sole", "La città del sole", "Fondazione anno zero", "L'alternativa nomade", "I viaggi di Gulliver", "Il signore delle mosche", "La cognizione del dolore", "Dune", "Mozart con gli occhiali a specchio" e compagnia bella siano tutti gran libri, ma non sono sicuro di cosa abbiano in comune.

 

Non è che ne esce fuori un bel minestrone? Ogni opera narrativa è finzione, ogni finzione è potenzialmente fantastica, ogni storia futuribile è potenzialmente di fantascienza, ogni storia di fantascienza è potenzialmente utopica (o distopica).

 

Attendo delucidazioni.

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Mi sa tanto che Anubis le ha date meglio... tra l'altro... se prendiamo ad esempio il signore delle mosche o arancia meccanica (quest'ultimo non son sicura ci rientri, ma mi fido di Anubis), questi non rientrano nella fantascienza, perchè potrebbero essere ambientati in qualunque tempo, arancia meccanica in particolare... da l'idea (grazie all'ultimo capitolo) di essere ambientato in un probabile passato.

Presentano comunque temi che il genere normalmente presenta, la violenza, l'indottrinamento, rapporto uomo/ambiente circostante, la crudeltà insita in tutti gli esseri umani etc etc.

(poi, vabbè... il signore delle mosche presenta anche il controllo, sotto forma del signore appunto)

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hai ragione... non ricordavo quel passaggio del signore delle mosche.... comunque mi rifacevo ad un intervista fatta a golding che diceva che per il tipo di storia narrata il suo libro si poteva considerare ambientato in qualunque epoca storica dell'uomo (ammesso e non concesso che ci fossero aerei XD)

 

E visto che google è mio amico:

 

Per distopìa (o antiutopìa, pseudo-utopìa, cacotopìa o utopìa negativa) si intende una società indesiderabile sotto tutti i punti di vista. Il termine è stato coniato come opposto di utopìa ed è soprattutto utilizzato in riferimento ad una società fittizia (spesso ambientata in un futuro prossimo) dove le tendenze sociali sono portate ad estremismi apocalittici.

 

Mi sa che questo è ancora piu' chiaro... :D

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Bene, accorpando la definizione di Anubis e quella googolata (che però non fa riferimento alla letteratura, tantomeno alla fantascienza) ci arriviamo. Ma io sono cattivello e continuo a domandare.

 

Questo genere è ascrivibile a un solo periodo o a una sola corrente letteraria? (Vedasi quel che ho scritto oggi a proposito dle romanzo gotico.)

 

Questo genere non prevede una autoconsapevolezza? Perché, sapete, in questo momento storico è importante quasi più la poetica dell'opera in sé. Non possiamo definire il "Satyricon" letteratura gay, né "I misteri della Rue Morgue" un racconto giallo, per il semplice motivo che all'epoca della loro scirttura tali etichette non esistevano. Inoltre, al giorno d'oggi, molti autori rifiutano proprio le etichette che essi stessi hanno contribuito a creare: andate a dire a Gibson o a Sterling o a Rucker che sono "cyberpunk" e vedete come vi rispondono...

 

"Dune" (di cui sono un amante) è una distopia? Corrisponde a tutti i parametri, ma...

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allora... la definizione che ho riportato, senza specificarlo, mea culpa... è la definizione data dallo studioso che ha coniato il termine in riferimento alle opere lettararie.

Che io sappia, dune non ci rientra (ma per questo preferirei sentire anubis che credo molto piu' ferrato di me in materia), per il resto, normalmente, molte opere considerate cyberpunk rientrano anche nel genere distopico.

Per il momento in cui è stato coniato il termine... si era alla fine dell'800, quindi direi che all'epoca di tutti i libri che abbiamo nominato l'etichetta in quanto tale già esisteva.

Per la consapevolezza dell'autore... a me risulta poco verosimile che qualcuno si sieda a tavolino dicendo: "bene, oggi si scrive un romanzo distopico", piuttosto si penserà "bene, ora voglio scrivere un libro che critichi le condizioni sociologiche attuali ma sotto forma di metafora, ambientandolo da qualche altra parte cosi' non mi cannano l'ultimo capitolo del linro come hanno fatto con arancia meccanica" :D

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Mi dispiace, tesoro, ma la maggior parte degli autori e degli sceneggiatori, al giorno d'oggi, lavora proprio sotto premesse di genere. E' l'effetto della società dei consumi: ogni opera è anche un prodotto e, come tale, va resa vendibile in quanto riconoscibile dal pubblico. I cani sciolti, al giorno d'oggi, sono ben pochi.

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Da ex bibliotecario il gioco della catalogazione comincia a piacermi. Chiedo ancora: "Zardoz", film ormai vetusto con un inusitato Sean Connery protagonista proponeva - se ben ricordo - una distopia bella e buona (salvo l'ecpirosi finale). Qualcuno lo ricorda? Io lo proporrei come "distopia" ad honorem... se avessi la certezza che è tratto da un'opera letteraria... Purtroppo, al momento, non riesco a risalire all'eventuale fonte.

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aspetta non tutti i libri cyber-punk (dio quanto odio 'sto termine) possono considerarsi distopici, perchè non tutti presentano una società non ideale (che poi è la particolarità principale del genere), e non è prerogativa del genere che finisca come inizia (nel frattempo ho recuperato un libro in cui è ben spiegato cos'è e cosa, solitamente, presenta il genere, e cosa un libro deve presentare per poter essere catalogato in tale modo. L'unica prerogativa, per l'appunto è quella sociale, il resto puo' esserci come non esserci.

Questo dalle parole del filosofo John Stuart Mill, che conio' il termine.

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